venerdì 28 settembre 2012

Sardegna a industria pesante zero: un primo piccolo passo

di
Francesco Zanotti
Presidente Associazione per l’Expo della Conoscenza (Apec)

Ieri, a Cagliari, località Calamosca. Dopo alcuni incontri “intensi”.
Il mare, il suo sapore e il suo colore. Un promontorio abitato da quella speciale ecologia di verde che è la macchia mediterranea. Quasi a rappresentare quella ecologia di civiltà, sviluppatasi intorno al Mediterraneo, della quale siamo figli.
E, poi, al largo una petroliera … Un mondo vivo solcato da un segno evidente di un passato che certamente è stato importante, ma sul quale non si può costruire alcun futuro.
L’irrompere nella mia mente degli innumerevoli Segni di un Tempo Futuro che aspettano solo di essere trasformati in una nuova storia di sviluppo.
Il risuonare delle voci di quegli incontri che hanno raccontato in modi molto diversi, ma altrettanto appassionati la voglia di un futuro diverso. Tutto insieme non può che portare a cercare di costruire davvero un futuro a industria pesante zero per la Sardegna.

Nel mio primo post su questo tema pubblicato su
 http://imprenditorialitaumentata.blogspot.it/2012/09/sardegna-un-progetto-di-sviluppo.html ho descritto in forma generalissima una proposta di processo per costruire un Progetto di Sviluppo a industria pesante zero. Esso parte dalla redazione di un Libro Bianco dei Segni del Tempo Futuro. 

Dopo la giornata di ieri, il pensiero si è precisato. Credo sia stato individuato un primo passo importante: la creazione di un Gruppo Promotore, un Comitato Strategico al quale chiamare a far parte le “forze” economiche e sociali che vogliono partecipare alla realizzazione. Credo che nei prossimi giorni riusciremo ad organizzare (grazie alla passione ed alla capacità organizzativa del Dott. Vittoré Nieddu Arrica) la prima riunione del primo nucleo di questo Comitato al quale presentare una versione più dettagliata del percorso attraverso il quale riuscire a formulare un Progetto di Sviluppo a industria pesante Zero.

Ma nella stessa giornata di ieri le prospettive si sono ampliate: i sogni richiamano altri sogni.

mercoledì 26 settembre 2012

Se la finanza conoscesse la sistemica … Eviteremmo guai

di
Francesco Zanotti

Esistono alcune convinzioni nel mondo della finanza che, alla luce della moderna sistemica, si rivelano assurde.
Ne propongo solo una: la simmetria informativa perfetta.
Si pensa che l’ideale, perché un mercato finanziario (ma non solo) funzioni, è che tutti gli attori abbiano lo stesso livello di informazioni. Di più: che tutti abbiano informazioni complete. Viceversa: il guaio è l’asimmetria informativa.
Ora, questo ideale è giudicato praticamente irraggiungibile, ma si cerca (si dice di cercare?) di fare di tutto per avvicinarcisi.
Ecco, purtroppo, la simmetria informativa perfetta non ha senso. Non può essere raggiunta perché è un concetto senza senso.
Ogni attore di un mercato (un osservatore) ha un suo specifico, irriducibile e inevitabilmente parziale punto di vista. La simmetria informativa perfetta è irraggiungibile perché non c’è una informazione oggettiva da rendere disponibile a tutti.
Ed allora? Proviamo ad approfondire la cultura sistemica, troveremo i suggerimenti per costruire mercati che giudichiamo più “buoni e giusti”. Sono suggerimenti che, ovviamente, non possono essere sintetizzati in un post con qualche slogan.

lunedì 24 settembre 2012

FIAT: aspettando la ripresa???

di
Francesco Zanotti

Scrivevo, ed ora confermo, che il problema della FIAT è un problema di schemi cognitivi.
Confermo perché nell’incontro con il Governo è emerso un altro grave problema cognitivo: la memoria.
Il Gruppo FIAT afferma che aspetterà la ripresa del mercato dell’auto e nessuno si è scandalizzato …
Nella sua storia passata proprio il gruppo FIAT non ha atteso la ripresa, l’ha costruita.
Immaginate se prima di lanciare la 500 avesse aspettato che si scatenasse quella “ripresa”, dopo la crisi della guerra, che si è chiamata miracolo economico italiano.
Con la 500 ha dato un grande contributo al costruire il miracolo economico.
Ora dovrebbe usare lo stesso atteggiamento imprenditoriale, ma le è difficile non perché ci sono disegni perversi o perché le persone sono incapaci. Ma a causa della povertà di strumenti di progettazione strategica e di conoscenze organizzative di cui dispone. Una causa facilmente eliminabile … se individuata.

martedì 18 settembre 2012

Lettera aperta agli stakeholders del Sistema Fiat

di
Francesco Zanotti


Caro Stakehokder,

il problema della FIAT (e di tutte le altre crisi che sono sul tappeto) è sostanzialmente un problema di risorse cognitive. Non è un problema di crisi di mercato, di avidità degli azionisti e cose simili.

