giovedì 31 luglio 2014

Aspettando il 10 ottobre … I campi di mais artificiali: che tristezza e che nostalgia …

di
Francesco Zanotti


Siete mai entrati in un campo di mais vero, magari a piedi nudi, in un’assolata giornata estiva?
Se ci foste entrati provereste le stessa tristezza che provo io …
Ovviamente non è la stessa cosa: ne è una caricatura orribile. Intendo: i campi di mais finti davanti al Castello Sforzesco.
Pensate. Quando entravamo in un campo di mais, beh aveva un nome: era di Giovanni. Lo stesso Giovanni che incontravamo al bar, che vedevamo tutte le mattine pedalare verso i suoi campi. Quelle piante e quelle pannocchie erano sue. Il rispettarle era comandato dall’amicizia.
Poi i piedi camminavano sulla stessa terra che dava vita alle piante. Era un dialogo nella natura con le piante. Nessuno girovagava per un campo di mais in bicicletta …
Ci entravi e l’avevi visto crescere quel campo. Sapevi che era stato terra ... Sapevi che, poi, tutte le pinte sarebbero state tagliate per far tornare il campo terra. E sapevi che Giovanni ci manteneva la famiglia: temevi con lui la grandine.
Poi c’erano gli spigolatori: coloro che passavano dopo la raccolta per prendere quello che Giovanni aveva lasciato a disposizione di tutti: quasi un obolo alla Comunità.
E c’erano anche i malandrini, ma malandrini piccoli piccoli. Quelli che entravano nel campo prima della raccolta di Giovanni. Malandrini ai quali la tradizione popolare aveva dato un epiteto che era un’opera d’arte. Per spigolare occorre stare chini, per raccogliere le pannocchie lasciate. Chi raccoglieva indebitamente, lo poteva fare, però, stando in piedi perché le piante di granoturco sono alte. Ed allora venivano chiamati “spiguladu’ d’impè”. Degli “spigolatori” che possono tranquillamente spigolate stando in piedi. Ironia impagabile.
Ecco, chi viaggia in bicicletta tra cassette di legno da cui spuntano piante di granoturco in un’area metropolitana nulla percepisce di quel mondo. E le piante di granoturco fuori da quel mondo, sono solo tristi macchine da cibo.


martedì 29 luglio 2014

Aspettando il 10 ottobre … Discutiamo con Severino

di
Francesco Zanotti


Oggi il Prof. Severino sul Corriere ripropone il suo discorso sulla Tecnica Egemone. Che da strumento diventa fine, assume il controllo della Storia dell’Uomo.
Vorrei proporre una riflessione che, forse immodestamente, mi sembra mini alla radice la convinzione dell’esistenza di questa ineluttabilità storica.
La riflessione nasce da una domanda: ma se non esistesse una sola tecnica, ma universi di tecniche radicalmente diverse le une dalle altre? Alcune non finalizzabili ad alcun dominio?
Se esistessero infinite tecniche non sarebbe ineluttabile che una di queste diventi egemone e guida della Storia.
Ma possono esistere più tecniche? La riposta mi sembra proprio di sì!
E le ragioni stanno nella fisica. Cito qua e là…
I paesaggi che la teoria delle superstringhe popone si pensa siano almeno dieci elevato alla cinquecento: un numero con cinquecento zeri.
Nessuna legge fisica conosciuta ha valore in ogni ambito.
Io credo si possa anche fare un passo avanti: la fisica non scopre le leggi della Natura, ma la ricerca è una fantastica prassi per costruirle.
Cioè: possono esistere più fisiche. Quindi più tecniche …


venerdì 25 luglio 2014

Aspettando il 10 ottobre … Non bastano i soldi

di
Francesco Zanotti


Guido Tabellini è solo l’ultimo, oggi sul Sole24Ore. Ma moltissimi altri lo seguono: dalla FED in giù.
La loro tesi è semplice: diamo più soldi alla gente e riprenderanno i consumi.
Ecco, io credo sia una tesi sbagliata.
Meglio: funzionerebbe troppo poco. E il cercare di metterle in atto bloccherebbe il pensiero.
Funzionerebbe troppo poco perché farebbe aumentare i consumi “igienici”, quelli di sopravvivenza (che, pure, occorre aumentare), ma non scatenerebbe un significativo aumento della domanda verso le imprese italiane. Primo perché parte di questa domanda sarebbe soddisfatta anche da imprese straniere. Ma, soprattutto, perché i prodotti (e i servizi) che le imprese oggi propongono interessano sempre meno! Questo è il vero problema da affrontare.
Per uscire dalla crisi occorre progettare prodotti e servizi radicalmente nuovi.

