mercoledì 31 dicembre 2014

Ovvietà in un discorso di fine anno

di
Francesco Zanotti


Mi riferisco al discorso del Capo dello Stato. Grande rispetto per la persona di Giorgio Napolitano, ma qui intendo giudicare i contenuti che ha proposto. Contenuti che il ruolo istituzionale, e l’istituzionalità della comunicazione e la gravità della situazione che stiamo vivendo avrebbero voluto alti e forti. Invece ho ascoltato solo ovvietà, a tratti retorica.
Mi si potrà obiettare che non è il momento della critica, ma della proposta. Non è vero.
E lo dimostra il fatto che su questo blog stiamo avanzando analisi e proposte che giudichiamo interessanti non per la fonte, cioè le nostre persone che possono vantare alcuna “differenza” umana rispetto agli uomini della politica. Interessanti perché nascono dalla ricerca e dalla fatica. Nascono dall'ascolto di tutte le voci più autorevoli che in ogni campo del sapere, in ogni angolo della terra, ci parlano delle origini della crisi che stiamo vivendo e avanzano proposte. Abbiamo raccolto contributi in ogni territorio delle scienze umane naturali e li abbiamo proposti in questo blog. Interessanti perché di tutte le voci ascoltate tentano una sintesi. Interessanti perché la sintesi che ne abbiamo fatta ci sembra alta e forte. Almeno da discutere.
Diciamo che è il momento della critica perché, generalizzo il discorso, alla politica proposte interessanti … non interessano.
La politica chiede consenso e impegno a realizzare le sue idee.
Ed allora il nostro primo dovere è quello di esprimere un giudizio su queste idee che ci è richiesto di ammirare e di realizzare.
E il mio giudizio (qui parlo personalmente) è stato chiaro. Ed è frutto del confronto con le proposte inascoltate che tutti possono trovare su questo blog.
A cominciare dalla nostra proposta dell’Expo della Conoscenza che, se realizzata, non ci avrebbe costretti ad un ruolo di meri organizzatori di un Evento, senza alcuna proposta, alta e forte, sui temi dell’Expo. Ci avrebbe, invece, permesso di fare dell’Expo un grande luogo di proposta e di ricerca, senza soluzione di continuità, sul futuro del mondo. Ci avrebbe permesso di fare di Milano il centro motore di un nuovo Rinascimento mondiale, invece che allestitori (vedremo quanto bravi) di palcoscenici. Alla fine gli attori raccoglieranno gli applausi e noi potremo solo smontare il palcoscenico. Come le troupe televisive hanno smontato gli apparati di trasmissione dopo l’intervento di Giorno Napolitano. Speriamo almeno che gli attori per i quali stiamo allestendo il palcoscenico dell’Expo le proposte alte e forti le facciano loro.


domenica 28 dicembre 2014

Noi contestiamo l’importanza delle riforme

di
Francesco Zanotti


Adriana Cerretelli oggi nel suo articolo di fondo sul Sole 24 Ore sostiene che nessuno contesta l’importanza delle riforme. Sbagliato! Noi le contestiamo per tante ragioni che solo il non voler ascoltare per partito preso può permettere di ignorarle.
Ne cito alcune e mi riservo di approfondire il discorso.
Prima ragione. Le riforme non servono a generare sviluppo economico perché, innanzitutto, non permettono di raggiungere un vantaggio competitivo sostenibile. E, poi, perché non ha senso cercare di costruire un vantaggio competitivo. E’ necessario progettare nuove imprese ed una nuova società e pensare a competere tarpa le ali.
Seconda ragione. Un contesto “formale” (istituzionale) non determina univocamente i comportamento economici e sociali. Nello stesso contesto si possono mettere in atto comportamenti economici e sociali anche opposti
Terza ragione. Le istituzioni sono sempre emergenti. Cioè sono la sintesi della costruzione di una nuova economia e di una nuova società. Quelle calate dall'alto, “calcolate” (nel senso di Turing) rischiano di non avere effetti. Gli attori individuali e sociali tendono a mettere in atto gli stessi comportamenti in ogni nuovo contesto istituzionale progettato dall'alto.
Quarta ragione, la più importante. Si distoglie l’attenzione dall'esigenza di stimolare, in ogni dove nella società, nuove progettualità nutrite con nuove risorse cognitive.
A proposito … avete mai sentito discutere di risorse cognitive invece di riforme istituzionali? Questo è il segnale più preoccupante dell’incapacità di riflessioni profonde delle nostre classi dirigenti. Dopo tutto stiamo parlando della società degli uomini. E gli uomini sono caratterizzati dalle loro risorse cognitive. Quelle attuali non bastano. Senza fornire alle classi dirigenti nuove risorse cognitive nulla cambierà.