Ma come potrebbe essere diversamente, visto che gli uomini (che costruiscono o distruggono) sono essenzialmente le risorse cognitive di cui dispongono?

Specifico.
Il management della FIAT usa, come risorse cognitive di riferimento, conoscenze strategico-organizzative del tutto inadeguate. Se questo è vero, allora l’alternativa è semplice: se il management cambia risorse cognitive, l’azienda si salva. Anzi viene valorizzata la sua presenza in Italia. Se continua ad usare le risorse cognitive attuali, sarà costretta a chiudere presto in Italia e sarà nei guai, sul medio termine, anche fuori Italia.

Più in dettaglio.

Dal punto di vista organizzativo FIAT ha come riferimento il Word Class Manufacturing System (WCMA). Bene, si tratta di un modello organizzativo che non considera quelle che sono le dimensioni fondamentali dell’organizzazione: le risorse cognitive (razionali ed emozionali) di cui dispongono le persone, le loro reti di relazioni sociali, la cultura informale dell’organizzazione. Se il management FIAT accettasse di esplorare queste dimensioni, scoprirebbe che, proprio in Italia, sarebbe possibile costruire un nuovo modello produttivo incredibilmente più efficace, efficiente e flessibile dell’attuale Word Class Manufacturing System.

Dal punto di vista strategico, FIAT ha come riferimento lo schema teorico della competizione che, da un lato, è un vero e proprio schermo contro l’innovazione radicale e, dall’altro, costringe a costruire quelle prassi competitive che oggi stanno distruggendo la capacità di produrre cassa di tutti i produttori di auto. Tipico è la convinzione del tutto rinunciataria “E’ colpa del mercato”. Se si riesce a superare la schema della competizione si riesce a ricordare che sono le imprese che costruiscono Il mercato. E non solo. La FIAT del dopoguerra ha dato l’imprinting allo sviluppo di tutto il nostro sistema industriale ed infrastrutturale.

Se il Management FIAT tentasse, almeno, di esplorare i più attuali schemi di riferimento 
strategico-organizzativo, forse, si aprirebbe loro uno spiraglio di luce (un nuovo mondo da esplorare) che potrebbe, ad esempio, portarli a riuscire a costruire una nuova alleanza strategica con il Paese.

Ovviamente, le stesse conoscenze dovrebbero essere disponibili a Banche, Sindacati, Governo.

Obiettivo di questa mia lettera è proporre questa nuova prospettiva a tutti gli stakeholders del sistema industriale italiano.

Propongo a chi fosse interessato, la seguente  documentazione di supporto.
Un documento “emotivo”, dal titolo “FIAT e Lavoratore Progettuale”, che raccoglie i post pubblicati fino ad ora nei nostri Blog.
Un documento, più dettagliato, dal titolo “Per una imprenditorialità aumentata” che descrive il ruolo delle risorse cognitive per costruire sviluppo.

La ringrazio e porgo i miei più cordiali saluti.

Francesco Zanotti

venerdì 14 settembre 2012

Soldi, ma, soprattutto, nuovi schemi cognitivi

di
Francesco Zanotti


BCE e FED renderanno disponibili (ma a chi? Alla finanza o all’economia?) ingente liquidità. Certo è una condizione necessaria. Ma non basta: ne serve un’altra. Servono nuove risorse cognitive: quelle che usiamo attualmente hanno generato la crisi.
Due esempi. Il primo è lo schema cognitivo della competizione. Come forse tutti sanno, la nostra progettualità e le nostre scelte dipendono dagli schemi cognitivi che possediamo.
Se usiamo lo schema della competizione creeremo competizione e non riusciremo a vedere quali immense opportunità di sviluppo stanno nascendo nelle società. Continueremo a cercare di difendere un sistema economico che perde di senso. Occorre, invece di usare lo schema della competizione, usare quello della progettualità strategica.
Il secondo. Se usiamo il concetto di lavoratore come esecutore, creeremo i conflitti sociali che stiamo sperimentando. Se accettassimo lo schema cognitivo del lavoratore progettuale riusciremo non solo ad evitare i conflitti, ma anche a superare lo schema della competizione.
Il caso FIAT. Cosa ci sta alla base della crisi dell’auto in Europa e alla rinuncia del Progetto Italia? Proprio l’utilizzo degli schemi cognitivi della competizione e del lavoratore progettuale.
Ma che sono questi “nuovi” schemi concettuali? Ne abbiamo parlato a lungo sui nostri blog. Ma già il loro nome dovrebbe far capire agli esperti di cosa si tratta …
Il problema è che proprio gli esperti non riescono a staccarsi dagli schemi della competizione e del lavoratore esecutivo …

mercoledì 12 settembre 2012

Telefoni e produttività … Ma non si sente uno stridio assordante????


di
Francesco Zanotti


Sulla prima pagina del Corriere di oggi sono pubblicati due articoli che mandano due messaggi opposti. Il primo indica un conflitto insanabile che sarà foriero di scontri sociali. Il secondo indica la strada per trasformare questo conflitto in alleanza per lo sviluppo.

