venerdì 24 dicembre 2010

La Riforma dell’Università, l’accordo FIAT ed un impegno


Ieri (23 dicembre 2010) è stata approvata la Riforma dell’Università ed è stato siglato l’accordo per Mirafiori (con esclusione della FIOM). Purtroppo nessuno collega i due fatti. Una buona parte degli italiani li considera risultati importanti. L’altra parte è pronta a combatterli. Ovviamente, dopo la tregua del panettone che garantirà il giusto riposo sia ai siglatori ed approvatori sia ad oppositori.
Io credo, invece, che i due documenti (la riforma e l’accordo) abbiano radice nella stessa cultura, oramai superata. Una cultura che genera ideologie povere che si contrappongono. Una cultura che genera, quindi, conflitti, invece che progressi, una cultura che dobbiamo superare il prima possibile.

Qualche flash …

venerdì 17 dicembre 2010

La rissa in diretta e la conoscenza allo sbando …

Ieri sera (16 Dicembre 2010) durante “Anno zero” si è assistito a vere sceneggiate da piazza di un Ministro della Repubblica (La Russa) e del Capo del secondo partito di opposizione (Di Pietro). Urla e strepiti, liti con insulti personali …
Contemporaneamente, alcuni giovani stavano sostenendo le stesse tesi che hanno portato, anni fa, a costruire un decennio di drammatica violenza politica: “A noi la riforma Gelimini non va bene perché uccide la scuola pubblica. Abbiamo provato a farci ascoltare, ma non ci siamo riusciti. Allora siamo scesi in piazza, costretti ad urlare così forte da riuscire a soverchiare l’assordante silenzio che viene dalle istituzioni.”.

martedì 14 dicembre 2010

Stasera su Lombardia Channel 666 digitale terrestre: qualche spruzzo di trasgressione!


Che accade? Sono stato invitato ad un talk show su Lombardia Channel.
Gli argomenti, sono, nella prima mezz'ora, i fatti del giorno. Poi si parla di "Milano e il denaro". Cioè di economia.
Proverò a sostenere qualcuna delle tesi che sono state presentate in questo blog.
Per illustrarle, partirò dall'articolo di fondo di Guido Gentili sul Sole 24 Ore di oggi, 14 dicembre 2010, che sembra sostenere tesi esattamente opposte a quelle che mi sono care.
Parto dalla sua tesi iniziale...sulla quale, invece, sono d'accordo: la battaglia parlamentare che si conclude oggi...non si concluderà affatto. Ma sembra destinata a risuonare in eterno. Sono d'accordo sulla previsione, ma mi sembra manchi completamente l'indicazione dell'origine di questo fenomeno. Essa consiste nella chiusura auto referenziale della classe politica...meglio:di tutte le classi dirigenti...che risuonano in accoppiamento strutturale con la società della quale dovrebbero guidare lo sviluppo. "Accoppiamento strutturale" significa che, a causa di questa autoreferenzialità, le classi dirigenti non possono capire i messaggi in arrivo dalla Società e, quindi, rispondono con messaggi in uscita che la Società non può che giudicare insensati perchè sono sostanzialmente messaggi di conservazione. I messaggi, insensati, di conservazione sono: il valore della stabilità economica e politica, le riforme istituzionali, lo shock generato da Marchionne, il valore della competititvità.
E mi sembra manchi una proposta per superare l'autoreferenzialità: le classi dirigenti dovrebbero aggiungere alla loro cultura attuale le conoscenze, già oggi disponibili di sistemica, che porterebbe loro a comprendere cosa significa "accoppiamento strutturale" e ad avviare processi di progettualità sociale e non decisionali.
Sono d'accordo sulla tesi iniziale, ma non sulle altre. Che sono proprio quelle che ho definito (absit inuria verbis): messaggi insensati. Dettaglio brevemente, rimandando il lettore ai post dove ho già trattato questi temi.
La stabilità può essere un valore solo per le classi dirigenti stesse che, solo grazie alla stabilità, possono continuare a fare le classi dirigenti.
Le riforme istituzionali, innanzitutto, non si riesce a farle. Quindi, anche se fossero una soluzione, non potrebbero sviluppare i loro effetti in tempi utili. E, poi, per fortuna, non si riescono a fare perchè non possono funzionare. La prima ragione, di ordine generale, è che nessuno è in grado di conoscere quali saranno i comportamenti reali che certe riforme faranno emergere. Comportamenti degli Attori economici, sociali, politici, istituzionali etc. La seconda ragione di ordine specifico è che queste riforme tendono a semplificare ed ad aumentare il controllo delle classi dirigenti. E ciò, in una società complessa, aumenta l'autoreferenzialità delle classi dirigenti e, quindi, i guai generati dal loro rapporto di accoppiamento strutturale con la Società.
Marchionne sta facendo del suo meglio, ma usa una conoscenza organizzativa completamente superata che lo porta a lavorare solo sull'organizzazione formale, ignorando completamente le dinamiche di sviluppo e le potenzialità di governo dell'organizzazione spontanea di una impresa. Questo lo porta ad un inevitabile confliggere. Mentre potrebbe, usando conoscenze organizzative più avanzate, veramente rivoluzionare relazioni sindacali, efficacia ed efficienza aziendale.

mercoledì 8 dicembre 2010

Pomodori alla Prima della Scala o stille di una nuova società?