giovedì 25 dicembre 2014

Diciamo solo banalità (politico-sociali)

di
Francesco Zanotti


Mettete in fila tutte le parole che stanno usando i nostri leader politici. Sarebbe un elenco, forse, breve, ma di intensa banalità. Nessuna di questa parole prefigura la Storia futura. E quando lo fa, si ferma alla retorica. Sembra che non abbiamo il coraggio di usare parole intense.
Qualcuno, però, sta tentando il coraggio della parola. Mi ha colpito molto l’ultimo libro di Antonio (Toni) Negri, scritto con Michael Hardt: Comune. Oltre il privato  e il pubblico.
Cito una frase che suona come il loro manifesto: “La moltitudine è un insieme di singolarità costituite dalla povertà e dall'amore nella riproduzione del comune”.
Povertà ed amore alla base di un progetto politico.
Allora ricordiamo ai nostri leader che saranno veramente diversi dal passato se sapranno avere il coraggio di uscire dalla banalità che li avvolge e tentare progetti politici che abbiamo l’intensità, che si legge nelle parole povertà ed amore di quello Toni Negri, come tutti ricorderanno, in passato il prototipo dei cattivi maestri.
Forse, però, non è un problema di coraggio. Forse è che sono banali dentro. Come lo siamo noi che li accettiamo come leader.



martedì 23 dicembre 2014

Il disgregarsi

di
Francesco Zanotti



Da qualunque parte si guardi la nostra società è affetta dal morbo della disgregazione conflittuale. Soprattutto a livello politico-sociale.
E’ inutile perdersi in mille esempi. Basta citare i nomi: i partiti politici, i movimenti sociali.
In realtà, la disgregazione è solo frutto di una profonda incapacità di governo della complessità. Infatti. In una società complessa nascono costantemente nuove esigenze che, tanto più la società è complessa, tanto più sono “locali”, cioè parziali in termini di territorio, issue etc.. Sarebbe necessaria una classe dirigente che costruisca sintesi. Ma l’attuale classe dirigente non lo può fare perché manca delle risorse cognitive necessarie per capire cosa di nuovo (anche se parziale) esiste in ogni persona e in ogni nuovo movimento.
Allora accade che le persone e i movimenti non ascoltati si riuniscano nella protesta. Ma quando è il momento della proposta si disgreghino immediatamente perché non riescono a riconoscere e portare a sintesi le novità reciproche. E la disgregazione è conflittuale perché ogni persona o movimento vede nell'altro un traditore.
L’anno nuovo … Il nostro impegno è nel sottolineare in ogni istante e in ogni dove il ruolo fondamentale delle risorse cognitive e promuovere l’emergere di una classe dirigente che le riconosca e le sappia usare per costruire nuovi grandi progetti che siano speranza per la continuamente crescente complessità (quindi ricchezza) politico-sociale.


venerdì 19 dicembre 2014

La Russia è un Popolo

di
Francesco Zanotti


Tutti i fisici conoscono Lev Landau e hanno letto di suoi libri. Molti conoscono i grandi romanzieri Russi. Forse meno conoscono la filosofia russa, origine e razionalizzazione della vocazione salvifica del popolo russo …
Sì, la Russia è prima di tutto un Popolo nobile dalla Storia intensa …
Ora leggete i titoli della seconda e terza pagina del Corriere. Rispettivamente “Contenere Mosca … “ e “Nessuno incatenerà l’orso Russo”.
Vi sembra che, da parte di chi vuole contenere e da parte di chi non vuole essere contenuto, vi sia una conoscenza ed un amore profondo per un Popolo e per la sua Storia. Vi sia la comprensione del ruolo che questo popolo può avere nel consesso planetario per costruire una nuova umanità?
Io credo che il nostro Ministro degli Esteri dovrebbe essere un profondo conoscitore di Popoli e Storie. Credo che tutti i Ministri degli Esteri della Ue debbano essere profondi conoscitori di popoli e storie.

