venerdì 28 febbraio 2014

Roma, caput …

di
Francesco Zanotti


Il problema di Roma è costituito da coloro che ne denunciano i problemi. Il modo in cui li denunciano, le proposte che fanno.
Il modo in cui lo denunciano è sotto gli occhi di tutti. E’ tipico dei professionisti della denuncia: strilli ed urla. Molto utile per chi denuncia: scarica l’ansia, permette una auto realizzazione a buon mercato …
Preferisco quelli che, anche denunciano, ma poi propongono. Ma se guardiamo a questi … Leggo in prima pagina sul Sole24Ore un titolo “agghiacciante”: “Sanare il passato e negoziare il futuro”. Il titolo del pezzo a pagina 4, che continua quanto scritto in prima pagina, insiste “Negoziare il futuro”.
Cosa c’è di agghiacciante? Che il futuro non si può negoziare: lo si deve progettare e costruire! E con chi lo si dovrebbe negoziare?
Ma se ci si mette nell'ottica di progettare e costruire in futuro, la situazione peggiora ancora. La progettazione e costruzione del futuro avviene attraverso un processo di creazione sociale emergente. Che ne sanno tutti coloro che oggi governano e criticano chi governa di come si sviluppano i processi emergenti e come li si governa?
La proposta: non importa chi governa. Basta che voglia imparare come funziona un processo di creazione sociale e come lo si governa.
Se volete anche un suggerimento più concreto. Due discipline, senza apparente legame, potrebbero fornire qualche fondamento. La teoria quantistica dei campi per spiegare come si innescano i processi emergenti. Se, poi volete vi sono altre discipline che aggiungono qualche utilità: la scienze cognitive, le scienze dell’evoluzione, la sociologia …
Anche la strategia d’impresa. Non perché il comune sia come una impresa: non lo è! Ma perché questa disciplina, al di là del nome, si occupa proprio di come si progetta e costruisce il futuro di un sistema umano.

Ecco .. se i governanti decidessero di imparare tutte questE discipline si ridarebbero senso all'espressione caput mundi. Perché insegnerebbero al mondo una nuova modalità di costruire sviluppo.

giovedì 27 febbraio 2014

Prevedevo di Grillo …

di
Francesco Zanotti


Circa un anno fa, dopo il successo alle elezioni, scrivevo di Grillo e del suo movimento … Sì, parlo di una previsione azzeccata …

“Di storie come quella di Bebbe Grillo ne sono nate tante. E tutte hanno avuto o stanno avendo la stessa fine. O delusione e disillusione o il conflitto. Oppure tutte e tre.
Le ragioni sono “sistemiche”. Sono movimenti che nascono da un grande slancio ideale. Ma questo slancio ideale non è nutrito da sufficienti risorse di conoscenza. Ed allora quando si tratta, inevitabilmente, di passare dalla protesta alla proposta, si frantumano in progetti parziali che generano conflitti e delusioni. Oppure cercano un consenso istituzionale che non può che essere “peloso”. E il movimento finisce quando gli appoggi istituzionali vengono meno.
Non occorrerà attendere molto per vedere queste stesse dinamiche scatenarsi nel Movimento cinque stelle. Grillo contro Casaleggio, i gruppi parlamentari spezzarsi in sottogruppi. Ed alla fine il movimento perdere di consenso
Il fatto che ci sia di mezzo Internet non fa che ampliare ed accelerare i processi. Ma non li cambia nella sostanza.”