Cominciamo dal secondo. Il titolo è “Se un telefono vale un punto di Pil”. L’articolo riassume uno studio di JP Morgan: sostiene che, direttamente ed indirettamente, la proposta sul mercato dell’iPhone 5 (che sarà presentato oggi) genererà un aumento da un terzo di punto allo 0,5% del Pil americano del terzo trimestre del 2012. Cioè: la vendita di un prodotto con le stesse caratteristiche strategiche, costruito in Italia, trasformerebbe la nostra recessione in sviluppo. Non sottovaluto i problemi rilevati dal giornalista sulle inumane modalità di produzione dell’assemblatore cinese di Apple. Ma dico che se in Italia si ideasse un prodotto con quell’impatto sul mercato, non lo si produrrebbe a quel modo.

Ed arriviamo al conflitto insanabile. E’ un articolo di Enrico Marro “Il grande scambio flessibilità-salario”. Egli racconta del futuro “dialogo” tra il Governo e le parti sociali sul tema del lavoro. E rivela quella che viene considerata l’inevitabile l’ipotesi di fondo: se non si aumenta la produttività (affiancata dalla immancabile competitività, anche se nessuno sa dare una definizione professionalmente significativa di “competitività”) non si possono aumentare i salari.

Dove è lo stridio assordante … Meglio: una mancanza di visione sconcertante?

lunedì 10 settembre 2012

A zonzo sul web una domenica pomeriggio...

Considerazioni irrtuali e gratuite in libertà...


Da un'agenzia di stampa si apprendono i dati sull'erogazione di energia elettrica in Italia dall'inizio dell'anno ad agosto. Terna, proprietaria della rete di distribuzione dell'energia elettrica,  sistema venoso del nostro paese, annuncia una diminuzione di consumi, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, dell' 1,4% . L'Italia si sta spegnendo? Chissà, forse c'è una spiegazione tecnica, ma con le mille e più Alcoa che chiudono (il Corsera del 9 agosto citava 141 vertenze al vaglio del Ministero dello Sviluppo Economico per un totale di 168.462 lavoratori) questa energia elettrica chi la dovrebbe consumare?
Quali progetti, quali capacità per rilanciare lo sviluppo per questo nostro affannato Paese?
Abbiamo un professore (dalla "bibliografia sottile", come ci ricorda un acuto osservatore come il professor Sapelli), tecnico a capo di tecnici (ma esistono le "tecniche" per governare un Paese? Il gotha degli economisti inglesi, non più tardi del 22 luglio 2009, in una missiva alla regina Elisabetta ammisero le loro incapacità.), abbiamo i partiti pronti a governare, abbiamo anche i leader con le ricette pronte in tasca che non aspettano altro di metterle in pratica, perchè loro sì che hanno capito come funziona! Ma un Paese di 60 milioni di persone, acculturate, evolute, con una lunga tradizione storica può mai "funzionare", come se fosse una macchina? Può essere in attesa di un qualcuno che la "guidi", come un automobile?

"Rilanciare lo sviluppo", dicevo, ma altri dicono "crescita", "attirare investimenti stranieri". Di cosa?
Facciamo un salto in Europa, in un piccolo paese in "via di sviluppo": La Slovacchia.
Samsung, azienda elettronica coreana, ha presso Galanta, un paesino a meno di 50 chilometri ad est di Bratislava, una fabbrica dove impiega 3000 persone, nella maggioranza donne in quanto preferite per lavori di precisione quali l'elettronica richiede. La produzione è prevalentemente di schermi LCD e l'azienda, attiva in Slovacchia fin dal 2002, ha ricevuto da allora incentivi per 110 milioni di euro ai quali, in vista delle difficoltà del mercato, se ne sono aggiunti altri 28.
Un mio conoscente, manager di un'azienda che ha anch'essa nell'area un sito produttivo, proprio qualche giorno fa mi raccontava del fenomeno di "ritorno" delle operaie dalla Samsung.
"Perdiamo spesso operaie che preferiscono gli stipendi leggermente più alti offerti dai coreani"- mi raccontava- "ma dopo un po' ritornano da noi. I ritmi di lavoro sono forsennati; pensa che le donne, quando hanno le loro 'cose' mensili, sono costrette a indossare una fascia rossa al braccio per consentire ai capi di misurare le pause per andare in bagno."
Dunque 138 milioni di euro in 10 anni per allevare delle schiave!
E' questo l'unico sviluppo consentito dalla competizione globale.
E' questo ciò che stanno pensando i nostri governanti?
E se noi, tutti noi, potessimo avere idee migliori?
Saprebbero come consentire di realizzarle? O pensano davvero che per qualche misterioso dono divino solo loro siano nel "giusto"?
Ci sono sempre più segni che vi è un problema di "sistema", oltre che di uomini. Immaginare il "nuovo", radicalmente nuovo, non può esser fatto con le risorse cognitive attuali, che appaiono le uniche disponibili leggendo i giornali, le interviste, parlando con le persone.
Prima di parlare di soluzioni, bisogna arricchirsi "cognitivamente". Altrimenti le domeniche a zonzo sul web saranno sempre più deprimenti.