Stiamo cercando una nuova generazione di politici? Bene come prima cosa cerchiamo politici che siano profondi conoscitori di Popoli e Storie. Così non assisteremo più a potenzialmente esiziali confronti muscolari. Più adatti a bimbi all'asilo che a saggi governanti di popoli.

domenica 14 dicembre 2014

Il cervello non “funziona” come un computer

di
Francesco Zanotti


Su Nòva 24 stamattina vi è un articolo “futurista” intitolato La metamorfosi del professionista che ripete una litania antica che sta ridiventando di moda: il computer che piano piano, andrà a sostituire l’uomo.
Per fortuna appena sotto c’è un articolo di Federico Faggin il cui titolo è lapidario: Il cervello non è un computer. Ecco occorre sapere che l’opinione di Faggin non è una ... opinione. Ma è una certezza da almeno 70 anni.
Si parte da Godel che aveva dimostrato che ogni sistema formale “lineare” (una deduzione dopo l’altra) non può essere contemporaneamente completo e coerente. Si arriva (subito dopo) a Turing che ha progettato una macchina che fa praticamente una cosa dopo l’altra. Ed ha “scoperto” la validità del teorema di Godel: non si è mai certi che un programma (un insieme di istruzioni da far eseguire a quella macchina) sia “completo e coerente”. Cioè: non si è certi che non finisca ad “oscillare” tra operazioni che si auto contraddicono. Si chiama: problema dell’alt.
Tutto questo significa che non è desiderabile che il cervello sia un computer. Rischierebbe in ogni momento di finire in loop senza fine …
Ma oltre a non essere desiderabile non funziona proprio così. Lo dimostrano ad ogni passo le neuroscienze.
Allora il computer andrà a sostituire l’uomo nelle attività “calcolabili”. Cioè quelle che possono essere eseguite attraverso un insieme di operazioni elementari una dopo l’altra e indipendenti l’una dall'altra. E sarà sempre un insieme di attività “limitate” e “sperimentate”. Cioè ha senso pratico far eseguire ai computer programmi che si è certi (e questo è possibile solo relativamente a programmi banali) il computer eseguirà senza fare casini.
Il computer sarà sempre e solo uno strumento di utilizzo vastissimo, ma limitato a determinate attività.
Forse si potrà costruire un cervello artificiale. Ma non sarà un computer, sarà un cervello umano che non potrà nascere per assemblaggi industriali, ma solo attraverso un processo di emergenza. E, per farlo, occorrerebbe avere una teoria dell’emergenza che, io credo, finirà per essere una teoria dell’evoluzione.



giovedì 11 dicembre 2014

L’eversione costruita

di
Francesco Zanotti


L’eversione è certamente da evitare. Ma non si può estirpare come una mala pianta. Con prediche e violenza.
L’eversione emerge quando si cerca di bloccare l’esprimersi della complessità sociale. Detto diversamente, non è una cosa. Non il modo di manifestare la loro malvagità di gruppi di “cattivoni”.
Mi spiego. E il discorso è semplice.
Nella società attuale vi un crescente emergere di attori sociali che rappresentano nuove istanze e sono il contesto di autorealizzazione delle persone. Non è un fenomeno che si possa arrestare. E non si deve neanche farlo perché è il fenomeno che genera lo sviluppo delle società.
Se la politica vuole cercare di semplificare questa complessità arrivando a costruire due schieramenti che si alternano al governo, in modo che chi vince possa governare in pace, allora è la politica che costruisce eversione. Perché pretende di semplificare l’espressione della crescente complessità sociale. E’ la sindrome di un uomo solo al comando che genera eversione in una società complessa. In una società complessa non si può costringere una complessità emergente a schiacciarsi all'interno di uno dei due schieramenti a servizio di un programma che viene giudicato troppo semplicistico se non ostile. Occorre una nuova forma di Governance dove il programma da realizzare emerga come sintesi della complessità delle istanze dei diversi gruppi sociali. Certo, per riuscire a governare a questo modo occorre conoscenza e saggezza …