Forse azzecco qualche previsione, ma non sono un mago: nei sistemi umani è facile fare previsioni se non cambia il sistema di risorse cognitive di riferimento di questi sistemi …

martedì 25 febbraio 2014

Volli, sempre volli, fortissimamente volli ... andare sulla luna

di
Francesco Zanotti


Ed allora mi sono messo a saltare con tutta la mia forza, con il mio impegno. Accettando la sfida che, se non ci fossi riuscito, sarei stato un pirla …
Sono arrivato anche a saltare 20 cm. lontano dalla terra …
Poi mi sono guardato intorno ed ho capito che anche se fossi riuscito a ridurre il cuneo fiscale di dieci punti (ah, no! Erano dieci miliardi …), se avessi rivoltato la Costituzione come un calzino … (la luna, appunto) le imprese non avrebbero comunque ricominciato a produrre cassa. E se le imprese non producono cassa ma si fanno mantenere, i guai sono seri.
Per far sì che le imprese ricomincino a riprodurre cassa, occorre riprogettare la loro identità strategica. E per farlo occorre buttare nel sistema delle imprese nuove risorse di conoscenza …

Allora ho smesso di guardare la luna fredda e lontana e … mi sono messo a studiare. Quel signore del settecento, dopo tutto, voleva fortissimamente studiare.

sabato 22 febbraio 2014

Noi c’eravamo tutti …

di
Francesco Zanotti


Noi c’eravamo tutti. Con le nostre idee e con i nostri comportamenti. Con i nostri rifiuti con le nostre omissioni.
Noi abbiamo costruito questa crisi.
Allora noi dobbiamo cambiare le nostre idee e i nostri comportamenti. Sostituire i rifiuti inconcludenti con proposte alte e forti. Superare la ignavia del rimando e dell’illusione.

Soprattutto dobbiamo aggiungere conoscenza alla nostra vita.

venerdì 21 febbraio 2014

La parte hard …


di
Francesco Zanotti


Ogni sistema umano è costituito da una parte hard e da una parte soft. Pensate ad una impresa industriale. Ha una parte hard che è fatta dai muri, dalle tecnologie e dalla organizzazione formale (le procedure ad esempio). E da una parte soft che è fatta dalle persone (la loro identità profonda, i loro pensieri etc.), dai loro progetti e dai comportamenti che mettono in atto per realizzarli.
Se l’impresa non va bene occorre certo cambiare anche la sua parte hard. Ma questa deve essere funzionale ad un nuovo progetto d’impresa. E un nuovo progetto di impresa è generato da persone alle quali vengono fornite nuove risorse cognitive.
La “consecutio” è: nuove risorse cognitive generano una nuova progettualità che genera un nuovo progetto d’impresa. Dentro questo progetto e, proprio per realizzarlo, si cambieranno anche le macchine ed i muri.
Dare così importanza alle riforme è come voler partire dalle macchine e dai muri. Ma se non so che progetto paese voglio realizzare come faccio a sapere di che muri e di che macchine ho bisogno?


mercoledì 19 febbraio 2014

I nuovi ministri: tecnici o politici?

di
Francesco Zanotti


La risposta è semplice: politici. Ma che si impegnino a studiare.
Cito un articolo documentatamente crudele di Lina Palmerini su Sole24Ore di oggi.
Scrive, rivolta a Renzi “Quello che gli manca è la capacità. Ci pensi. Capacità parlamentare? Zero. Competenza in bilancio dello Stato? Zero. Competenza in Europa? Zero.”
Aggiungo io: come si fa a parlare di lavoro senza avere alcuna competenza di strategia d’impresa? Senza avere competenza di quelle scienza che spiega come si fa ad aumentare la capacità di produrre senza la quale una impresa non riesce a pagare gli stipendi?

E potrei aggiungere molte altre aree di conoscenza che sarebbero indispensabili …

sabato 15 febbraio 2014

Aumenta il PIL, comincia la ripresa? No, continuano le assurdità!

