sabato 30 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre Obama e Renzi: il non avere.

di
Francesco Zanotti


Il primo (Obama) non ha una strategia per la Siria (cioè per il Medio Oriente): parola di se stesso.
Il secondo (Renzi) non ha un progetto per il Paese: parola di Giorgio Squinzi.
Verrebbe da dire: la volontà e l’energia di cambiamento senza contenuti.
Yes, we can” … ma cosa? Nel cercare di decidere cosa Obama è invecchiato.
Ricordo un post di questo bolg di quattro anni fa “Obama e i sogni piccoli piccoli”
Allora oggi? Come diceva inascoltato quel post, noi stiamo sviluppando un progetto per questo Paese: lo abbiamo chiamato “Expo della Conoscenza”. Lo presenteremo il 10 di ottobre con il patrocinio della Provincia di Milano e del Parlamento del Mediterraneo.
Ne anticiperemo i contenuti in questo blog.
La proposta complessiva? Occorre cambiare la struttura cognitiva della società attuale. Il buttare una nuova struttura cognitive in una società è il modo più veloce ed efficace per costruire un nuovo sviluppo etico ed estetico. Rinascimento docet.


mercoledì 27 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre Scuola sì, ma quale?

di
Francesco Zanotti


Il nostro Premier dà grande importanza alla scuola, tanto che vuole essere lui il protagonista di una sua grande riforma.
Che cosa pensare? Non so: mancano alcune informazioni fondamentali.
Quella fondamentale è: quale ruolo si assegna alla scuola?
Il ruolo tradizionale della scuola, di qualunque ordine e grado, è quello di diffondere conoscenza.
L’Università è un posto dove si crea conoscenza, ma solo da parte di docenti e ricercatori. Gli studenti, anche all'università, … studiano. E, poi, fanno gli esami per valutare la conoscenza appresa..
Ora, questo modello di scuola ha senso quando si dispone di una conoscenza acquisita da consegnare in mano alle giovani generazioni. Ma oggi non siamo in questa condizione.
Le conoscenze che possiamo considerate “assodate” (da insegnare e da imparare) sono poche e strettamente strumentali in ambiti ristretti. Anche nell'ambito delle scienze naturali si è convinti delle necessità di intraprendere una rivoluzione. Ad esempio, come tutti sanno, le attuali conoscenze fisiche riguardano solo il quattro percento di quello (materia + energia) che esiste nell'universo. E questo quattro percento di conoscenze è scosso da problemi non da poco.
Allora è necessario un nuovo modello di scuola che abbia come mission fondamentale quella di costruire la nuova conoscenza che sta alla base di una nuova società.
Un modello di scuola che, ad esempio, non è fondata su corsi, ma progetti di ricerca. Progetti di ricerca anche alle elementari? Certo che si! Progetti di ricerca alle scuole professionali come servizio allo sviluppo dei territori. I costi della scuola diventerebbero investimenti specifici sul breve e non generici sul lungo. Penso ad una scuola, strumentale? No! Penso ad una scuola profetica dove ogni anno docenti ed alunni saranno valutati sulla nuova conoscenza che hanno generato. Fondamentale o applicativa che sia.
Un modello di scuola, poi, che supera la specializzazione attuale e si orienta a conoscenze trasversali come la sistemica.
Un modello di scuola che …
Ma, quale scuola vuole il nostro Governo?


domenica 24 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre. Uccidere o far emergere una nuova realtà

di
Francesco Zanotti



Il verbo uccidere intende descrivere un processo di annientamento.
Oggi forse è il verbo che descrive maglio la tendenza lungo la quale si stanno incamminando le relazionalità tra persone, gruppi e nazioni.
L’uccidere fisico che è diventato cronaca non solo in qualche “altrove” che percepiamo distante, ma anche in casa nostra. L’uccidere simbolico che è la regola nei dibattiti sociali, politici e culturali. La rabbia esistenziale contro l’avversario.
E’ un problema di risorse cognitive.
Lo spazio vitale delle persone e dei gruppi è diventato complesso. Il sistema di risorse cognitive delle persone non è in grado di capirlo e gestirlo. Questo significa che ogni persona o gruppo si costruisce una immagine dello spazio in cui conduce la propria esistenza troppo angusta, ma ideologica. Essa non può certo coincidere con quella che se ne fanno le altre persone e gli altri gruppi. Ma siccome è ideologica (pensa di essere la vera realtà) non può costruire dialogo, ma deve inevitabilmente scontarsi.
Poiché il mondo tende a diventare sempre più complesso, mentre i sistemi cognitivi di persone e gruppi tendono a staticizzarsi (ideologie di pensiero che costruiscono ideologie di realtà) la differenza diventa insopportabile e la relazionalità raggiunge la massima violenza: l’uccidere.
Per eliminare la deriva dell’uccidere e per costruire una nuova convivenza occorre arricchire i sistemi cognitivi di persone e gruppi. E poi attivare un governare che costruisce sintesi e non imponga visioni di qualche maggioranza.



