giovedì 29 maggio 2014

Una mattina in Duomo a Milano

di
Francesco Zanotti


Sto scrivendo da una panca del Duomo di Milano. Sono entrato da poco, dopo aver superato un drappello di giovani militari, ovviamente armati.
Il primo pensiero: certo i militari ci sono per evitare attentati e altre nefandezze. Ma, amici tutti, soprattutto quelli non più giovanissimi, i nostri Padri ci hanno lasciato mille chiese, luoghi di preghiera e meraviglia, di cui andare fieri. Anche i non credenti. E noi siamo riusciti solo a conservarli male e siano costretti a proteggerli con le armi. Ma che razza di società stiamo lasciando ai nostri figli? Non sarebbe il caso di vergognarci e di reagire alla grave ingiustizia che stiamo perpetrando, noi passati rivoluzionari che facevamo rivoluzioni per combattere l’ingiustizia?
Ma nonostante i militari sono entrato ed ho trovato il Signore e la preghiera nascosti e protetti. Devi superare transenne e inservienti per arrivare là da dove provengono canti e preghiere. L’altare è sgombro. Il Signore è nascosto anche lui in quell'angolo di Chiesa dove sono canti e preghiere. Allora non posso che pensare che non solo non costruiamo più Chiese, non solo le conserviamo male e le dobbiamo proteggere con le armi, ma ci siamo vigliaccamente adattati a fare delle Chiese musei asserviti al turismo …
Serve altro per “misurare” il fallimento di una generazione che voleva essere rivoluzionaria?

Serve altro per richiamare ad una nuova rivoluzione dove noi stessi siamo “l’ancient regime” da buttare a mare?

lunedì 26 maggio 2014

Dove è la vittoria? Che senso ha la vittoria?

di
Francesco Zanotti


Il punto di partenza è un articolo di Aldo Cazzullo sul Corriere: "La sconfitta di un sistema”. Poi anche un articolo di Francesco Verderami: “Ora il premier è un uomo solo al comando”.
La sintesi: è stata sconfitta una classe dirigente ed ha vinto un uomo.
Non è una buona notizia.
La ragione è la seguente.
Se non si cambia il sistema di risorse cognitive usato dalla vecchia classe dirigente si continuerà a riproporre (ed aggravare) le dinamiche che hanno generato la crisi. Se si ha in mano un martello, sempre e solo martellate si potranno dare.
Ma Renzi non utilizza un nuovo sistema di risorse cognitive? La risposta è decisamente: no!
Lo dimostra proprio la voglia di vittoria, la convinzione che abbiamo bisogno di eroi “etici” che sconfiggono il drago.
Lo dimostra il fatto che individua le stesse aree di azione degli “sconfitti”. In generale tutti vogliono le riforme istituzionali. In economia tutti vogliono ridurre il costo del lavoro per aumentare la competitività. Sono obiettivi sbagliati? Sono obiettivi solo molto indirettamente utili, nella migliore delle ipotesi.
Il problema è che le nostre imprese devono ricominciare a produrre cassa. Per farlo devono riprogettare il nostro sistema economico. La profondità della riprogettazione viene immediatamente alla mente se si legge l’articolo di Paolo di Stefano sul Corriere a pag. 33 che parla della generazione dei nativi digitali. Ne tenta l’identikit. La cosa che mi ha colpito: “A parte computer e telefonini, non ci sono oggetti di culto il cui possesso è ambito.”. Il nostro sistema di imprese industriali cerca di vendere oggetti che si illude siano ambiti. Se continua con questa convinzione non si riprenderà mai.
Per riprogettare un qualunque sistema, i suoi attori devono usare un nuovo sistema di risorse cognitive. Compito del Governo è fornire questa nuove risorse cognitive.
Chi parla di vittorie e cerca auto realizzazione personale vive in un’altra epoca. Passata. Il suo successo è solo figlio della protesta e sarà effimero perché alla protesta non riuscirà a seguire una azione efficace perché persegue obiettivi irrilevanti: le riforme e la competitività.


sabato 24 maggio 2014

Se anche la Cina delocalizza... in Africa!

di
Luciano Martinoli


Su molti giornali, italiani e stranieri, è apparsa la notizia riguardante la decisione di diverse aziende cinesi, produttrici di beni di largo consumo, di spostare le loro fabbriche in Africa. Le motivazioni sono da ricercarsi in un più basso costo del lavoro e delle materie prime e importanti benefici fiscali.
Tra i vari articoli sull'argomento desidero citare quello apparso su La Stampa e riportare il seguente passaggio:

"la Cina subisce i contraccolpi della crisi economica mondiale e il premier Wen Jiabao ... assicura che «la stabilizzazione della crescita economica del Paese occupa la posizione più importante» fra le priorità del Governo. E se la Cina è l’approdo delle imprese occidentali che puntano a ridurre i costi di produzione, a sua volta guarda alla ancora più economica Africa."