di
Francesco Zanotti


Il Sole è sorto, la ripresa (che è come il Sole) illumina il nostro futuro ..
Ma non diciamo sciocchezze!
Innanzitutto aumenta dello 0,1 %! Oltre ad essere poco, nessuno mi leva dalla testa che, a causa della inevitabile imprecisione nelle rilevazioni dei dati, uno + 0,1 % non significa proprio nulla. E’ probabile che sia statisticamente equivalente a – 0,1.
Poi, anche se la precisione fosse assoluta (cosa impossibile), dovrebbe scontare l’inevitabile “incertezza” dei dati di partenza. Penso alle politiche (legittime) di bilancio delle imprese che espongono il fatturato che conviene loro esporre, sempre rimanendo nel terreno della legalità. Se poi immaginiamo che si vada oltre … Penso anche alla spesa pubblica che, poiché lo Stato ragiona in termini di cassa, non registra i debiti contratti in quell'anno, ma solo i soldi effettivamente spesi, anche in questo caso lo Stato aggiusta la spesa pubblica come vuole. Basta che non paghi!
La spesa pubblica? Sì! Nel calcolo del PIL si inserisce anche la spesa pubblica! Aumentando la spesa pubblica si aumenta il PIL.
Ma allora ci sono alcune domande che, ingenuamente, pongo.
La prima è: supponendo che quel 01% abbia un significato statistico (cosa inverosimile), ma da cosa è stato generato? Non certo da un aumento della produzione industriale …
E, poi, ma se attuiamo una drastica spending review, certamente diminuiamo il numeratore: il deficit. Ma, contemporaneamente avremo diminuito il denominatore: il PIL. Se poi la spending review cresce di più di quanto cresca il PIL, avremo l’effetto di diminuire il deficit, di aver più soldi da spendere in cassa, ma di farci bastonare da tutti perché il rapporto deficit/PLI diminuisce …

Dove mi sbaglio? Devo sbagliarmi, perché altrimenti significa che ci siamo auto messi in una trappola contabile …

venerdì 14 febbraio 2014

Renzi, senza conoscenza

di
Francesco Zanotti


Auto celebrazione? No! Solo una banale dimostrazione del “potere della conoscenza”, non mio personale.
Il 29 novembre scorso avevo fatto previsioni. Le ho riprese il giorno 5 gennaio dopo che la prima si è avverata: l’avvento di Renzi alla segreteria del PD.
Facile previsione mi direte. Sì, ma non per tutti, viste le fatiche dei suo antagonisti.
Ora se ne è avverata un’altra: il Governo Letta non è durato.
Anche questa facile previsione? Beh l’ho fatta il 29 novembre 2013. Se era così evidente a tutti perché tutti hanno giocato al gioco “Teniamo in piedi Letta”?
Ha cominciato ad avverarsi anche la mia previsione complessiva. La ripeto perché indica una strada che prima o poi dovremo percorrere: quella delle risorse cognitive.
Ecco la previsione: “Tutte le riforme che si cerca di attuare o si progettano non avranno alcun effetto sulla crisi che stiamo vivendo. La crisi procederà sempre più speditamente verso il baratro fino a che non si avvierà una nuova stagione di progettualità economica e sociale grazie alla diffusione di nuove risorse cognitive.”
Ma e Renzi? Da quello che si è visto finora è giovane di età, ma usa risorse di conoscenza tipiche del mondo che vuole cambiare. Non si può cambiare un mondo usando le stesse risorse cognitive che l’hanno generato. Deve usare nuove risorse cognitive (ad esempio, ma non solo, la teoria dei sistemi autopoietici) che mi hanno permesso di fare le previsioni di cui sopra. Se non vuole usare la potenza della conoscenza non cambierà nulla. Proverà solo (senza riuscirci) a celebrare se stesso.


