domenica 31 gennaio 2016

Scienza o Cicero pro domo sua?

di
Francesco Zanotti

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Leggo sulla Domenica del Corriere di oggi una affermazione di Jean Pierre Changeux che sostiene: “La ricerca biologica mostra che le genesi e la propagazione degli stimoli nervosi sono integralmente spiegati da processi molecolari la cui dinamica controlla la velocità di propagazione.”.
Ora al di là del fatto che non capisco cosa significa che una dinamica controlla una velocità (la velocità non è un bambino cattivo che ha bisogno di esser controllato. Al massimo direi che le leggi dei processi molecolari determinano la velocità di propagazione), mi ricordo che il Prof. Vitiello sostiene l’esatto contrario.
“E’ evidente che da tali numeri non possiamo immaginare di dedurre l’attività cerebrale dallo studio del singolo neurone o dalle sue connessioni con altri neuroni” (Strutture di mondo. Pag. 108. Il Mulino-2010).
I numeri a cui si riferisce il Prof. Vitiello riguardano il fenomeno dell’eccitazione e la inibizione “contemporanea” di milioni di neuroni che non può essere spiegata né dagli scambi di segnali elettrici o chimici tra i neuroni. Questi scambi sono troppo lenti per riuscire a generare questa eccitazioni e inibizioni nei tempi in cui appaiono.
Chi ha ragione? Ai lettori l’ardua sentenza. Certo è che, però, il Prof. Vitiello cita un fatto sperimentale preciso. Il Prof. Changeux, invece, fa una dichiarazione molto impegnativa che richiederebbe … infiniti dati sperimentali per essere dimostrata. Usando l’aggettivo “integrale” il Prof. Changeux sostiene che abbiamo scoperto tutte le leggi che governano il funzionamento e l’evoluzione del cervello …
Che il Prof. Changeux sia “’nu poco supponente”? Che ritenga noi, inclito volgo, bisognosi di semplificazione perché incapaci di cogliere le sottigliezze della scienza?
Oppure che accetti anche di stiracchiare i dati sperimentali per sostenere una tranquillizzante posizione riduzionista per paura di un Mistero che occorre esorcizzare a tutti i costi?
Davvero: ai lettori l’ardua sentenza.


venerdì 29 gennaio 2016

Le statue nascoste

di
Francesco Zanotti


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Polemica aspra … ma contro il bersaglio sbagliato.
Io non dico che hanno fatto bene a coprire quella statue. Dico che quelle statue non rappresentano la nostra cultura attuale. Rappresentano quella dei nostri Padri. Cultura straordinaria, da onorare. Ma il problema di fondo è che noi non abbiamo una nostra cultura. Siamo arditi nel dire stupidaggini e quando ci fanno notare che tali sono, che sono superficialità insopportabili come quelle esibite nei talk show, allora andiamo a chiedere aiuto ai Padri. Guardate cosa hanno fatto i nostri Padri. Una intera generazione che, poi, alla fine, sa andare solo da papà. Noi proponiamo da sempre la necessità di avviare, almeno, il processo di costruzione di una nuova cultura che si faccia ispirare certamente dal nostro passato, ma anche dal passato di tuti gli altri popoli. E, poi, dalle straordinarie conoscenze che si stanno sviluppando nelle scienze naturali ed umane, ma che non sono ancora diventate cultura.

In sintesi: non prendiamocela con qualche povero travet. Prendiamocela con noi stessi, ignoranti e un po’ vigliacchi che, alla resa dei conti, sappiamo solo nasconderci dietro la grande ombra dei Padri. Che si rivolteranno nella tomba pensando a cotanto indegni figli.

mercoledì 27 gennaio 2016

I ricchissimi

di
Francesco Zanotti

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Oggi Giuseppe Galasso suo Corriere riprende il tema dei “ricchissimi”. Cioè di quelle 63 persone che posseggono una ricchezza pari a quelle dei 3 miliardi e 600 milioni di persone più povere del mondo.
E si chiede: ma ha senso parlare di società liquida (Zygmunt Bauman) quando si assiste a fenomeni di stratificazione sociale così duri?
Almeno cerchiamo di capire come possano coesistere fenomeni così contrapposti nella stessa società come il “liquefarsi” e il “rigido stratificarsi”.
Noi abbiamo dato un contributo in questa direzione. Abbiamo curato, insieme a Pietro Condemi (IPOC editore) la traduzione (fatta da Luciano Martinoli e da suo figlio Lorenzo) di un libro (Radical Luhmann) di Georg Moeller sul pensiero del sociologo tedesco. La traduzione sarà arricchita da una mia appendice dove presento una “integrazione” al pensiero di Luhmann, frutto di un Progetto di ricerca che ho condotto, grazie all’ecologia professionale creata da CSE Crescendo.
Luhmann spiega, usando soprattutto la teoria dei sistemi autopoietici, come l’attuale società sia strutturata in sistemi funzionalmente differenziati che sono la causa dei fenomeni di “isolamento” delle diverse componenti della società e che portano anche a fenomeni estremi come e quelli dei ricchissimi. Io, usando il pensiero quantistico, sono riuscito a capire molto più a fondo la ricchezza inesauribile di potenzialità che genera ogni consorzio umano e che Buaman è riuscito solo a descrivere come liquido. Ho capito come questa ricchezza p generare sistemi autopoietici che la teoria di Luhmann descrive esattamente. Da ultimo, sono anche riuscito a immaginare una nuova forma di Governo dei sistemi umani che può permettere alla classi dirigenti di destreggiarsi tra potenzialità ed auto poiesi.
Presenteremo il libro 11 Febbraio 2016 ore 15,30-18,00 in Foro Boario via Jacopo Berengario, 51 a Modena
E’ una iniziativa organizzata insieme a BPER e Università di Modena, con la partecipazione del Prof. Moeller dell’Università di Macao, del Prof. Giancarlo Corsi dell’Università di Modena, della Presidentessa AIDP dott.ssa Isabella Covili Faggioli, del DP di BIPER dott. Giuseppe Corni, del Direttore della AUSL di Modena che è la più grande impresa della provincia e del Prof. Gianfranco Minati Presidente Unione Europea per la Sistemica.


