martedì 30 settembre 2014

Aspettando il 10 ottobre. Hong Kong.

di
Francesco Zanotti


Onore ai ragazzi di Hong Kong. Quelli che tengono pulite le piazze dove manifestano con la raccolta differenziata. Piccolo segno di grande responsabilità.
Speriamo che riescano a fare il salto alla proposta. Spero che riescano ad attivare una progettualità sociale capace di immaginare un nuovo vivere insieme economico, sociale, politico, istituzionale e culturale.
Noi non stiamo dando una grande lezione: siamo ancora alla politica muscolare che finisce in rancorosi compromessi. Siamo ancora al mito del vincitore …
Come i nostri antenati Kurgan che con il cavallo e la spada hanno distrutto Gilania, la civiltà della Grande Madre. Da allora sappiamo solo fare guerre …


lunedì 29 settembre 2014

Aspettando il 10 ottobre. Un metodo di giudizio “anticipato” su di un Governo.

di
Francesco Zanotti


Un Governo lo si giudica dai fatti, si dice. Sarà anche vero, ma si tratta di un metodo di giudizio pericoloso. Perché è ex-post: si verifica se il governo ha raggiunto obiettivi o ha fatto danni solo “dopo”. Dopo un certo periodo di azione di Governo che il Governo stesso  ha stabilito.
Insomma, ad un certo punto, definito dallo stalliere, si va a vedere se i buoi sono scappati dalla stalla o se sono ancora là dentro ben pasciuti. E se non se ne trovano più o li si trovano smagriti e spenti? Certo di licenzia lo stalliere. Ma i buoi non ci sono più …
In un periodo di transizione epocale non si può attendere di misurare se sono stati raggiunti risultati o se sono stati fatti danni. Potremmo scoprire che non solo non ci sono risultati, ma i danni sono così rilevanti che non c’è più nulla da governare.
Alternativamente? Quando qualcuno chiede di Governare, prima di dire sì o no (votarlo o meno) facciamo un bilancio delle risorse cognitive che sta usando. Se sono troppo povere (cioè usa una parte troppo piccola delle risorse cognitive esistenti), potete star certi che non otterrà risultati e genererà danni. E se usa un sistema di risorse cognitive ampio? Siamo certi che le basi ci sono. Ma non basta. Andiamo, poi,  a vedere quale metodo di Governo vuole usare. Se attiva processi di creazione sociale di riforme, progetti e quant’altro, allora votiamolo con tranquillità. Sapendo, però, che, poi, dovremo partecipare a questo processo di creazione sociale dotandoci delle risorse cognitive per una partecipazione, appunto costruttiva, progettuale.
Questo metodo di valutazione non vale solo per il Governo del Paese. Ma anche per ogni altro livello di governo. Imprese comprese.
Chi riesce a tenere i buoi nella stalla non è perché ha il potere di aprire o chiudere la stalla, ma è perché dispone della conoscenza.



venerdì 26 settembre 2014

Aspettando il 10 ottobre. Gli economisti e le banalità in cattedra.

di
Francesco Zanotti


Sì, banalità è la parola giusta.
Vediamone due sbandierate come certezze. Invece sono proprio banalità. E arroganti.
Dite che la ripresa è generata dalle riforme istituzionali? Dite che vi è rapporto di causa ed effetto tra riforme istituzionali e ripresa? Bene, allora dovete saper scrivere una funzione che spiega quale è questo legame. Per fare un esempio banale: se io dico che la forza dipende dall’accelerazione, è perchè so scrivere esattamente la funzione che lega l’accelerazione alla forza. E tutti la conoscono.
Cari economisti, voi non sapete scrivere la funzione che dite leghi riforme e ripresa.
Allora il dire che la ripresa dipende dalle riforme è una affermazione ideologica. E per di più banale. Infatti, al di là del non sapere scrivere la funzione, non sapete neanche con che variabili descrivere la ripresa. E, tanto meno, sapete descrivere le variabili con le quali si caratterizza una riforma.
Riassumendo tutto, non sapete scrivere una dipendenza funzionale, ma neanche sapete descrivere i due elementi che dovrebbero dipendere l’uno dall’altro. Piantiamola quindi.

Secondo esempio (dal Sole24 di oggi a firma Fabrizio Galimberti): il problema dell’economia italiana non sta nell'offerta ma nella domanda, dice il Nostro. A parte che dell’offerta non considera il cosa (quali prodotti), ma solo come vengono prodotti (la produttività) io credo che il problema sia invece, proprio la tipologia di offerta. 
Il problema è il cosa si produce: oggetti che interessano sempre meno e sono costruiti con processi e modalità di distribuzione incompatibili con la Natura.