martedì 11 febbraio 2014

Napolitano, quattro amici al bar e banalità

di
Francesco Zanotti


Non voglio tanto entrare nella disputa se Napolitano abbia travalicato o meno di suoi poteri. Anche se mi sembra che anch’Egli rappresenti l’eterna tentazione dell’uomo solo al comando che pensa che, lui sì, può stiracchiare le regole perché è “disinteressato”. Non volendo riconoscere che il bene comune che lui vede è quello che le sue risorse cognitive gli permettono di vedere …
Quello che voglio sottolineare è, invece, che siamo di fronte ad un gruppo di persone che si danno orgogliosamente del “tu”, come se fosse il segno di appartenenza alla setta di coloro che contano. Un gruppo di amici che si sente superiore all’inclito volgo. Ora questo gruppo di amici non è certamente mosso da motivazioni inconfessabili o solo egoistiche. Anzi, è certamente mosso dalla intenzioni migliori, come hanno dimostrato le lacrime (certamente vere) della Fornero. Ma è un gruppo chiuso, autoreferenziale. Coltiva le stesse relazioni di sempre e non coltiva la conoscenza. Il risultato è che le proposte che formula sono di una banalità sconvolgente. Ho preso visione del documento che Passera aveva preparato come manifesto di questo gruppo di amici che vuole salvare l’Italia perché La7 ne ha parlato abbondantemente. Ma quello che mi ha colpito non era il dubbio se questo documento fosse o meno la famosa “pistola fumante” dei “complottisti”. Era, davvero, la sua banalità. Una banalità totale, profonda e sconvolgente. Allora non si tratta di un gruppo di pericolosi complottisti, ma dei “quattro amici al bar” di Gino Paoli. Anche questi hanno voglia di cambiare il mondo. Ma se ne stanno sempre solo seduti al bar (uno dei bar delle località più alla moda). E i loro discorsi sono, appunto, eternamente e gravemente (per noi) discorsi da bar.
Delle risorse cognitive, della conoscenza dicevo. Se risorse cognitive e conoscenza sono povere, generano proposte povere. Se qualcuno genera proposte povere, fino alla banalità più banale, allora il patrimonio di risorse cognitive, di conoscenza di cui dispone non può che essere che, parimenti, povero.
Dove si è formato questo gruppo di amici al bar. La storia risale ai primi anni ’80 … prima o poi qualcuno racconterà questa storia …


lunedì 10 febbraio 2014

Non scegliete coloro che si candidano …

di
Francesco Zanotti


Credo che una delle riforme che si possono fare subito e che sarebbe decisiva è quella di piantarla con la candidature. Per ora parlo di ENEL, ENI, Terna e compagnia cantante. Ma credo si possa generalizzare anche alla politica.
Voglio dire: caro Governo, non scegliete coloro che si candidano. Se si candidano, poi cercheranno di fare di tutto per essere eletti. Cercheranno di costruire una rete di alleanze e, anche quando eletti, continueranno a manutenere la loro rete di alleanze. Indifferenti alla conoscenza ed al business.
Un solo episodio: ho chiesto una intervista ad un Grande Presidente, uno di quelli che è Presidente da sempre, sul significato sociale del business che governava, sulla sua filosofia di dialogo con gli stakeholder. E la risposta è stata candidissima: temi troppo profondi, non saprei cosa rispondere …
Del tipo: ma per diventare Presidente occorre avere una rete di amici potenti, non disporre di “virtute e canoscenza”.

Ah ovviamente per attuare questa riforma il Governo non ha bisogno di fare alcuna legge, può agire subito …

venerdì 7 febbraio 2014

Innovazione … retorica

di
Francesco Zanotti


Leggo sul Sole 24 Ore un articolo di Leonardo Maugeri su “Sette fronti d’azione per invertire la rottadel declino …"
Ecco … non sono d’accordo. Ed ovviamente propongo alternative.
Primo fonte d’azione: liberiamo da tante vessazioni i fondi di Private Equity, Venture Capital etc.  … Per carità, mica voglio  sostenere che occorre mantenere le vessazioni. Ritengo, però, più rilevante che tutti questi fondi imparino a valutare Business Plan. Oggi si parte dall'ipotesi che siano i migliori al mondo a farlo. Non è vero! Lo dimostrano, innanzitutto, gli insuccessi istituzionalizzati. Ad esempio, si parte dal considerare naturale che le operazioni di Venture Capital abbiano successo solo nel 25% dei casi (come più avanti cita l’Autore). Ma come si fa a sostenere che si sa valutare un Business Plan se, poi, si istituzionalizza il fatto che si può sbagliare otto volte su dieci? Che non sappiano valutare Business Plan lo dimostra, soprattutto, il fatto che non dispongono del “Corpus Cognitivo” che serve a farlo: le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa.

