martedì 27 gennaio 2015

Previsioni: il potere della conoscenza

di
Francesco Zanotti


Di storie come quella di Bebbe Grillo ce ne sono nate tante. E tutte hanno avuto o stanno avendo la stessa fine. O delusione e disillusione o il conflitto. Oppure tutte e tre.

Le ragioni sono “sistemiche”. Sono movimenti che nascono da un grande slancio ideale. Ma questo slancio ideale non è nutrito da sufficienti risorse di conoscenza. Ed allora quando si tratta, inevitabilmente, di passare dalla protesta alla proposta, si frantumano in progetti parziali che generano conflitti e delusioni.

Non occorrerà attendere molto per vedere queste stesse dinamiche scatenarsi nel Movimento cinque Stelle. Grillo contro Casaleggio, i gruppi parlamentari spezzarsi in sottogruppi. Ed alla fine il movimento perdere di consenso
Il fatto che ci sia di mezzo Internet non fa che ampliare ed accelerare i processi. Ma non li cambia nella sostanza.

Forse il lettore non ricorda …
Ma sono frasi che ho scritto due anni fa … L’unica previsione che non si ancora avverata e la lite tra Grillo e Casaleggio. Ma date tempo al tempo.
E non sono un mago. Basta aver presente la teoria dei sistemi autopoietici. Ma si fa fatica a studiare. E tutti provano a fare senza la conoscenza. Così mettiamo in scena sempre la stessa commedia (qualche volta pura tragedia). Vogliamo smetterla di rifiutare la conoscenza?


sabato 24 gennaio 2015

QE: tesi banali … nessuna profezia

di
Francesco Zanotti


La BCE contro la Bundesbank. La prima sostiene che l’immissione di liquidità favorirà le riforme nei Paesi più deboli. La Bundesbank che accadrà il contrario: l’immissione di liquidità rallenterà il processo di riforme.
Ma perché questo riferimento alle riforme?
Perché, attraverso, le riforme si rilancia l’economia.
Allora, come prima cosa, nessuno ha spiegato il rapporto causale tra riforme e rilancio dell’economia. Quindi: si sta litigando su tesi banali, nessuna delle quali può essere verificata.
Poi guardiamoci intorno …
Ascoltiamo le grida di dolore che si alzano dal mondo. Con coraggio e profezia dobbiamo immaginare una intera nuova società E noi ci cincischiamo sul riformare le istituzioni della vecchia società.
Guardate ai popoli che stanno costruendo futuro. Non stanno a litigare sulla legge elettorale. Costruiscono le nuove opere d’arte. Forse meno intense di quelle che costruivamo noi ai tempi di Rinascimenti ed Imperi vari, ma stanno solo iniziando. Diamo loro tempo.
Dobbiamo liberarci dal torpore di una conservazione vile e profittatrice. Sia essa di destra di sinistra o di una qualunque altra direzione del passato.
Lo si può fare solo cercando una nuova conoscenza che possa essere il linguaggio delle nuove profezie che è nostro dovere costruire.



domenica 18 gennaio 2015

Perché offendere? La satira sulla nostra ignoranza

di
Francesco Zanotti


Noi l’abbiamo detto in modo certo meno autorevole, più indiretto. Ma non possiamo non far risuonare le parole del Papa: certo è essenziale la libertà di pensiero, anche quella di critica, ma non la libertà di offesa.
Soprattutto su temi così delicatamente intimi come la religione.
Io non credo che si rimedi alla tragedia del terrorismo con le offese. Le manifestazioni di questi giorni nei paesi mussulmani sono una reazione (con eccessi da condannare, ovviamente) alle offese, che ha impedito una profonda riflessione sul terrorismo proprio in quei paesi.

Poi, occorre riflettere anche su noi stessi.
Soprattutto con certe popolazioni, noi occidentali non è che siamo stati nel passato portatori di pace e benessere. Non è che il modello di società che proponiamo sia l’ideale.

Non è che la nostra cultura politica sia l’ideale.
Sebastiano Maffettone oggi sull'inserto culturale del Sole racconta come la nostra teoria politica (i comportamenti politici sono ancora più primitivi della cultura politica) abbia trascurato la tradizione orientale che, invece, può dare contributi rilevanti, come quella di Gandhi.

