lunedì 30 giugno 2014

Le sciocchezze di casa nostra: mercato libero e concorrenziale

di
Francesco Zanotti


Il Presidente del Senato auspica un mercato libero e concorrenziale. Si tratta di una sciocchezza strategica. Un mercato libero è un mercato dove possono nascere tutti i giorni, da parte di chiunque, proposte radicalmente nuove. Le proposte radicalmente nuove non hanno mai concorrenti. Al massimo co-innovatori. Un mercato profondamente libero non è un mercato concorrenziale
Un mercato concorrenziale è un mercato maturo, destinato a spegnersi. Un mercato concorrenziale è un mercato conservatore: tutti si premurano di combattere i concorrenti, al massimo con innovazioni incrementali.

Se davvero fossimo costretti ad esercitare la libertà imprenditoriale solo entrando nei mercati esistenti, dove si è costretti a competere, allora non vi sarebbe sviluppo: aumento della capacità di produrre cassa delle imprese. Ma vi sarebbe, ma recessione. Cioè perdita della loro capacità di produrre cassa.

venerdì 27 giugno 2014

Sapere di non sapere … tranne i politici

di
Francesco Zanotti


Se chiedete ad un fisico cosa conosce dell’Universo vi dirà che sa “quasi” (e questo quasi è pieno di incertezze) tutto di circa il 5% della materia-energia che costituisce l’universo. Il resto lo chiama “Energia Oscura” e “Materia Oscura”. L’aggettivo “oscuro” rivela sia che non si può vedere direttamente, sia che non se sa nulla. Solo una citazione. Paul Halpern inizia il suo libro Edge of the Universe scrivendo “tutto quello che conoscevamo sull'Universo è sbagliato”.
Se fate la stessa domanda ad un genetista, otterrete la stessa risposta: Conosco “quasi” tutto sul DNA che costruisce le proteine. Ma questo è solo circa il 3,5% del DNA complessivo. L’altro lo chiamo addirittura “DNA Spazzatura”!
Se chiedete ad esperti delle altre aree di conoscenza, non troverete risposte così nette, ma tutti sono consapevoli che la conoscenza umana deve essere profondamente riscritta.

Se invece chiedete ad un politico, troverete solo certezze. Purtroppo povere e sbagliate certezze intorno all'uomo, alla società, all'economia.

giovedì 26 giugno 2014

Non sarà l’innovazione tecnologica

di
Francesco Zanotti


Oggi Mario Platero sul Sole sostiene una cosa sulla quale, apparentemente, non si può che concordare: “La spinta alla innovazione farà tornare la crescita”.
Ma, se si legge attentamente il suo scritto, si scopre che intende solo innovazione tecnologica.
Io credo che sia necessaria, invece, una innovazione sulle idee di fondo sulla Natura e sull’Uomo. Una innovazione della nostra visione del mondo.
Siamo ancora legati ad una visione “meccanica” (rotelle e ingranaggi) del mondo .
Quella che fa da fondamento alla società industriale, che ha come archetipo la fisica classica e che ha come domanda chiave “perché?”.
Questa visione del mondo ci ha permesso di costruire splendide macchine, ma quando l’abbiamo usata per cercare di comprendere l’Uomo e la Natura, ci ha portati fuori strada. Oggi siamo sul ciglio della strada del progresso, appena fuori da quel borgo che è la società industriale, che si sta decomponendo, ma che non riusciamo ad abbandonare perché stiamo ancora a guardare indietro.
Per ripartire verso un nuovo futuro ci serve una nuova visione della Natura e dell’Uomo che io penso sia ancora nascosta nel pensiero quantistico. La vera innovazione sarà quella di far emergere questa nuova visione del mondo che ci permetterà di costruire una nuova economia ed una nuova società.
Provo a lanciare una piccola proposta: chi volesse fare due chiacchiere su pensiero quantistico, economia e società, ci vediamo il 28 Luglio prossimo … Scrivetemi per dettagli.
Ah … Egregio dott. Platero, io mi informerei un po’ meglio su computer quantistici e calcolo parallelo. Non facciamo intendere che il calcolo parallelo sarà realizzato solo da computer quantistici. Altrimenti rischiamo che tutti si aspettino che il prossimo telefonino Apple sia quantistico. E, così, non sarà.



