martedì 28 febbraio 2017

Il problema dei media non è la ”post verità”, ma …

di
Francesco Zanotti

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Il problema dei media non è la post verità, ma il loro ruolo conservatore.

Non è voluto, ma inevitabile.
Da un lato, non riescono a valutare la qualità di un ragionamento e pubblicano solo in base alla notorietà della fonte. Ma le fonti note non possono che proporre idee note, che ripetono da anni se non decenni.
Dall’altro sanno pensare solo ai “cavalier l’armi e gli amori” e non certo con la classe dell’Ariosto …
Sempre più gossip non solo mondano, ma sui protagonisti dell’economia della società e della politica.
Da un terzo lato, apoteosi del secondo, comanda la mania dello scoop.  Se incontrate un giornalista la prima cosa che ti chiede è: hai notizie riservate? Se scandalistiche è meglio.

L’innovazione viene vista solo dopo quando si è affermata. Ed allora tutti a recriminare su di un mondo che non sa vedere al di là del proprio naso … 

giovedì 23 febbraio 2017

Il giorno del messaggio da Trappist-1

di
Francesco Zanotti
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Astralmente vicini, ma il nostro braccio e la nostra mente sono ugualmente insufficienti …

Già dieci “giorni del messaggio” sono passati da quando nel 2018 mandammo il primo messaggio. Tutto è iniziato quando abbiamo scoperto i pianeti intorno alla stella Trappist-1. Quel giorno fu certamente storico, ma più importante è quello che accadde dopo. Come sempre, quando emergono sogni, le nazioni della Terra si misero d’accordo nel costruire un centro di comunicazione/ascolto CCA (Centro di Comunicazione ed Ascolto) con i pianeti che ruotavano intorno a Trappist-1. E, appunto nel 2018, il primo messaggio fu inviato. Raccontava chi era l’Uomo. Ovviamente tutti sapevano che nella migliore delle ipotesi il messaggio di risposta sarebbe arrivato 80 anni dopo. E il CCA fu attrezzato per attendere. Attrezzato antropologicamente: si era creata la Comunità dell’Attesa che doveva tener vivo il ricordo del messaggio lanciato e l’attesa del messaggio di ritorno
Piano però, socialmente il ricordo del messaggio inviato andò affievolendosi. Ma il CCA non fu lasciato morire, grazie proprio alla Comunità dell’Attesa. Nel 2118 la quarta generazione della Comunità dell’attesa si allertò: da quel momento in poi il messaggio di risposta sarebbe potuto arrivare … Ma per due anni non arrivò nulla. La Comunità iniziò a sfaldarsi, il ricordo quasi a disperdersi fino a che in un mattino del febbraio 2120 il messaggio arrivò. Lo ricevette l’ultimo guardiano del Centro di Comunicazione ed Ascolto che stava diventando un museo polveroso di una attesa risultata vana. Quel giorno fu chiamato il “giorno del messaggio”. Ovviamente il riceverlo scatenò entusiasmo sociale. Il problema, però, era interpretarlo. Per un anno nessuno ci riuscì. Ma non si poteva aspettare oltre per rispondere e si rimandò di nuovo il messaggio originario. Questa volta l’attesa rimase viva come lo sforzo di interpretare, purtroppo senza successo, la risposta ricevuta. E anche questa volta, 82 anni dopo l’invio del secondo messaggio si ricevette seconda risposta. Quello fu il secondo giorno del messaggio. Con questo secondo messaggio, radicalmente diverso dal primo, aumentò la speranza di comprendere. Ma la speranza fu delusa. Perché non si interrompesse il dialogo, non si poté fare altro che rimandare il messaggio originario. Oggi è il decimo giorno del messaggio, abbiamo ricevuto puntuale il messaggio dai pianeti di Trappist-1 (non sappiamo neanche da che pianeta esattamente), ma oramai rispondiamo subito: rimandando lo stesso messaggio oramai vecchio di secoli. E ci rispondono sempre, ma non comprendiamo le risposte che puntualmente riceviamo. Siamo una voce che parla alla Galassia, ma siamo una mente ed un cuore che non capiscono la risposta …


mercoledì 22 febbraio 2017

Unità fasulla e potere impotente

di
Francesco Zanotti

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Il richiamo all’unità, che tutti nel Pd stanno facendo, anche chi l’unità poi non la pratica, è senza senso. La ricerca del potere rende impotenti in una società complessa.

