domenica 29 dicembre 2013

I “casini” del Governo e le denunce scandalizzate. Ovvero: dell’ignoranza sistemica.

di
Francesco Zanotti


Tutti hanno visto i “casini” del Governo. Tutti ne sono stati scandalizzati. Ma lo scandalo è frutto solo di ignoranza sistemica. Non può che essere così. Mi spiego.
Quando si organizza una democrazia rappresentativa con competizione elettorale periodica che accade? Accade che le forze politiche che competono hanno sempre in testa questa competizione che per loro è vitale. Allora quello che pensano, dicono e fanno è sempre finalizzato a questa battaglia. Attenzione non sto dicendo che sono egoisti. Dico solo che accettano le regole del gioco. Se le regole sono la competizione elettorale a quella stanno attenti.
Cosa accade quando si sta attenti alle dinamiche competitive? Innanzitutto accade che ogni loro gesto è visto in chiave competitiva: mi permette o no di avvantaggiarmi sui concorrenti?
Mi si potrebbe obiettare che il miglior modo di avvantaggiarsi è soddisfare meglio delle altre forze politiche. E io credo che tutte le forze politiche abbiano questo obiettivo: le esigenze dei cittadini. E certo queste vogliono soddisfare. E' l’obiettivo che si pongono. Ma non possono farlo perché il competere genera “problemi cognitivi”.
L’essere immersi un una competizione continua competitiva li costringe, da un lato, a non rinnovare mai i loro sistemi cognitivi di riferimento (si guardano bene, ad esempio, dall'inserire conoscenze di sistemica). E, poi, ad essere attenti gli uni agli altri. Sono inevitabilmente immersi in conversazioni tra di loro.
Questo fa sì che si costruiscano un loro mondo virtuale che è “disconnesso” (non per cattiva volontà o interessi, ma per inevitabilità sistemica) da quello reale. Se sommate il continuo guardarsi l’un l’altro, il non rinnovare mai i loro sistemi cognitivi e il conseguente  riferimento al mondo virtuale che nasce da questi due elementi … vi convincete che è normale che i loro atti appaiano senza senso.

Tecnicamente si chiama accoppiamento strutturale: apertura energetica, ma chiusura cognitiva. Escono atti e messaggi, ma il senso non c’è. E non ci può essere.

venerdì 27 dicembre 2013

Forse strategia? No! Proroghe … E mille.

di
Francesco Zanotti


Il Presidente del Consiglio se ne stava solo nel suo ufficio a tarda sera. Un momento di compiaciuto relax, abbandonato sulla sua poltrona ad occhi chiusi. Aveva davanti a sé il risultato di sei mesi di progettualità sociale alta ed intensa alla quale, grazie alla Rete ed una nuova metodologia di progettualità sociale chiamata “Sorgente Aperta”, avevano partecipato tutti gli italiani. Ognuno a modo suo.
Quel documento era il Progetto di Sviluppo del nostro Paese. L’avrebbe presentato dopo poco a reti unificate. Sapeva che gli italiani lo attendevano. Sapeva che tutti vi avrebbero riconosciuto il loro contributo. Sapeva che il giorno dopo tutto il Paese sarebbe partito a realizzarlo. Ne avrebbe mandata una copia ad ogni famiglia. Tutti avrebbero potuto consultarlo on line. Sperava che sarebbe stato considerato un capolavoro che raccontava etica ed estetica ad ogni pagina. Insieme ad una concretezza operativa che proprio da etica ed estetica prendeva senso.
Riaprì gli occhi e riguardò il documento: si chiamava “Decreto mille proroghe” … E scoprì che il progetto di Sviluppo del Paese era solo nei suoi sogni …

Come il lettore avrà capito quello che ho postato è solo una favola. Assolutamente irreale. Non solo perché a fine anno non abbiamo alcun Progetto di Sviluppo per il nostro Paese. Ma, peggio, perché l’attuale classe politica non immagina neanche che possa essere suo compito far disegnare da tutto il Paese il suo Progetto di Sviluppo. La nostra classe di governo se ne andrà a casa soddisfatta di aver deciso mille proroghe.