Mi piacerebbe poterne discutere … Il 10 ottobre potrebbe essere l’occasione adatta.

mercoledì 24 settembre 2014

Aspettando il 10 ottobre. Ma chi vuole veramente un mondo nuovo?

di
Francesco Zanotti



Tutti si dichiarano per il cambiamento. Fino all'eroismo. Il “ci metto la faccia” è diventato come i tormentoni delle estati scioccherelle.
Ma se date una occhiata a quello che vogliono cambiare alla fine è solo una cosa: dire che loro hanno cambiato.
Che hanno buttato a mare una classe dirigente guardiano e l’hanno sostituita.
Però, se guardate, nel profondo vedete solo conservazione.
Cominciamo dal “We can” pronunciato dal primo Presidente nero degli USA. Come è finito? We can … bombardare. Come tutti gli altri Presidenti USA. Chi controvoglia, chi con entusiasmo, ma tutti hanno finito per bombardare.
Arriviamo a casa nostra: quando siamo stati profondamente nei guai ci siamo rivolti al nostro Banchiere Centrale: Ciampi. Ora ci rivolgiamo ad un altro banchiere più grosso: Draghi. Ma, in fondo, la speranza è la stessa: che ci faccia sopravvivere lui.
Gli auto proclamati innovatori hanno una profonda incapacità di progetto.
E la colpa è del fatto che usano sistemi cognitivi troppo poveri.

Lo racconteremo in dettaglio il 10 Ottobre.

sabato 20 settembre 2014

Aspettando il 10 ottobre. Krugman contro le riforme istituzionali

di
Francesco Zanotti


Oggi sul Sole 24 Ore Paul Krugman dichiara apertamente che non ha senso attribuire alle riforme istituzionali la piccola ripresa della Spagna. Essa è, invece, solo frutto di una generalizzata riduzione di salari e stipendi che ha permesso un piccolo, ed ovviamente ad effetto temporaneo, recupero di competitività. Dico io: di imprese alle quali non rimane alcuna capacità di differenziazione se non il costo.
Testuale: “Vedere tutto questo (la piccola ripresa spagnola) come un trionfo delle riforme istituzionali significa partire da preconcetti talmente forti che non si capisce nemmeno perché uno si debba preoccupare di guardare i fatti.”. Come a dire, e come ripeteva Ernst Bloch, “Se la teoria non coincide con i fatti, tanto peggio per i fatti.”.
Il problema è che attraverso l’ideologia delle riforme istituzionali una nuova classe dirigente sta cercando di legittimarsi, indipendentemente dai fatti. E i “fatti”, siano noi, sono le nostre vite, le vite delle future generazioni.

Il 10 ottobre sarà anche un momento di racconto dei processi sistemici attraverso i quali le ideologie riescono a violentare la realtà. E generare, poi peggiorare e perpetuare, crisi.

mercoledì 17 settembre 2014

Aspettando il 10 ottobre Basta che non cambino i contenuti

di
Francesco Zanotti


Ieri sera sui teleschermi abbiamo assistito ad uno scontro di audience tra Floris e Giannini.
Le armi di questa contesa? I comici e lo studio. Ma non i contenuti. Le stesse idee banali, gli stessi scontri, lo stesso sovrapporsi di auto rappresentazioni. Poi la noia istituzionale di Giannini. La furbetta voglia di scatenate liti e contrapporre persone di Floris.
Noi attendiamo tutte le persone di buona volontà il 10 ottobre per dimostrare che usando nuove risorse cognitive (parole, linguaggi, modelli, metafore) si riesce a costruire nuove visioni dell’oggi e nuove proposte per il domani.