E' questa la strategia del paese che si candida a diventare la più grande economia del pianeta e, di conseguenza, il motore di sviluppo globale?

giovedì 22 maggio 2014

Le urla e … il nulla. Dibattito immaginario tra Grillo, Berlusconi e Renzi

di
Francesco Zanotti


Moderatore: “Carissimi, mi dite quale è il vostro messaggio specifico, il vostro contributo più originale?”. Le regole di questo dibattito sono semplici: è vietato parlare degli avversari.
In ordine di anzianità …
Silvio: “ Il mio messaggio più originale è la capacità dell’uomo di creare nuovi mondi. Io sono un Imprenditore”.
Beppe: “io porto il contributo della Rete. La sua capacità di creare un altro gioco democratico. Io sono un visionario”.
Matteo: “Io porto la capacità di realizzare: io sono un Amministratore Delegato.”
Moderatore: “Ma allora siete complementari, non siete alternativi. Perché “leticate” così duramente?”
Sconcerto … Dal pubblico si alza un ragazzino (forse lo stesso che ha urlato millenni fa “Il Re è nudo”) e, anche questo caso, rivela … “Sì voi sarete, anche, complementari. Ma lo siete nella banalità. Le idee che proponete sono, forse, importanti, ma voi non riuscite ad andare al di là degli slogan. In realtà siete tre fanciulli (e più siete anziani, più questo è insopportabile) immaturi che, alla fine, stanno solo inseguendo l’eterna illusione che la soluzione sia quella di un uomo solo comando. Ma questa ambizione è realisticamente giustificata solo siete Fausto Coppi e il salvare il mondo consista solo nell'arrivare prima al passo dello Stelvio. Voi non siete il Coppi della conoscenza e il mondo non si esaurisce nei tornanti della campagna elettorale.


domenica 18 maggio 2014

Expo, creatività e coraggio … davvero

di
Francesco Zanotti


Oggi sul Corriere, Giangiacomo Schiavi richiama a creatività e coraggio.
Noi da anni avanziamo una proposta creativa e coraggiosa per l’Expo, ma …
La nostra proposta: invece di fare un'Expo delle cose (tipico della società industriale che comporta il costruire spazi “innaturali” immensi) abbiamo proposto un'Expo della Conoscenza.
Esponiamo le risorse cognitive che sono state sviluppate nel corso dell’ultimo secolo (in tutte le scienze umane e naturali e in quella meta-conoscenza che è la sistemica) e che sono rimaste nelle mani di pochi specialisti poco coraggiosi e tanto presuntuosi. E ragioniamoci su, tutti insieme, con tutto il mondo.
Per esporre la conoscenza non servono grandi strutture. Tutta Milano (fino a tutte le case di tutte le famiglie milanese), tutta l’Italia sarebbe potuto diventare una struttura complessiva, capace di accogliere un pezzo dell’esposizione della conoscenza. I soldi che stiamo investendo in mega strutture (di cui ci stiamo già chiedendo che ne faremo) sarebbero andati a finanziare in ogni parte d’Italia il recupero del nostro patrimonio culturale. Milano avrebbe potuto rinnovare radicalmente la città …
Esporre le risorse cognitive sconosciute al mondo (e ragionandoci su fino a tentarne una sintesi) avrebbe avuto l’effetto che ha avuto l’Accademia Platonica a Firenze. Milano come Accademia del Futuro del mondo. L’effetto? Scatenare una nuova stagione di progettualità radicale. Capace di creare una nuova società che ci apparisse come un’opera d’arte. Milano come Accademia del Futuro del mondo. E non per sei mesi, ma per i prossimi anni …

Questa nostra proposta è stata dettagliata (le sue ragioni, la sua realizzazione) in un libretto che è disponibile su questo blog e che è stato inviato a tutti coloro che oggi affermano la necessità di coraggio e creatività.