mercoledì 25 dicembre 2013

E quindi uscimmo a riveder le stelle

di
Francesco Zanotti


Aleph stava calpestando la sua terra con gli occhi alle zolle ed ai sassi. La sua gente camminava con gli occhi alla terra per non inciampare nell’ultimo sasso, magari rotolato all’improvviso da qualche pendio. Qualche volta lo sguardo cercava di allungarsi sulla terra un po’ più lontana. Ma sempre sassi e zolle erano l’orizzonte. Poi un vento improvviso alle spalle ed una farfalla che gli è apparsa davanti. Levità e colori ruppero la triste monotonia di zolle e sassi. E lo sguardo cominciò a seguire la farfalla che saliva lungo la strada segnata dal vento. Così abbandonò la terra e le zolle e scoprì il cielo … 

lunedì 23 dicembre 2013

Proprio non riusciamo a vedere

di
Francesco Zanotti


Peter Praet (Capo Economista BCE) ha sostenuto sulla stampa di ieri che sì, abbiamo messo in ordine i conti aumentando le tasse. Avremmo dovuto farlo tagliando le spese.
Stupidaggine. Innanzitutto tagliare le spese di qualcuno significa tagliare i ricavi di qualcun altro. E lo sanno bene i nostri commercianti. Ma poi, osannare i tagli impedisce di trovare la via regia allo sviluppo (almeno nella nostra società): far in modo che le imprese guadagnino (ho usato questo termine intuitivo. Se ne volete usare uno più tecnico parlate di “cassa”) di più. Se le imprese guadagnano di più … beh è banale dirlo: aumenta il gettito fiscale senza aumentare la percentuale di guadagno che va allo Stato. E’ meglio il 30% su un miliardo di utile o il 100% su zero utile? Si possono aumentare gli stipendi, aumentano gli acquisti … Insomma: si innesca un circolo virtuoso. Supponiamo che in Italia vi siano dieci imprese che guadagnino come la Apple: avremmo risolto tutti i problemi.

Ma questa soluzione non la si vuol vedere. Credo che sia perché, per percorrerla, occorrerebbe una nuova stagione di progettualità strategica che rivoluzioni il nostro sistema economico. Ma questa progettualità ci Fa paura: e così cerchiamo disperatamente (con tasse o tagli non fa differenza) di far sopravvivere il nostro attuale sistema economico. Ovvio che non ci riusciremo.

venerdì 20 dicembre 2013

Delusione prevedibile

di
Francesco Zanotti


Leggo sul Corriere di oggi un articolo di Dario Di Vico che manifesta la sua delusione perché la legge di stabilità è sbocconcellata, senza una idea forte che la informi e permetta di guidare il Paese verso lo sviluppo.
Ma è una delusione che era prevedibile, come è chiaro cosa occorrerebbe fare perché una legge di stabilità (dovremmo cambiare questo nome che si porta dietro una sua ideologia che è conservatrice nel peggior senso della parola) possa efficacemente iniziare a costruire sviluppo.
In una società complessa i sistemi cognitivi personali e sociali (degli attori sociali) tendono a diversificarsi e focalizzarsi su singole issue.
Poiché non esiste un processo di continuo arricchimento di questi sistemi cognitivi, questi stessi tendono a restringere le issue di cui si occupano ed a diventare ideologici. Il punto di partenza dell’azione progettuale del Governo è, quindi, una “prateria” sconfinata di microideologie (gli eventi di questi giorni dimostrano che queste già “micro” ideologie tendono a diventare sempre più “micro”) che sono, inevitabilmente, estranee le une alle altre.
Quando un governo formula una legge di stabilità lo fa usando il sistema cognitivo di cui dispone. Non può sapere se questo sistema cognitivo è compatibile, si sovrappone, o è conflittuale con la prateria di sistemi cognitivi che deve governare.
Si potrebbe ipotizzare che è povero (visto la grande massa di conoscenze di cui la nostra classe dirigente dimostra di non disporre), ma lasciamo stare. Ammettiamo che sia, almeno, “sanza ‘nfamia e sanza lodo” (da ignavi, quindi). In ogni caso, non ci si può attendere che esso costituisca una sintesi della prateria di microideologie. Quindi non ci si può attendere che le sue proposte possano essere accettate come sintesi riconosciuta di tutte le ideologie personali e sociali.
Poiché viviamo in un paese libero, questa insoddisfazione è dotata di potere di interdizione e, così, si scatena un processo negoziale inevitabile che porta a leggi arlecchino. Una arlecchinata, per di più, dai colori sbiaditi.
Mi si permetta di concludere con una domanda: se il fatto che le proposte del Governo sarebbero state sbocconcellate in una arlecchinata triste, perché non lo si è fatto?

