giovedì 30 maggio 2013

Galileo e riforme

di
Francesco Zanotti


Andrea Ichino sul Corriere della Sera di martedì 28 maggio sostiene che “Mentre si discute delle regole del gioco [...] il governo potrebbe usare il suo tempo raccogliendo dati e sperimentando riforme su piccola scala che poi forniranno utili informazioni .. “ per decidere come impostare grandi riforme".
In particolare, sostiene la necessità di effettuare, anche in campo sociale, sperimentazioni controllate, come si fa in campo medico "per valutare gli effetti delle terapie”.
Credo che l’impostazione sia  …. Insomma non so che aggettivo mettere, per non sembrare aggressivo … Allora dico, semplicemente: sbagliata.
Infatti, si usa come riferimento il modello di ricerca della fisica classica che grazie alle intuizioni di Galileo, ha generato la stessa fisica classica e la società industriale.
Ma questa modalità di ricerca/conoscere non va bene per i sistemi sociali. Non bene anche per tutti i sistemi fisici.
Provo ad indicare alcune ragioni, anche se molto sommariamente, che sostengono questa mia affermazione.
Innanzitutto, sistemi sociali danno risposte alle domande che gli vengono poste. In realtà, anche la natura si comporta nello stesso modo.
Questo significa che quando scelgo una situazione controllata, faccio una scelta che dipende dal sistema cognitivo di cui dispongo. Una situazione controllata non è isomorfa alla società nel suo insieme, ma è una rappresentazione del sistema cognitivo dello sperimentatore. Questo significa che le risposte che raccolgo in una situazione controllata, mi permettono di trovare leggi (io direi solo correlazioni statistiche e non leggi) che valgono solo in quella situazione. Non possono essere estrapolate alla società nel suo complesso.
Di più: il risultato che ottengo non dipende solo dalle domande, ma dal modo (dal processo) con cui le formulo. Questo significa che le risposte sono co-create dallo sperimentatore.
Siamo su un blog, non è possibile un approfondimento maggiore.
Rimane la domanda: che fare?

domenica 26 maggio 2013

Il cervello: la nostra “arma” migliore …

di
Francesco Zanotti



Oggi tutti sembrano sostenere questa tesi … ma con una superficialità che fa paura. Non si indica come usare quest’arma. Anzi la si mitizza e, quindi, la si rende inutile.
Ragazzi, il cervello, la mente (ecco cominciamo a dire che già su questa distinzione ci si perde) costruiscono e operano attraverso risorse cognitive. Se le persone non rinnovano continuamente il proprio patrimonio di risorse cognitive, questo tende a cristallizzarsi. Ed allora le persone ripetono sempre la stessa cantilena come un disco rotto. E rotto tanti anni fa perché quella cantilena racconta di mondi oramai impossibili.
Il problema complessivo (la crisi che oggi viviamo) è frutto di una classe dirigente che non cambia il proprio patrimonio di risorse cognitive da decenni. Quali sono le risorse cognitive che usa? La prima è la visione classica del mondo che si concentra in due avverbi: ”logicamente” e “oggettivamente”. Essa costringe ad un pensiero sempre ideologico e conflittuale. La seconda è la narrazione del “mercato” come competizione. E costringe a strategia di competitività che hanno come unico risultato la conservazione.
Signori dite che non ci sono idee e, contemporaneamente, che il cervello è la nostra arma più rilevante. Sembrano in contraddizione. Ma non lo sono. Non ci sono idee (soprattutto grandi idee, grandi narrazioni) perché le classi dirigenti non fanno evolvere le loro risorse cognitive da decenni. E, quindi, ripetono solo loro stesse. Volete cambiare il mondo? Non cambiate classi dirigenti. Cambiate il patrimonio cognitivo delle classi dirigenti.


lunedì 20 maggio 2013

Il lavoro e il bene comune: da san Paolo alla nostra Costituzione


di 
Cesare Sacerdoti
c.sacerdoti@cse-crescendo.com 




Oggi per i cristiani cattolici si festeggia la Pentecoste, irruzione del Cielo sulla Terra in cui “tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi” (Atti degli Apostoli 2, 1-11). San Paolo, commentando l’avvenimento, sottolinea che “A ciascuno è data una manifestazione particolare dello spirito per il bene comune" (1 Cor 12, 7).
Questa frase mi richiama l’articolo 4 comma 2 della Costituzione Italiana:ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società
Trovo straordinario come i due scritti, seppur a distanza di quasi due millenni e partendo da logiche e presupposti molto diversi, giungano entrambi a richiedere a ogni persona di contribuire, secondo le proprie caratteristiche, alla costruzione di un bene comune che non può essere immediato e statico, ma che deve progredire tenendo conto anche delle generazioni future.
E lo strumento per la costruzione di questo bene comune è il lavoro, il nostro lavoro di tutti i giorni, quello dei lavoratori, degli artigiani, dei manager, dei professionisti, dei casalinghi, degli imprenditori, degli studiosi, dei religiosi e dei politici, ma, anche se in modo diverso, anche degli studenti e dei pensionati.
Allora il lavoro si arricchisce di una responsabilità, non solo verso il fruitore diretto del proprio operato (datore di lavoro o “cliente”), non solo verso se stessi e la propria dignità, ma anche verso la collettività, presente e futura.
Ma se così è, ne consegue che ciascuno di noi è chiamato a partecipare alla creazione del mondo attuale e futuro, perché, come dice Zagrebelsky “il lavoro è anche compimento della persona, della sua capacità creatrice, quasi compartecipazione all'opera del Creatore” (da: Fondata sul lavoro, Einaudi 2013).