Ma il problema è sempre la mancanza di risorse cognitive. Quelle necessarie a cogliere la innovazione profonda che non può essere la conferma delle nostre idee di sempre. L’espressione “creatività” non può essere solo un mantra per fare prediche. E, poi, serve, davvero, il coraggio. Ma il coraggio di una vita spesa ad amare e studiare, invece di rincorrere autorappresentazioni che vengono puntualmente (cioè tutte) ridicolizzate dagli eventi.

Noi, certamente, in una forma o nell'altra, l’Expo della Conoscenza la realizzeremo. Speriamo davvero di tutto cuore di non doverla fare senza l’appoggio delle élite (formali. Quelle sostanziali ci stanno già aiutando ... sostanzialmente) di questa città e dell’Italia tutta.


venerdì 16 maggio 2014

Aspettando il 28 maggio … Non c’entrano nulla le riforme istituzionali! Provate a immaginare un poeta per capire …

di
Francesco Zanotti


Ennesima delusione: il PIL non cresce. Il perché è semplice: non si fanno le cose che servono a farlo aumentare in qualità e quantità. E le riforme non sono le cose che servono,
Per convincervi di questa affermazione … Immaginate un poeta, innanzitutto.
Un poeta abituato a far volare il suo sguardo sulla sua valle e a parlare e scrivere la lingua dei suoi padri.
Immaginate che i suoi occhi piano piano si appannino, che la Natura piano piano si trasformi e la sua valle si popoli di persone che parlano un‘altra lingua e che vengono da lontano.
Egli cercherà di continuare a poetare, ma si accorgerà che le poesie che scrive nella sua lingua non hanno significato per la nuove gente.
Prova allora a imparare la nuova lingua, ma viene da troppo da lontano, nello spazio e nel tempo: da solo non ci riesce! Riesce a capire qualche parola, ad usarne ancora meno. Prova a poetare, ma gli mancano le parole. E gli manca anche lo sguardo che non riesce più a volare sulla nuova valle. Non ne  riconosce anche il profumo. E, poi, non conosce i nomi delle persone …
Allora le sue poesie nella nuova lingua, per la nuova gente sono solo piccole cacofonie che non descrivono nulla della nuova valle.
I nuovi abitanti sono buoni e generosi, capiscono il dramma del poeta. E decidono di aiutarlo. E gli costruiscono una nuova casa. Ad esempio, con un grande terrazzo che gli permette di dominare la nuova valle. E gli danno carta e penna nuove. Ma il nostro poeta continua a non percepire e non esprimere.
Allora pensano che sono la casa, il terrazzo, le penne e la carta che non funzionano. Aspetta, gli dicono. Adesso ti diamo tutto nuovo. Ecco proprio adesso no perché fanno una fatica disperata a mettersi d’accordo su quale casa. Ma alla fine ci riescono. E gli ristrutturano la vecchia casa, gli danno una penna nuova. E gli dicono: ecco, ora puoi poetare …
Egli era stato in attesa della nuova casa con grande speranza. Aveva anche mandato lettere di sollecito, fino a fare una dimostrazione (solitaria con un unico cartello in mano. Con scritto: aiutatemi a poetare). Quando la casa è ristrutturata, però, egli si accorge che tutto questo non lo aiuta a poetare. Anzi, la situazione peggiora perché ora alla sua frustrazione aggiunge il peso di una speranza delusa.
Pensando al nostro Paese … la strategia delle riforme è come la strategia del ristrutturare la casa. Non aiuterà nessun poeta senza sguardo e senza linguaggio a tornare a poetare.
Così gli imprenditori e i grandi manager. Oggi si trovano con lo sguardo appannato in un nuovo mondo di cui non conoscono la lingua. E il loro progettare strategico (il loro poetare) produce progetti d’impresa banali.
Allora, quali che siano le riforme istituzionali che si cercherà di attuare, questi imprenditori e manager sempre senza sguardo e senza lingua rimangono.
E la gente che attende nuove poesie che descrivano, facciano vivere in un nuovo mondo, rimane delusa e li abbandona. Il 28 racconteremo come i Business Plan (cioè i Progetti di futuro, le poesie del futuro) delle maggiori imprese italiane siano solo elegante burocrazia, espressa in una lingua incomprensibile.
Per superare la crisi occorre liberare la mente e il cuore di manager e imprenditori e dare loro una nuova lingua.
Occorre dare loro nuove risorse cognitive. Quali? Ne abbiamo già parlato, ne parleremo.


martedì 13 maggio 2014

Aspettando il 28 maggio Le grandi idee. Ma quali?