Attendiamo tutte le persone di buona volontà per incamminarsi con noi lungo la via della conoscenza che costruire il futuro.

domenica 14 settembre 2014

Aspettando il 10 ottobre Vivere l’Expo della Conoscenza

di
Francesco Zanotti


La società industriale è intrinsecamente una società elitaria: c’è chi comanda e chi ubbidisce, c’è chi scopre e chi impara.
Anche l’EXPO 2015 è profondamente industriale: c’è chi espone e chi guarda.
La nostra proposta di Expo della Conoscenza rompe lo schema dell’elitarismo. In questo post provo a descrivere uno degli elementi di rottura: all'Expo della Conoscenza non ha senso assistere. E’ necessario sperimentarlo. Non dico partecipare perché è diventato un verbo banale, non basta. Dico che l’Expo della Conoscenza occorre viverlo. Occorre partecipare in un senso molto specifico: partecipare a creare la nuova conoscenza di domani, partendo dalla conoscenza esistente.
Concretizzo ulteriormente.
Oggi sull'inserto del Corriere “La lettura” è pubblicato un articolo di Sandro Modeo che parla del nuovo libro di Peter M. Hofmann (un fisico) dal titolo: “Gli ingranaggi di Dio. Dal caos molecolare alla vita.”.
Il dilemma è quello eterno: pro o contro il riduzionismo. Gli ulteriori testi di riferimento citati dall'autore sono quello classicissimo di Shrodinger (Cosa è la vita), quello di Mario Ageno (Le radici della biologia). Modeo cita anche un testo di Telmo Pievani (Evoluti e abbandonati) dove sostiene che la spiegazione dei comportamenti umani in termini biologico evoluzionistici e di là da venire.
Aggiungo io, per fornire ulteriori stimoli: i due volumi curati da Lucia Urbani Ulivi “Strutture di mondo”. Il secondo ha la postfazione di Cesare Sacerdoti, Socio Fondatore ApEC. Nei due volumi appare in ogni angolo l’idea di una sistemica quantistica (riassunta nel saggio finale di Strutture di mondo II da Gianfranco Minati (Socio Fondatore di ApEC) che propone concetti come: la rottura di simmetria, l’entanglement, le correlazioni a lungo raggio, le rappresentazioni non equivalenti le metastrutture (concetto sviluppato sempre dal prof. Minati).

Cosa propongo? Che coloro che vogliano vivere l’esperienza dell’Expo della Conoscenza si cimentino a tentare una nuova sintesi in questo insieme di risorse cognitive, per dire una parola nuova che ci faccia uscire da questo davvero eterno dibattito tra riduzionismo ed antiriduzionismo.

venerdì 12 settembre 2014

Aspettando il 10 ottobre. Perdita di senso della società industriale

di
Francesco Zanotti



La società industriale è stata certamente un rilevante successo dell’Uomo.
Ma è la presunzione di consideralo un successo completo che ne sta generando la perdita di funzionalità e di senso. Sia della sua struttura fattuale che della sua struttura cognitiva.

Perdita di senso della ortodossia fattuale della società industriale
I bisogni igienici sono “finiti”. Ha senso perseguire il progresso nella qualità e nella quantità dei prodotti che dovrebbero soddisfarli fino a che non si raggiunge un buon livello di saturazione quantitativa e qualitativa dei bisogni igienici, fondamentali.
Poi l’uomo comincia a “filosofare”. Emergono esigenze di auto realizzazione più complesse del soddisfacimento dei bisogni igienici.

Nel mondo occidentale le risorse cognitive delle classi dirigenti produttive non sono state in grado di riconoscere queste nuove esigenze di auto realizzazione e hanno cercato di soddisfarle aumentando le prestazioni e il potere di fornire identità sociale dei prodotti. Fino ad un certo punto la strategia ha avuto successo, tanto da indurre fenomeni di over acquisto. Ma ora sta diventano evidente che le nuove prestazioni dei prodotti tipici della società industriale non sono poi così utili e l’identità sociale che fornisce un orologio, un capo di abbigliamento o un’automobile è solo una protesi di identità.

In sintesi, nel mondo occidentale, i prodotti tipici della società industriale stanno perdendo di funzionalità e significato. E le imprese non riescono più ad essere luogo di autorealizzazione delle persone, fornitrici di funzionalità ed esistenzialità. Si sono come chiuse in identità sclerotizzate che non riescono più ad essere generatrici di valore e protagoniste attive nello sviluppo sociale e politico.

Il perdere di funzionalità e senso delle organizzazioni economiche sta trascinando dietro di sé il perdere di funzionalità e di senso del resto della società che è finalizzato al miglior funzionamento delle stesse organizzazioni economiche.
In particolare sta perdendo funzionalità e senso lo “specialismo” di attori sociali, politici e istituzionali e il concetto stesso di classi dirigenti, economiche, sociali, politiche o culturali che siano. Ed anche la forma di governo direttivo tipica della società industriale che è strettamente legato all’esistenza ed al ruolo delle classi dirigenti. Compreso quel tentativo di stemperare l’ontologia direttiva della società industriale che è la democrazia rappresentativa.