Quando un modello sociale sta perdendo di significato, è difficile che vi siano proteste pretestuose, ingiustificate. Ogni persona, ogni gruppo che vive in una società che si sta spegnendo sperimenta un disagio profondo. Non solo, ma le stesse persone e gli stessi gruppi vedono soluzioni locali al loro disagio che, sistematicamente, non vengono messe in atto. Di fronte a disagio  misto ad una ottusità apparentemente senza senso, che altro fare, oltre che protestare?
Proteste giustificate, quindi. Ma non efficaci. Occorre tenere conto della coperta troppo corta e del tema dell’autoreferenzialità. Sono “issues” che non si risolvono con le proteste … La coperta troppo corta impedisce che si trovino risorse per realizzare le pur evidenti soluzioni locali. L’autoreferenzialità delle classi dirigenti impedisce loro l’ascolto …

Che fare allora? Una cosa molto più complessa che protestare … E’ necessario tentare un grande processo di progettualità sociale che costruisca una nuova visione condivisa di una nuova società.

Per esempio, io  credo che un contributo sarebbe stato quello di distribuire, fuori dalla Scala, un opuscoletto che poteva avere come titolo qualcosa di molto simile al titolo di questo post: “Stille della società che proponiamo”. Poi sarebbe stato carino che questo opuscoletto contenesse anche il processo attraverso il quale si realizzano le stelle desiderate di una nuova società. Ma non chiediamo troppo…


Stille di una nuova società … perché questa espressione non rimanga uno slogan, ho provato a scrivere alcune prime stille di una nuova società. Spero che qualcuno mi aiuti a renderle più splendenti …

martedì 30 novembre 2010

Fazio, Saviano, Paolo Mieli, la riforma della scuola … un discorso difficile


Chi mi dà una mano?
Ieri sera (29 novembre 2010) ho visto la trasmissione di Fazio e Saviano: "Vieni via con me". Emotivamente forte, anche se forse malinconica, un po’ troppo intimista nella prima parte. Di forte denuncia nella seconda. Dopo aver visto la seconda parte, la denuncia mi è parso fosse risuonata anche nella prima.
Appena prima, avevo ascoltato le notizie dei telegiornali che hanno raccontato delle battaglie degli studenti che denunciavano con azioni (giustamente) goliardiche e con slogan incisivi i guasti della Riforma Gelmini.
Prima di addormentarmi, sono riuscito a comprendere la ragione del disagio che tutto questo denunciare mi lasciava. Non era certo per il fatto che le denunce fossero sbagliate. Soprattutto quella di Saviano era puntuale, credo difficilmente discutibile. Era il fatto che, in questi ultimi 40 anni, abbiamo vissuto solo di denunce. Io sono della generazione del ’68, esperta in denunce. E alle denunce non sono mai seguite proposte all’altezza (eticamente e concretamente) delle denunce stesse.

martedì 23 novembre 2010

Imprenditoria aumentata, l'unica cosa di cui abbiamo bisogno..ci stiamo arrivando (un post che inizia negativo..ma poi fa una svolta!)

Ho sentito recriminare importanti persone del nostro sistema imprenditoriale sul fatto che non ci sarebbe la crisi se non avessimo avuto così tanti anni di pace. La guerra, infatti, è il miglior rigeneratore dell'economia e , tra l'altro, favorisce la circolazione ed il ricambio delle elites....a parte il cinismo di questa osservazione - che implica di potersi rallegrare di terremoti ed alluvioni perché aumentano il PIL- , rattrista capire come queste persone abbiano perso (se mai l'hanno avuto) ogni briciolo di imprenditorialità.
Nelle università si ripete il rito dell'occupazione autunnale, a seguito dell'ennesima riduzione dei fondi pubblici (e con la situazione di bilancio che c'è tutto si riduce); passeggiando in uno dei campus vedo tabelloni e richieste che auspicano servizi e disponibilità dell'università verso gli studenti che, 15 anni fa in Inghilterra erano abitudine consolidata e scontata. Studenti e professori (a volte) si lamentano e cercano risorse laddove non ce ne sono, e non riescono ad immaginare nuove vie.
I creativi, i designers, i pubblicitari, i ricercatori, i consulenti, gli avvocati e tante altre professioni intellettuali (mi vengono in mente anche gli architetti e psicologi) oltre a tutti gli operatori del sociale e del pubblico impiego, versano in condizioni sempre peggiori da anni, ma dalla “miseria” non esce proposta, a volte manco la protesta.
La parola che descrive tutto questo non è decrescita ma spegnimento.

lunedì 22 novembre 2010

Expo 2015 al di là della sostenibilità … per forza!