Quando un gruppo sta insieme? In negativo, quando riconosce un comune nemico. Ma il Pd non riesce a riconoscere un nemico esterno così forte da compattare le diversità. Meglio: silenziarle per combattere il nemico. In positivo, un gruppo sta insieme anche quando condivide una visione del mondo, dell’uomo e della società che, poi, trasforma in proposta politica. E nel Pd (ma come negli altri partiti) vi sono tante visioni del mondo e tutte piccole piccole. Poiché questa due ragioni non sussitono, il richiamo all’unità è vuoto di senso.


Forse si sta insieme per aumentare il potere? Forse, ma è una illusione. In una società complessa il potere è impotente. In una società complessa governa chi riesce a diventare un polo, una risorsa di sviluppo. Chi diventa punto di riferimento ideale per tutti coloro che si scazzottano nelle campagne elettorali e per chi va a votare. Ovvio che si tratta di un governare senza potere.  

domenica 19 febbraio 2017

Bill Gates, industry 4.0 e Big Data: la dittatura di una nuova superstizione

di
Francesco Zanotti

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Leggo sul Corriere di oggi un articolo di Giuseppe Sarcina che riferisce di una proposta di Bill Gates. “Tassiamo i robot che rubano lavoro”: così suona il titolo.
Forse è necessario tener presenta alcune cosette per discutere seriamente di questi temi. E non costruire, come scrivo nel titolo: la dittatura di una nuova superstizione.

Oltre ai “classici”, mi supporteranno le opinioni del prof Giuseppe Longo, espresse nel paper che potete recuperare qui.

Il primo tema da affrontare è che in un computer digitale (che è una concretizzazione del modello della macchina di Turing) ci potete mettere dentro solo alcune cose e non altre. Ad esempio, non ci potete mettere dentro la radice quadrata di due, ma dovete sceglierne una approssimazione. E la scelta di una approssimazione non è mani neutra. Conseguentemente i calcoli che fa il computer generanno conclusioni che dipenderanno dalla vostra scelta di come rappresentare la realtà. Le simulazioni della realtà che fa un computer sono, allora, sostanzialmente un videogioco.
Allora vi scordate di automatizzare la realtà. E qui arriviamo alle opinioni di Bill Gates. Il computer può fare solo certe cose e non altre. Questo significa che nel costruire la nuova Industry 4.0 è necessario aver ben chiare le potenzialità del computer digitale (di una macchina di Touring di cui si conoscono i limiti, anche se nessuno sembra saperlo) e costruire intorno i sistemi sociali che permettono di sfruttare queste potenzialità ... non quelle che ci immaginiamo. Questo significa che le tecnologie digitali non butteranno fuori dal lavoro le persone: permetteranno loro solo di lavorare diversamente. Purtroppo il dibattito oggi sull’industry 4.0 non arriva neanche a discutere dei limiti del computer digitale, si ferma a discutere degli incentivi per comprare quelle particolari macchine di Turing che chiamiamo robot. La domanda: ma come può Bill Gates limitare la sfida posta dalla tecnologie digitali ad una dimensione fiscale?
E arriviamo ai Big Data, alle immense quantità di dati sulla realtà che ci dovrebbero dire tutto sulla realtà stessa. Dovrebbero non solo eliminare gli scienziati, ma anche insegnare ad un imprenditore quale strategia adottare, ai politici quale società costruire etc. Insomma Big data e computer digitali per macinarli dovrebbero sostituire non solo i lavoratori, ma anche le classi dirigenti.
Ed arriviamo al prof Longo. Certo il suo testo è “tecnico”. Ma anche il discutere delle prestazioni di un computer digitale è tecnico. E, insomma, come si fa a discutere di qualcosa senza accettare di riconoscerne la complessità? Si finisce per parlare a sproposito di tasse.
Il prof Longo dimostra (chi non si “sentisse” d’accordo prima di esprimersi legga il paper, però) che quando fate “interpretare” ad un computer immensi data base tirerà fuori anche “significati” che non hanno nulla a che vedere con la realtà. Come individuarli? Beh un suggerimento potrebbe essere: tiriamo a sorte, magari con un cornetto portafortuna in mano. Così invece di scienza e democrazia avremo la dittatura di una nuova superstizione. Buon futuro a tutti.

venerdì 17 febbraio 2017

Non basta la mediazione … serve la sintesi

di
Francesco Zanotti

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Leggo sul Corriere di oggi un articolo di Giuseppe De Rita dal titolo “La mediazione necessaria nella società molecolare.
Forse un articolo meno brillante del solito … Ma due commenti mi sembrano importanti. Uno serio, l’altro … un po’ meno.