La società industriale ha cercato di clonarsi nel resto del mondo.
Sistemi di risorse cognitive molto diversi da quelli che hanno generato (dai quali è emersa) la società industriale però non sono adatti a supportare la logica profonda delle nostre organizzazioni economiche con il loro indispensabile corredo infrastrutturale, sociale, politico e istituzionale.

Il risultato complessivo dello sforzo di clonazione (ieri di colonizzazione) è fallimentare.
Solo per fare esempi: invece di nuovi mercati abbiamo attivato una nuova concorrenza, capace di innovazione funzionale e, soprattutto, di significato esistenziale dei prodotti necessari a soddisfare bisogni igienici.
Invece di esportare la democrazia rappresentativa stiamo solo distruggendo equilibri antropologici complessivi che, forse, sono da superare, ma non usando i nostri modelli sociali, politici ed istituzionali.

Complessivamente, però, le imprese tipiche della società industriale, le infrastrutture e le istituzioni che le supportano stanno continuando a crescere. Questo comporta che, a causa del tipo di relazione (sostanzialmente di sfruttamento e non di sviluppo sinergico) che hanno con l’ambiente naturale, rischiano di distruggerlo.
In particolare l’eterogeneità strutturale dell’ambiente artificiale creato dalla società industriale con l’ambiente naturale era sopportabile fino a che è rimasta isolata in nicchie. Oggi, però, l’ambiente artificiale che abbiamo creato sta occupando tutto l’ambiente naturale e rischia di soffocarlo. La diversità sta diventando incompatibilità esiziale: la richiesta di risorse e la quantità di rifiuti da disperdere stanno diventando insopportabili per l’Ambiente Naturale.

Perdita di senso della ortodossia cognitiva della società industriale
Il sistema delle risorse cognitive della società industriale ha auto scoperto i propri limiti. Di essi propongo una sintesi “estrema”.

lunedì 8 settembre 2014

Aspettando il 10 ottobre Cambiamo …

di
Francesco Zanotti


… in un crescendo rossiniano: l’Italia, l’Europa, il mondo …
Certo ... ma cosa dobbiamo cambiare e per ottenere cosa?
Oggi si parla solo di riforme strutturali (per altro superficiali perché si rimane sempre nell'ambito della democrazia rappresentativa). E non si spiega qual è il legame tra le riforme che si vogliono fare e i risultati che si vogliono ottenere.
Il lettore è scettico? Ed allora provi, ad esempio, a scrivere la legge che lega le riforme istituzionali (la cosa da cambiare) all'aumento dell’occupazione (uno degli obiettivi ritenuti importanti da raggiungere). Non troverà nessuna legge. Solo qualche vaga e flebilissima ipotesi di collegamento.
Occorre guardare al motore della società e non alla sua carrozzeria e progettare dove si vuole andare.
Il motore di una società è la sua struttura cognitiva. Oggi si vagola nel generico (anche se volitivamente intenso) perché la struttura cognitiva attuale delle classi dirigenti è troppo povera.

Faccio un esempio: la già citata occupazione. Ora l’occupazione non può essere un obiettivo diretto perché essa è solo una conseguenza. Di cosa? Del fatto che le imprese aumentano la loro capacità di generare cassa. Aumentare la capacità di generare cassa delle imprese deve essere l’obiettivo. L’occupazione aumenterà a ruota e come conseguenza.
Ma come si fa ad aumentare la capacità di generare cassa delle imprese? Occorre fornire alle classi dirigenti imprenditoriali e finanziarie nuove risorse cognitive per ridisegnare l’identità strategica delle imprese.

Allora è urgentissimo non tanto sperare in nuove classi dirigenti, quanto fornire alle classi dirigenti, qualunque esse siano, nuove risorse cognitive.

E’ molto triste sentire una grande forza di volontà ed entusiasmo che gira a vuoto perché non si riesce a capire dove si è e dove si vuole andare. Ed è costretta ad un continuo rilancio di ambiti di cambiamento per nascondere che in nessun ambito si sa cosa si vuole.

venerdì 5 settembre 2014

Aspettando il 10 ottobre. La struttura profonda della società industriale

di
Francesco Zanotti



In ogni società concretamente realizzata si possono riconoscere una ortodossia cognitiva ed una fattuale.
L’ortodossia cognitiva è costituita da un insieme di risorse cognitive condivise fondate su di una specifica visione del mondo che si declina in modelli ideali di società e di uomo.
L’ortodossia fattuale da insieme di realizzazioni economiche, sociali, istituzionali, metropolitane, infrastrutturali etc. che concretizzano l’ortodossia cognitiva.