mercoledì 20 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre EXPO 2015: dai muri prima ai muri dopo???

di
Francesco Zanotti


E’ partita la campagna “Dopo Expo”.
Si sono costruiti i muri, li si useranno. Ma i previdenti dirigenti di Expo 2015 stanno già pensando a come usare gli spazi e i muri quando l’Expo sarà finito.
E il problema della nutrizione? Rimane negli interessi di qualche intellettuale, di pochi specialisti che animano e animeranno qualche convegno.
Come avrebbe potuto essere diversamente?
Il “prima”: un grande progetto di ricerca per trovare una risposta al problema della nutrizione di una specie (quella umana) che a fine luglio ha già consumato le risorse che il Pianeta produce in un anno.
Il durante: un grande dibattito per generare un “Progetto Strategico per l’alimentazione” firmato da tutti i Paesi partecipanti, dove si sarebbe detto come si sarebbe affrontata la sfida della alimentazione.
Il “dopo”: un processo di progettualità continua per verificare, migliorare, aggiornare il Progetto Strategico per l’alimentazione
Insomma l’Expo 2015 avrebbe potuto essere la prima occasione in cui la gran parte dell’umanità si metteva insieme per costruire un Progetto di Futuro Comune.
Così non è stato e rischia che così non sarà. Sembra che noi italiani si sia interessati solo al fare muratori e geometri, anche poco onesti.
Noi, però, non abbiamo perso le speranze. Il 10 ottobre presenteremo un progetto perché qualcosa ancora si può fare. Dobbiamo dirlo: malgrado Bracco e Sala.


lunedì 18 agosto 2014

Aspettando il 10 Ottobre: Aspirare alla crescita cinese mentre i cinesi vogliono scappare!

di
Luciano Martinoli


Tutto il mondo invidia e vorrebbe avere tassi di crescita dell'economia alla "cinese". Ma il 64% dei cinesi ricchi, dunque coloro che hanno i mezzi economici per campare bene, vogliono emigrare.
E' quanto rivela una ricerca riportata da Wall Street Journal di una società di ricerche di Shangai.
Le motivazioni sono molteplici: qualità della vita scarsa, inquinamento, dubbia sicurezza sui cibi, sistema giudiziario debole e incerto, sistema scolastico disastrato e polarizzato a produrre "operai" (anche intellettuali), sistema dei diritti e delle tutele dei cittadini inesistente.

Ragioniamo però per un attimo al contrario: e se fossero solo queste le condizioni necessarie per una crescita del sistema economico "industriale"? A ben pensarci sono le stesse della Londra degli albori della società industriale, e di tanti altri luoghi che iniziarono a realizzare tale modello di società.
Vogliamo davvero "pagare" la crescita economica con tutto quanto sta accadendo in Cina (e che spinge proprio i cinesi facoltosi a voler fuggire)?
Penso proprio di no.
Allora è il momento di progettare un modello di società diverso, profondamente diverso.
Potremmo mai farlo con le convinzioni sull'economia, la società, la politica che abbiamo adesso?
I risultati finora ottenuti ci urlano in faccia un secco "no". A ben vedere inoltre c'è un inconsapevole rifiuto nel farlo, basta pensare alle invocazioni di "ripresa" di qualcosa che si sa cosa produce.

Ecco allora la necessità di dotarsi di "nuove conoscenze".
Ma dove reperirle? Ci vorrebbe un "expo" di esse per poterle conoscere.
Ecco cosa faremo a partire dal 10 ottobre. Ma c'è bisogno di tutti 

domenica 17 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre Ancora sulla matematica: contenuti mai!