Quello serio. Credo che non basti parlare “società molecolare” e di “mediazione”.
Noi viviamo in una società straordinariamente ricca, non molecolare. Non viviamo in una società che per qualche disadorno incidente si è frammentata. Al contrario, viviamo in una società dove stanno emergendo conoscenze, idee speranze, proposte di straordinaria ricchezza.
Di fronte ad una nuova, inattesa, da alcuni non desiderata, opulenza propositiva, mediare significa rovinare, buttare. Occorre costruire sintesi. E per farlo sono necessari strumenti, passione e abitudine. Strumenti: ad esempio le mappe semantiche. Passione: la curiosità di cercare nell’altro quella che inevitabilmente a noi manca. Abitudine: la sintesi deve diventare la competenza fondamentale delle classi dirigenti delle società dove la “ricchezza cognitiva” prorompe.

Quello … meno serio. Curiosa la vicenda dell’espressione “calor bianco”. Infatti il calore si manifesta attraverso i colori, ma non è colorato di per sé: è solo turbolenza molecolare.  Ora, accade che a mano a mano che questa turbolenza (cioè la temperatura) cresce, ad esempio, un pezzo di ferro cambia colore. E piano piano, a mano a mano che la temperatura aumenta, diventa sempre più bianco. Si dovrebbe dire “al color bianco” per indicare una situazione surriscaldata. Ma, a mano a mano che questa espressione è passata di mano, “colore” è diventato “calore” …

mercoledì 15 febbraio 2017

Il ’77 e gli altri: dal ‘68 alle primavere … senza proposta!

di
Francesco Zanotti

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Leggo sul Corriere di oggi un articolo di Carlo Rovelli sul “suo” ’77. Vale proprio la pena di sottolineare l’aggettivo possessivo “suo” … Un’esperienza individuale mitizzata, fatta a spese della collettività senza dare nulla in cambio … Come il ’68 .. fino a tutte le primavere che non hanno portato a nessuna estate …

Certo che il vivere esperienze collettive intense è bello. Ma quanto sono state feconde queste esperienze? Se non lo sono state, allora, sono state banalmente una violenza alle diverse società che hanno accettato di subirle per non trascendere nelle reazioni. Poi in molti posti si è trasceso nelle reazioni …
Giudizio troppo forte? No!
Lo dimostra, innanzitutto, il fatto che Rovelli mette sullo stesso piano tutti i movimenti giovanili protestatari. Che abbiamo generato lutti, salvezze o siano stati solo feste a base di spinelli in strutture pubbliche per lui non fa differenza. Importate è che siano state emozionanti per chi le ha vissute.
E lo dimostra il fatto che nessuna delle esperienze rivoluzionarie, dal ’68 in poi è riuscita a esprimere (ovviamente neanche a realizzare) una visione di una nuova società. Anche se, ovviamente, c’è differenza tra primavere arabe, che pur avevano una loro dignità anche solo nella protesta, e i rivoluzionari imbelli delle classi privilegiate delle società opulente il cui “messaggio” fondamentale è stato: dovete mantenermi mentre faccio casino.
In conclusione: io credo che il diritto/dovere della protesta sia sacrosanto. Ma tanto più la protesta è forte e giusta, tanto più cresce il diritto/dovere della proposta. Di più: il diritto/dovere di avviare un processo complessivo di progettualità sociale.
Poi, anche lo stesso Rovelli è d’accordo con me. All’inizio dell’articolo dichiara che non è in grado di fare analisi storiche e sociologiche (anche se poi dice che quelle che legge non le condivide). Ma che scrive per i “miei amici di allora”. Un gruppo di ragazzi annoiati e pasciuti che approfittavano della pazienza di una società avanzata che certamente non andava bene, ma era così avanzata da lasciare libertà anche a proteste di maniera fatte da chi, poi, dopo i “giovenil furori, si è dimenticato delle contestazioni e non ha esitato a beneficiare (sfruttare?) della società che ha contestato.  