domenica 22 giugno 2014

Ricerca e poesia

di
Francesco Zanotti


Tutti ad invocare la ricerca. Ma ricercare cosa? Da parte di chi?
“Lo sanno gli scienziati”, immagino sia la risposta dei più.
Allora il ruolo di noi tutti, che scienziati non siamo, è solo quello di pagare. E poiché non abbiamo i soldi, ci sentiamo in colpa …
Forse sarebbe meglio guardare altrove. Per altre cose dobbiamo sentirci in colpa.
La parola “Ricerca” è limitata ai sistemi naturali. Ed è una ricerca tecnologica che sopporta malamente la ricerca fondamentale. Una ricerca tecnologica che produce prosa ostica e ci costringe a riprodurre costantemente la società industriale.
Ma noi dobbiamo gestire soprattutto sistemi umani per arrivare a costruire una nuova società.
Allora, occorre una nuova ondata di ricerca sui sistemi umani. Usando, ovviamente anche tutti i modelli, le metafore i linguaggi che sono emersi nella ricerca fondamentale sui sistemi naturali.
Quello che dobbiamo aspettarci, di cui abbiamo bisogno, è una nuova generazione di modelli, metafore e linguaggi che ci permettano una nuova capacità di comprensione dei processi di emergenza dei sistemi umani, per riuscire ad attuare nuove strategie di Governo della sviluppo. Magari questa nuova generazione di modelli, metafore e linguaggi darà un grande contributo anche alla comprensione del mondo naturale. Si sente già il risuonare di “racconti” molto simili in ambiti di conoscenza diversissimi. Rischio una sciocchezza: provate a leggere i “racconti” sul vuoto quantistico e sull'inconscio umano. Non trovate sorprendenti assonanze?
I nuovi racconti che una nuova ondata di ricerca può e deve generare non possiamo delegarli ad una presunta élite di ricercatori. Dobbiamo riassumerne la responsabilità, costi quello che costi. Mi riferisco alla fatica non ai soldi. Tutti dobbiamo costruire la poesia della nuova conoscenza.
Per due ragioni. La prima è che ogni funzione specializzata, sia pure quella della ricerca, a lungo andare, finisce in buche autoreferenziali. La seconda, forse più importante, è che l’inevitabile sperimentazione della nuova conoscenza che riguarda i sistemi umani può avvenire solo nella vita e non nei laboratori.
Il non accettare la responsabilità del costruire una nuova conoscenza sarebbe la nostra colpa più grave.


venerdì 20 giugno 2014

Stati generali della Cultura: meglio Dagospia

di
Francesco Zanotti


Un amico mi ha fatto notare un dibattito proposto su Dagospia
Si parla del dibattito (tra Robert Gordon e Joel Mokyr) sul ruolo della tecnologia nello sviluppo della Società.
Poi leggo le dichiarazioni di Franceschini agli Stati Generali della Cultura: Basta sconti per gli Over 65 nei musei.
Credo che il contributo più rilevante allo sviluppo della Cultura nel nostro Paese sia quello di Dagospia.
Se, poi, si leggono gli altri articoli sul Sole 24 Ore di oggi sugli Stati Generali, si valuta ancora di più il contributo di Dagospia.

Spero in una replica da una delle tante “Autorevolezze” che sul Sole 24 Ore fanno bella mostra di loro stesse.

