martedì 31 gennaio 2012

Meno male che c’è un Governo non eletto????


di
Francesco Zanotti


Sto sentendo su La7 Concita De Gregorio che dialoga con il Ministro Fornero. Meglio: ho sentito un pezzo del ragionare della Signora De Gregorio e mi sono precipitato a scrivere …Ecco il ragionare (riporto a memoria): Signor Ministro, lei rappresenta un Governo che non è nato da una elezione. Quindi è un Governo che non deve rendere conto ad elettori che non ha. Questo significa che si tratta di un governo che può permettersi di pensare non ai prossimi tre mesi, ma ai prossimi trent’anni …”.Signori, di qualunque parte politica, vi rendete conto che questa Signora ha detto che la democrazia parlamentare è una iattura ed è necessario un governo di tecnici che non risponde al popolo? E’ un attacco alla sovranità popolare…Io sono convinto che la democrazia rappresentativa non funzioni in una società complessa. Ma non propongo di sostituirla con un Governo tecnico che si fonda su una tecnicalità che non esiste. Propongo, invece, di sostituire la democrazia rappresentativa con una democrazia totale, resa disponibile dalle tecnologie e dalle metodologie di creazione sociale di conoscenza … E il Ministro? Beh … annuiva! Come la monaca di Monza. Dice il Manzoni (cito a memoria): e la sciagurata rispose …

lunedì 30 gennaio 2012

E se cercassimo di cavalcare asini che volano nel tempo?


di
Francesco Zanotti

Così superiamo d’un balzo il periodo di crisi e potremmo farci lasciare dagli asini in un tempo dove lo sviluppo è rigoglioso …
Ho scritto una sciocchezza, ovviamente. Ma, anche se non può essere una strategia di sviluppo (usare asini che volano), però mi sembra una buona metafora di quanto sta accadendo. Stiamo tentando di superare la crisi con strategie che sono altrettanto… impossibili.

La prima banale riflessione è che ascoltiamo cose contraddittorie senza reagire. Una sola citazione. Non si può sostenere, contemporaneamente, che ora tocca all’Europa fare la sua parte e che, se questo non accade, la crisi non si risolve e, poi, sentire un ministro (Catricalà) dichiarare bel bello che le “liberalizzazioni” porteranno, da sole, in due anni ad un aumento di 1,5% del PIL. Porteranno ad un aumento del PIL anche se l’Europa non fa nulla? Per esempio anche se l’Europa non sculaccia più forte di noi quei poteri forti che sono contro tutti noi .. Forse anche contro se stessi?
Aspettando Godot ... la commedia dell’assurdo …

Una riflessione più profonda...

venerdì 27 gennaio 2012

Ma fa così paura la conoscenza?


di
Francesco Zanotti

Oramai credo sia chiaro a tutti che stiamo assistendo alla lunga agonia di un intero modello economico e sociale e che dobbiamo immaginarcene un altro.
Altrettanto chiaro è che non stiamo immaginando alcunchè. Cerchiamo di conservare. Non sono certo liberalizzazioni sostanzialmente ideologiche che sostituiranno una progettualità che non vogliamo avere.
Facciamo qualche esempio.
Le dichiarazioni di Domenico Siniscalco, Presidente di Assogestioni riportate nell'articolo “Il clima sta cambiando” pubblicato sul Sole 24 Ore di oggi, 27 gennaio 2012. Se poi leggete l’articolo è tutto uno stare alla finestra. Se cambierà qui, se cambierà là … Questa non è progettualità strategica. Non è ridisegnare il business del risparmio gestito, come è assolutamente necessario fare collocando, ad esempio, il risparmio più vicino agli investimenti nello sviluppo dei nostri territori. Non necessariamente uno sviluppo industriale. E perché non si cerca di ridisegnare questo business? Perché si è perso il coraggio dell’imprenditore che crea mondi. E perché non si hanno neanche le conoscenze che sarebbero necessarie per sviluppare progetti strategici oggi. Sto parlando delle conoscenze di strategia d’impresa (e della teoria dei sistemi che sta alla sua base) …