Secondo fonte d’azione: incentivi fiscali. Beh se chi investe soldi ha come criterio di scelta dove si paga meno tasse e non dove si producono capolavori …

Tutti gli altri fonti d’azione: riguardano la ricerca. Ed è su tutti questi fronti che sono particolarmente in disaccordo.
Occorre scegliere le “tecnologie lasciate dagli altri” dice l’Autore. Cioè dove non sono presenti gli altri. Ma il problema non è quello di scegliere un campo tecnologico o un altro. Il problema è che in tutti i campi tecnologici occorre generare nuove prospettive. Che nascono solo da una nuova visione del mondo. Prendiamo ad esempio la genetica e le neuroscienze. Dobbiamo scegliere se continuare sull’approccio riduzionistico attuale o scegliere altri approcci. Il mondo anglosassone segue la visione riduzionistica che sta diventando sempre più anacronistica. Noi li surclasseremo (se proprio vogliamo surclassare e non collaborare) rileggendo tutti gli ambiti tecnologici con una visione del mondo quantistico-emergente.
La ricerca deve essere collegata al mercato. Deve capire di cosa ha bisogno il mondo. Ma il mondo non sa di cosa ha bisogno. Abbiamo di fonte la necessità di creare nuovi mondi. La ricerca deve raccontare di tutti i mondi possibili e scatenare una nuova progettualità di popolo per realizzare il mondo che sceglieremo.
La ricerca deve essere misurata dal valore che riesce a produrre. Ma occorre definire di che valore si tratta. Possiamo pensare al valore “economico” ed allora dovremo misurarlo in termini di capacità di produrre cassa (quando e quanto). Ma forse in tutta la storia una grande capacità di produrre cassa è sempre stata generata dalla capacità di creare e condividere sogni-capolavoro.
Lo Stato deve finanziare la ricerca di base, ma solo dopo che si sono individuate le direzioni lungo le quali indirizzare questa ricerca. Ma è una contraddizione in termini. La ricerca di base, per definizione, non sa dove andrà sbattere. Se lo sapesse sarebbe per definizione ricerca applicata. Ma al di là della contraddizione logica … lo Stato non può indirizzare la ricerca di base perché oggi la complessità (per fortuna) è tale che esistono mille alternative di ricerca tra le quali oggi nessuno può scegliere. Un esempio: vogliamo che sia lo Stato a decidere se la fisica fondamentale deve sviluppare solo la teoria delle stringhe o la gravità quantistica a loop? O debba, invece, ricercare qualche altra teoria che oggi non è immaginabile? Magari uscendo dal riferimento metrico ed usando un riferimento topologico?

La ragione per cui l’innovazione langue è che non abbiamo idee.
Ma, come si fa a rilanciare l’innovazione? Come si è fatto nel Rinascimento: “buttando nella società un nuovo patrimonio di risorse cognitive”. Soprattutto buttando nella società una nuova visione del mondo. Proprio quella che libera la ricerca da tutti i lacci e lacciuoli che nascono dal disporre solo della visione del mondo della società industriale.
Insomma, volete veramente innovare? Fate corsi di teoria quantistica dei campi e sul come usandoli si capiscono fino in fondo i processi di creazione imprenditoriale e se ne possono moltiplicare l’efficacia per arrivare finalmente a costruire un nuovo sviluppo etico ed estetico.