La mia riflessione parte da una ipotesi che, credo, sia condivisa: la società attuale (la società industriale) ha chiuso il suo ciclo vitale. E’ diventata strutturalmente insostenibile. E’, quindi, necessario costruirne un’altra. Un nuovo sviluppo avverrà attraverso un nuovo modello di società, radicalmente diverso da quello attuale.

La parola, il valore della sostenibilità serve a sintetizzare le ragioni per le quali la società attuale non può più permetterci di costruire un nuovo sviluppo. Ma non può servire a scoprire quale nuovo sviluppo sia possibile ed a costruirlo. Anzi, rischia di diventare una delle tante parole “valigia” all’interno della quale si riesce a far stare tutto e il contrario di tutto. Un valore retorico da proclamare nei convegni e non da declinare nella pratica.

martedì 16 novembre 2010

Il Papa, l’Expo come cammino e tutti noi


Il discorso di domenica di Papa Benedetto XVI è stato accolto con grande sorpresa dal mondo laico. Con meno sorpresa, ma certo non con indifferenza dal mondo cattolico.

Si tratta di un messaggio contenutisticamente importante che si unisce a quello di tutti coloro che stanno tentando di dire che la crisi scatenatasi due anni fa, non è frutto di una grave, ma localizzata crisi finanziaria. Ma è solo il sintomo di una crisi complessiva che richiede un vero e proprio cambio di civiltà.

venerdì 12 novembre 2010

Ma vogliamo piantarla con… Parte prima: le riforme istituzionali


Abbiamo una serie di parole che ci ossessionano, che descrivono obiettivi che riteniamo assolutamente imprescindibili per evitare immani catastrofi. Tra queste parole ci sono certamente: riforme istituzionali, stabilità, competitività, produttività, governabilità.

Ebbene, scriverò quattro piccoli post (che, poi, raccoglierò in un documento) nei quali cercherò di convincere che si tratta di obiettivi insensati. Poi, ne scriverò un altro con una proposta di obiettivi alternativi. Ma dopo. Prima è necessario sgombrare il campo da una zavorra cognitiva (le parole-obiettivo insensate) che stanno assorbendo, per fortuna inutilmente (per fortuna non riusciamo a realizzarli, così limitiamo i danni), le nostre energie personali e sociali.

Cominciamo dalle riforme istituzionali.

mercoledì 10 novembre 2010

Ma ci prendiamo in giro? Tentiamo di aiutare le classi dirigenti con un corso di meccanica quantistica


Ho letto ieri mattina, sul Sole 24 Ore, in un articolo a firma di Marco Fortis, che, secondo l’indice di competitività elaborato da Onu e WTO, che si chiama Trade Performance Index (TPI), l’Italia è al secondo posto, dopo la Germania nella classifica dei dieci paesi più competitivi al mondo.

Sono rimasto molto sorpreso e mi sono documentato: tutto esatto. Rendiamo disponibile un Paper che spiega a chi fosse interessato a capire di più cosa è il TPI.

Ma allora qualche domanda sorge spontanea: non abbiamo sempre detto che noi, quanto a competitività, facciamo schifo? Che abbiamo bisogno di Progetto Competitività che coinvolga tutto il Paese. Non hanno sempre detto tutti queste cose? Ed allora?

domenica 7 novembre 2010

Nicolas Bourbaki, e i nostri leader … Da Berlusconi a Marchionne, passando da Bersani e dai rottamatori


Sull’inserto domenicale del Sole 24 Ore (domenica 7 novembre 2010) leggo la storia di Nicolas Bourbaki, nome collettivo con il quale un gruppo di giovani matematici, per lo più francesi, tra la fine degli anni trenta e gli inizi degli anni sessanta del secolo scorso ha provato a riscrivere tutta la matematica. Il loro portavoce è stato, a lungo, Jean Alexandre Eugène Diedonné, che l’autore dell’articolo non cita.
A quanto riferisce il “The Princeton Companion book of mathematics”, pag. 824, il gruppo è ancora attivo nella prima decade di questo nuovo secolo

Ho comprato anch’io i volumi di Bourbaki, anche se quando frequentavo l’università nessuno me ne aveva parlato… Era “strano” volevo capire fino in fondo… E l’approccio di Bourbaki mi piaceva molto… anche se poi molta acqua è passata sotto i ponti.
Bourbaki appartiene all’età strutturalista. Il suo approccio è poi stato “superato” da altri approcci fondazionali, come la teoria delle categorie… Ok, non è il caso di andare oltre con l’approfondimento.