di
Francesco Zanotti


Articolo di fondo del Prof. Quadrio Curzio sul Sole24Ore di oggi: “Il coraggio delle idee forti per il Rilancio dell’Unione”.
Ma quali sono queste idee forti?
Sono le idee che lo stesso Professore (e con lui molti altri accademici e politici maistream) ripete da anni. Ma riguardano solo la forma e la finanza.
La forma: come ristrutturare le Istituzioni europee. Cioè la dimensione formale dell’Europa.
La finanza: come rendere disponibili fondi. E’ vero ci sono anche accenni a “politiche di filiera”, alle esigenze di promuovere infrastrutture e dare una aggiustatina ai nostri territori.
Ma tutto finisce lì.
Io credo che le idee forti debbano essere altre …
Credo sia necessario avere un progetto complessivo di una società futura che non è certo fatta solo di forma e finanza.
Questo progetto deve emergere attraverso un processo di progettazione sociale.
Questa progettazione sociale deve partire da nuove risorse cognitive, altrimenti finisce in baruffe.
Le nuove risorse cognitive devono essere fondate su di una visione del mondo diversa da quella tipica della “modernità”: la fisica classica.
Ma esiste questa voglia di un nuovo mondo? Se esistesse dovrebbe risuonare (emergere da) nei progetti di futuro delle maggiori imprese di questo Paese. Ma questi progetti raccontano solo di conservazione. Cercano con le forma e la finanza di conservare il presente.


venerdì 9 maggio 2014

Expo 2015: la mente e il braccio

di
Francesco Zanotti

“La prima forza è la mente; debole è sempre il braccio di colui che non ne ha …”
Vincenzo Cuoco, Scritti giornalistici.


Tutti riconoscono il problema, ma non arrivano alla soluzione. Se l’attenzione dei Vertici dell’Expo si è concentrata (anche in fase progettuale) sulle cose (i muri le strade etc.), allora le cose sono diventate grandi, importanti. E scatenano mille appetiti per impadronirsene.
Noi abbiamo da sempre tentato di spostare l’attenzione dalle cose alla conoscenza, ai contenuti, alla mente. Ci ho anche scritto un libretto che è disponibile su questo blog. Ma nulla. La risposta è sempre stata: “Si certo. La conoscenza, i contenuti sono importanti. Ma ne parleremo dopo: ora dobbiamo pensare alle cose.”. E le cose sono diventate un  feticcio pericolosissimo. E le cose poi non si fanno neanche. “Previsto il completamento del 50% della infrastrutture indicate nel documento presentato al BIE” rivela oggi il Sole24Ore.
E con i contenuti stiamo a zero. L’Expo sarà il luogo dove si esporranno progettualità altrui senza una ispirazione (se non una frasetta per indicare il tema dell’Expo) e, certamente, senza una sintesi.

Un mestiere da impresari teatrali non da figli di Leonardo. E se la mente debole (o neanche considerata), riaggiornando Cuoco: il braccio fa malandrinate.

giovedì 8 maggio 2014

Aspettando il 28 maggio … Esaminiamo il Piano FIAT Chrysler

di
Francesco Zanotti


Purtroppo sono d’accordo con gli scettici. Anche se  per ragioni radicalmente diverse.
Io non ho letto il Piano FIAT Chrysler. Quindi sono pronto a ricredermi se quello che che indicherò come mancante (e che rende impossibile la realizzazione del Piano) poi nel Piano ci fosse. Ma dalla osservazione dei media emerge che al Piano presentato mancano tre elementi essenziali che ne pregiudicano la realizzabilità.
Infatti, ci sono i modelli, gli stabilimenti gli obiettivi. Ma mancano il mercato e l’organizzazione le persone.
Mi spiego.

Innanzitutto il mercato. Si formeranno mercati radicalmente nuovi e saranno frutto di processi emergenti. Intendo dire: si stanno scatenando processi che faranno emergere una nuova visione del trasporto sia personale che collettivo che sarà concretizzata in prodotti radicalmente diversi che saranno rappresentati da nuovi marchi. Una strategia che punti sui marchi esistenti è destinata al fallimento. La sfida è avviare e governare i processi emergenti del mercato.

Poi l’organizzazione. Quello che farà o meno il successo del Piano saranno i comportamenti concreti delle persone. Questi comportamenti fanno emergere una organizzazione informale che può essere finalizzata a far funzionare l’organizzazione formale (i processi produttivi e di vendita nel modo migliore possibile) o può essere un gigantesco freno. Ancora una volta processi emergenti che richiedono opportune pratiche di governo perché se lasciati “da soli” non possono che generare una organizzazione informale disordinata.