mercoledì 5 febbraio 2014

Da “Rivoluzionario per caso” di Linus Torvalds

di
Simone De Battisti
simone.debattisti@gmail.com

Ho letto in questi giorni una bella biografia in cui ho trovato tante corrispondenze concrete ed effettuali dei contenuti “teorici” spesso esposte in queste pagine. Per questo ho deciso, per ringraziarvi, di trascriverne alcuni passi fondamentali. Con l’augurio per il 2014 che possa la Sorgente Aperta sgorgare acqua positiva in questo paese.
Le citazioni sono in ordine storico, non sono rielaborate, al massimo accorciate quando ripresi entro lunghi paragrafi o abbinate quando parlano di temi simili. Spero stimolino i lettori a leggere l’intero libro ne vale la pena. Ad ognuno “buona ispirazione” iniziamo con “L’informatica è come la fisica”.
Un modello emergente e open source per definizione di imprenditorialità, innovazione, gestione, organizzazione, strategia….
Selezione di passaggi chiave dalla biografia di Linus Torvalds, l’Inventore di Linux. Nei fatti uno dei tre protagonisti della grande rivoluzione informatica che stiamo vivendo, insieme a Bill Gates e Steve Jobs, ma meno noto e celebrato. Finlandese, inizia l’avventura per passione, diventa milionario per volontà di tutti quelli che hanno riconosciuto nel suo prodotto un elemento di profonda innovazione, non ha avuto una sua azienda ma ne ha fatte generare a centinaia. “Rivoluzionario per caso – come ho creato Linux solo per divertirmi” Garzanti (2001).

“I computer erano meglio per i ragazzini quando erano meno sofisticati, quando anche gli sbarbatelli come me potevano mettersi a trafficare sotto il cofano. Oggi i computer hanno lo stesso problema delle auto, per le persone è sempre più difficile smontarli e rimontarli, quindi imparare qualcosa da loro”.
“Non avevo progettato per Linux una vita fuori dal mio computer, non avevo nemmeno mai deciso di essere leader. Accadde in modo naturale.  A un certo punto un gruppo ristretto di 5 sviluppatori iniziò a generare la maggior parte delle aree chiave dello sviluppo”. “Alla gente piace che ci sia qualcuno che gli dica cosa fare, poi ci sono persone con idee forti in determinati ambiti, questi diventano leader di quegli ambiti. La cosa inaccettabile è che qualcuno voglia imporre agli altri la propria visione del mondo. All'inizio io volevo solo feed back dagli altri, non volevo diventare il loro leader. È successo perché mi sono dimostrato affidabile, competente ed onesto”.

“Imparai abbastanza presto che il modo migliore per essere leader consiste nel lasciare che le persone facciano le cose perché le vogliono fare e non perché tu vuoi che le facciano. Bisogna sapere quando si sbaglia e chiamarsi fuori dal gioco. I migliori leader mettono gli altri nelle condizioni di prendere le decisioni per conto loro”.
“Al vertice di Linux per decidere le dispute sul Kernel, il cuore del sistema operativo, c’è un tizio (Linus Torvalds) il cui istinto non è mai stato quello di fare il leader (nel senso tradizionale). Quando diventai dirigente alla Transmeta fui un disastro completo, ero disorganizzato, dovevo controllare tutti, dare ordini, co-ordinare…e non mi piaceva”. “In Linux, la gente sa chi si è dato da fare, ma soprattutto, di chi si può fidare, e le cose succedono da sole. Niente votazioni, niente ordini. Non c’è bisogno di ricontare le schede”. “La cosa che stupisce spesso è che il modello open source funziona davvero. Loro hanno il potere di ignorarmi”.
“Dopo che Ibm, Oracle ed altre grandi aziende lasciarono Microsoft per passare a Linux…per quanto gratificato non cambia la vita. La maggior parte delle ore che non dedicavo alla famiglia le dedicavo a Linux”. “Il motivo principale del successo di Linux è che la gente detestava fare le cose nel modo in cui voleva Microsoft, con Linux poteva farle come riteneva più opportuno”. “Linux aveva conquistato il cuore del mondo come un improbabile vincitore alle Olimpiadi proveniente da un paese sconosciuto”.
“Mie regole d’oro (Linus torvalds)
       1.  Fai agli altri quello che vorresti essere fatto a te
       2.  Sii fiero di ciò che fai
       3.  Divertiti a farlo”.