Ma perché parlo di Bourbaki?

venerdì 5 novembre 2010

Una nuova conoscenza per costruire un nuovo sviluppo

di
Francesco Zanotti

E’ evidente che le classi dirigenti non sono ancora riuscite a trovare il bandolo della matassa della crisi. La crisi continua, anzi, continua a manifestarsi in modalità sempre diverse in diversi “pezzi” e “luoghi” della nostra società.
Non riuscendo a capire da dove viene questa crisi, non si riesce neanche a trovare il modo per uscirne. Anche i “profeti” più osannati, ad esempio, Obama e Marchionne (e, poi, non osannati da tutti) ) non riescono a costruire progetti di sviluppo alti, forti e condivisi.

Obama ha raccontato solo sogni generici. Tante buone, e piccole, intenzioni, ma nessun percorso mobilitante e convincente per realizzarle.
Marchionne racconta solo sogni “costretti”. Costretti da una competizione che spinge tutti verso la stessa strada che diventa sempre più fatta di lacrime, sangue e conflitti. Sogni costretti che somigliano sempre più ad incubi: sopravvivrà solo chi accetta di faticare sempre di più per guadagnare sempre di meno (gli operatori) e rischiare sempre di più (chi finanzia l’impresa).

Come riuscire a costruire un nuovo sviluppo attraverso la realizzazione di grandi sogni?

giovedì 4 novembre 2010

Obama e i sogni piccoli piccoli

… e anche generici generici!
Obama ha perso e i commentatori si perdono a riproporre la  vecchia e sterile contrapposizione tra “sognatori” e “pragmatici”: sì, vanno bene i sogni, ma, poi, occorre tornare per terra.  Si tratta di una contrapposizione che è un caso particolare di una contrapposizione più generale tra “teoria” e “pratica”.
E’ ora di piantarla!.
Obama non ha perso perché aveva grandi sogni che la società americana non ha capito o lui non è riuscito a far capire. Obama ha perso perché i suoi sogni erano piccoli e generici. Troppo simili alla retorica.

martedì 2 novembre 2010

Marcegalia, Guidi e Bloch .. Ma sì, il filosofo


Stamattina (31 ottobre 2010) leggiucchiando: dal Sole 24 Ore al Corriere alla ultima edizione della Enciclopedia Filosofica Bompiani... Le cose che non vanno e le soluzioni che sono peggio.
La denuncia, indignazione da parte di Emma Marcegaglia e Federica Guidi perché in Italia non si fanno le riforme che potrebbero rilanciare il Paese perchè i politici sono affaccendati nelle loro beghe (che sono sempre meno nobili) di potere.
Per carità, le due Signore dell’industria italiana hanno certamente ragione: alle liti sarebbe meglio una azione riformatrice che ridesse competitività alle imprese di questo Paese.
Ma… poi ripensandoci, no, non hanno ragione! Meglio: certamente occorre piantarla subito con liti che diventano sempre più squallide. Ma non serve pensare a riforme e competitività.
Tesi ardita, ma inevitabile. E’ guardando ad essa che riusciremo a costruire un nuovo sviluppo …
Provo a dettagliare ...

lunedì 25 ottobre 2010

Ho ascoltato l’intervista di Marchionne …

Ieri sera (24 ottobre), Marchionne da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. Un Signore calmo, pacato con gli occhi che cercano nel profondo. Un ragionare pulito e semplice. Certamente nessun dubbio sulla propria visione. Caso mai mille dubbi sugli altri: dall’Italia nel suo complesso ai sindacati. Contemporaneamente, grande fiducia nella sua gente: la maggioranza di coloro che lavorano per lui (sostiene che solo il 13% dei dipendenti FIAT sono iscritti alla FIOM-CGIL) sono dalla sua parte ed è loro il merito del successo della FIAT.
Non è che il suo racconto non sia stato efficace. Anzi, è sembrato linearmente indiscutibile: la competizione ci costringe a cambiare il nostro modo di lavorare e anche il nostro modo di essere complessivo. Se non accettiamo questa sfida di cambiamento non possiamo più fare i metalmeccanici. Poi, aggiunge, rivolto alla sua gente: datemi una mano in questo cambiamento, così da diventare competitivi almeno come i nostri concorrenti europei e io mi impegno a portare i salari al livello degli Operatori dei nostri stessi concorrenti.
A questo punto, anche Fazio ha alzato bandiera bianca: ok ha ragione lui. In realtà, le domande di Fazio sono state sempre benevole, quasi soggiogato dal fascino dell’uomo che ha osato ed ha vinto.