Cosa fare in alternativa? Beh, ne abbiamo parlato più volte. Abbiamo sviluppato un metodo di progettualità sociale che abbiamo definito “Sorgente Aperta”. Appare in ogni angolo del nostro blog. Non in quelle prassi che generano arlecchinate.

mercoledì 18 dicembre 2013

Signor Direttore (del Sole24ore), proprio non ci siamo

di
Francesco Zanotti


Signor Direttore, mi scuserà per il tono tranchant, ma è un blog ... sa …
Mi riferisco al suo articolo di oggi … Perché proprio non ci siamo? Parto da una sua affermazione “imprese sane, ma che vivono da tempo una crisi finanziaria”. Non ci siamo perché una impresa è sana solo quando genera cassa non quando l’assorbe. Se poi non la genera da molto non è sana.
Ma la crisi? La crisi è la somma di troppe imprese il cui progetto imprenditoriale si è spento. E sono in crisi finanziaria proprio per questo.
Non ci siamo, anche, con il mito del cuneo fiscale. Non ci potrà essere da nessuna “Spending review” da nessun recupero dell’evasione una riduzione tale del cuneo fiscale da far riacquistare senso a prodotti che non interessano più. Molti di essi non si “comprano” più neanche gratis. E anche immaginando che da questi due interventi fosse possibile ridurre significativamente il cuneo fiscale, lo si farebbe in tempi non compatibili con la esigenza di cassa delle imprese. E se anche (ma stiamo parlando di un terzo livello ci ipotesi irrealizzabili) si potesse ridurre tanto e in breve il cuneo fiscale, i nostri concorrenti correrebbero ai ripari annullandone in brevissimo gli effetti.  

La cosa che serve urgentemente è un rilancio della progettualità imprenditoriale a tutti i livelli. A cominciare dalla grandi imprese. Vuole una misura di quanto sia povera la progettualità delle grandi imprese? Dia una occhiata ai rating che abbiamo assegnato ai loro Business Plan.
Come si fa a rilanciare una nuova capacità progettuale? Fornendo agli imprenditori nuove risorse cognitive. Nei nostri blog si parla a iosa di quali risorse cognitive serverebbero. Proponiamo da tempo la conoscenza come catalizzatore di nuova progettualità, non come risorsa museale.
Poi non ci siamo anche per altre cose. Ad esempio, la ricerca. Sembra una parola magica, ma …  quale ricerca? L’attuale ricerca che sta spegnendosi in buchi di specialismo? O una nuova ricerca di cui nessuno indica le caratteristiche?
Mi fa fare una conclusione? Sapete quale è la preoccupazione di molti di noi? Che nessuno di coloro che fanno parte dell’attuale classe dirigente ha mai scritto un progetto di sviluppo alto e forte per qualcosa. Sono diventati classe dirigente per relazioni amicali. Come potranno scrivere un progetto alto e forte per lo sviluppo di questo Paese?


domenica 15 dicembre 2013

Amore per la conoscenza o autorappresentazione?

di
Francesco Zanotti


Tutti sostengono che la cultura sia importante … Io preferisco usare la parola “conoscenza”, mi permette di essere più preciso, ma non sto a tediare con dettagli. Userò questa parola e punto.
Dicevo, tutti sostengono che la conoscenza (cultura) sia importante, ma salvo poche eccezioni, tutti dicono le stesse cose e rivelano una attitudine “museale”: glorificare solo il passato (che pure lo merita) e non dir nulla della produzione futura di conoscenza. Soprattutto rivelano che le conoscenze di cui dispongono sono una così piccola parte delle conoscenze utili e disponibili per il governo dei sistemi umani che verrebbe da dire: invece di pontificare, andate a studiare.

Poiché, invece, si guardano bene dallo studiare, ma pontificano senza tregua, allora viene il sospetto che vedano la conoscenza come una occasione di auto rappresentazione nel teatrino della politica.

venerdì 13 dicembre 2013

Fermiamoci davanti ai baratri della storia

di
Francesco Zanotti



Sto sentendo una canzone dei Nomadi: “Auschwitz” … Quegli uomini non si sono fermati. Sono caduti nell'assurdo della crudeltà infinita.

Noi oggi siamo vicini ad un altro grande baratro di assurdità. Fermiamoci. Forse non è un baratro come quello. O forse è il baratro di una nuova crudeltà … Fermiamoci. Guardiamo in alto. Cerchiamo il cielo dove splende una nuova conoscenza che può guidare i nostri passi. Invece che verso un baratro di crudeltà verso un sentiero, forse aspro e ripido, ma che porta ad una nuova vetta della nostra Storia di specie. Da lì potremo vedere, laggiù in una nuova valle, il futuro.

I media e uno stupido Risiko

di
Francesco Zanotti


Leggo a caso sul Corriere di oggi. In prima pagina: “Vince Renzi e l’ira di Alfano”. Poi in un articolo interno “La mossa di Renzi e la contro mossa di Grillo”.
Sembra la cronaca di gioco del Risiko.