Non è che la nostra visione del mondo sia così avanzata: siamo rimasti alla macchina di Turing. Per di più banalizzata.

Forse sarebbe opportuna una pungente satira della nostra ignoranza.
Penso, infine, che al diritto della satira vada aggiunto il dovere della proposta.


sabato 17 gennaio 2015

Tutto a posto!

di
Francesco Zanotti


Stanno accadendo molte delle cose (alcune neanche sperate) che tutti pensano favoriscano la ripresa. Le elenco brevemente: indebolimento dell’Euro, basso prezzo del petrolio, inflazione bassa (… Ah che la si piantasse di dire che la battaglia contro l’inflazione è la mission della BCE, visti i danni fatti da Trichet), tassi bancari bassi, flessibilità nei vincoli europei, flessibilità nei rapporti di lavoro a casa nostra.
Che volete di più? Se fosse stato fatto un anno fa l’elenco delle condizioni che avrebbero favorito la ripresa queste si sarebbero citati, mai più pensando che si sarebbero potute realizzare.
Oggi ci sono tutte. Allora attendiamoci “magnifiche sorte e progressive” velocemente.
O no?
La risposta è purtroppo: no! Perché nessuna di queste cose serve a risolvere il problema di fondo: un sistema economico che sta perdendo di senso. La riprogettazione strategica delle imprese sarebbe la via da percorrere. Ma tutti cercano di fare tutto il possibile per non intraprendere questa via. Illudendosi che condizioni macroeconomiche possa supplire alla mancanza di progettualità imprenditoriale.



mercoledì 14 gennaio 2015

Dum Romae consulitur Made in Italy expugnatur

di
Cesare Sacerdoti



Da anni la nostra industria si culla sul privilegio del Made in Italy come garanzia di superiorità in qualità, stile, design ecc.; da tempo, per contro, diciamo, in queste pagine, che prima o poi tanti altri “made in” si affermeranno sul mercato mondiale e che in assenza di progetti strategici il nostro made in Italy rischia di perdere valore e di non poter più essere il fattore competitivo su cui costruire il futuro della nostra industria.

In questi giorni a Milano girano mezzi pubblici con la pubblicità del “Thai Trust Mark”: suona quasi come una beffa. Il marchio di qualità dei produttori di uno di quei Paesi che noi consideriamo come subfornitori delle nostre aziende o, peggio ancora, come produttore dei “falsi” che minacciano il nostro made in Italy.
Andando sul sito vedo che “ The THAILAND TRUST MARK is endorsed by the Department of International Trade Promotion of the Royal Thai Government” e che le aziende che possono fregiarsi del marchio sono meno di 500. 

Nulla in confronto al lungo elenco di aziende dotate di certificazione 100% made in Italy riportato dal sito dell’Istituto per la tutela dei Produttori Italiani. Tra l’altro, quanti di noi conoscono il marchio qui a fianco? 

Leggo in un articolo del 3 gennaio su www.Osservatoriomadein.it che “la Ue non si è data finora un apposito regolamento a tale riguardo, benché fosse stato proposto nel 2005 dalla Commissione di Bruxelles e debitamente approvato dal Parlamento. Ma le relative disposizioni non hanno mai trovato concreto riscontro nell'ambito del Consiglio europeo. E ciò per l'opposizione della Germania, affiancata peraltro da gran parte dei paesi del Nord” il che vuol dire che nel titolo di questo post dovrei sostituire Roma con Bruxelles, ma la sostanza non cambia. Se la strategia di sviluppo dell’economia del nostro Paese passa per il “made in Italy”, nuvole molto grigie si addensano sul nostro futuro.

martedì 13 gennaio 2015

Va bene la satira … ma non il nulla!