Io non credo abbia completamente ragione Marchionne. Ha ragione anche lui. Così come hanno ragione i cosiddetti estremisti. Ed anche tutti coloro che altalenano tra questo due poli. Ma come è possibile? Dicono tutti cose diverse, opposte …

mercoledì 20 ottobre 2010

Un Expo della conoscenza come stimolo e contesto all’Expo 2015

Lettera aperta a tutte le persone, le forze politico-sociali e le istituzioni che hanno a cuore l’Expo 2015.

L a storia dell’Expo è arrivata ad un giro di boa fondamentale. Non solo perché si è risolto il problema delle infrastrutture e perché è arrivata l’approvazione del BIE, ma, credo, soprattutto, perché è iniziata una nuova stagione di responsabilità sociale complessiva: la responsabilità di collaborare a riempire di contenuti le strutture.
Si tratta di una stagione nelle quale finalmente possiamo compiere il passo decisivo che attendiamo da decenni: il passaggio dalla protesta alla proposta. Ed a proposte di ampio respiro, capaci di costruire un nuovo sviluppo etico ed estetico e non strumentali a qualche interesse ed a qualche ideologia.

L’obiettivo di questa lettera è quello di iniziare a interpretare questa responsabilità con una proposta concreta “di sistema”.

lunedì 18 ottobre 2010

Ma perché non governano i tecnici?


Olivier Blanchard, il Direttore della Ricerca del Fondo Monetario Internazionale, un supertecnico, oggi (18 ottobre 2010) su Affari e Finanza: Quattro ricette per riequilibrare l’economia.
A lui queste ricette sembrano evidenti ed efficaci, ma, se lo sono, perché non vengono messe in atto subito? C’è forse qualche incosciente che ha interesse a perpetuare la crisi? Se sono efficaci, perché non si fanno governare i tecnici che, loro sì, sanno come vanno le cose?
La mia riposta è duplice. Per ragioni di contenuto e di processo.

Per ragioni di contenuto: le ricette dei tecnici sono sbagliate. Come lo è quella del supertecnico Blanchard.



martedì 12 ottobre 2010

I Nobel per l'economia ... una prima impressione


Ho letto l’articolo di Krugman sul Sole di oggi 12 ottobre 2010 e, poi, ho dato una furtiva occhiata ai lavori dei tre premiati. Si, anche alle equazioni. Mi sembra doveroso farlo …
Occhiata furtiva, ma alcune osservazioni mi sembra di poterle fare. Se qualcuno, che ha dato una occhiata meno furtiva, riesce ad approfondire le mie ipotesi  (anche smentendole, se del caso), gliene sarò gratissimo. Ma sarò, ovviamente, grato anche a chiunque altro fornisca qualsiasi contributo.
La mia impressione è che tutta questa classe di modelli ruoti intorno a due parole “Optimization” e “Equilibrium”. Se questa impressione è vera, allora si tratta di modelli completamente inutili. E, se osannati, fuorvianti.
Noi non dobbiamo cercare né equilibri, né ottimizzazioni nella presente economia. Noi dobbiamo costruire una nuova economia in una nuova società. In questa nuova società ci dovrà essere non piena occupazione, ma piena vita. Tutti saranno indispensabili nel costruire questa nuova società… Il lettore non mi consideri romantico. Ma solo realista: non funziona più una società fondata su di una visione primitiva del mondo dove si spezzano gli ambiti di vita: l’economico e il resto. Occorre ripensare al senso del fare impresa, al senso della moneta, a tutti i valori che cerchiamo di perseguire e non riusciamo a farlo …
Sì, mi rendo conto, il discorso è troppo complesso per riassumerlo in poche battute. Ma il lettore può scaricarsi il mio volumetto: “Un Expo della conoscenza per costruire una nuova società”. Qualche idea meno provvisoria su questi temi la trova.

domenica 10 ottobre 2010

Scartabellando libri ed arrabbiandosi …

Si dice il peccato, ma non il peccatore. Titolo del libro “SOS economia ovvero la crisi spiegata ai comuni mortali”.
Il peccato: è una truffa! L’autore subdolamente dichiara che della crisi si conosce tutto. Poi fa intendere che se ne conoscono anche i rimedi, ma ci sono i governanti del mondo ottusi o banditi che non vogliono metterli in atto. Se poi il titolo non fosse da prendere sul serio (è un banale escamotage di marketing), allora le cose
starebbero anche peggio: veniamo giudicati, noi che lo acquistiamo, ingenui fresconi. Lascio stare questa interpretazione, che mi farebbe arrabbiare ancora di più e provo a descrivere l’arrabbiatura "normale” che mi suscita questo titolo preso sul serio.
Il titolo è una truffa perché la scienza economica attuale non è in grandi di individuare le cause della crisi. E, tanto meno, è in grado di trovarne soluzioni. Lo status epistemologico e algoritmico della economia è veramente banale e supponente. Tutto qui! E’ gravissimo perché, invece di esortare ad un grande sforzo di ricerca per rifondare la scienza economica, spinge a gridare l’eterno “Piove Governo ladro” che è la summa di tutti gli atteggiamenti di sciocco individualismo che impedisce ogni sforzo di sviluppo.