di
Francesco Zanotti



Stamattina ho comprato, come sempre d'altronde, il Sole 24 Ore che contiene lo splendido inserto culturale “Domenica”. Ed ho subito visto che proponeva un doveroso commento alla medaglia Fields per la matematica assegnata a Maryam Mirzakhani.
L’ho subito cercato per verificare quante sciocchezze avessi detto nel mio commento di qualche giorno fa.
Ed ho scoperto con sorpresa che non si parlava di contenuti: solo sociologia di genere spicciola.
Credo che il rifiuto di esporre i contenuti (cosa studia Maryam Mirzakhani e perché i suoi studi sono importanti) all’inclito volgo sia, da parte dei matematici, come da parte di troppi scienziati, una presunzione che svilisce la ricerca.
Il tentare di illustrare i contenuti non è solo divulgazione. Anzi, non deve essere divulgazione. E’ una nuova forma di ricerca fondamentale. Una ricerca che si avvale di due nuovi armi: l’utilizzo di nuove linguaggi e la ricerca di senso.
Mi spiego.
Le conoscenze, la scienze in particolare, la matematica in particolarissimo, si stanno chiudendo sempre di più in specializzazioni del tutto autoreferenziali che non comunicano neanche più tra di loro, all'interno della stessa scienza. Si dice che l’ultimo matematico che sia stato in grado di padroneggiare tutta la matematica sia stato Poincarè, morto nel 1912.
E’ il naturale approdo dell’approfondimento della ricerca? No! E’ il risultato di usare solo linguaggi specialistici. Sempre più specialistici che portano a creare isole di pensiero incomprensibili all'esterno. E sempre più aggrovigliate. Il voler tradurre i temi di ricerca in un nuovo linguaggio potrebbe funzionare come una sorta di liberazione che riuscirebbe ad indicare nuovi percorsi di ricerca. Proprio la matematica e la fisica stanno sperimentando la fecondità della trasgressione: impicciarsi di altre scienze e lasciare che altre scienze si impiccino della propria ha portato negli ultimi decenni a risultati importanti. La teoria delle stringhe ne è la prova. Una nuova teoria fisica che ha permesso lo sviluppo di una nuova matematica. Tanto che Edward Witten (forse il massimo teorico delle stringhe) è stato il primo ed unico fisico a vincere nel 1990 la Fields Medal.
Il senso. Intendo dire che si possono immaginare nuovi percorsi di ricerca che abbiano come orizzonte di senso l’umano. Le diverse scienze sono anche (solo?) serbatoi di modi di pensare che possono permettere di ampliare la nostra capacità di parlare dell’umano. In un altro nostro blog ho cercato di dimostrare che contributo potrebbe dare il ”pensare topologico” alla riflessione sulle organizzazioni.

Allora decisivo è istituzionalizzare questo filone di ricerca: esplorare i diversi modi di pensare delle diverse scienze per capire come esse possano permettere lo sviluppo di nuovi sistemi umani. Lo abbiamo definito: Expo della Conoscenza.

venerdì 15 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre_1968: Paci e Husserl. Oggi: un complotto cognitivo inconsapevole

di
Francesco Zanotti


Dalla prefazione alla terza edizione italiana (1968) del famoso “La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale” di Edmund Husserl.
“La vera rivoluzione è la rivoluzione contro la tirannide tecnocratica, burocratica e militare. La società civile è debole, gli apparati sono tanto forti da aver paura della loro forza. Se noi diciamo che le verità è reale vinceranno gli apparati. Se noi lasciamo che la verità irreale diventi in noi vita della verità, e significato della verità, la vittoria sarà di tutti gli uomini del mondo.”.

Oggi io credo che la rivoluzione non debba essere armata, ma cognitiva. Non esiste un complotto dei cattivi per opprimere i popoli. Esistono apparati burocratici che, accecati dalla presunzione della verità, opprimono di fatto persone e società. Per combatterli occorre rivelare la pochezza delle risorse cognitive su cui si fondano le loro pretese di verità.

Oggi è particolarmente pericoloso l’apparato del “cambiamo il Paese”. Una volontà che si autodefinisce verità definitiva. Che condanna chiunque si oppone ad essa come fanno tutte le volontà di tutti gli apparati.
Occorre riprendere il cammino della ricerca e dell’approfondimento del mondo e della vita per annientare questi apparati. La “verità che diventa irreale” di Paci è la verità che è infinita, cioè potenzialità continuamente esplorabile, ma inesauribile. Dalla quale possono emergere tutti i mondi che si vuole.

Oggi è ancora più possibile di ieri esplorare la verità inesauribile. Esistono tracce sparse che cercano solo di essere ricongiunte per costruire nuove strade. Propongo un solo esempio.

Husserl e, poi, Paci conoscevano la scoperta dell’inconscio che è l’infinita verità dentro di noi. Ma non l’hanno riconosciuta come tale, anche se nel libro di Husserl vi sono quasi 190 pagine dedicate alla psicologia.
Husserl e Paci non potevano riconoscere nel Vuoto quantistico l’infinità verità della Natura.