Il bloccare il pensiero. Oggi, soprattutto in Europa, esistono molte riserve ad aumentare la moneta disponibile. Occorrerebbe una lunga battaglia per superare queste opposizioni. E il combattere questa battaglia impedirebbe di guardare altrove. Impedirebbe sempre più di percepire la sfida della progettualità.

giovedì 24 luglio 2014

Aspettando il 10 ottobre … Riforme inutili e costose

di
Francesco Zanotti


Quando si agisce su di una variabile occorre conoscere gli effetti che si ottengono.
Stiamo agendo sulla struttura istituzionale dello Stato, ma non abbiamo la più pallida idea di che impatto avrà sulla capacità di generare cassa delle imprese.
Generare cassa … Sì è l’unico obiettivo rilevante. Se il sistema delle imprese non ricomincia a produrre cassa non ce n’è per nessuno. Non ci sarà occupazione, gettito fiscale etc. Non si può vivere aumentando i debiti …
Ed oggi stiamo vivendo aumentando i debiti.
Di quanto sono aumentati i debiti di Stato e Imprese mentre si stanno facendo le riforme istituzionali?
Quello dello Stato di tanto. E quelli delle imprese, probabilmente, pure. Non lasciatevi distratte da qualche piccolo aumento (per altro ora esaurito) dell’export. Si tratta di un aumento di fatturato, non di cassa. E può anche darsi (ma certo il Ministro dell’economia non lo sa) che l’aumento dell’export sia stato ottenuto abbassando i costi e peggiorando le condizioni di pagamento.
Di più: di quanto saranno aumentati i debiti prima che si finiscano le riforme istituzionali? Fino ad allora, aumenteranno perché, secondo la filosofia delle riforme, non si avrà “crescita” (ma poi: crescita di cosa? La crescita del PIL non significa crescita della cassa prodotta) fino a che le riforme sono finite ... Non lo sappiamo.
In sintesi: stiamo investendo (perché il fare le riforme costa) nel fare riforme che non sappiamo quando ci saranno ed a cosa serviranno. Il teatrino della politica continua il suo stupido gioco senza curarsi del pubblico. Che pure cita ad ogni piè sospinto. E non sa che il pubblico si sta dividendo in chi tirerà pomodori marci o se ne andrà.
Noi stiamo invitando tutti per il 10 di ottobre dove presenteremo una proposta per lo sviluppo di questo Paese: non investiamo in infrastrutture statuali, ma nel costruire una nuova infrastruttura cognitiva.