Ma non abbiamo bisogno di una stagione di stupidi litigi. Abbiamo bisogno di una stagione di nuova progettualità. Che i media diano una mano smettendo almeno di coltivare il mito di un Risiko sociale al quale le persone possono essere solo spettatori tifanti e plaudenti. Raccontino, invece, dell’ignoranza e della superficialità. Se proprio non riescono a rinunciare alla denuncia perché non sanno seguire la proposta, almeno quelle denuncino.

giovedì 12 dicembre 2013

Insisto …

di
Francesco Zanotti


...non si può semplificare la complessità sociale per decreto. Parlo sempre dello sciocco tentativo di cercare di rendere governabile questo Paese attraverso una legge elettorale che costringa a dare il potere in mano ad un gruppo dirigente il più compatto possibile, come ripropone Guido Tabellini oggi sul Sole 24 Ore. E’ un tentativo sciocco che ignora le più banali conoscenze sistemiche, sociologiche ed antropologiche.
La complessità non è spegnibile. La ricerca di un Capo Unico, Forte, Deciso e con mille altre virtù (ovviamente tutte scritte con la maiuscola)  è solo una manifestazione della sindrome dell’uomo solo al comando. Che è figlia della sindrome dell’Uomo della Provvidenza di non tanto fausta memoria.

La complessità non è eliminabile. Anzi è la manifestazione della nostra ricchezza. La ricchezza di speranze e sogni, di arte e scienza che ci fa esperti di Rinascimenti. Questa complessità va aumentata e portata a sintesi. Ma questo non è possibile ad una classe dirigente che ignora sistemica, sociologia ed antropologia. Per non dire delle scienze cognitive e compagnia cantante …

lunedì 9 dicembre 2013

Quelli che … “Yes we can”

di
Francesco Zanotti


Lo scrivo con tristezza: stiamo coltivando una ulteriore illusione. Che in questa contingenza storica non ci possiamo permettere.
Perché Matteo Renzi non può che fallire?
Perché cerca una soluzione strutturale: nelle strutture della società. Invece noi abbiamo bisogno di una rivoluzione cognitiva: nella visione del mondo. Ma anche Renzi parla di cultura. Sì, ma non dice cosa sia la cultura e come occorra cambiarla. Una rivoluzione nella visione del mondo significa superare l’egemonia della visione del mondo della fisica classica ed aggiungere (aggiungere, non sostituire. Sintetizzare, non combattere) un pensiero quantistico, topologico, post-moderno.
Sbaglia, poi, anche nelle soluzioni strutturali che propone. Sono ancora una volta “classiche”. Il metodo di governo, ad esempio. Sostiene che occorre rendere capace di governare chi vince le elezioni. E’ una solenne sciocchezza perché è un tentativo di “domare” la complessità cognitiva della nostra società (ben superiore a quella della società anglosassoni) per costringerla in due schieramenti contrapposti. Ci si riesce per vincere le lezioni. Ma quando sono vinte, la complessità cognitiva riappare e intrappola ogni desiderio, ogni speranza che un uomo solo al comando sia la soluzione.

Noi abbiamo bisogno di nutrire la nostra complessità sociale di nuove visioni del mondo perché sia possibile progettare socialmente un nuovo mondo. Parafrasando Don Milani: “Date ai cittadini nuovi linguaggi (le nuove visioni del mondo sono dopo tutto nuovi linguaggi), poi sapranno loro che mondo costruire”. Guarda caso, Don Milani era proprio fiorentino.

venerdì 6 dicembre 2013

I nati liberi …

di
Francesco Zanotti
Nel commemorare Nelson Mandela (raccontando luci ed ombre della sua vita) Michele Farina parla della generazione dei “Nati Liberi”. Cioè di coloro che sono nati dopo la fine dell’apartheid …
Noi Europei siamo, oramai, tutti una generazione di nati liberi …  Le nostre classi dirigenti sono certamente composte di nati liberi. Ma …
In tutti i casi si tratta solo di libertà giuridica. Certo importantissima, ma non ci libera dalla nostra principale schiavitù: una schiavitù cognitiva.
Siamo tutti prigionieri di una visione del mondo che è una versione quasi caricaturale, nella sua semplificazione estrema, della visione del mondo della fisica classica.
Questa visione va bene per costruire macchine. Ma quando l’applichiamo all'uomo, alla società ed alla Natura, allora creiamo mostri.
Chi è particolarmente prigioniero di questa visione del mondo sono le classi dirigenti. Quello che occorre è creare un movimento di liberazione cognitiva. Noi abbiamo una nostra proposta: l’Expo della Conoscenza.