martedì 4 febbraio 2014

La retorica della innovazione, della internazionalizzazione, del capitale umano

di
Francesco Zanotti


Sì retorica, solo retorica, fermissimamente retorica.
L’innovazione? Ma nessuno dice dove, come e perché. Forse è innovazione tecnologica. Forse si individuano alcune nicchie tecnologiche (nano  e biotecnologie, energia verde). E, poi si finisce a farne una questione di soldi. L’innovazione da cercare è l’innovazione di significato. Occorre immaginare radicalmente nuovi prodotti, servizi e sistemi di produzione e distribuzione. Quelli attuali sono sempre meno desiderati, sempre meno utili, sempre meno compatibili con la sopravvivenza della specie umana nella natura.
La internazionalizzazione? Sì, ma se è una internazionalizzazione di mercato, internazionalizzano anche gli altri. E siamo punto e a capo con una competizione che diventa sempre più globale e feroce. Stupidamente feroce perché si attiva su prodotti e servizi, come dicevamo, da cambiare radicalmente. Se è una delocalizzazione produttiva, è una stupidaggine. Perché vale solo per produzioni povere di intelligenza e manualità. Che sono incastrate in una competizione di prezzo che non si può vincere cercando per il mondo chi è più disperato per pagarlo meno. E’ eticamente disgustosa questa “strategia”. Ma è anche dannosa perché lo faranno anche gli altri annullando ogni possibile vantaggio competitivo e lasciandoci solo con i costi della delocalizzazione.
Il capitale umano? Si finisce per ripetere la litania dei talenti, dei cervelli in fuga. E per avviare una ulteriore competizione: quella sui presunti talenti. Presunti perché non si sa cosa sia poi questo talento. Si rischia una tautologia: è talento chi cerca lavoro all'estero.
Abbiamo bisogno, invece che di una politica dei talenti, di una politica della conoscenza. Dobbiamo superare la visione del mondo tipica della società industriale, costruire una nuova visione del mondo. E considerare tutti talenti perché capaci di contribuire, ognuno a modo suo, a costruire questa nuova visione del mondo che sarà la risorsa cognitiva fondamentale per progettare un nuovo sistema economico ed una nuova società.


lunedì 3 febbraio 2014

In memoria di Emilio Del Giudice



Chi è Emilio Del Giudice? Un fisico della prossima generazione …
Non sono uno di coloro che l’hanno conosciuto personalmente. E me ne rammarico. L’ho sentito dal vivo una sola volta, ma ho ascoltato molti dei suoi video in rete …
E ne ho tratto l’impressione che sia stato uno dei primi protagonisti della fisica e della scienza prossima ventura.
Un fisico che non si trincera dietro l’autoreferenzialità accademica attuale. Una autoreferenzialità che, nella fisica, sta inseguendo in una corsa senza fine le “entità fondamentali” del mondo senza accorgersi che è proprio il concetto di “entità fondamentali” che si sta squagliando come neve al sole
Un fisico che sa riconoscere che il suo riferimento è sempre solo l’Uomo e la sua Storia. E che la sua scienza è solo e soltanto un punto di vista che deve dialogare con gli altri punti di vista per individuare i propri limiti ed aiutare le altre aree di conoscenza a individuare e superare i propri.
Un fisico che, quindi, rischia. Ma ogni nuova proposta è un rischio. Meglio è un rischio per l’ortodossia. Ma è una grande potenzialità per chi ha a cuore l’uomo e la sua storia.

Un fisico che, penso, i giovani dovrebbero considerare un Maestro che sa riconosce la pochezza di un sapere che si suddivide in accademie inaccessibili ai profani. Perché i giovani non vogliano più definirsi attraverso specializzazioni (io sono un fisico, un biologo, un artista), anche nobilissime. Ma si considerino uomini in cammino nella Storia con la responsabilità di dare un nome ed un senso a questa storia.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.