di
Francesco Zanotti


Va bene la satira, anche la più pungente e nei confronti di chiunque. Va bene, anzi è doverosa, la denuncia, anche la più profonda. Va bene la protesta che nasce dalla riflessione sui guai denunciati. Ma occorre dire alto e forte che non bastano.
Dobbiamo arrivare alla proposta.
E proprio sulla proposta casca l’asino.
Oggi sul Corriere vi è la foto del gruppo di Capi di Stato e di Governo, più altre autorità, che hanno sfilato a Parigi.
A parte il fatto che molti di loro sono “titolari”, come fa notare proprio il Corriere di politiche non proprio integerrime, se si giudica la prima fila di quella manifestazione dalla capacità di proposta, il giudizio è sconfortante. Sono sfilate persone che meritano la satira più feroce. Che dovrebbero essere seppellite da una risata, come termina l’ultimo libro di Toni Negri: Il Comune. Che meritano la denuncia più radicale, che dovrebbero sentire sulle loro spalle la protesta più vivace. Satira, denuncia e protesta proprio per la loro incapacità progettuale.
Ma forse c’è anche di peggio della incapacità di proposta. Sono persone che non sono neanche in grado di fare satira, denuncia e protesta.
A Parigi è sfilata la prosopopea del nulla.
Se volete rincarare la dose e misurare la pericolosità del nulla (e ascoltare una piccola proposta), il Presidente israeliano e palestinese stavano due passi di distanza e, come dice il Corriere, non si sono neanche guardati in faccia. Due uomini alti e forti si sarebbero dati la mano e il più audace avrebbe invitato l’altro in trattoria per riconoscersi figli di Abramo davanti ad un cibo per tutti e due accettabile. Magari avrebbero pensato di invitare anche il cardinale di Parigi in quella trattoria. E il motivo dell’invito sarebbe stato: anche tu ti riconosci figlio di Abramo. E i fratelli ogni tanto si devono incontrare alla stessa tavola.


domenica 11 gennaio 2015

Il problema non è la religione islamica

di
Francesco Zanotti


Mi rendo conto di intraprendere un discorso difficile, ma occorre provarci. Altrimenti rischiamo di ripetere a livello mondiale una stagione devastate di terrorismo. Essa avrà certamente una fine. Ma accadrà solo quando le tragedie generate saranno così paradossali che il terrorismo verrà prima emarginato e poi sconfitto.
Forse è meglio cercare di capire come e quando emerge il terrorismo per evitare di dover attendere immense tragedie prima di vederne la fine.
Il problema non è la religione islamica. Come ai tempi del terrorismo italiano il problema non era il comunismo. Il problema sta nell'ideologizzazione della religione. Mi spiego.
Essere religiosi significa pensare e praticare l’infinito. Significa vivere ogni giorno il confronto con un’alterità rispetto all'uomo che l’esperienza e il pensiero non riescono mai ad esaurisce. Un’alterità che, anzi, anzi, più la si pratica, più la si pensa, più si rivela inesauribile ispiratrice di altri pensieri e prassi.
Il problema inizia quando qualcuno vuole fare della religione una ideologia.
Quando si genera un modello di società concreto che viene chiamato Dio. Il considerare assoluto un modello di uomo e società non solo interrompe e corrompe l’esperienza religiosa. Ma scatena crociate contro chi vive altre esperienze religiose. Se si scambia un modello contingente di società e di uomo come assoluto, come voluto da Dio, allora è inevitabile che si cerchi di proporlo e poi imporre. Sembra che sia il proporre e l’imporre la parola di Dio. E’ da qui che nasce il terrorismo: dal pensiero ideologico. Esso elimina la fatica esistenziale dell’incontro con l’alterità di Dio e considera blasfeme le altre esperienze di dialogo con Dio. Il pensiero ideologico poi viene semplificato in qualche insieme di regolette a cui si appioppa il nome di verità, capaci di eliminare il male che sta intorno a noi. E il gioco è fatto. Il proselitismo, il terrorismo, la guerra.
Se vogliamo evitare il terrorismo dobbiamo ridimensionare il pensare ideologico.
Ridimensionare, non eliminare il pensare ideologico perché è questa modalità di pensare che costruisce e fa funzionare le macchine. E’ il modo di pensare che sta al fondo della società industriale. Non può essere eliminato perché è quello che ci ha portato al nostro attuale livello di benessere. Va, invece, ridimensionato perché non può essere usato per affrontare l’esperienza religiosa perché altrimenti la trasforma in ideologia.
Vi sono altre forme di pensiero? Ovviamente sì! Alla proposta delle nuove forme di pensiero è dedicato questo blog.
Rileggo il mio post … sarà deludente! Apparentemente non vi è sdegno, non vi è condanna. Ma forse il lettore capirà che sto cercando di proporre un percorso di “pietas” profonda nel profondo del cuore dell’uomo. La dove alberga un Dio che richiama alla conversione continua e non alla battaglia.