mercoledì 4 dicembre 2013

Ingenuità assurda e pericolosa

di
Francesco Zanotti


Oggi sul Corriere il Sindaco Pisapia si lamenta perché al di fuori di Milano (esempio: una classifica pubblicata dal Sole 24 Ore) riconoscono che la città è migliorata. Mentre i cittadini, ingrati, non lo riconoscono.
Come a dire: cittadino milanese non ti accorgi che sei felice? Come se esistesse una giudice della felicità al quale chiedere: ma io sono felice? Se mi risponde di sì, devo esserlo …
Signor Sindaco, sono i cittadini di Milano che decidono se sono felici o meno, se Milano è migliorata o meno.

Pensare che siano ingrati e non capiscano innesca la ben nota tragedia di tutti coloro che hanno cercato di far felici gli uomini loro malgrado … Piccoli o grandi uomini della Provvidenza, capaci, loro sì, di distinguere tra il vero bene ed il vero male. E con la missione (divina) di imporre il bene ad ogni costo.

martedì 3 dicembre 2013

Intrappolati nella nostra conoscenza

di
Francesco Zanotti


Oggi sul Corriere il Prof. Sartori denuncia che “siamo intrappolati in un girotondo”. Analisi banale.
Da anni questo blog propone il concetto di ecologia di crisi che si sovrappongono, intrecciano, si aggravano reciprocamente in ogni dimensione del vivere umano. Esse generano un disagio (materiale ed esistenziale) profondo e crescente sia nell'uomo che nella natura.
Ma certo non ci aspettiamo che il Prof. Sartori legga questo blog: troppo impegnato a scrivere.
Partendo da una analisi banale si arriva ad una proposta altrettanto banale: riformare le istituzioni, chiudere le frontiere. Mettere i dazi, aggiungerebbe Grillo.
Purtroppo l’origine della ecologia di crisi è “cognitiva”. E dovuta al fatto che le attuali classi dirigenti usano sistemi di conoscenze che sono troppo poveri per governare l’attuale complessità economica, sociale e culturale.
Se usassero anche solo una versione light della teoria dei sistemi autopoietici scoprirebbero che, se non si cambia sistema di conoscenze, non si riesce a vedere i Segni di nuovi possibili mondi intorno a noi. E si cerca di difendere il vecchio Mondo. Difesa che genera quella che viene definita “chiusura autoreferenziale” che stacca chi governa piano piano dalla realtà. La soluzione allora non sta nelle urla di piazza, ma nel cambiamento del sistema di conoscenze di riferimento delle classi dirigenti.



domenica 1 dicembre 2013

Expo 2015: proprio davvero solo “muri”

di
Francesco Zanotti


Solo muri e infrastrutture, ancora oggi, alla fine del 2013.
Agli inizi dell’avventura dell’Expo ho presentato ai Responsabili dell’Expo 2015 il Progetto per un'Expo della Conoscenza (che potete scaricare da questo blog) che poteva partire immediatamente (2010), fare immediatamente di Milano il luogo centrale dello sviluppo di una nuova conoscenza mondiale, generare immediatamente un nuovo dibattito, sempre a livello mondiale, sull'alimentazione che avrebbe potuto trovare un punto di sintesi, socialmente spettacolare, proprio nel 2015. L’Expo della Conoscenza come strategia di sostanza e di comunicazione, quindi. Dove la comunicazione si nutre non di “lustrini e paillette”, ma di sostanza. Un progetto che poteva “distribuirsi” in tutta l’Italia perché non necessitava di strutture fisiche e che, invece, avrebbe potuto indicare la strada su come distribuire l’evento dell’Expo in tutta l’Italia (perché non in tutta l’Europa o in tutto il Mediterraneo?).
Mi è stato risposto: non è il momento dei contenuti. Ho ripresentato l’idea ad ogni “cambio di gestione” dell’Expo 2015. Sempre mi è stato risposto: non è il momento dei contenuti.
Oggi è chiaro che il momento dei contenuti non verrà mai. Ma questo significa che, invece di diventare il luogo di un nuovo ripensamento di un diverso sviluppo dell’Uomo nella Natura, ci saremmo auto ridotti a venditori di spazi fisici. Con la sola speranza di aumentare un po’ i flussi di ammiratori del nostro passato che abbiamo perso l’ambizione di onorare continuando a produrre una bellezza che stupisce il mondo.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.