Riflettendo su mercato ed organizzazione emerge un sfida di fondo: ma come si governano i processi emergenti? Quali filosofie e metodologie di Governo servono?
Di queste filosofie e metodologie di governo il mondo intero dell’automobile non sa praticamente nulla. Questo significa due cose. La prima è che il primo produttore che adotterà queste nuove filosofie e metodologie sbaraglierà gli avversari. La seconda, che FIAT Chrysler ha implicitamente dichiarato (non facendone menzione) che questa non è una sfida di suo interesse. Quindi questo produttore non sarà FIAT Chrysler.

Da ultimo: all’origine dei processi emergenti ci sono le persone.

Esse sono dotate di sistemi cognitivi che condizionano il pensare, il dire e l’agire. Anche il top management è condizionato dalle risorse cognitive di cui dispone. Se un Piano non prevede, come suo elemento costitutivo, una azione di sviluppo del patrimonio di risorse cognitive di tutti (ma del top management in particolare), anche se usasse le più avanzate metodologie di Governo, non approderebbe a nulla. 

martedì 6 maggio 2014

Preparando il 28 Maggio: l'errato "presupposto" dello sviluppo

di
Luciano Martinoli


Da più parti si invocano le riforme strutturali per far ripartire lo sviluppo tanto agognato. Condizione necessaria (forse?), ma siamo sicuri che sarà anche sufficiente? A sentire le dichiarazioni pubbliche, ultima in ordine di tempo quelle del Dott. Vegas, Presidente di Consob, riportate da ilSole24ore non vi sono dubbi. Rimossi "...gli ostacoli e disincentivi che creano un freno agli investimenti: dal mercato del lavoro, alla possibilità di ottenere una rapida soluzione delle controversie civili e commerciali, ai vincoli amministrativi e burocratici." gli investitori accorreranno a frotte. Inoltre "è necessario promuovere lo sviluppo di canali di intermediazione finanziaria alternativi a quello bancario" afferma ancora il Presidente di Consob. Tutto ciò fa immaginare una pletora di grandi e piccole aziende ferme sulla pista, ma pronte a decollare, una volta che siano risolti questi "problemi". 
Temiamo che non sia proprio così.

domenica 4 maggio 2014

Il dovere di riscatto di una intera generazione

di
Francesco Zanotti


Ho un amico molto più giovane di me, anche se non giovanissimo, che è costretto a venire a patti, sul lavoro, con un signore della mia generazione (i più giovani dei sessantottini) che è solo pretese, prosopopea e ... il nulla. Purtroppo il problema non è solo questo signore, ma il fatto è, mediamente, generalizzabile. Vale per tutta una classe dirigente. Siamo una generazione che dalla voglia di cambiare il mondo è finita o nella disperazione o nelle pretese, nella prosopopea e … nel nulla. Forse abbiamo raggiunto qualche risultato? Molti di noi risultati personali di soldi e di potere. Ma se guardate il mondo dove stiamo costringendo a vivere i giovani, questi “risultati” diventano il racconto di un egoismo e di una povertà incredibile.
E’ banale dire che la mia generazione se ne deve andare a casa.
Non basta! Essa ha il dovere del riscatto. Ecco dove è possibile. Innanzitutto occorre che tutti coloro che hanno raggiunto una certa età si rifiutino di assumere incarichi di gestione operativa. E’ ridicolo un Amministratore Delegato o un presidente del Consiglio con più di sessant’anni.
Poi occorre che scoprano la loro vera e indelegabile responsabilità: quella della conoscenza e, conseguentemente, della saggezza.
Siamo di fronte al finire della società industriale e non siamo in grado di immaginarne un’altra. La causa è che cerchiamo di farlo usando la visione del mondo tipica della società industriale. Ma quale altra è possibile? Tocca a noi “anziani” costruire una nuova visione del mondo, usando tutta la conoscenza disponibile ed affidarla ai giovani perché la usino per costruire la società che desiderano.
Sto immaginando una forma nuova ed antica di dialogo intergenerazionale. I giovani che sperimentano la vita e le persone più mature che osano la conoscenza.
Concretizzando: accanto ad ogni Amministratore delegato e ad ogni Presidente del Consiglio sieda un Presidente della Repubblica o un Presidente del Consiglio d’Amministrazione che sia dotato dell’autorevolezza della conoscenza. Che insegni e non agisca. Che ispiri, ma non condizioni. Sono i giovani che devono sentire il desiderio della nostra parola. Non siamo noi che dobbiamo cercare di imporla con un potere che possediamo, dopo tutto, ingiustamente.