martedì 24 gennaio 2012

“Parti sociali”: la conoscenza questa sconosciuta


di
Francesco Zanotti

Post brevissimo. Il dialogo tra il Governo e le "parti sociali": tante e inc … Ma è così disdicevole che il Governo e gli opinionisti provino a informarsi su cosa si conosce delle dinamiche di sviluppo degli Attori Sociali e come è possibile governare queste dinamiche?
Per cominciare: non sono parti che negoziano interessi. Sono Attori che cercano auto realizzazione. Continuando: il loro processo di sviluppo è caratterizzato da una crescita auto poietica e da una inevitabile degenerazione autoreferenziale che porta a scontri ideologici. Questa dinamica può essere gestita solo con un coinvolgimento progettuale profondo che non ha nulla a che fare con la concertazione …
Ma che volete che interessi ad un Attore sociale come il Governo tecnico che è istituzionalmente autoreferenziale? Che volete che interessi ad opinionisti che sono altrettanto auto referenziali, tanto da considerare scandaloso ammettere che esistono conoscenze che sono loro sconosciute?

domenica 22 gennaio 2012

Nuovi amici …


di
Francesco Zanotti

Spesso, non lo neghiamo, abbiamo la sensazione di essere davvero una “Vox (povera ed umile) clamans in deserto”. Ma guardandoci intorno stiamo scoprendo che, in realtà, esistono altre voci che raccontano “Storie” molto simili alle nostre. Allora diventiamo “Voces” che a questo punto non si ritrovano intorno il deserto, ma cominciano a costruire comunità di futuro.

Oggi volevo presentare una di queste voci. Un gruppo di persone che ha radunato intorno a sé Alessandro Aleotti e che descrivo attraverso le parole stesse di Alessandro.
“In questa fase politica ed economica così decisiva per l’Italia, mi è parso utile, insieme ai giovani ricercatori che collaborano con me nel gruppo Milania, scrivere un saggio sulla questione economica che cercasse di decostruire le principali retoriche che si frappongono a ogni disegno di reale cambiamento nel Paese.
L’obiettivo di questo sforzo ...
è costruire una community pensante che si confronti con l’agenda politica ed economica del Paese, senza restare schiacciata dal pensiero mainstream che vediamo quotidianamente riportato sui media. Terminata l’esperienza del governo Monti, infatti, il gioco politico ritornerà a prevalere e sono convinto che l’emersione di nuove chiavi di lettura sia assolutamente essenziale. Il lavoro verrà pubblicato “a puntate”, un capitolo ogni venerdì, a partire dal 20 gennaio sul sito www.nuovocontrattoitalia.blogspot.com e ovviamente sarà finalizzato a una discussione pubblica”.
Alessandro usa un linguaggio diverso dal mio, parte da riferimenti culturali diversi dai miei. Ma il risultato è sorprendentemente in sintonia. Se ci sbagliamo, almeno ci sbagliamo in due …
Riporto solo qualche concetto, ricavato dal lavoro di Alessandro, che mi sembra chiave e rimando il nostro lettore al blog di Alessandro …
Il suo punto di partenza è costituito da due convinzioni: il venire meno della statualità e la rottura dell’attuale contratto sociale.
Si propone l’obiettivo di far dialgare il nostro pieno «locale» con le trasformazioni in atto sullo scenario globale.
Contesta la pretesa del capitalismo novecentesco di essere un “recipiente globale”.
Sostine che la crisi attuale, in realtà, ci sta indicando il sentiero delle trasformazioni in atto.
Lancia la sfida dei beni e servizi del terzo millennio … E molto altro.

venerdì 20 gennaio 2012

Turbolenza progettuale per costruire un nuovo sviluppo


di
Francesco Zanotti

Stamattina su Finanza e Mercati del Sole 24 Ore leggo del settore High Tech negli Usa. Settore in turbolenza progettuale e redditivo.
Guardo all’Italia e vedo il settore High Tech assolutamente marginale perché non ha mai avuto turbolenza progettuale. Anzi, vedo pochissimi settori in turbolenza progettuale. Ah … senza turbolenza progettuale (aggiungo: diffusa) nessun settore economico decolla. La turbolenza progettuale è inutile solo per le burocrazie.
Guardo all’Italia e vedo che stiamo cercando di liberalizzare. Ma, al massimo, questa è una precondizione (forse necessaria, ma non sufficiente) per generare turbolenza progettuale nei settori dei servizi tradizionali. Non è neanche una precondizione per ridare turbolenza progettuale all’industria. Al massimo è un aiuto per le strategie di prezzo, ma con le strategie di prezzo non si va lontani. Nel caso di un sistema industriale di una qualunque nazione occidentale, con le strategie di prezzo non si parte neanche.
Guardo al mondo e vedo pochi settori in cui vi è una forte turbolenza progettuale: rimane nascosta in piccole nicchie tecnologicamente e sociologicamente specialistiche che rischiano di spegnersi velocemente.
Guardando all’Italia ed al mondo mi vien qualche idea per rilanciare una straordinaria turbolenza progettuale in Italia ed far diventare l’Italia leader in un meta settore economico che serve come motore di sviluppo di tutti gli altri.