sabato 11 febbraio 2017

La cecità delle élite è assodata … ma da dove viene? Come si può porvi rimedio?

di
Francesco Zanotti

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Gli spunti per continuare il discorso che stiamo facendo da tempo sono sempre più numerosi. Questa volta lo spunto è di Pierluigi Battista sul Corriere della Sera. Ma mi sembra manchi ancora il balzo finale: il cambiamento degli occhiali di lettura e dei linguaggi di proposta …

L’articolo è apparso sul Corriere della Sera di oggi: l’articolo di fondo di Pierluigi Battista. Il suo titolo: “Il consenso dei Politici alieni”.
Sostiene che è più di vent’anni che le élite rimangono stupefatte dagli eventi. Non hanno capito perché la gente, a suo tempo, ha votato Berlusconi. Non capiscono perché oggi è stato votato Trump. E, aggiungo io, perché è probabile che voteranno leader di uguale pasta in tutt’Europa.
Continua Battista: poiché le élite non hanno capito, allora cercano tutti i segnali che faccia loro sperare che i Berlusconi e i Trump (sono loro due esponenti di spicco degli alieni) la facciano così grossa da far ricrede quelli che anno votato per loro. Questa speranza (in questo caso piuttosto strega che dea) definitivamente inibisce la possibilità delle élite di capire.
Mi sembra una buona analisi e suggerisco la lettura dell’articolo. Ma occorre fare un passo avanti.
Innanzitutto io penso, guardando anche gli altri politici alieni che stanno per essere votati, che la ragione del loro successo non sia perché questi propongono valori dimenticati dalle élite, ma perché solo perché si dimostrano contro le stesse élite.
Secondariamente, credo che a tutti (sia alle autoproclamate élite che ai leader alieni) manchino totalmente di una capacità progettuale adatta alla complessità economia e sociale. Non sanno immaginare una nuova società e una nuova economia. Guardate ad esempio quanto è gravemente alta l’incapacità di progettare il futuro del sistema bancario.
Non sapendo immaginare il futuro cercano di perpetuare il presente. Ma esso perde sempre più di senso e sembra proprio una coperta troppo corta che riesce sempre meno a coprire tutti. Allora élite e alieni, alla fine, propongono solo di stiracchiare la coperta. Così facendo contentano (poco e sul breve) qualcuno a scapito di qualcun altro. Ma la coperta non solo si sta restringendo, ma sta diventando sempre più lisa. Finirà per rompersi ..
Dopo questa aggiunta di analisi? La soluzione: invitare le élite a studiare. A dotarsi delle risorse cognitive adatte a leggere la complessità attuale e poter esercitare una progettualità alta e forte.

Per spiegarmi, un piccolissimo Segno dei Tempi Futuri. Nel controcanto a Mattarella (discorso purtroppo banale il suo) a fine anno Grillo si è presentato con in mano un libro di Paul Watzlawick: la realtà della realtà. Libro importante di un autore importante … Solo la proposta di quel libro vale più di tutto l’intervento del Presidente. Anche Grillo capisce l’importanza della conoscenza importante … Ha suggerito una nuova risorse cognitiva …

giovedì 9 febbraio 2017

Chi vincerà le prossime elezioni … e farà danni

di
Francesco Zanotti

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E’ davvero una previsione facile. Ed è la stessa in tutt’Europa. E’ già accaduto, ma oggi è molto più preoccupante.

Vincerà chi riuscirà a convincere gli elettori che è un outsider ed è contro il sistema. Dove sta il problema? Fino ad oggi il problema è consistito nel fatto il protestatario vincente, poi, non sapeva cosa fare. Certamente non metteva in atto le iperbole che aveva usato per vincere, ma non riusciva ad arrivare a proposte ed azioni.

Oggi sta accadendo che il protestatario vincente mette in pratica le iperboli che hanno permesso di vincere la campagna elettorale. E proprio perché sono spacconate finiscono di ottenere lo stesso effetto che ottiene un elefante quando entra furibondo in un negozio di delicatissime porcellane: distruggono le sottili complessità e le reti che le legano di ogni società attuale.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.