domenica 24 gennaio 2016

Intelligenza artificiale?

di
Francesco Zanotti

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Si intende ovviamente, la possibilità che un computer digitale possa simulare le prestazioni cognitive dell’uomo.
Ora il primo problema è che non sappiamo descrivere esattamente (forse neanche genericamente) quali siano le prestazioni cognitive dell’uomo. Si riescono a descrivere decentemente solo operazioni molto semplici come ad esempio qualche forma di decisione. Ma, se non sappiamo quali siano e, tanto meno, come si possano descrivere le operazioni cognitive di un essere umano, come possiamo costruire un computer che fa altrettanto?
Ma non può darsi che un domani noi si riesca a descrivere quali siano le operazioni cognitive dell’uomo e si riesca costruire un aggeggio artificiale (che non potremo chiamare macchina) che esegua le stesse operazioni?
Non lo so. Certo questo aggeggio non sarà un computer digitale, qualunque sia la sua velocità che, ovviamente, non potrà mai essere infinita.
Le ragioni matematiche per cui questo non può accadere sono molte, ma ve ne propongo una ulteriore e molto semplice. Se guardate un uovo che cade e si rompe per terra non siete in grado di invertire il processo. Se, invece, filmate la caduta con una telecamera digitale, poi il computer riesce a far girare il filmato all’indietro e tornare all’uovo intero. Questo vuol dire che i processi di un computer sono sempre invertibili. Molto (quasi tutto?) di quello che accade nella Natura, no! E’ frutto di processi unici, imprevedibili e non riproducibili.
Forse davvero riusciremo davvero a costruire “aggeggi” che sappiano fare le operazioni cognitive che fa l’uomo. Beh è tutta una storia che ci stiamo riuscendo. E questi processi di costruzione si chiama “riproduzione”.



martedì 19 gennaio 2016

40 anni fa ... oppure oggi?

di
Francesco Zanotti


Qualche giorno fa Repubblica ha offerto insieme al quotidiano la copia del primo numero datata Mercoledì 14 gennaio 1976.
Con mia sorpresa ho scoperto che i titoli di molti articoli erano sorprendentemente “attuali”.
Li propongo e lasci al lettore una riflessione: ma non è cambiato proprio nulla?
Ecco i titoli:
“E’ vuoto il palazzo del potere”
“L’incarico a … (metteteci qualunque nome di Presidente del Consiglio da 40 anni a questa parte) ma la sfida è l’economia.”
“ … (metteteci qualunque nome di sindacalista da 40 anni a questa parte) regoliamo da noi i nostri scioperi.”
“La mafia dentro le aste truccate”
“Ultrasinistra divisa sulle elezioni”
“L’Italia degli scandali”
“Cambiato di poco il Vertice ENI”
“I finanzieri inglesi stanno per calare sulle borse italiane”.

E’ poi cerchiamo stabilità! Più stabili di così non è possibile!

mercoledì 13 gennaio 2016

Sunniti, Sciiti, ISIS e autopoiesi

di
Francesco Zanotti

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Ogni sistema umano (dai gruppi dirigenti, alle imprese) considera uno stimolo esterno come occasione per “farsi gli affari suoi”. Tecnicamente: per riattivare la sua autopoiesi.
La comparsa dell’ISIS e la guerra contro l’ISIS sono solo occasioni perché il mondo arabo rimetta in scena la guerra secolare tra Sciiti e Sunniti. Con tutte le sue continue ri-declinazioni.
Autopoiesi … espressione difficile?
Forse sì. Ma come è difficile ogni conoscenza che cerchi di capire e governare sistemi complessi. Ma la conoscenza è inevitabile. Solo le nostre classe dirigenti politiche evitano come la peste la conoscenza tout-court. Troppo impegnati in quella ridicola autopoiesi del vincere le elezioni.
Ridicola perché ogni nuovo vincitore scopre che ha vinto solo la possibilità di dire che ha vinto. Ma questo non significa in nessun modo, una più forte capacità di Governo.
Per superare la situazione attuale occorre rompere gli attuali circuiti auto poietici che stanno facendo perdere di senso ai diversi gruppi e sistemi sociali. Occorre far emergere nuovi sistemi sociali e far in modo che essi vivano di una continua ridefinizione i funzioni e confini.
Esemplificando, dobbiamo piantarla di considerare profetici banali esortazioni retoriche che hanno come unico obiettivo la ricerca di consenso a buon mercato. Esortazioni soltanto retoriche come la seguente: “Our unique strengths as a nation -- our optimism and work ethic, our spirit of discovery, our diversity, our commitment to rule of law -- these things give us everything we need to ensure prosperity and security for generations to come.



...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.