martedì 9 dicembre 2014

La Rivoluzione del Medioevo

(Lettera aperta al Presidente di RCS Libri Paolo Mieli)
di 
Luciano Martinoli


Gentilissimo Presidente
Ho letto e molto apprezzato il suo commento sull'ultimo libro di Rodney Stark La vittoria dell'Occidente che lei ha ampiamente recensito nell' articolo sul Corsera di oggi dal titolo "La rivoluzione del Medioevo"; lettura certamente stimolante che provvederò ad effettuare. Tra i vari spunti mi ha colpito un suo passaggio che, immagino, sia una delle idee centrali del saggio: 

"Il merito di tutto quello che è accaduto in materia di sviluppo della civiltà... va attribuito alla circolazione delle idee. Sono le idee, più che le forze economiche e materiali, all'origine della modernità."

Sono perfettamente d'accordo con questa affermazione, ma se così è accaduto da sempre in occidente, ed oggi abbiamo bisogno di una "nuova modernità", quali sono i meccanismi di "circolazione delle idee" che oggi dovrebbero concimare il necessario sviluppo della nostra civiltà?
Certo abbiamo potenti media, internet in testa, che potrebbero veicolarle, ma sono purtroppo ridotti a condividere stupidaggini quotidiane (i social network) o stimolare pruriti inconfessabili (i siti porno). Non sono messi meglio i giornali (oggi sono dovuto arrivare a pagina 39, quella del suo articolo, per leggere di una opinione sulle idee) o le televisioni, appiattite sulle sterili polemiche della politica, alle quali fanno da amplificatore, o a dar risalto ai chiacchiericci da bar.

Ma forse il vero problema è nella mancata individuazione delle fonti di idee potenti e originali che non possono venire da classi dirigenti ignoranti o dai pettegolezzi sui fatti quotidiani, drammatici o faceti che siano.
Tali sorgenti, spero sia d'accordo, sono gli ambiti della conoscenza umana che pure hanno contribuito in maniera importante alle idee.
Purtroppo oggi la conoscenza è così dispersa e specializzata da renderla incomprensibile e impraticabile per quel "miglioramento delle condizioni di esistenza" che pure viene da lei citata.

Ad esempio: cosa ha scoperto la fisica, la matematica, la biologia come "idee" per arrivare alle scoperte scientifiche di cui ci raccontano solo gli effetti spettacolari (e neanche tanto bene) che potrebbero essere utili per affrontare le sfide della comunità umana del III millennio? 
Cosa ha da dire la filosofia, le scienze sociali, la psicologia, l'antropologia su cosa è, ma sopratutto cosa non è, l'essere umano e il mistero che lo circonda? 
Come queste e altre discipline possono aiutarci a convivere con questo mistero senza rinunciare alla nostra voglia di sviluppo e di dare una direzione a tale sviluppo?
Dopo tanti secoli, che immagino siano ben descritti da Stark nel suo libro, possiamo fare un salto di qualità nel meccanismo base del nostro successo, la circolazione delle idee, in maniera tale che non sia solo spontaneo, come accaduto finora, ma progettato verso mete che sorprenderanno gli stessi progettisti?

Sono interrogativi che dimostrano la necessità di un urgente dibattito, sconosciuto ai media e certamente derubricato dalle agende delle classi dirigenti politiche, economiche, istituzionali, forse anche culturali, occupati tutti, con poche eccezioni, a difendere i piccoli interessi di bottega.