martedì 22 luglio 2014

Aspettando il 10 ottobre. Smettiamo di voler fermare il mondo

di
Francesco Zanotti


E’ l’unica risposta che le nostre classi dirigenti stanno dando alla crisi.
Oggi i giornali (ma come accade da giorni) sono pieni di dati negativi su produzione industriale (Germania compresa) e ordinativi.
Quindi: crisi che continua.
E quali sono le strategia per superarla? La proposta di Ferdinando Nelli Feroci, neo commissario UE all'industria è fondata su: completare il mercato interno, facilitare l’accesso al credito alle imprese europee, sostenere l’innovazione e ridurre gli oneri amministrativi alle imprese.
Ecco, la sintesi di questa proposta è davvero: fermare il mondo.
Mi spiego.
Il problema di fondo è che il sistema di prodotti dei nostri sistemi industriali hanno perso senso esistenziale e funzionale. Più brutalmente: interessano sempre meno. Quindi: saranno acquistati sempre meno. Meno male, perché la Natura non è in grado di sopportare ulteriormente la produzione degli attuali manufatti, attraverso gli attuali processi produttivi.
Allora, aprite tutti i mercati che volete. Aumenterete il numero di “no, grazie, non mi interessa” che riceveranno sempre più le imprese.
Facilitare l’accesso al credito alle imprese? Sì, ma a quelle che hanno progetti di rivoluzione strategica e organizzativa: prodotti e servizi radicalmente diversi, processi di produzione ed erogazione altrettanto diversi.
Ed arriviamo alla innovazione. Si tratta di una parola valigia dove tutti ci mettono di tutto. In particolare: ci mettono le proprie proposte che vengono giudicate innovative a prescindere.
Da ultimo: ridurre gli oneri amministrativi alle imprese? Sì, ma perché ne va della nostra dignità sociale: non possiamo sopportare una burocrazia che ha come univo obiettivo quello di perpetuare se stessa.
Allora, per superare davvero la crisi occorre fornire alle classi dirigenti economiche nuove risorse cognitive che riescano a rigenerare una nuova progettualità imprenditoriale capace di immaginare prodotti e servizi radicalmente diversi, ologrammi di una nuova società.

Altrimenti davvero sembriamo tanti bambini spaventati dalla velocità della giostra del mondo che chiedono di fermarla o di scendere.

domenica 20 luglio 2014

In attesa del 10 ottobre: redistribuire o riconoscere e creare ricchezza?

di
Francesco Zanotti



Distribuire la ricchezza esistente sembra una operazione di giustizia. E, invece, è una operazione di conservazione. Si accetta che la ricchezza è quella che è. E, poiché oggi è troppo concentrata, allora non resta che distribuirla meglio. E, per farlo, ci vuole la violenza (oggi legale) dello Stato.
Il problema, invece, è che non si riconosce cosa sia ricchezza. E, quindi, non si fanno le cose che possono aumentarla.
Ricchezza era la terra perché la terra produceva frutti. E, allora, era ricco chi possedeva la terra e godeva dei frutti prodotti. Chi la lavorava partiva svantaggiato perché lo strumento di produzione era in mano ad altri. E si sono create bolle di latifondi. La terra non produceva frutti e perdeva valore.
Poi ricchezza era il produrre e il possedere oggetti. Con questo paradigma si poteva aumentare di molto la ricchezza: la terra disponibile non si poteva aumentare, ma le strutture produttive e i prodotti, sì! E così si è potuto aumentare di molto la moneta disponibile. Ma anche qui si è creata disuguaglianza perché anche le strutture produttive, come la terra, hanno un padrone che, inevitabilmente, si porta a casa la maggior parte del valore aggiunto generato dal produrre. E si sono create bolle di capannoni e prodotti. I prodotti interessano sempre meno e i capannoni sono sempre più disabitati.
Poi ricchezza è diventata la moneta in quanto tale. Chi possiede la moneta può guadagnare manipolando, invece che le cose, la moneta. E si è creata la bolla di carta, ovviamente in mano a pochi.
Il lettore si chiederà se sto proponendo di socializzare i mezzi di produzione? Ovviamente no!
Sto proponendo di considerare ricchezza la conoscenza. Tutti dispongono degli strumenti per generare conoscenza. E si deve fare in modo che questi strumenti siano in mano a tutti.
Sulla conoscenza generata si batte moneta. Che è un modo per riconoscere socialmente il valore della conoscenza creata … E se la produzione di conoscenza è distribuita lo sarà anche la ricchezza, automaticamente e non violentemente.
Mi fermo a questo punto. Ma immagino mille obiezioni. Ecco fare obiezioni è un’altra via di conservazione. Valgono le proposte. Oltre alla mia esistono proposte alternative che generano etica ed estetica, invece che una redistribuzione violenta che genera ulteriore violenza? La mia può essere migliorata?


giovedì 17 luglio 2014

Abbiamo già realizzato la prima tappa dell’Expo della Conoscenza. Ne parliamo il 10 ottobre

di
Francesco Zanotti


L’obiettivo fondamentale dell’Associazione è lo sviluppo etico ed estetico di una nuova società.
L’Expo della Conoscenza è il processo (un evento senza soluzione di continuità) attraverso il quale raggiungere l’obiettivo.