L’Expo della Conoscenza di cui tanto parliamo è una strategia ed una azione (e già qui è una novità: un strategia che indica anche cose da fare molto precise). Esso vuole creare un luogo di raccolta e sviluppo della nuova conoscenza che si è sviluppata negli ultimi due secoli e che rimane nascosta in specialismi che la distruggono. Esso vuole essere un momento di confronto dei Protagonisti dello sviluppo di questa nuova conoscenza. Esso vuole coinvolgere tutti i cittadini del mondo di ogni età nello sviluppare la conoscenze del tempo prossimo venturo. Nel creare una vera e propria High Knowledge.
E’ un evento che può essere progettato ed avviato in Italia. Se ne può fare la prima edizione in Italia, ma poi si può diffondere in mille luoghi del mondo. Non ne illustro le caratteristiche perché ne ho parlato ad abundantiam in questo blog. In ogni caso, il lettore può trovarne dettagli nei documenti pubblicati sul blog, nel volumetto “Un Expo della Conoscenza per creare una nuova società”.
Ne illustro gli effetti: innanzitutto, genero una nuova alleanza di sviluppo costruita intorno alla conoscenza che coinvolge tutti i cittadini del mondo. Questo significa diffondere consapevolezza, smontare estremismi, costruire una nuova classe dirigente orientata alla conoscenza e non ad un profitto che non sa neanche più bene cosa sia.
Ma, poi, posso generare una nuova categoria di servizi: i servizi per generare turbolenza progettuale. Servizi capaci di allargare la nuova alleanza sulla conoscenza da un nuovo impegno solidale per progettare una nuova economia ed una nuova società.
In sintesi: l’Expo della Conoscenza è l’Evento/strumento capace di attivare la nascita di nuovi Rinascimenti in ogni angolo e presso ogni popolo della terra. Altro che cercare di diffondere un modello oramai semplicistico di democrazia con le armi.

Se l’Italia diventa il Motore mobilissimo del processo di avvio di un Expo della Conoscenza permanente ed itinerante nel mondo, diventa immediatamente un polo di attrazione mondiale unico. Questo valorizzerà le nostre risorse storiche ed artistiche. Ma di più, l’Italia avrà la possibilità di diventare leader nel mondo in un nuovo settore economico (un settore economico veramente rinascimentale) che sarà, davvero, il settore economico che avvierà, (rinascimentalmente) in Italia e nel mondo la nuova società della conoscenza, dell’etica e della bellezza.

lunedì 16 gennaio 2012

L’insensatezza epistemologica del Rating (sul passato)



di
Francesco Zanotti

Può sembrare strano, ma per capire l’insensatezza dei rating attuali bastano due banali considerazioni epistemologiche. Detto diversamente: è una profonda ignoranza epistemologica che sta creando i guai che stiamo subendo …
Vediamo nei dettagli …
A cosa serve il rating di un debito sovrano (o di una impresa: non cambia nulla)? Serve a prevedere se il soggetto che si indebita riuscirà ad onorare i suoi debiti ad una scadenza futura. Si tratta, insomma, di una previsione sul futuro.
Bene, per fare una previsione sul futuro, occorre disporre di una teoria che leghi alcune variabili che descrivono il presente alla capacità futura di onorare il debito. Esiste tale teoria? Ovviamente no! Ed allora di cosa stiamo parlando?
Che diavolo di “algoritmo” si usa per dichiarare che l’Italia ha la sua capacità di restituire il debito? Si usa sapienza ed esperienza? Ovviamente no, perché sono numerosi e clamorosi i fallimenti delle capacità previsionali delle agenzie di rating! Ma anche se si riuscisse davvero ad usare sapienza ed esperienza, scopriremmo che neanche quelle funzionano in ambienti a veloce e rilevante cambiamento.
Ripeto: ed allora?
Allora occorre cambiare paradigma. Per valutare la capacità di restituzione di un debitore è necessario dare un’occhiata al suo Progetto di Sviluppo. Al progetto di Sviluppo di un Sistema Paese, al progetto di Sviluppo di una banca, di una impresa. E’ necessario un Rating sulla qualità dei progetti di futuro.
Noi stiamo sviluppando un sistema di valutazione dei business plan (che sono quelli che dovrebbero contenere i progetti di futuro delle imprese. I Sistemi Paese si sentono esentati dal presentare progetti di futuro). Lo stiamo applicando alle banche che stanno chiedendo aumenti di capitale, che emettono prestiti obbligazionari. Il risultato è deludente. O, forse, drammatico. Dopo i primi sondaggi informali la risposta è: ma il business plan pubblico viene redatto pro forma. E’ un documento dovuto che nessuno legge mai. E questa risposta è più che deludente: è drammatica.