giovedì 8 gennaio 2015

Uomo, Expo e Expo della Conoscenza

di
Cesare Sacerdoti
c.sacerdoti@cse-crescendo.com


In uno scritto del  7 dicembre 2013, “Cosa nutre la vita”, il Vescovo di Milano, Scola, affrontava il tema di Expo 2015, “nutrire il pianeta, energia per la vita” e del ruolo futuro di Milano.
Abbiamo assistito in questi anni a lunghe discussioni di preparazione all'Expo, che hanno affrontato quasi esclusivamente le questioni delle infrastrutture da realizzare e, in parte, del loro utilizzo dopo Expo: il contributo di Scola, fornendo spunti di riflessione e di discussione sia sul tema specifico, sia sul ruolo della nostra città e dell’Europa, risulta quindi uno dei pochi contributi di “contenuto” di questo evento, che avrebbe potuto rappresentare una vera svolta per il futuro di Milano.
Scola propone di rimettere l’uomo al centro dell’attenzione, invocando un “nuovo umanesimo” , una “ecologia dell’uomo”, perché, dice Scola, “oggi ripensare il mondo chiede di ripensare l’uomo…senza ripensare l’uomo l’unico sapere e saper fare di cui l’uomo contemporaneo si sente certo è quello tecnico-scientifico. A livello della gestione su grande scala questo significa primato dell’economico-finanziario, della rete e della comunicazione, e cioè primato delle grandi leve di un regime tecnocratico”.
Le parole di Scola appaiono molto dure, ma, in effetti, pensando a tutti i proclami, a tutti i programmi, a tutte le ricette che ci vengono proposti quotidianamente, ci accorgiamo che la parola “uomo” è totalmente assente: i soggetti sono la ripresa economica, la competitività, le riforme, la ricerca, la produttività, l’ecologia, ma mai la persona umana. Essa è sempre sottintesa. Si potrebbe obiettare che tutte le parole sopracitate comportino un miglioramento del livello di vita dei  cittadini, ma l’uomo  rimane sullo sfondo.
Scola invece ammonisce che “occorre passare da una ragione ridotta a puro calcolo, a una ragione come capacità di identificare e condividere ciò che è bene per l’uomo in quanto tale”.
Rileggendo il percorso di ricerca che CSE Crescendo sta perseguendo da qualche anno, cercando nelle scienze umane e naturali quegli spunti, quelle metodologie e quelle metafore necessarie per poter progettare una nuova società, credo che anch'esso sia animato dalla volontà di ridare all'uomo, agli uomini tutti, la possibilità di ridisegnare il proprio futuro, i nuovi stili di vita (evocati anche da Benedetto XVI in Caritas in veritate) utilizzando le scoperte scientifiche.
Si veda in proposito il programma dell’Expo della Conoscenza da noi proposto, in cui si cerca di utilizzare le “modalità di pensare” costruite nell'ambito delle diverse aree di conoscenza (dalla fisica, dalla matematica, dalle scienze cognitive, dall'arte e dalle religioni) per comprendere i processi di evoluzione dei sistemi umani, a partire dall'uomo, dalla famiglia fino all'impresa ed alle istituzioni. 