mercoledì 15 maggio 2013

Cala l’inflazione per la crisi?


di
Francesco Zanotti


In ogni sistema complesso non vi sono causalità monodirezionali. Se è vero che un periodo di crisi frena l’inflazione, si può fare anche un ragionamento quasi opposto.
Il calo dell’inflazione è anche il segno che i manufatti che costruisce il nostro sistema produttivo e distribuisce il nostro sistema distributivo interessano meno.
Se così è, il calo dell’inflazione segnala la causa della crisi: appunto un sistema di manufatti che interessa sempre meno.
Se poi si pensa che questi stessi manufatti, i sistemi produttivi che li costruiscono, le location dei siti produttivi e le modalità di distribuzione (trasporto compreso) non sono sostenibili, allora si capisce che si uscirà dalla crisi solo se “emergerà” un nuovo sistema produttivo e distributivo.
Come fare a farlo emergere? Lo abbiamo detto mille e trecentociquantatre volte: attraverso la strategia della conoscenza.

sabato 11 maggio 2013

La scuola come passaggio di consegne nella storia


di
Francesco Zanotti




In una cassapanca del futuro ho trovato il discorso del primo giorno di scuola di un maestro del 2332.
“Ragazzi, oggi inizia il vostro cammino nella storia dell’uomo. La vostra vocazione inevitabile è scriverne il prossimo capitolo. Tocca a voi e solo a voi scegliere se sarà un capitolo glorioso o miserevole. Noi maestri dobbiamo rivelarvi dove siamo arrivati e come ci siamo arrivati. Con la consapevolezza che non sapremo andare più avanti. Ci rendiamo conto che sottoponiamo al vostro giudizio la storia dell’uomo e la nostra vita, ma è un passaggio obbligato dalla dinamica del vivere e del morire. Se oggi tocca a voi giudicare, poi toccherà a voi esser giudicati.
Intraprendete questo cammino con speranza: noi siamo orgogliosi della storia dell’uomo, del capitolo che abbiamo scritto. Non ne neghiamo le nefandezze: ve le racconteremo tutte. Ma vi guideremo anche alle meraviglie che abbiamo costruito.
Spero che riusciremo a infondervi lo spirito profondo dell’Uomo che, se vuole, attinge all'infinito …” Poi il testo si è sbiadito …

martedì 7 maggio 2013

Ei fu … In morte di Andreotti


di
Francesco Zanotti


Sì, forse è esagerato: Andreotti non è stato Napoleone (anche se le date suggeriscono la similitudine) io non sono il Manzoni. Ma, confrontando lo spessore culturale di Andreotti e dei politici della sua generazione (di qualunque parte politica) con i politici attuali (anche in questo caso di qualunque parte politica), viene proprio voglia di imitare Manzoni.
Domanda …
ma se ogni uomo è caratterizzato da una sua ignoranza inevitabile …
se questa cresce tanto più quanto meno si cerca di colmarla …
se i nostri politici attuali non hanno certo la voglia di studiare …
se un crescente gap di conoscenza (per non ripetere la parola ignoranza) non lascia presagire nulla di buono …
E la domanda? Ma… volevo farla (perché non chiediamo loro di mettersi a studiare invece di auto rappresentarsi puerilmente?), ma mi è presa una botta di sconforto: a che serve?

venerdì 3 maggio 2013

Conoscenza e speranza


di
Francesco Zanotti


Ci sono alcune categorie di persone che è inutile che leggano questo post.
Quelli che si appellano ad una concretezza che è tale solo all’interno dei suoi limiti cognitivi.
Quelli che vogliono combattere nemici e vincere.
Quelli che … la mia esperienza e poi basta.

Deve leggerlo, invece, chi vuole salire sulle spalle dei giganti ed accettano di fare la fatica per riuscirci.

“Nulla è più pratico di una buona teoria“ sosteneva Albert Einstein. E lo stesso anche Kurt Lewin e molti altri.

Noi oggi abbiamo bisogno di un’ottima ed urgente nuova pratica: la capacità di generare un nuovo sviluppo. Quindi, abbiamo bisogno di un’ottima e nuova teoria dello sviluppo che strutturi questa pratica.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.