domenica 27 marzo 2016

Costretti a guardare solo dietro la Gioconda

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC

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Dietro l’immagine di Monna Lisa vi è un paesaggio “bicolore”: nella parte bassa prevalgono i toni giallo-marroni, nella parte alta i toni dell’azzurro. Ma il quadro è Monna Lisa.
Bene immaginate che un popolo alieno riceva del quadro solo un piccolo pezzo di paesaggio. E un pezzo tutto all’interno di una delle aree di colore. Credete che possano dedurre che è un quadro che ha come protagonista una donna dall’enigmatico sorriso?
Ovviamente no!  La loro visione sarebbe troppo limitata.

Su “La lettura” di oggi Stefano Bucci parla di una mostra di design curata alla triennale da Andrea Barzi e Kenya Hara.
La filosofia della mostra è spiegata da un virgolettato di Andrea Barzi: “L’uomo procede oramai per tentativi, ogni invenzione avviene per caso o per semplice istinto di sopravvivenza, esattamente come è successo per il fuoco o la ruota, per questo mi piace parlare di nuova preistoria.” E’ una mostra che espone cento oggetti, anche belli, ma comunque tra loro scollegati.”
Perché sappiamo solo costruire piccole innovazioni locali?

Perché siamo alieni alla conoscenza e alla storia che l’ha generata. Vediamo solo piccoli paesaggi del mondo che ci circonda. E non riusciamo a immaginare un nuovo mondo. Non riusciamo a vedere e dipingere Gioconde. Solo piccoli sprazzi di nuovi mondi, ma senza saperli collegare in una nuova storia del futuro.

I nostri guai, come scrivevo nel post precedente, sono figli di visioni ristrette e ideologiche. Sono guai seri, ma il rimedio è chiaro: le classi dirigenti devono dotarsi di nuove risorse cognitive. Devono riprendere i sentieri della storia e della conoscenza. Per non rimanere alieni che inciampano in capolavori senza accorgersi che siano tali. E senza desiderare di dipingerne altri.


mercoledì 23 marzo 2016

Brigate rosse e ISIS: le stesse dinamiche

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC

Mi rendo conto che sto proponendo una tesi “non ortodossa”. Ma rischiare nuove analisi e nuove proposte è molto meglio che immergersi in una retorica stantia.

Come sono nate le Brigate rosse? Da un terreno fecondo: il modello di società che era stato costruito nel dopoguerra veniva sempre più assolutizzato. Ma proprio questa assolutizzazione gli faceva perdere di senso. In sostanza: proponeva benessere al prezzo di un annullamento identitario nel lavoro.

In questo perdere di senso di un modello sociale sono emersi attori sociali che si sono rifiutati di accettare questa deriva.
Il sistema cognitivo di questi contestatori era, però, troppo povero per riuscire a passare dalla protesta alla proposta. E le imprese e lo Stato non sono riusciti a cogliere il degenerare del modello di società e l’esigenza di nuove proposte.
Allora il conflitto è deflagrato intenso. Lo ha aggravato la difesa dei nostri valori. L’ha risolto il processo spontaneo di emersione di una nuova società che ha rivelato l’assurdità sia della difesa che dell’attacco.

Oggi si stanno sviluppando le stesse dinamiche. Esiste la società occidentale che non vuole rendersi conto che è stata certamente grande, ma oggi sta perdendo di senso. Esiste chi vuole combattere la società industriale usando sistemi cognitivi del tutto insufficienti. Non manca neppure la retica dei valori, anche se tanto più li sentono, tanto  più ne appare la retoricità. Come la “democrazia”: un concetto che oramai è come il “tempo” per Sant’Agostino. Sai cosa è quando non te lo chiedi. Appena ti chiedi cosa sia il tempo, ti accorci che non lo sai.

Cosa fare? Il problema sarà certamente risolto dall’emergere spontaneo di una nuova società. Ma se attendiamo che questo accada il costo sarà una serie di tragedie molto più drammatiche di quelle generate dalla Brigate rosse sembra.

Allora occorre attivare una nuova progettualità sociale per avviare consapevolmente e l più velocemente possibile l’emergere della nuova e necessaria società.

sabato 19 marzo 2016

Un accordo a cui non crede nessuno

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC

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Mi riferisco all’accordo con la Turchia per gestire i migranti.
Adriana Cerretelli sul Sole spiega bene che è di difficilissima applicazione.
Anche alcuni Capi di Governo sono in cuor loro scettici.
Ma, allora, perché lo si è fatto?
Perché non si poteva non farne uno. Ed è uscito l’unico possibile. Che poi non funziona, lo si vedrà. Per ora possiamo dire che un accordo con la Turchia è stato raggiuto.
Ma che strane dinamiche: prevale il fatto di accordarsi rispetto ai contenuti dell’accordo.
Strane? No! Scientificamente spiegate: in ogni gruppo umano chiuso l’output è l’espressione delle dinamiche interne. Poiché è frutto di dinamiche interne non ha alcun legame con la realtà esterna al gruppo. Se, visto dall’esterno non appare assurdo è semplicemente un caso.
A dimostrazione della correttezza di questa analisi sta il fato che chi lo ha sottoscritto, appena è uscito dal gruppo dei decisori, ha colto quelle problematicità che stando dentro al gruppo non avete visto o sacrificato all’accordo.
Conclusione: non è con riunioni di vertice che si può progettare il futuro. Riunioni di vertice hanno l’obiettivo di conservare i gruppo di coloro che vi partecipano.


domenica 13 marzo 2016

E se ci vergognassimo?