martedì 5 ottobre 2010

Un vera agenda … ma da presentare a chi?

Articolo di fondo de Il Sole 24 Ore di oggi (5 ottobre 2010), a firma Alberto Orioli. Titolo: "La vera agenda che serve al paese". Con una sintesi sopra il titolo: “Competitività”.
Leggiamo l’agenda che l’Autore riferisce essere quella formulata dalle associazioni imprenditoriali riunite ieri all’ABI: misure per sbloccare le infrastrutture, prorogare gli ammortizzatori sociali, detassare ulteriormente lo straordinario, dare più certezze previdenziali ai lavoratori in mobilità.
L’autore supporta questa agenda e dichiara anche che essa serve a risolvere il problema dei cassaintegrati, valorizzare le migliori risorse imprenditoriali, gli sforzi delle associazioni imprenditoriali …
E come si fa a non commentare?

mercoledì 29 settembre 2010

Una campagna elettorale “virtuale”. Chi ci sta?


Cambiare il modo di fare politica. Tutti lo dicono. Ma se si guarda bene alle proposte di cambiamento della politica, esse si riassumono in una sola: mettete chi sta all’opposizione al posto di quelli che governano. Non si avanzano nuovi modelli di economia, di società di conoscenza, né si indica un percorso per farli emergere.
La politica è e rimane, anche ufficialmente, una competizione continua. Soprattutto la campagna elettorale. Ho letto stamattina che i tre candidati alle primarie del PD fanno proprio come fa ogni impresa che vuole competere (secondo me anche le imprese dovrebbero smetterla con questa smania di competere): preparano la squadra per gestire la contesa elettorale, scelgono il modo di finanziare questa battaglia, scelgono l’agenzia di comunicazione.
La competizione continua a spegnere la progettualità, cioè il tipo di cosa di cui abbiamo più bisogno. Una progettualità capace di immaginare una nuova economia, in una nuova società attraverso una nuova visione del mondo. Una progettualità sociale, perché si trova il modo di far partecipare tutti a immaginare la città o lo Stato del futuro.
Se si vuole, rimane la minuscola progettualità dei cosiddetti creativi, una progettualità che ha come obiettivo il discredito dell’avversario.
Per evitare tutto questo avanzo, una proposta: una campagna elettorale virtuale.

giovedì 23 settembre 2010

Ed allora parliamo del fare banca al futuro: una prima domanda


Partiamo da un dato reso noto dall’ABI ieri e pubblicato su Il Sole 24 Ore di oggi (23 settembre 2010): l’aumento delle sofferenze, cioè il peggioramento della qualità del credito.

Riporta il giornale che le sofferenze bancarie ammontano a 70 miliardi di Euro. Ricordiamo che questa cifra corrisponde a 140.000 miliardi di lire, ad una ventina di finanziarie “normali”. E’ una cifra che sembra a tutti astronomica, ma va valutata facendosi una domanda: le banche se le possono permettere queste sofferenze? Leggiamo un altro dato: il rapporto tra sofferenze lorde e impieghi è arrivato al 4% (mentre era al 2,3% a novembre). Ma quante sono le sofferenze rispetto al patrimonio netto delle banche che stanno manifestando queste sofferenze? Detto più brutalmente: queste sofferenze vanno solo a ridurre il patrimonio netto delle banche oppure sono superiori? Non conosco la risposta precisa a questa domanda (credo la si possa trovare facilmente, lo farò), ma so che il patrimonio delle banche non è che una percentuale molto bassa dei soldi che prestano (gli impieghi). Il 4% di sofferenze è un colpo importante al patrimonio netto del sistema. Se non lo dimezza, ci manca poco.

Questo dato inizia a rendere evidente che la recente e non finita crisi finanziaria non sia nulla al confronto della prossima futura crisi delle sofferenze, che sarà frutto della crisi di un sistema economico che, invece di rinnovarsi completamente, pensa solo a cercare di funzionare meglio, alla ricerca di una impossibile duratura competitività. Non dettaglio questa mia tesi perché di essa ho parlato a lungo su questo blog. E su questo blog pubblicherò un documento che riporta i vari post che ho scritto su questo tema.