mercoledì 11 gennaio 2012

Sono tutti fisici classici. Ovvero: il rigore della conoscenza

di
Francesco Zanotti

Quello che manca alla nostra classe dirigente (soprattutto a coloro che questa classe dirigente classifica come “tecnici”) è il rigore della conoscenza.
Cosa intendo?
Intendo dire che ogni uomo pensa ed agisce in base al sistema di conoscenze di cui dispone. In particolare, in base ad una sintesi profonda di queste conoscenze che mi permetto di definire “Visione del mondo”.
Fino alla fine del secolo XIX, la visione del mondo prevalente (che poi si riverberava in tutto il conoscere) era la visione classica del mondo. “Classica” perché ispirata all’ideale di conoscere proprio della fisica classica. Da allora, molti anni sono passati sotto i ponti e non sono passati invano. Piano piano è emersa in tutte le scienze naturali ed umane una nuova visione del mondo che molti richiamano usando il termine “complessità”, ma che a me sembra più “profondo” definire “quantistica”.
Dico che alla nostra classe dirigente manca il rigore della conoscenza, perché di tutta questa rivoluzione non sanno praticamente nulla.

lunedì 9 gennaio 2012

Ripartiamo da noi





di
Francesco Zanotti




Il Governo ce la sta mettendo tutta, ma è ovvio che non basta la buona volontà. Ma loro hanno anche la conoscenza, dopo tutto sono tecnici ...
Ecco, è proprio questo che non è vero! Meglio: hanno una conoscenza che andava bene il secolo scorso, ma non in questo. Tre soli esempi.

mercoledì 4 gennaio 2012

Decisionismo, concertazione … o progettualità sociale?

di
Francesco Zanotti

Oggi, il Governo Monti si sta qualificando per volerla piantare con la concertazione ed inaugurare una nuova stagione di decisionismo, anche se molto più soft, elegante, di buone maniere rispetto a quello duro e puro della stagione di Craxi. E i commentatori dei giornali benpensanti applaudono.
E’ un insulto dire che questo approccio è sociologicamente primitivo? E, come tale, contribuisce a creare un clima di scontro?
Mi spiego.

lunedì 2 gennaio 2012

Per un nuovo sviluppo etico ed estetico


Credo che il modo migliore per iniziare un nuovo anno di proposta e dialogo con tutti coloro che seguono i nostri blog sia quello di riproporre il Manifesto dell'Associazione per l'Expo della Conoscenza. Esso inizia con una analisi diversa della situazione attuale e, poi, indica una precisa strada per costruire un nuovo sviluppo etico ed estetico.

Una analisi trasgressiva e mobilitante di una crisi complessiva
La visione oggi dominante della crisi complessiva che ci sovrasta è di tipo conservativo, lineare, quindi specialistico: i problemi attuali sarebbero generati da malfunzionamenti dei diversi attori che costituiscono una società (imprese, organizzazioni, istituzioni, mercati etc.).

Se i malfunzionamenti sono specifici e locali, allora sono necessarie strategie di “riparazione” locali e specialistiche dei “guasti”. Per “riparare” si intende: riformare le istituzioni, ristrutturare per rendere più competitive le organizzazioni, regolamentare i mercati finanziari.