Infatti, attraverso di esso si cerca di distribuire una nuova infrastruttura cognitiva trans-disciplinare in tutta la società.
Pensiamo che basti questo distribuire per attivare il processo di attivazione di un nuovo Rinascimento in ogni ambito della società.

Per poter  fornire una nuova struttura cognitiva occorre costruirla.

Per costruirla il primo passo è quello di interrogare le diverse fonti di conoscenze (che oggi ancora sono discipline) per conoscere quali sono le risorse cognitive che ognuna mette a disposizione di tutti coloro che vogliono assumersi l’onere della progettazione collettiva di una nuova società nelle sue diverse angolazioni.

Partendo da questo patrimonio di risorse cognitive se ne cerca una sintesi che risponda alle seguenti domande.
La prima domanda: quali sono i processi di evoluzione autonoma dei sistemi umani che sono sistemi caratterizzati da attori dotati di sistemi cognitivi e facenti parte integrata nella Natura.
La seconda domanda: come è possibile governare consapevolmente questi processi affinché il frutto di questi processi di evoluzione autonoma sia una nuova società etica ed estetica?

L’insieme delle risorse cognitive e della sintesi costituisce la infrastruttura cognitiva che può dare l’avvio al processo di sviluppo etico ed estetico di una nuova società.
Quando la si è costruita occorre diffonderla come atto di provocazione progettuale perché sia ulteriormente sviluppata, innanzitutto attraverso sperimentazioni.

Perché solo noi possiamo guidare questo processo?
Perché siamo gli unici ad avere già percorso questa strada.
Perché abbiamo, quindi, già realizzato la prima tappa dell’Expo della Conoscenza.

Abbiamo già interrogato le diverse discipline. Almeno ad un primo livello di approfondimento.
Abbiamo già costruito una prima risposta complessiva alle due precedenti domande.
La prima risposta: abbiamo costruito un modello che cerca di descrivere l’evoluzione autonoma dei sistemi umani.
La seconda risposta: abbiamo sviluppato una metodologia di governo del processo di evoluzione autonoma dei sistemi umani

In più, abbiamo già sviluppato prime sperimentazioni, primi ologrammi di una nuova società che sono già stati pubblicati su di una rivista autorevole.

Altri hanno costruito solo risposte parziali.
In particolare, risposte che riguardano specifici sistemi umani e non sono state generalizzate, che usano solo parte delle risorse cognitive transdisciplinari esistenti, che, quindi, rispondono solo parzialmente alle due domande che riteniamo centrali.

Il processo dell’Expo della Conoscenza si innesca distribuendo la nostra risposta.

L’Evento del 10 ottobre è la prima occasione di distribuzione di questa proposta.
Il nostro blog è lo strumento per una illustrazione e distribuzione continua.

Per il futuro occorre sviluppare manufatti che raccontino il primo livello dell’Expo della Conoscenza che abbiamo già costruito.
Occorre cercare presenze espressive in tutti i luoghi possibili.
Occorre cercare ambiti di sperimentazione nello sviluppo della persona, delle organizzazioni di ogni tipo, delle istituzioni.

Benvenuti coloro che ci vogliono dare una mano.