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC

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Un’immagine meno drammatica di quella del bambino morto sulla battigia, ma forse più concretamente capace di scardinare egoismi. Il Corriere di oggi: la foto di un papà ed una mamma che fuori da una tenda di un campo improvvisato di profughi lavano la loro piccolissima bambina con una bottiglietta di acqua minerale.
Di fronte all’immagine del piccolo morto si diceva: faremo in modo che non accada più. E, poi, si poteva tornare a combattere i propri nemici politici perché solo quella la strada si riusciva a vedere per far sì che “non accada più”. Naturalmente il combattere i propri nemici è una strada del tutto inefficace. Ma il bambino morto non poteva rinfacciarcelo.
Di fronte alla vita di quella bambina le cose sono diverse. Dobbiamo far si che, a partire da domani lei, come simbolo di tutti i milioni di profughi, non debba più vivere in questo modo. Ponendo le cose in questo modo diventa subito sterile pensare che per risolvere questo dramma occorra prima sconfiggere i propri nemici politici.
Ma io sto già dando il mio contributo nella mia vita attuale, mi si può rispondere. Ecco dobbiamo renderci conto che è un alibi. Noi tutti i giorni stiamo, in realtà perpetuando il modello sociale che crea questi drammi.
Allora dobbiamo prendere il mitra? Dobbiamo rivoluzionare la nostra vita? No! Dobbiamo solo prendere la conoscenza. Dobbiamo arricchire il nostro lavoro di conoscenze e progettualità nuove. Dobbiamo dare un contributo concreto alla progettualità del futuro.
E’ ancora più difficile che fare gesti eclatanti. E’ più difficile perché dobbiamo liberare noi stessi dalle nostre incrostazioni cognitive che ci fanno diventare agenti di conservazione. Agenti che si consolano del fatto di aver donato quella bottiglietta di acqua minerale.


giovedì 10 marzo 2016

Che tristezza aver ragione …

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC

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E che tristezza non essere ascoltati.
Visti gli attuali segnali sull’andamento del PIL comunicati dall’ISTAT, mi permetto di riproporre un post di ben otto anni fa dove si diceva esplicitamente che l’attuale economia non poteva riprendersi. E in questi successivi anni non si è ripresa: solo qualche contingente rimbalzo. Dove si diceva anche che era necessario progettarne un’altra. E si indicava come provarci.
Ecco il testo, riproposto integralmente… e un invito alla classe dirigente: perché non prova a dare una occhiata al libro che abbiamo costruito e che proponiamo nello spazio accanto a questo post? Contiene la traduzione (fatta da Lorenzo e Luciano Martinoli) di un libro che illustra il pensiero di un sociologo tedesco: Nicklas Luhmann. Il suo pensiero viene snobbato perché troppo difficile, ma descrive cosa sta accadendo .. in modo inevitabilmente non semplice, in un mondo complesso. In quel libro vi è una mia appendice che cerca di “utilizzare" il pensiero di Luhmann per poter agire dopo aver capito.
“Leggo sul Sole 24 Ore di oggi (2 dicembre 2008), a firma Carlo Basastin, un pregevole articolo dal titolo La fiducia e il costo delle riforme.
Mi ha colpito molto una affermazione, quasi una certezza, che a me sembra proprio sbagliata. E se è sbagliata rende problematiche tutte le osservazioni (non mi sembra vi siano proposte) e le esortazioni al Governo presenti nell’articolo. Come quando togliete una pietra angolare …
L’affermazione è  “Anche gli scenari peggiori contano in una ripresa globale nell’arco di 6-16 mesi.”.
Beh una prima cosa da dire è che previsioni di questo tipo lasciano perplessi. Hanno una variabilità così rilevante (16 mesi sono quasi tre volte 6 mesi) che è come se, quando andate a comprare le scarpe, dite al commesso che avete un numero tra il 32 e circa il 90. Francamente: di una previsione di questo tipo non ce ne facciamo quasi nulla.
Ma la domanda più importante è un’altra.
Si prevede, sia pure con una incertezza quasi esiziale, la ripresa dell’economia, ma: di quale economia?
Se la risposta è: di questa economia, allora è una risposta completamente errata.
La ripresa di questa economia non vi sarà. Le ragioni sono sostanzialmente due … Più tante altre …

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.