martedì 6 gennaio 2015

Finalmente qualcosa di nuovo, anche se …

di
Francesco Zanotti


… manca il passo finale.
Mi riferisco all’articolo di Carlo Bastasin sul Sole 24 Ore di oggi. Con un titolo provocatorio ed efficace “La prima Guerra d’Interdipendenza Europea” l’Autore sostiene la necessità di una unione Politica che significhi collaborazione per lo sviluppo ed eviti gli isolazionismi nazionalistici.
Infatti sostiene che la regola dell’autosufficienza e non quella della solidarietà cooperante hanno segnato la gestione della crisi.
Tre frasi mi sembrano, tra le altre, degne di nota.
La prima: “La narrazione della crisi è stata come in guerra quella dei vincitori”.
La seconda: “la democrazia parlamentare è stata accantonata in alcuni Paesi, le elezioni sospese, i referendum ripetuti come se all’inferiorità economica corrispondesse sempre una minorità politica”.
La terza: “i governi dei paesi in crisi hanno giustificato ai loro elettori l’esigenza di riforme solo come l’imposizione di occupanti malevoli.”.
Frasi notevoli anche perché non sono scritte su di un giornalino rivoluzionario qualunque da un giovanotto scapestrato. Ma sull’organo ufficiale della Confindustria a firma di un economista autorevolissimo.
Ora questo isolazionismo è sbagliato a causa della interdipendenza finanziaria ed economica che un ottuso nazionalismo non può eliminare.
Tutto bene? No, perché ci rimane quel “anche se … “ al quale dobbiamo sostituire i puntini con contenuti.

Lo stesso Autore sostiene che l’autosufficienza non è di per sé un fatto negativo. E sta qui il problema. Mi spiego. La causa profonda delle scelte isolazioniste sta nei sistemi cognitivi delle classi dirigenti che non sanno costruire programmi e progetti per gestire interdipendenze profonde che non solo certo solo quelle economiche. Allora cercano di difendersi da esse. Ma il negare interdipendenze quando ci sono non permette certo di costruire sviluppo.

Per superare questa povertà cognitiva è indispensabile vivere una interdipendenza che deve essere soprattutto culturale. Che diffonda quelle diversità che sono le ricchezze cognitive che potranno permettere alle classi dirigenti di superare la povertà dei sistemi di conoscenze di cui oggi dispongono e dei quali siamo tutti ostaggi.

venerdì 2 gennaio 2015

Ora lo dice!

di
Francesco Zanotti


Ora lo dice … Ma poteva essere l’opposto. E noi abbiamo fatto di tutto perché l’opposto fosse …
Mi riferisco alle risposte date dal Dott. Sala a LaPresse. “L’Expo potrà fare la sua parte, pur non potendo essere il motore di rilancio del Paese.”.
Fono ad ora abbiamo pensato, ci hanno detto il contrario. Volevamo e noi abbiamo fatto proposte perché fosse il contrario.
Se il dott. Sala non era in grado di fare dell’Expo il motore di rilancio del Paese doveva dirlo molto prima, non doveva accettare il suo incarico.
Egregio dott. Sala se l’Expo 2015 non può diventare il momento di avvio di un nuovo Rinascimento (non solo di sviluppo) dell’Italia e del mondo, il problema non sta in qualche contingenza astrale che non lo permette. Il problema sta nelle risorse cognitive utilizzate da tutti coloro che hanno guidato l’organizzarsi di un'Expo: del tutto insufficienti.
E’ a causa dell’utilizzo di risorse cognitive insufficienti che quello che, prima, doveva essere il momento di sviluppo di Milano e del Paese, sia, ora, diventato un Evento per il quale è rimasto un solo obiettivo: alla fine, almeno il bilancio monetario non sia in perdita.
Mi rivolgo a tutte le forze politiche e sociali deluse da questa dichiarazione da sconfitto ante litteram perché, con noi, reagiscano. Siamo ancora in tempo a fare dell’Expo 2015 realmente il momento di avvio e di sostegno continuo di un nuovo Rinascimento mondiale.
Mi piacerebbe molto un dibattito con dott. Sala nel quale chiedere a lui perché non ha mai ascoltato le nostre proposte: l’Expo della Conoscenza. Stiamo preparando una sintesi di tutti i no che abbiamo ricevuto che si riassumono in uno slogan ripetuto fino alla noia: non è ancora il tempo dei contenuti. Quel momento non è arrivato mai perché chi si occupava dell’Expo i contenuti non sapeva affrontare.
In realtà ci è stata offerta la possibilità di presentare l’Idea dell’Expo. “Basta che si limiti a una esposizione i 30 secondi.”. Era un insulto. Non ho accettato. Purtroppo questo dibattito con il dott. Sala non ci sarà. Dovremo vivere un continuo ridimensionarsi degli obiettivi, sperando, come abbiamo detto, che, almeno, tutta questa attenzione a muri e forma non si traduca in un disastro economico.
Solo dopo sarà possibile riflettere su quello che, alternativamente, sarebbe potuto essere fatto.



...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.