venerdì 30 dicembre 2016

La retorica della Società Aperta

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per retorica

Ho letto l’articolo di fondo di Beppe Severgnini sul Corriere di oggi dal titolo “La Società Aperta da salvare”. Dietro l’espressione “Società Aperta" vi sono solo luoghi comuni. Di chi vuole salvare quella società che gli ha assegnato il ruolo di piccolo guru delle banalità borghesi.

Ho provato a mettere insieme le “parole” con le quali Severgnini descrive la Società Aperta che occorre salvare.
Sono riuscito a fare un elenco puntato di tante “cose” diversissime le une dalle altre:
La Società Aperta, secondo Severgnini, è quella dove:
  • si scambiano idee, persone, merci e servizi
  • vi è libertà di opinione e di informazione
  • vige lo stato di diritto
  • la competizione viene considerata un valore
  • il potere di scelta è all’individuo
  • vi è il primato della legge, dei commerci e dei trattati
  • si fanno riforme lungimiranti
  • vige il suffragio universale
  • vi è istruzione primaria gratuita e pubblica
  • è in vigore la previdenza sociale.
Il problema è, sempre secondo Severgnini, che oggi stanno proliferando i nemici, soprattutto i populisti, della società Aperta e la vogliono distruggere. E noi tutti insieme la si deve difendere.

Ora, la descrizione fatta da Severgnini non è certo un modello di chiarezza e di completezza.
Fermatevi anche solo alla prima caratteristica della Società Aperta: in essa si scambiano idee, persone, merci e servizi. Ecco, non pensate sia una affermazione del tutto generica? Che si attivino scambi è strutturale in ogni tipo di società.  E’ avvenuto, in ogni modello sociale in tutta la storia. Il Nostro dovrebbe dire in cosa consiste il modello di scambi di idee, persone, merci e servizi tipico di quella che definisce Società Aperta e cosa invece i nemici della Società Aperta propongono in alternativa  

Se passate poi agli altri punti dell’elenco, la genericità continua a regnare sovrana. Non si dettaglia, non si dice cosa propongano i nemici della Società Aperta. Forse, ad esempio, non vogliono il suffragio universale?
Volete la mia impressione? Il richiamo alla Società Aperta è solo una affermazione retorica che ha l’unico scopo di cercare di classificare nemici che giudica antipatici a pelle come coloro che si oppongono alla Società Aperta. E la sensazione è che Severgnini consideri questi nemici trinariciuti mangiatori di bambini che aborrono come la peste il concetto di “apertura”.

Concludo: credo che siamo di fronte non ad idee sbagliate da combattere con idee giuste. Siamo solo di fronte a sparate banali di personaggi che, narcisisticamente, sopravvalutano irresponsabilmente la loro banalità cognitiva.

Auguri a tutti perché nel 2017 si inizi un percorso di studi ed approfondimenti che ci permetta di progettare la nuova società del prossimo futuro.

domenica 25 dicembre 2016

Non basta essere onesti e volenterosi

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per non basta

La crisi dei nuovi politici ha una radice fondamentale: dispongono di un sistema di risorse cognitive troppo povero. E l’onestà e la buona volontà rischiano di essere controproducenti. Di spingerli a battaglie contro i fantasmi.

Se si dispone di un sistema di risorse cognitive troppo povero, non si riesce a leggere la complessità del reale. Non si riescono ad immaginare progetti di sviluppo, ma ci impegola in litigi da vicolo.

La delusione è dietro l’angolo. Ma neppure dalla delusione si riesce ad imparare: la colpa non è delle proprio insufficienze cognitive ma di qualche gruppo di “cattivoni” (i poteri forti di turno) che per motivi innominabili si oppone ad ogni moralizzazione.

giovedì 22 dicembre 2016

Siamo noi ad essere incerti, non il mondo

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per magritte

Alla domanda “viviamo in un mondo di incertezza?”, la risposta è drasticamente: no!
Allora se il futuro non è incerto, si può prevedere il futuro? La risposta è ancora drasticmente: no! 
Il futuro va costruito.