E’ una visione che viene perseguita con tenacia, ma non sta riuscendo a trasformare la crisi in sviluppo. Anche quando i singoli interventi “locali” ottengono un qualche successo, si tratta di un successo effimero che crea le basi per problemi ancora più gravi.

Gli autori di questo manifesto propongono una visione radicalmente diversa della situazione che stiamo vivendo.

La comunità umana è immersa in un’intera ecologia di crisi che, da un lato, si stanno sostenendo le une le altre con intrecci multipli e non certo monodimensionali. E, dall’altro, sono tutte manifestazioni diverse di una stessa crisi complessiva: una progressiva perdita di senso della nostra società attuale e della cultura che la sostiene.
Una rivoluzione progettuale
Se una società ed una cultura stanno perdendo di senso, allora le strategie “di riparazione” (ristrutturazione, regolamentazione, ricerca della competitività etc.) sono strategie controproducenti, perché confermano, consolidano il modello sociale attuale e della sua cultura di riferimento. E, così facendo, invece di risolvere l’ecologia di crisi che ci minaccia, la nutrono, l’accelerano.

Se una società ed una cultura stanno perdendo di senso, è necessario adottare strategie completamente diverse: invece di ristrutturare è, allora, necessario “rivoluzionare”.

Per togliere ogni sapore “retro” al verbo “rivoluzionare” specifichiamo che diamo a questa parola una valenza “costruttiva”: non si tratta di distruggere il passato ed attendere che emerga, dalle macerie, un nuovo futuro. Si tratta di progettare, consapevolmente, una nuova cultura ed una nuova società.

Solo nuove conoscenze diventano nuove culture e nuove società
Da dove partire?

Per rispondere a questa domanda, basta evidenziare quali sono state le dinamiche di sviluppo della nostra società attuale: la risorsa poietica fondamentale è stata una conoscenza, per quei tempi, profondamente trasgressiva.
Infatti, l’attuale società industriale è nata da una nuova visione del rapporto tra l’uomo ed il mondo che Galileo ha suggerito nelle sue linee essenziali. Partendo da questa nuova conoscenza (di una trasgressività letteralmente “cosmica”), attraverso un processo emergente (cioè non prescritto, ma dato da un numero limitato e variabile di regole) e spontaneo, si sono generati, contemporaneamente e sinergicamente, un grande sistema di pensieri (la scienza “classica”, ontologica e specialistica), e un modello di società culturalmente coerente (la società industriale, assimilata ad una macchina).

Parallelamente si è venuto formando un ideale di Governo di tipo dirigistico-specialistico (il Governo come calcolo ottimizzante che si è concretizzato nel management prometeico e in quella particolare forma di democrazia che è la democrazia rappresentativa).

L’obiettivo perseguito (e indiscutibilmente raggiunto) dai protagonisti spontanei (scienziati ed imprenditori) di questo processo emergente è stato quello di aumentare la qualità della vita (intesa come soddisfacimento sempre più esaustivo dei bisogni “igienici”) dell’uomo cercando, coerentemente con la visione suggerita da Galileo e progressivamente arricchitasi, un dominio sempre più completo sulla Natura attraverso la costruzione (con la tecnologia resa possibile dalla scienza) di una natura artificiale che fosse più accogliente di quella naturale.

Ma tutte le nuove culture e nuove società poi si spengono
Ma, poi, è accaduto che proprio il rilevante successo della società industriale e della cultura scientifica classica che ne è contemporaneamente ispiratrice e figlia, ne abbiano decretato la progressiva perdita di significato.

Infatti, da un lato, la società industriale non soltanto ha soddisfatto i bisogni igienici dell’uomo, ma ha creato un uomo nuovo che, risolto il problema del vivere, ha cominciato a desiderare di filosofare, come suggeriva il “maestro di coloro che sanno”.
Dall’altro, nel cuore della stessa scienza classica, sono nati, in ogni singola scienza naturale o umana, modelli, metafore e linguaggi che hanno mostrato i limiti di senso e di applicabilità della stessa scienza classica.
Indipendentemente da tutto questo, la società industriale si è scontrata, e si sta scontrando sempre di più, contro i limiti fisici della natura che non può sostenere una crescita continua del tipo di produzione e consumo propri della società industriale.

Purtroppo, non si è riusciti a riconoscere questa esigenza di superamento come necessaria e, ovviamente, non si sta cercando di soddisfarla. Anzi, sembra che l’unico spazio progettuale pensabile e praticabile sia il riparare.