Luciano Martinoli
l.martinoli@cse-crescendo.com

Luciano Martinoli

martedì 4 settembre 2012

Basilea 3, regole e confusione …

di
Francesco Zanotti


Sul Sole 24 Ore di oggi, Marco Onado riferisce di un intervento a gamba tesa di Andrew Haldane, responsabile della vigilanza di Bank of England, contro la logica regolatoria di Basilea 3.
Concordando con Haldane, Marco Onado sostiene che non occorre seguire un processo di successiva complicazione delle regole per inseguire la complessità dei mercati, si genera solo confusione. Occorre, invece, trovare poche regole efficaci.
Io credo che le due prospettive siano ambedue sbagliate. Io credo … Non solo io. Nello studio dei sistemi complessi è oramai chiaro che, come è inutile cercare di seguirne la complessità, così è puramente illusoria la speranza di poche regole semplici.


Le regole che vengono seguite dai sistemi complessi sono solo quelle generate dai sistemi stessi. Ogni intervento regolatorio esterno (complicato o semplice, non fa differenza … Ah nessun intervento regolatorio può essere “complesso”) interferisce certamente nella produzione delle regole in uso, ma in modo imprevedibile. Detto diversamente: le regole imposte dell’esterno non determinano i comportamenti. I comportamenti sono emergenti e rivelano solo ex post le leggi che li spiegano.
Il compito del Regolatore, allora? Quello di gestire un processo consapevole e pubblico di auto produzione delle regole. Ci sono i metodi per attivare e gestire questo processo: basta che i Regolatori abbiano la pazienza di impararli.

domenica 2 settembre 2012

Un Business Plan emozionante come un romanzo

di
Francesco Zanotti


Oggi sul Sole 24 Ore, in prima pagina, con il titolo “Quando impresa e cultura parlano la stessa lingua”.

L’Autore vuole fare un omaggio alla cultura e all’impresa, ma fa un pessimo servizio a tutte e due. Se poi si guarda in altri luoghi dello stesso giornale si trovano punti di vista più interessanti, a partire dal pezzo di David Lodge in prima pagina dell'inserto “Domenica”.
Cosa c’è che mi sembra fuorviante di quell’articolo?
Innanzitutto si ha l’impressione che fare cultura sia solo il fare romanzi. Ma forse non era intenzione dell’autore sostenere questa tesi.
Si sostiene, però, che il ruolo dell’impresa a favore della cultura è quella di fare interventi (in questo caso organizzare un premio: Il Campiello) con gli stessi valori e le stessa passione con la quale si fa impresa.
Mi permetto di sostenere lapidariamente una diversa tesi. Non solo scrivere romanzi è fare opere d’arte. Anche costruire imprese è fare opere d’arte. Gli imprenditori, però, non costruiscono imprese opere d’arte solo perché ricercano la qualità, quello che piace al pubblico, ricercano i talenti etc.
Costruiscono imprese opera d’arte quando hanno voglia di cambiare il mondo. Ed usano il loro patrimonio cognitivo (la visione del mondo, i modelli e le metafore di cui dispongono) per costruire una proposta di cambiamento del mondo.
Il problema è che oggi non riusciamo più a generare imprese opere d’arte. La mia interpretazione è che il patrimonio cognitivo che oggi gli imprenditori usano è troppo povero per immaginare e costruire imprese opere d’arte. Un modo straordinario di fare cultura sarebbe quello di arricchire il patrimonio cognitivo degli imprenditori. Non fornire solo soldi e protezioni, ma anche e soprattutto conoscenza. Ad esempio, le conoscenze di strategia d’impresa. Con queste risorse cognitive riusciranno a fare il primo passo del processo di generazione di imprese opere d’arte: un Business Plan emozionante come un Romanzo.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.