mercoledì 18 giugno 2014

Cultura come conservazione e … Camere di Commercio

di
Francesco Zanotti


La prima evidenza è che la parola cultura è declinata al passato.
Occuparsi di cultura significa fare mostre e musei, conservare ed esporre le opere d’arte del passato.
Quando va bene, fare cultura significa fare gli impresari: organizzare spettacoli.
Qualche volta è declinata anche in modo conservativo, quindi triste. Ferruccio Dardanello, Presidente di Unioncamere considera la Cultura come una occasione per difendere l’Istituzione Camera di Commercio. “Se ci tagliate i fondi non potremo più finanziare mostre e spettacoli” ha dichiarato alla presentazione dell’ultimo rapporto Unioncamere e Symbola.
Ma proviamo a riflettere. E cominciamo dalla osservazione che la conoscenza scientifica è completamente esclusa dal termine Cultura. La ricerca scientifica (cioè il processo di generazione di conoscenza) ancora di più.
Proviamo, poi, a esplorare questa conoscenza scientifica: in essa sta maturando un cambiamento di paradigma. Dalla scienza classica stanno emergendo mille nuove suggestioni che costringono a superare questo paradigma che ha iniziato a svilupparsi nel Rinascimento. Fine di un'epoca, inizio di un'altra. Perché questo cambiamento non si trasformi in involuzione occorre che la ricerca scientifica non sia approfondimento di specializzazioni, ma diventi momento di superamento ed integrazione di specialismi in una nuova conoscenza dell’uomo e del mondo che, probabilmente potremo chiamare “Sistemica”. La Sistemica dovrà essere alla base di una rinascita delle scienze umane, ancora appiattite sul paradigma della scienza classica. Questa ricerca non può rimanere compito degli specialisti. Deve diventare una ricerca sociale.
Insomma, per costruire un futuro che non sia retorica definire un nuovo Rinascimento, occorre mettere tutto n Paese in stato di ricerca …
Presidente Dardanello, non è che risolverebbe il problema di ruolo delle Camere di Commercio se esse diventassero l’Attore che mette il Paese in Stato di ricerca? Quanti investimenti (investimenti, non sponsorizzazioni) riuscirebbe a raccogliere. Mi risponderà che non sa se le attuali camere di commercio potrebbero svolgere questo ruolo.
Se è così, allora abbiamo capito cosa fare: invece di chiedere aiuti dall'esterno inizi una rivoluzione culturale dall'interno.
Il funzionario che ti guarda dall'alto in basso e cerca di fare sembrare il suo alto sempre più alto perché per primo si accorge di quanto questo presunto altissimo sia, in realtà, bassissimo, può andare in pensione. Anche se giovanissimo. Non merita di essere “conservato”.


domenica 15 giugno 2014

Come Craxi

di
Francesco Zanotti


Una sola domanda: ma il decisionismo non è una “invenzione” del Craxi degli anni ’80 del secolo scorso?
L'apparentemente nuovo decisionismo dei nostri giorni non si riporta dietro la stessa banalità cognitiva, sociologica ed antropologica?

Cosa è cambiato?

venerdì 13 giugno 2014

Benedetto ragazzo …

di
Francesco Zanotti


… ma perché non ti “informi” .. profondamente?
E’ noto che in una società complessa non si può tentare di governare con la forza. Chiunque sia il leader, il sociale è sempre più forte. Lo ha votato, ma può, da domani, non farlo più.
Benedetto ragazzo, non puoi solo consultare il sociale e poi decidere tu. Devi guadagnare il suo consenso. Se non lo fai, manifesterà la sua forza identitaria dopo che hai deciso. Purtroppo, allora, la manifesterà attraverso il dissenso. Poiché è più forte di te vincerà, ma sarà costretto a farlo bloccando quello che hai deciso.
In sintesi, tanto più la società è complessa, tanto più l’alternativa è: o generi consenso vasto, oppure non fai nulla. Il fare le cose non è un atto di volitività. È figlio della capacità di generare consenso alto e vasto.
Ma allora dobbiamo pagare il costo di una negozialità senza fine? No!  Non è necessario negoziare, occorre, invece, attivare una partecipazione progettuale che, come abbiamo scritto più volte e diffusamente, permette di fare riforme migliori in molto meno tempo.
Benedetto ragazzo una società complessa non è la ruota della fortuna. L’autorevolezza non è il passare in rassegna un plotone di guardie d’onore con impacciata fierezza.
Una società complessa ha bisogno di un leader che venga riconosciuto per la vastità della sua conoscenza, per la sua capacità di insegnamento, per la profezia della sintesi.
Benedetto ragazzo … “informati” profondamente e nessuno ti toglierà più il posto … Né ora, né nella storia.



mercoledì 11 giugno 2014

Una vecchia mappa del ‘500 non serve oggi

di
Francesco Zanotti


Immaginate di dover girare per la Milano odierna con una mappa cinquecentesca della città. Non credo riuscireste ad orientarvi granché.
Se, poi, vorreste girovagare per la periferia, non riuscireste ad orientarvi per nulla perché l’attuale periferia non era città, ma brughiera.
Per girare una città occorre una mappa aggiornata della città. Anche non aggiornatissima, ma non certo cinquecentesca.
Se avete l’impegno di definire il futuro di Milano, vi serve una mappa molto dettagliata della Milano attuale e un progetto di futuro.
Se invece guidate l’Italia o, peggio, l’Europa, potete tranquillamente avere una mappa vecchissima della società e dell’economia italiana ed europea in testa. E nessun progetto di futuro. Basta usare la stoica volontà di Alfieri: volli sempre volli, fortissimamente volli …
Oppure no?
Non sarebbe meglio disporre di un sistema cognitivo (la mappa di tutti noi) capace di farci scoprire i Segni del Tempo Futuro e disegnare un percorso per farli diventare la nuova società del futuro?