L’occasione a questa sparata è un articolo apparso oggi sul Sole 24 Ore a firma di Fabrizio Galimberti che, appunto, sostiene che viviamo in un’epoca di incertezza preoccupata. Incertezza perché accadono fatti inattesi (imprevedibili). Preoccupata perché non si riesce a costruire un giudizio condiviso della situazione attuale. Del tipo: ma andiamo meglio o peggio?
Ora, non è vero che i fatti citati (i soliti: Brexit, Trump ) erano imprevedibili. Erano, però, imprevedibili solo per chi vuole sostanzialmente “aggiustare” l’attuale sistema economico-sociale e lo fa cercando, anche matematicamente, punti di equilibrio desiderabili sui quali far convergere il sistema.
Infatti, innanzitutto, l’attuale sistema non è né naturalmente né antropologicamente sostenibile. Quindi non si può pensare di stabilizzarlo. In più, è un sistema “vivo” che fa emergere continuamente nuove potenzialità di futuro. Se si trascuriamo queste potenzialità di futuro, esse se ne fregano e si sviluppano per conto loro generando fatti che per chi non ha visto le potenzialità appaiono sempre negativi.
Se poi si vuole discutere la cosa da un punto di vista matematico, certamente si possono trovare punti di equilibrio, ma se ne trovano troppi. Finisce che il senso dello studiare equazioni macro economiche sia: potete portare il sistema economico dove diavolo volete: tutto è possibile.

Ecco, appunto il problema, però, è che non sappiamo dove vogliamo andare. Siamo noi ad essere incerti, non il mondo. In quest’ottica non ha senso parlare di “previsioni”. Dobbiamo solo dare sostanza alla indicazione: potete andare dove volete. Detto diversamente, il futuro non va previsto. Va progettato e realizzato.


lunedì 19 dicembre 2016

La saggezza in un film di Bisio

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per Benvenuto Presidente

Si tratta del film “Benvenuto Presidente”. E’ la parodia di un intero universo politico. Ci sono tutti: i Poteri forti, la mafia, i servizi deviati, tre politici corrotti a capo delle tre aree politiche che contano si combattono in pubblico, ma poi costituiscono una cupola affaristica … E, poi, il finale è saggio.

Si tratta della storia di un povero pescatore che ha la fortuna (o la sfortuna) di chiamarsi Giuseppe Garibaldi. Si tratta di eleggere il Presidente della Repubblica, ma  questa volta i tre politici corrotti non riescono a mettersi d’accordo.  Per fare vedere i “muscoli” ognuno agli altri, decidono, ognuno per contro proprio, di far votare a tutti i loro deputati e senatori un nome simbolico. Purtroppo (o per fortuna) scelgono tutti lo stesso nome che sembra loro davvero solo simbolico: Giuseppe Garibaldi, appunto.
Giuseppe Garibaldi supera il quorum per essere eletto e si scopre che in realtà un Giuseppe Garibaldi eleggibile c’è davvero. E’ il Bisio pescatore di montagna. L’elezione di Giuseppe Garibaldi alla Presidenza della repubblica diventa effettiva.
Bisio\Garibaldi viene portato al Quirinale e qui inizia una serie di gustosi eventi che, come dicevo poco sopra, costituiscono una sottile parodia di tutto un universo politico.
Per dare qualche idea di quanto sia scoperta e di buon gusto la parodia, si pensi che i Poteri forti sono persone. Quando i politici corrotti vengono convocati da questi poteri forti arrivano in una grade sala al centro della quale vi è una tavola imbandita i cui commensali sono: Pupi Avati, Lina Wertmuller, Steve Della Casa e Gianni Riondino. Essi certo non cercano di comunicare il mistero dei poteri forti. E finisce tutto in farsa sussurrata, sorrisa, mai gridata.
Bisio Garibaldi smonta tutta la vecchia politica, raccoglie un consenso inusitato, ma alla fine si dimette. E la ragione è cristallina, quasi profetica. “Uno come me - dice Bisio-Garibaldi va bene per rompere gli equilibri. Ma poi per ricostruire ci vuole gente molto più preparata …”.
Salvini, Grillo, Renzi (sociologicamente non c’è differenza), nel passato Berlusconi, ancora più indietro il Guglielmo Giannini dell'Uomo qualunque, vanno forse bene per smontare il presente e farsi eleggere. Poi quando devono costruire dimostrano loro e i loro seguaci, quasi ogni giorno, che per riuscirci ci vuole davvero gente molto più preparata …  


venerdì 16 dicembre 2016

Non solo i politici, ma anche i commentatori sembrano impotenti

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per europa bandiera ammainata

Oggi è uscito, in prima pagina sul Sole24Ore, un editoriale di Adriana Cerretelli che, commentando  il 45° summit Europeo, denuncia l’immobilismo dei leader europei. Manco più la “foto di famiglia” conclusiva hanno fatto, commenta amaramente. La denuncia è documentata, ma poi il nulla.