Credo che questo dato (l’aumento delle sofferenze) chiami noi tutti i cittadini, molto più della vicenda di Profumo e di Unicredit, a parlare del futuro del sistema bancario perché nella sostanza, ne siamo tutti azionisti. E siamo azionisti che stanno perdendo parte del patrimonio.

mercoledì 22 settembre 2010

Perchè parlare di Profumo e non

… e non del fare banca?
Sto leggendo i tre maggiori giornali italiani (Il Sole, il Corriere e Repubblica) e le interpretazioni ruotano tutte intorno al discorso del potere. Direttamente o indirettamente. Forse anche perché parlare del potere e dei retroscena che stanno dietro alle battaglie di potere è intrigante, fa sentire importanti. E’ come se improvvisamente, per tutti, si aprisse un proprio (piccolo) spazio di auto rappresentazione …
Io non so se il Board di Unicredit abbia davvero deciso di avere obiettivi di potere sulla banca, ma dalla lettura dei giornali, si direbbe di sì.
Vedo, insomma , imperare in ogni dove il riferimento al potere. Ed allora  mi sembra che una cosa occorra dirla forte: oggi non possiamo più guardare, parlare decidere sul futuro del sistema bancario con la logica, la cultura, l’aspirazione al potere.

lunedì 20 settembre 2010

Ripartiamo verso una nuova società


Lo so! Il dire “ripartiamo” significa comunicare che ci si era fermati. Ma è inutile fingere: così è stato.
Anche giovedì sera abbiamo avuto un segnale di questa “sosta” nell’impegno: abbiamo invitato le 172 persone del Gruppo di Facebook sull’Expo della conoscenza ad un aperitivo per comunicare la volontà di ripartenza e chiedere collaborazione creativa e responsabile verso la costruzione di una nuova società, ma praticamente non è venuto nessuno.
Allora nessuno vuole ripartire? A nessuno interessa il percorso verso la costruzione di una nuova società? Non credo. Anche perché, mentre nessuno partecipa attivamente al gruppo di Facebook, questo gruppo cresce: altre cinque persone si sono aggiunte negli utlimi cinque giorni.
Siamo, allora, di fronte a segnali contrastanti …
Provo una interpretazione: esiste una voglia di un altro mondo. E’ profonda, ma è confusa. Certo  non è ancora così forte da scatenare impegno responsabile e creativo …
Se questa interpretazione è corretta, allora esiste davvero uno spazio per una nuova ripartenza. Forse, addirittura, la ripartenza sarà una costante del nostro cammino futuro perché indica che ogni passo evidenzia la necessità di un ulteriore salto di qualità dell’impegno …
Ripartenza, dunque, ma come?
Inizio con l’indicare le attività che intendiamo avviare con, attraverso questo blog.

venerdì 10 settembre 2010

Aperitivo a Milano, Giovedì 16 Settembre

Cari amici che avete aderito al Gruppo di Facebook Expo della conoscenza, 
crediamo sia il momento di dire “vedo”… sgranocchiando e bevendo in compagnia …

Partiamo dai fatti
Abbiamo avviato (è emerso) un gruppo sull’Expo della conoscenza che, nel momento in cui scriviamo ( 2 settembre 2010) è arrivato, attraverso una crescita continua, a 167 partecipanti. Lentamente, è aumentato di numero anche durante le vacanze, cioè in quel periodo nel quale, si dice, si chiudano le saracinesche sulla vita di tutti i giorni. E ci si apra a quella dimensione virtuale che viene chiamata divertimento, l’unico luogo dove si
riescono a vivere emozioni forti, intense che fanno sentire vivi. Una inevitabile ricompensa, contrappasso ad una vita di tutti i giorni opaca, faticosa, quando non opprimente. Allora questo gruppo ha intercettato una qualche esigenza profonda.
 Milano, Giovedì 16 Settembre dalle ore 19:00


Questo nostro gruppo si è radunato intorno ad una proposta particolarmente “strana”: vogliamo uscire dalla crisi esistenziale, economica, sociale, politica, istituzionale e culturale che, in forme diverse, ma senza esclusioni ci riguarda tutti? Bene, allora organizziamo un Expo della conoscenza. L’organizzare un Expo della conoscenza può servire anche a riprendere le fila di quella avventura che si sta sbrindellando ogni giorno di più, che è l’Expo 2015. Proposta evidentemente strana. Anzi, apparentemente insensata: diventiamo più felici e più ricchi in una natura non più devastata, parlando di conoscenza?