domenica 8 giugno 2014

Senato della Cultura … Che non parta già vecchio!

di
Francesco Zanotti



Ho letto stamattina tre articoli sul tema della Cultura e sul Senato della Cultura che mi hanno scatenato il sospetto che si parli di qualcosa che sta nascendo vecchio …
Mi spiego.
Gli articoli di riferimento sono i seguenti:
Carlo M. Croce: “Un Senato in dialogo coi saperi” sulla Domenica del Sole 24 Ore … Ah notate il sapore nobilmente “antico” di “coi”, al posto di “con i”.
Intervista di Aldo Cazzullo a Renzo Piano sul Corriere della Sera

L’articolo di Croce e le risposte di Piano si basano su di una convinzione nascosta, ma senza la quale le loro proposte perderebbero di significato.
La convinzione è la seguente: esistono conoscenze definitive che sono decisive, ma nella disponibilità solo dei Saggi. Queste conoscenze devono essere rese disponibili alla politica (spesso si cita il caso Stamina) altrimenti sono guai.

Ecco si tratta di una convinzione sbagliata. Parto dall'articolo di Rossi che propone una riflessione molto critica sull'uso dei “numeri” in economia che tira in ballo, forse un po’ giornalisticamente Kurt Godel. Se volete aggiungere critiche ulteriori alla “digitalizzazione” della conoscenza economica leggete il capitolo che Amartya Sen ha scritto per il IV volume della serie “La matematica” di Einaudi “La matematica nelle scienze sociali” dove sostiene che per le scienze sociali è necessaria un’altra matematica.
Ma poi guardate ogni scienza, compresa la scienza “regina” (la fisica), e vedrete che tutte sono in una profonda crisi di crescita, dopo i fasti della scienza classica.

Allora il problema non è rendere disponibili conoscenze supposte indiscutibili alla politica. La sfida è quella di attivare un movimento di riflessione profonda sul senso del conoscere, della conoscenza e della ricerca. La sfida non è più la solita sfida tra ricerca di base e ricerca applicata. La sfida è quella di attivare una ricerca trasversale, transdisciplinare di ridiscussione delle diverse aree di conoscenza. La sfida è quella di far nascere una scienza sistemica che si occupi dell’uomo e dei sistemi umani.

Il compito di impostare e far vincere al nostro Paese questa sfida potrebbe essere affidata proprio ad un Senato che sappia coinvolgere tutta la società (non tutti gli specialisti, ma tutti gli esseri umani) perché la vita, la felicità e il futuro non sono compiti da affidare a specialisti. 

giovedì 5 giugno 2014

Le fette di salame davanti agli occhi

di
Francesco Zanotti


… davanti agli occhi delle classi dirigenti e, purtroppo, non nella bocca di troppe persone …
Se leggete l’articolo di fondo di Fabrizio Forquet sul Sole 24 Ore troverete una disanima drammatica della crisi. Condivido, ma mi scandalizza il fatto che le risposte a questa drammatica crisi non si vedano. Non è che si conoscono e ci sono i cattivi che non vogliono metterle in pratica.
Il problema è che proprio le proposte da tutti decantate sono del tutto irrilevanti. Come fanno a non accorgersene?
Lo stesso Forquet parla di riforme, ma senza specificare quali: ci immaginiamo Senato, legge elettorale, PA etc. Carlo De Benedetti, sullo stesso Sole, sulla stessa prima pagina, indica quale, secondo lui, è il bazooka contro la crisi: l’unione fiscale e bancaria.
Ripeto: sono, purtroppo, proposte irrilevanti.
Mettetevi nei panni di un imprenditore, si uno di quei signori che guidano una delle tanto decantate PMI e che, tutti sostengono, siano i signori che mantengono l’Italia. Dovete pagare tasse, dipendenti e fornitori. Ovviamente subito. Pena il sequestro dei beni aziendali, il fallimento etc.
Se qualcuno vi viene a dire che non vi dovete preoccupare perché si faranno (usando una espressione semplicistica, ma che ha il pregio di sintetizzare, così nessuno si chiede cosa siano e a cosa servono) le riforme, allora possono accadere solo due cose. O siete creduloni oppure lo mandate via a calci là dove non batte mai il sole.
Tutti questi imprenditori (sperando che non siano creduloni) hanno bisogno di soldi subito e le banche (anche giustamente) non glieli danno perché sarebbero solo una cura compassionevole.
Ed allora?
A me sembra che la risposta possa essere solo questa.
Questi signori, per tornare a produrre cassa il più in fretta possibile, hanno bisogno di rivoluzionare il loro sistema d’offerta (le cose che vendono) perché quelle che sono abituati a produrre non glielo comprano più e glielo compreranno sempre meno. Questo vale non solo per i signori delle PMI, ma anche per i signori delle grandissime imprese.
Per poter rivoluzionare i loro sistemi d’offerta, tutti gli imprenditori di questo Paese hanno bisogno, innanzitutto, di conoscenza (in particolare delle conoscenze e delle metodologie di strategia d’impresa) per attivare una intensa e profetica (niente di meno che profetica) progettualità strategica. E i soldi solo dopo. Per realizzare il nuovo progetto che la nuova conoscenza gli ha permesso di sviluppare.
Le banche dovrebbe farsi carico di stimolare e diffondere progettualità strategica. E gli converrebbe di molto farlo: salvano i clienti. Senza clienti muoiono anche loro.
Perché non lo fanno?