L’editoriale di Adriana Cerretelli indica con grande completezza e consapevolezza, tutte le questioni politiche ed economiche aperte (problemi epocali) che richiederebbero risposte immediate e, possibilmente unitarie, da parte del leader Europei. Il problema è che le risposte a queste vengono, invece, vertice dopo vertice rimandate. Non tedio il lettore ripetendo i contenuti dell’articolo.
Voglio soffermarmi, però, sulla “chiusa” che mi sembra più preoccupante delle stesse gravisime questioni aperte.
Conclude il suo editoriale Adriana Cerretelli: “C’è solo da sperare che, finita la febbre elettorale, ritrovi (il soggetto è: l’Europa) in un modo o nell’altro se stessa.”:

Ritengo questa chiusa più preoccupante dei problemi stessi perché, innanzitutto, porta a riflettere che se davvero il momento chiave della democrazia, cioè le elezioni, sono così dannose (impediscono che si affrontino i problemi), tra le questioni aperte c’è anche quella del senso e della funzione della democrazia rappresentativa.
Ma, soprattutto, mi sembra preoccupante perché denuncia che non sappiamo da dove viene questa incapacità ad affrontare le questioni aperte. E tanto meno sappiamo come eliminarla. Se si dice “c’è da sperare” si dichiara impotenza.


Risuona con questa tesi l’opinione espressa dal Ministro Orlando, sempre sul Sole24Ore di oggi: “ … rischiamo (all’interno del PD) di avere più candidati che idee. “.

Conclusione: alla impotenza dei politici si affianca l’impotenza dei commentatori …

Esistono tentativi di reazione, ma conducono a soluzioni che sono peggio del problema.
La prima soluzione è nasce dal pensare che le classi dirigenti hanno il loro bell’interesse all’immobilismo. Così ragionando, però, si finisce nel complottismo e in violente derive rivoluzionarie.
La seconda soluzione è quella delle risposte semplificanti che, però, conducono a populismi che possono anch’essi diventare aggressivi generare le stesse violente derive rivoluzionarie.

E noi che disertiamo intorno all’impotenza, che facciamo per superarla?
La risposta è semplice: basta seguire il nostro blog ed emerge la nostra risposta. Il problema consiste nelle risorse cognitive usate da politici e commentatori: non bastano. Sono così anguste che non permettono una visione complessiva della situazione attuale, ma costringono all’impotenza o alle derive complottiste o populiste che sono parenti stretti.
La soluzione non è cambiare le classi dirigenti, ma dare loro nuove risorse cognitive. Il primo risultato dell’usare nuove risorse cognitive sarebbe quello di accorgersi che le questioni aperte appaiono come problemi perché sono la conseguenza di non aver ascoltato le mille potenzialità di futuro (i Segni dei Tempi futuri) che si stanno alzando alti e forti. La conseguenza dello snobbare quelle risorse “poietiche” per potrebbero far emergere una nuova economia ed una nuova società. Infatti, le potenzialità non sfruttate si trasformano inevitabilmente in problemi. I problemi, le questioni che stiamo affrontando.
Ma quali sono queste risorse cognitive? Davvero in questo blog ne parliamo continuamente e diffusamente …


giovedì 15 dicembre 2016

Devo fare pratica di conversazione

di  
Francesco Zanotti 

 Risultati immagini per millennials

Consiglio un libro sorprendente e preoccupante: “La conversazione necessaria” di Sherry Turkle, traduzione italiana Einaudi. I millenials … rischia che abbiano paura di un dialogo in presenza. Cioè l’uno di fronte all’altro.

L’Autrice riferisce dell’opinione di un ragazzo … “Un giorno, probabilmente presto, ma certamente non adesso, vorrei imparare a reggere una conversazione.”
Cioè: la ”normale” educazione di un ragazzo non prevedere che impari a conversare. Anche i momenti si socialità (il pranzo in famiglia, ad esempio) sono pregni del silenzio, intercalato dai suoni che annunciano all’arrivo di messaggi …
Altra incapacità è quella di leggere in profondità (Maryanne Wolf).
Come i neuroscienziati insegnano, se una certa facoltà mentale non la si esercita tende a non svilupparsi o anche a spegnersi. Il conversare e il leggere in profondità sembra che siano tra queste.
Ogni commento è superfluo …
  






...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.