Abbiamo provveduto, nel nostro piccolo, a farci carico di questo problema centrale che è la causa dello stallo sociale complessivo che proprio il mondo occidentale sta vivendo.
Abbiamo creato una "Associazione per l'Expo della Conoscenza", dove la parola Expo è strumentale al prossimo evento milanese che, temiamo, abbia perso l'occasione di essere motore di idee (di tutto si è parlato in questi anni preparatori tranne che di "idee").
Troverà una descrizione dei progetti e le motivazioni sul nostro sito (www.expoconoscenza.org) , i commenti ai principali eventi in un ottica di necessità di nuove "idee" sul nostro blog (http://balbettantipoietici.blogspot.it/).
Volendo fare un parallelo con ciò che riporta Stark a proposito dei Greci, noi intendiamo fare sulla conoscenza ciò che loro fecero sul senso della vita: non essere i primi ad occuparcene, ma essere i primi a farlo in modo sistematico. 

Mi congedo con la notizia di un evento, al quale parteciperemo, che è di buon auspicio.
Il PAM, Assemblea Parlamentare del Mediterraneo con la quale collaboriamo da tempo, insieme con l'Università di Catania, organizza per il prossimo 11 e 12 Dicembre proprio a Catania  il lancio di una "Piattaforma accademica del Mediterraneo" il cui scopo è proprio quella "circolazione delle idee" che, guarda caso, fu proprio all'origine del nostro sviluppo ed esattamente partendo dallo stesso mare dei Greci.

Cordiali Saluti


lunedì 8 dicembre 2014

Partiti liquidi o liquefatti?

di
Francesco Zanotti


Il riferimento è all'articolo di fondo di Sabino Cassese sul Corriere di oggi. Egli parla dell’avvento di partiti organizzativamente liquidi che, sostiene, da un lato, sono positivi perché rompono quei fortini autoreferenziali (questa espressione è mia) che erano diventati i partiti. Ma, dall'altro, producono anche un vuoto di educazione civica e di selezione della classe dirigente.
Il primo commento è che non è vero che i partiti organizzativamente duri sanno selezionare le classi dirigenti. Anzi, è vero il contrario. Dopo la classe dirigente (politica ed imprenditoriale, per la quale vale un discorso analogo) che ha costruito nel dopoguerra questo paese si è andati di male in peggio. Basta confrontare le figure di De Gasperi e Togliatti (per non parlare degli altri) con i leader che si confrontano oggi per convincersene.

Ma, poi, il vero tema è che occorre cominciare a parlare di “struttura cognitiva”. Un partito liquido ha bisogno di risorse cognitive radicalmente diverse da quella usate nel passato per poter svolgere una funzione positiva. Sono necessarie conoscenze transdisciplinari e metodologie di stimolo progettuale e di sintesi. Non competenze di comunicazione cabarettistica. Con queste competenze un partito diverrebbe organizzativamente liquido, ma cognitivamente progettuale ed aggregante. Ma chi si occupa di discutere della qualità delle risorse cognitive che sono nella disponibilità dei partiti? Non è che gli scienziati della politica dovrebbe almeno conoscere lo stato dell’arte degli studi organizzativi per capire la differenza tra struttura formale ed informale che li porterebbe a comprendere che i partiti dovrebbero essere contemporaneamente organizzati e liquidi.

sabato 6 dicembre 2014

Una piattaforma di conoscenza per il Mediterraneo

di
Francesco Zanotti
L’11 e il 12 Dicembre a Catania (Ospite il Rettore della locale Università) l’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo presenterà il suo Progetto per una Piattaforma Accademica con l’obiettivo di facilitare l’interazione tra Parlamenti Nazionali, Centri di Ricerca e il settore produttivo.
L’Associazione per l’Expo della Conoscenza sarà presente con il proprio contributo che è costituito da una visione poietico-rinascimentale della conoscenza, da un mappa della conoscenza attuale e da un Evento (l’Expo della Conoscenza, appunto) per attivare l’emergere di una nuova società.

Perché accada nel Mediterraneo quello che è accaduto in Italia nel Rinascimento. Perché il Mediterraneo diventi la Terra di Mezzo da cui parte il processo di “emergenza” di una nuova società etica ed estetica. I nostri lettori troveranno in questo blog tutta la documentazione che permette di capire la nostra proposta.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.