La risposta è una sola: le fette di salame davanti agli occhi delle classi dirigenti sono veramente spessissime.

lunedì 2 giugno 2014

Ancora un "martello per aggiustare il televisore"

di
Luciano Martinoli



Qualche giorno fa su Corsera è apparso un articolo che presentava un indagine sulla generazione dei "nativi digitali", gli adolescenti tra il 2004 e 2009.
Non è mio interesse confutare qui le risultanze dell'indagine ma il metodo.
Su questo tema in particolare, ma anche per altri, questo approccio è troppo a "grana grossa"; il retino che si usa per pescare nella realtà ha maglie troppo larghe, si raccolgono solo luoghi comuni. 
I "componenti" (sempre più difficilmente isolabili) della nostra società, in questo caso la generazione 2.0, sono caratterizzati proprio da quella "Libertà", che l'autore riconosce, che consente loro di esprimersi come desiderano.
Le estreme individualità che caratterizzano i comportamenti odierni di tutti noi rendono impossibile riconoscere caratteristiche salienti e comuni a tutti se non le più grossolane e, forse, meno significative. E non c'è tecnica statistica che regga, considerando il sempre più basso grado di ergodicità dei comportamenti umani dimostrato anche recentemente con il  flop delle "proiezioni" sulle intenzioni di voto alle ultime elezioni.

Insomma alla fine ciò che ne viene fuori è più una creazione autonoma dello sguardo del ricercatore che la "scoperta" di aver trovato qualcosa di oggettivamente in comune tra gli elementi del campione.

Ci troviamo ancora una volta davanti ad un vecchio approccio, figlio di una cultura che deriva dalla fisica classica, per affrontare un problema nuovo: voler aggiustare il televisore con un martello, come spesso ricorda il mio amico Zanotti. 
Non sarebbe ora di dotarsi anche di altri strumenti e più adatti all'ambito nel quale vorremmo intervenire?
Non che il martello sia inutile, anzi, ma pretendere che possa esse utilizzabile per ogni scopo è solo la misura dei limiti mentali dell'utilizzatore.    

domenica 1 giugno 2014

Insistiamo, caro Schiavi: perché l’Expo sia profetico occorre una nuova conoscenza

di
Francesco Zanotti


Ancora un articolo esortatorio di Giangiacomo Schiavi sul Corriere: dare un’anima a Expo.
Riprende una accusa di Carlo Petrini: L’expo non ha anima.

Per far capire cosa intende, Schiavi ricorda il 1881: Milano, la città più città d’Italia. Ma quell’anima era fondata sulla nascente scienza classica che sta alla base della società industriale. Per costruire una nuova anima è necessario partire da una nuova visione della scienza e della conoscenza. Questo sforzo l’abbiamo chiamato: Expo della Conoscenza.  Cercheremo in tutti i modi di realizzare il nostro Expo della conoscenza. Prima, durante o dopo l’Expo non ha oramai importanza. Ma ci riusciremo. E sarà il vero Evento di inizio della costruzione di una nuova società che saprà nutrire non solo fisicamente l’umanità. Poi chiederemo a tutti i retori dello sviluppo che ne pensano del fatto di aver ignorato questa proposta.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.