L’ortodossia cognitiva della società industriale
L’ortodossia cognitiva della società industriale può essere sintetizzata nel modo seguente.
Al fondamento vi è la convinzione che l’uomo è altro rispetto al mondo. Il suo obiettivo è quello di conoscere come è fatto questo mondo e da quali leggi è governato. In questo modo il mondo può diventare da nemico a strumento dell’uomo.
La conoscenza genera corpi di conoscenze specialistiche indipendenti le une dalle altre.
La ricerca della verità del mondo ha come obiettivo la costruzione di una teoria del tutto che permetta all'uomo di acquisire il punto di vista e la potenza di un dio raziocinante.
In questo modo il mondo può diventare completamente strumento dell’uomo.
La teoria che fa da modello a tutte le altre è la fisica classica che ha informato di sé tutte le scienze naturali ed umane e che Galileo Galilei ha sintetizzato ex ante nella famosa espressione “sensate esperienze e delle certe dimostrazioni” .
Tecnicamente questo sistema di risorse si può riassumere nell'espressione: riduzionismo meccanicista.
Una sintesi banalizzata di questa ortodossia cognitiva costituisce le risorse cognitive che sono nella disponibilità delle nostre classi dirigenti.

L’ortodossia fattuale della società industriale
L’obiettivo perseguito dalla società industriale è quello di soddisfare i “bisogni” igienici dell’uomo. Per raggiungere questo obiettivo serve una logica funzionale: occorre trovare le risorse e gli strumenti per riuscirci. Le risorse sono fornite dalla Natura che, poiché viene considerata deposito di risorse viene considerata altro rispetto all'Uomo. Questa natura va studiata per capire come è fatta: quali sono gli elementi fondamentali e quali sono le leggi che li governano. Solo così potrà essere utilizzata. La modalità per studiare la natura è il metodo sperimentale.
La felicità è direttamente proporzionale alla modalità con cui vengono soddisfatte le esigenze igieniche. Il progresso è costituito dal soddisfare sempre più diffusamente e completamente le esigenze igieniche. L’ortodossia fattuale può essere sintetizzata in quest’altro modo.
La conoscenza di come è fatta la natura e di quali sono le leggi alle quali ubbidisce ha permesso lo sviluppo (l’emergere) di un sistema di tecnologie che hanno aumentato la potenzialità dell’uomo di intervenire sulla Natura.
Per sfruttare le potenzialità delle tecnologie sono state “inventate” (sono emerse) le macchine e le organizzazioni economiche. Queste ultime sono diventate il protagonista centrale dello sviluppo sociale complessivo. Più estesamente: sono diventate i luoghi di autorealizzazione delle persone, di produzione dei beni materiali e di erogazione dei servizi, di generazione del “valore”. Per rendere più efficaci ed efficienti gli scambi tra le persone e le organizzazioni economiche si è andato strutturando (è emerso) un sistema di infrastrutture di trasporto e di comunicazione.

Tutt'intorno a organizzazioni economiche ed infrastrutture è nato (è emerso) un ambiente sociale, politico, istituzionale finalizzato al miglior funzionamento delle organizzazioni economiche. Si tratta di un ambiente dove prevalgono attori sociali, politici ed istituzionali di tipo specialistico.

In particolare, si è sviluppato uno specifico sistema di governo che ha raggiunto la sua maturazione nella democrazia  rappresentativa.

Nel suo complesso, la società industriale si pone, oggi, come un Ambiente Artificiale, fondato sulla visione classica del mondo, che è strutturalmente eterogeneo con l’Ambiente Naturale e, proprio per questo, può instaurare con esso solo una relazione strumentale: ne utilizza le risorse e vi deposita i rifiuti. I benefici del costruire un ambiente artificiale di questo tipo sono stati incredibili: la qualità della vita materiale delle persone ha raggiunto livelli prima impensabili.

Le classi dirigenti sono i “sacerdoti” sia della ortodossia cognitiva che della ortodossia fattuale. Considerano la prima la migliore possibile e considerano loro dovere fare sì che la seconda ne sia la concretizzazione più fedele.


...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.