sabato 3 maggio 2014

Cambio culturale: che roba è?

di
Francesco Zanotti


Chi non parla dell’esigenza di un cambiamento culturale? Tutti! Anche Mario Platero che sul Sole di sabato 3 maggio dice sacrosante parole, ma che poi finiscono nella genericità.
Dice che dobbiamo fare un cambiamento culturale per eliminare le manifestazioni di intolleranza razziale nello sport.
Ma in cosa consiste? Nel cambiare la cultura dell’appartenenza, della rigidità, della burocrazia e del razzismo.
Sono parole generiche perché, ad esempio, sfido qualcuno a dirmi esattamente cosa sia la cultura della burocrazia. Forse intendeva parlare della degenerazione della burocrazia. Ma, anche in questo caso, non si sa bene cosa siano le cose da cambiare. La burocrazia è anche efficienza e ordine.
Io credo che occorra smettere di parlare di cambiamenti culturali. Ed occorra parlare di aggiungere conoscenza. Allora si individua esattamente quale cultura non basta più. Non basta più la visione riduzionistica del mondo che è sintetizzata nell'edificio teorico della meccanica classica. Essa vale solo per alcune porzioni della realtà. Non vale, però, in nessun modo per i sistemi umani. Per comprendere e gestire i sistemi umani occorre aggiungere alle conoscenze di tutti coloro che dirigono sistemi umani quella nuova visione del mondo la cui costruzione è stata avviata decisamente dalla fisica quantistica.
Usando questa nuova visione del mondo tante cose vanno in soffitta. Va in soffitta il concetto stesso di cambiamento: non si può dire cosa si deve cambiare. Si può dire cosa si può aggiungere. Va in crisi ogni appetito dirigistico ed ogni retorica dei talenti che serve solo a giustificare posizioni di privilegio assurde.

Va in crisi tutto il modello della società industriale che della fisica classica è una realizzazione.

giovedì 1 maggio 2014

Primo Maggio, lavoratore strategico e lotta sulle deleghe

di
Francesco Zanotti


Non ci sono storie, la reale strategia dell’impresa è generata dai comportamenti, e, quindi, dalle risorse cognitive, delle persone che lavorano in “prima linea”: produttori e venditori.
E, poiché non si possono prescrivere i comportamenti delle persone, si deve riconoscere che, in realtà, sono le persone che gestiscono, anzi progettano costruiscono, anche se inconsapevolmente, le imprese. La partecipazione non è una scelta: è un dato di fatto. Ed è molto più partecipazione di quanto si creda.
Purtroppo oggi è una partecipazione disordinata. Infatti i sistemi di risorse cognitive delle persone sono diversi, troppo spesso ideologici. E i comportamenti scelti non sono cooperativi e coordinati.
I manager dovrebbero essere in grado di riconoscere questa inevitabile delega di fatto della strategia alle persone. Ed essere in grado di aumentare patrimonio di risorse cognitive delle persone stesse e fare in modo che il loro progettare e attuare comportamenti generi un’azione comune strategicamente efficace.
Il non farlo genera conflitti interni e una scarsa capacità di costruire nuovi mercati. Il non gestire risorse cognitive e progettualità diffusa è la vera origine della crisi che stiamo vivendo.
Perché i manager non riescono a gestire risorse cognitive e progettualità? Perché il sistema di conoscenze e metodologie manageriali di cui si dispone (sia il management che l’accademia) non spiega come si sviluppa l’intreccio tra risorse cognitive relazioni e comportamenti e, quindi, non fornisce indicazioni su come gestirlo.
Allora se vogliamo veramente onorare il Primo Maggio avviamo una grande sforzo progettuale per sviluppare e diffondere tra i manager le conoscenze e le metodologie per gestire un lavoratore che non è solo esecutivo, ma strategico. Nel senso che è lui che fa la strategia.
E la lotta delle deleghe che si è sviluppata tra i Vertici delle Poste? Un banale conseguenza del pensare che sia il potere a governare una impresa. Dopo tutto quello che abbiamo detto, è chiaro che si tratta di una convinzione destituita di fondamento.


...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.