I fatti precedenti non sono banali, anzi, secondo noi, contengono una realtà sociale nuova: sta montando, in molti interstizi della società, una nuova voglia di cambiare il mondo. Meglio: di assumersi la responsabilità di costruire un nuovo mondo. E’ una voglia ancora in nuce. Quindi, anche confusa, altalenante. Alla quale si cerca di resistere perché appare troppo trasgressiva (trasgredisci lo stereotipo del nuovo individualismo un po’ menefreghista e cinico che ci sembra quasi un dovere indossare). Ma è irresistibile.

Allora non possiamo rimanere inerti. Questo Expo della conoscenza va realizzato davvero: come servizio alla società, perché oggi è questa l’unica proposta concreta e complessiva disponibile per provare ad uscire dalla crisi esistenziale, economica, sociale, politica, istituzionale e culturale che, in forme diverse, ma senza esclusioni ci riguarda davvero tutti.  Ma va realizzato anche come atto di profondo egoismo. Non il banale egoismo cinico di moda, ma il profondo egoismo esistenziale che ci porta alla ricerca di una autorealizzazione profonda. Noi crediamo che l’impegno a realizzare una proposta che vuole costruire un nuovo mondo sia la modalità per costruire questa autorealizzazione profonda, che è l’aspirazione, forse nascosta, ma fondamentale di tutte le persone. Detto diversamente, noi crediamo che questo tipo di impegno riesca a cambiare anche la qualità profonda della vita delle persone. Banalmente perché esse riescono a diventare protagoniste del futuro, a costruirlo e non a subirlo, come accade oggi. Forse più profondamente, perché, con questo nuovo impegno, si riesce a ricostruire quella pienezza del vivere che la società di oggi ci impedisce di realizzare, costringendoci  a vivere una vita spezzettata in tanti momenti singoli e separati, nei quali ci sentiamo stretti e dai quali voglia scappare. Ma oggi possiamo farlo sono scappando da una prigione per finire in un’altra che sembra dorata solo per quel brevissimo respiro di tempo che serve a chiuderne la saracinesche.

Sintesi: crediamo davvero sia il momento di dire “vedo”. E non solo nel piccolo poker della vicenda del nostro gruppo. Ma anche nel grande poker della vita che proprio il nostro gruppo intende giocare in modo nuovo e vincere senza sconfitti.
Concretezza: vi invitiamo ad un aperitivo informale (un incontro in presenza, per usare il linguaggio della rete, un Happy Hour, per usare un linguaggio alla moda) nel quale, innanzitutto, stringerci le mani e guardarci negli occhi. E, poi, cercare di esplorare come davvero possiamo lavorare per realizzare davvero questo Expo della conoscenza.
L’aperitivo, sarà offerto da CSE-Crescendo, a

Milano, Giovedì 16 Settembre dalle ore 19:00
Due chiacchiere tra 167 persone e tutti i loro amici
che vogliono costruire un nuovo mondo
attraverso una nuova conoscenza
L’invito è rivolto a tutti i Partecipanti al gruppo di facebook “Expo della conoscenza”, ma è rivolto anche a tutti coloro che essi vorranno invitare.

giovedì 29 luglio 2010

Jamad e il Bramino, forse tutti noi…


C’era una volta un Bramino, un sacerdote dell'India, che celebrava cerimonie religiose nei pressi di un piccolo villaggio Indiano. Un giorno era molto preoccupato perchè Jamad, uno dei sui discepoli più brillanti, da tempo non veniva più a fargli visita al tempio e non si dedicava alla lettura dei testi sacri.Decise così di andare personalmente a fargli visita. Lo trovò nel bosco, intento a spaccare la legna e gli chiese il motivo della sua lunga assenza dagli studi e dalle preghiere. Jamad rispose: "Caro Bramino, ho una notizia tanto bella da darvi: ho chiesto in sposa una giovane donna e intendo sposarla".
Il Bramino se ne rallegrò e gli disse: "Bravo Jamad, sono contento per te. Ma perché questo ti impedisce di proseguire i tuoi studi, di dedicarti alla conoscenza?".

mercoledì 21 luglio 2010

Expo 2015: un nuovo appuntamento, un nuovo contributo

Noi insistiamo. Non parliamo di infrastrutture, né di persone. Noi insistiamo a parlare di contenuti. Vox clamans in deserto? No! E’ nostro dovere trovare il modo di farci ascoltare da tutti coloro che sono in altre faccende affaccendati. E convincerli che devono, qualche volta, per un sospiro del loro tempo, smettere, ma proprio un attimo, di pensare alle mura e rivolgere la loro attenzione al contenuto delle mura. In modo che l’Expo 2015 non sia solo un luogo visitato, ma sia un Evento che nasce da un cammino di sviluppo già avviato, che racconta, rilancia questo sviluppo iniziato, che continua a costruire sviluppo dopo che l’Evento si è concluso.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.