E’ vero che stanno aumentando i luoghi e le occasioni di dialogo progettuale, ma non si sono, finora, trovate ispirazione, parole, visione profondamente nuove a cui fare riferimento. Si sono moltiplicati i luoghi ed i mezzi di discussione, ma non le parole con cui discutere.

Ripartiamo da una nuova conoscenza
Le dinamiche di sviluppo della società industriale ci suggeriscono la strada per avviare l’emergere di una nuova società e di una nuova cultura: innanzitutto, è necessario buttare nell’agone sociale una nuova visione del rapporto tra uomo e mondo.
Si tratta di un passaggio fondamentale. Infatti, se non cambiamo i modelli, i linguaggi che usiamo, non possiamo immaginare mondi diversi. Possiamo solo rimescolare i mondi che conosciamo. Possiamo solo riparare e in nessun modo “rivoluzionare” nel senso che abbiamo precisato.

Le stesse dinamiche di sviluppo della società industriale, però, indicano una sfida ancora “misteriosa”: cosa fare per impedire che questa nuova società imbocchi una sua nuova via di spegnimento?

Per intraprendere la strada nota (ma non ancora percorsa) ed affrontare una sfida ancora misteriosa, abbiamo progettato quel cammino di costruzione collettiva che abbiamo denominato l’Expo della Conoscenza.

Far accadere un nuovo Rinascimento
I nuovi modelli, le nuove metafore, i nuovi linguaggi che sono nati nelle scienze naturali ed umane, che, forse da sempre, hanno risuonato nell’arte, nella filosofia e nelle religioni sono solo frammenti sparsi.

Allora la prima cosa da fare è organizzare un processo di raccolta e di sintesi della nuova conoscenza dispersa in una nuova visione del mondo. Non si tratta, però, di cercare un nuovo Galileo che dica, definisca che cosa è la scienza, ma di concepire approcci multipli e concettualmente dinamici capaci di acquisire coerenza, robustezza, affidabilità e consistenza che classicamente erano caratteristiche di un solo approccio considerato quello vero. La strategia non è quella di aspettare.

Una nuova visione del mondo potrà nascere solo da uno sforzo corale, da un processo di creazione sociale di un’intera comunità.

Forse è il caso di specificare che questa comunità non può e non deve essere professionale o specialistica. Non può essere partecipata solo da scienziati, intellettuali, politici o artisti. I protagonisti devono essere tutti. La responsabilità e la passione del futuro deve essere la motivazione e il collante di questa comunità.
L’obiettivo di una comunità “densa” e diffusa non è un’utopia, ma è tecnologicamente realizzabile grazie ad Internet.

A mano a mano che questa visione del mondo emergerà sarà necessario utilizzarla, incarnarla.
Innanzitutto, per approfondire le dinamiche di sviluppo dei sistemi umani. E’ vero che essi si trasformano e si sviluppano quando vengono investiti da una nuova e trasgressiva (rispetto a quella che li ha generati) conoscenza , ma come è possibile attivare consapevolmente questo processo? Come è possibile attivarlo nei diversi sistemi umani: nelle imprese, nelle organizzazioni in genere, negli attori sociali e politici, nelle istituzioni?
Ma attivare un processo di sviluppo non basta. Occorre, poi, capire come comprendere quando inizia a spegnersi, cosa fare quando si comincia a scorgere questo inizio perché i diversi sistemi umani evitino qualche loro deriva specifica di significato e riescano ad incanalare le loro risorse in una nuova fase di sviluppo.
A mano a mano che questa conoscenza emergerà sarà necessario immaginare una nuova modalità di governo dello Sviluppo. Essa sarà la metodologia chiave per realizzare davvero dense e diffuse comunità progettuali.

Da ultimo, occorrerà diffondere questa visione del mondo “incarnata” come cultura dello sviluppo. Non solo perché venga applicata, ma perché si allarghi la comunità di coloro che partecipano a questo processo di ricerca e progettazione sociale, senza soluzione di continuità di una nuova società. E, aggiungiamo, esplicitamente, di una nuova scienza.

L’Expo della Conoscenza come Evento di Progettualità Continua per costruire un nuovo sviluppo eticamente giusto ed esteticamente emozionante.
L’Expo della Conoscenza come processo di costruzione consapevole di Rinascimenti.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.