lunedì 14 luglio 2014

Cercando Segni … Giovedì 17 Luglio alla mostra di Alessandro Aleotti

di
Francesco Zanotti



Alessandro Aleotti ha allestito una mostra dal titolo sorprendente: “D’IO DISINCANTO E RIVOLTA”. Mi ha invitato a presentarla il giorno 17 Luglio alle ore 18,30 presso il Palazzo della Permanente in Via turati, 34 a Milano.
Come potevo non accettare?
L’obiettivo di questo blog è quello di raccogliere e presentare quelli che definiamo i Segni dei Tempi Futuri: conoscenze, esperienze e storie che possano stimolare il processo di “emergenza” di una nuova società.
Alessandro ne propone una serie incontrollata ed incontrollabile in ventiquattro quadri. I quadri neri del disincanto e i quadri bianchi della rivolta.
Proverò a raccontare le mie impressioni, ma soprattutto, cercherò di esplicitare la traccia di un progetto, alto e forte intorno al quale radunare un mondo fatto di troppa superficialità ed ignavia. Per provare a scuotere le giovani generazioni che perdono il sorriso e la gioia solo dietro troppe banalità. Irresponsabilmente.
Per richiamare alla loro responsabilità le generazioni meno giovani. Soprattutto la mia che, partita con il “freccia rossa” della speranza, rischia di finire in binario morto della vita su di una tradotta indecente.

Vi invito a partecipare.

domenica 13 luglio 2014

La scuola che crea conoscenza

di
Francesco Zanotti


Il piacere di citare esperienze positive: è l’obiettivo di questo post.
Sono raccontate nell’articolo sulla Domenica del Sole a firma di Pierangelo Solvadini.
Esperienze che sono Segni del Tempi Futuri. E che indicano come le innovazioni profonde non nascano nelle Istituzioni, ma negli interstizi della società.

Scampia dove si rivoluziona la didattica della matematica.
Insegnando la matematica come scienza delle strutture, invece che dei numeri … Sì lo so un matematico mi obietterebbe che siamo rimasti al pensiero di Bourbaki. Ma, rispondo, che mica è un delitto se questo contributo, ovviamente non definitivo e assoluto, viene aggiunto all’ancor più vecchio concetto della matematica come scienza dei numeri. E, poi, viene insegnato con un metodo straordinario. Vuoi imparare una materia? Allora mettiti a insegnarla! E bambini costruiscono strumenti e percorsi didattici per altri bambini.

In Val Camonica dove la conoscenza è costruita insieme da docenti ed allievi.
Peer education, la chiamano.

In alta montagna dove “piccole scuole crescono”.
E’ il segno che non sono più necessarie grandi cattedrali educative (come non lo sono più cattedrali produttive, energetiche, di ricerca etc.), ma la rete rende tutti protagonisti insieme a tutti. E se vivi in alta montagna, hai esperienze di vita assolutamente preziose.
Mi risuona, nel ricordo, un eroe della mia giovinezza: Don Milani. Che è stato esiliato nel luogo più isolato del mondo. E quel luogo è diventato il centro del mondo.


giovedì 10 luglio 2014

Non si cava un ragno dal buco: abbiamo una analisi e una proposta!

di
Francesco Zanotti


Ho appena sentito il telegiornale. Ho appena sentito l’ulteriore calo della produzione industriale e dei consumi. Ho appena sentito della banca Portoghese in crisi …
Ho appena sentito del crescere della depressione.
Se c’è qualcuno che pensa che la riforma del Senato o qualche esortazione retorica da parroco di campagna riesca a risollevare l’economia è un illuso. O peggio.
Serve una analisi diversa. Noi ce l’abbiamo: i problemi nascono da una società e da una economia che stanno perdendo di senso.
Allora è necessario progettare una nuova economia ed una nuova società
Come fare?
Noi abbiamo una proposta complessiva. Non di una nuova economia ed una nuova società. Ma del processo attraverso il quale farle emergere.
Innanzitutto, occorre agire sulla infrastruttura cognitiva della società. Occorre fornire a tutti nuove visioni del mondo e nuovi modelli e metafore che sono gli strumenti cognitivi per progettare una nuova economia ed una nuova società.
Così facendo si innescheranno, in brevissimo tempo, mille nuove progettualità economiche e sociali.
Poi, occorre una nuova filosofia di governo, che abbiamo definito Sorgente Aperta, per portare a sintesi questa progettualità.

Chi c’è che vuole approfondire e diffondere queste proposte?

Si sta spegnendo: Il Brasile

di
Francesco Zanotti


Oggi sul Sole 24 Ore Marco Bellinazzo propone una analisi (negativa) della situazione brasiliana e delle sue prospettive. E conclude dicendo che Rio 2016 (le Olimpiadi) sono l’unica speranza di ricominciare a crescere.

Giusto ieri su questo blog ho scritto …
“La crisi che stiamo vivendo è una crisi da spegnimento, accelerato dal proliferare di mille conflitti.
Spegnimento dell’economia dovuta alla perdita di significato e di funzionalità degli attuali prodotti e servizi. Accelerato dai conflitti competitivi che costringono le imprese a non accorgersi della perdita di senso e di funzionalità di quello che fanno.
Spegnimento della società per perdita di senso delle “infrastrutture” politiche e sociali che sono funzionali a quella economia industriale che sta perdendo di senso. Aggravato (e di molto) dai conflitti politico-sociali che non riescono a sfociare in una proposta.
La ragione profonda di questo spegnersi è costituita dalla infrastruttura cognitiva di fondo della società industriale: la visione meccanicistico-riduzionistica del mondo.”.

Il discorso non vale solo per le società “avanzate”. Vale a maggior ragione per gli altri “mondi” che hanno immaginato di riuscire a costruire sviluppo (etico ed estetico per tutti) copiando la via di sviluppo delle società industriali. Anzi, a maggior ragione vale per queste società che hanno pensato di forzare la loro infrastruttura cognitiva imponendo quella della società industriale.

Forse queste società potrebbero essere profetiche perché per loro potrà essere più semplice ripudiare (cioè: utilizzare dove serve) la infrastruttura cognitiva della società industriale.


mercoledì 9 luglio 2014

Si sta spegnendo: cosa fare?

di
Francesco Zanotti


Oggi tutti i giornali sono pieni di commenti sulla frenata dell’economia tedesca. Come se fosse una sorpresa.
A me sembra inevitabile. Sono almeno tre anni che ho pubblicato un libretto, scaricabile da questo Blog, dove sostengo una tesi che sta diventando sempre più giustificata. E dove propongo quella che mi sembra davvero l’unica via per ricominciare a costruire uno sviluppo che mi piace definite “etico ed estetico”.

La tesi è la seguente. La crisi che stiamo vivendo è una crisi da spegnimento, accelerato dal proliferare di mille conflitti.
Spegnimento dell’economia dovuta alla perdita di significato e di funzionalità degli attuali prodotti e servizi. Accelerato dai conflitti competitivi che costringono le imprese a non accorgersi della perdita di senso e di funzionalità di quello che fanno.
Spegnimento della società per perdita di senso delle “infrastrutture” politiche e sociali che sono funzionali a quella economia industriale che sta perdendo di senso. Aggravato (e di molto) dai conflitti politico-sociali che non riescono a sfociare in una proposta.
La ragione profonda di questo spegnersi è costituita dalla infrastruttura cognitiva di fondo della società industriale: la visione meccanicistico-riduzionistica del mondo

Contemporaneamente stanno emergendo, però, Segni dei Tempi Futuri. Consistono in nuove esigenze esistenziali delle persone, in nuove tecnologie, in nuove esperienze finanziarie, economiche, sociali e politiche.
Questi Segni dei Tempi Futuri sono le potenzialità, le energie che possono permettere di costruire una nuova società.
Ecco allora la proposta.
Perché questo possa accadere, è necessario sostituire la infrastruttura cognitiva di fondo della società industriale. La costruzione di nuovi rinascimenti comporta la sostituzione delle infrastrutture cognitive dei medioevi che li hanno preceduti.
Fornendo ai “profeti” ed agli uomini di buona volontà, che non sono caratterizzabili anagraficamente, ed alle nuove generazioni una nuova infrastruttura cognitiva si scatenerà una nuova progettualità “imprenditoriale” che potrà veramente costruire una  nuova società etica ed estetica
Tra i segni dei Tempi esistono mille frammenti di una possibile nuova Infrastruttura cognitiva. Io penso che il pensiero quantistico sia uno di questi frammenti, forse il più fondativo.
Occorre, allora, raccogliere tutti questi frammenti, costruirne una sintesi e diffonderla nella società. Abbiamo chiamato questo progetto Expo della Conoscenza.


...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.