Oggi noi possiamo riconoscere, come in questo caso, l’emergere di nuove verità infinite nell’Uomo e nella Natura. E riprendere con nuova lena il cammino della ricerca e dell’approfondimento della verità infinita che è la strada per costruire una nuova economia ed una nuova società. Nessun apparato fermerà una rivoluzione cognitiva: manco si accorge che è in atto.


giovedì 14 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre Maryam Mirzakhani: Fields Medal

di
Francesco Zanotti


Ma perché ci impicciamo della Fields Medal, quindi della matematica, con il rischio di dire sciocchezze?
Perché l’idea di fondo dell’Expo della Conoscenza è quello di raccogliere i diversi modi di pensare che sono stati sviluppati dall'uomo e cercare di capire come essi ci permettono di immaginare e  costruire una nuova economia ed una nuova società.
E la matematica è una delle fonti più ricche di modi di pensare.

Allora, cogliendo l’occasione dell’assegnazione della Fields Medal (che è un po’ il Nobel, anche se meno ricco, della matematica) a Maryam Mirzakhani, mi è sembrato doveroso cercare di capire quali modi di pensare sviluppa questa dolce Signora. Sono la geometria iperbolica, la teoria ergodica e la geometria simplettica.

Cerchiamo di guardarci dentro.

La geometria iperbolica.
Noi tutti abbiamo come riferimento la geometria euclidea. Essa ci immette in un mondo “tutto dritto”.
Ma non c’è solo la geometria euclidea. Ve ne sono altre. Una di queste è la geometria iperbolica. Essa ci immette in un mondo curvo. Ma curvo negativamente, quasi a rivolgersi dentro se stesso.
Se voi immaginate una sella, ecco questo è un buon modello per una geometria che si rintana in se stessa.
La differenza fondamentale è nelle prospettive. Lo spazio Euclideo è uno spazio senza sorprese. Un mondo ordinato, ma passivo, che non apre prospettive. Se si disegna una parallela, essa si proietta in tutto lo spazio: una infinità di parallele che mai si incontrano.
Lo spazio iperbolico è … tutto un infinito. Se disegnate una retta, scoprite che ogni punto fuori di essa contiene infinite rette parallele a quella che avete disegnato. Se guardare due triangoli potreste scoprire che la somma dei loro angoli interni è diversa.
L’esplorare cosa accade in un mondo che si rinchiude su se stesso e, per proprio per questo, è molto ricco, è l’obiettivo di chi studia la geometria iperbolica.

La teoria ergodica
Tentando di dirla semplicemente, un sistema (meccanico) è ergodico se non fa differenza tra spazio e tempo.
Guardate quali stati (modalità di essere) può assumere un sistema. Se il sistema è ergodico la sua evoluzione nel tempo è semplice: assumerà, prima o poi, ognuno di questi stati.
Detto diversamente e un po’ audacemente, se un sistema è ergodico, so cosa accadrà nel suo futuro
Il problema è capire quali sistemi sono ergodici e quali no …

La geometria simplettica
Se volete andare avanti nello studio degli spazi non piatti, vi si aprono davanti due vie. La prima via è quella “più analitica” di studiare vettori ed angoli. E’ la via di Riemann. La seconda è quella "più sintetica” di studiare aree: è la geometrica simplettica.


Cosa hanno in comune queste tre aree di studi? Il cercare di capire i sistemi complessi: la loro struttura e la loro dinamica.

martedì 12 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre... Siamo Tutti giocatori di dama?

di
Luciano Martinoli


Una volta padre Nicanor portò al castagno una scacchiera e una scatola di gettoni per invitarlo a giocare a dama, ma Jose Arcadio Buendìa non accettò, affermando che non aveva mai potuto capire il significato di una contesa tra due avversari che erano d'accordo sui principi.
Padre Nicanor, che non aveva mai considerato il gioco della dama da quel punto di vista , non riuscì
più a giocarlo.
da "Cent'anni di Solitudine" di Gabriel Garcìa Màrquez


Tutti i giorni leggiamo o ascoltiamo dai media contese tra "avversari" che avanzano proposte politiche,
economiche, culturali. La contrapposizione, però, a guardarla da vicino, è all'interno di un contesto
comune, un "recinto" di idee accettato da entrambi. Di fatto una partita a "dama".
A cosa può portare questo "gioco"? Ad un contributo a cambiarlo, migliorarlo, inventarne un altro?
No di certo, lo scopo è solo quello di accertare un vincitore e un perdente, fino alla prossima partita.
Se per diletto un simile trastullo può essere accettabile, non lo è affatto quando si tratta di affrontare
la realtà, sia come singoli che, a maggior ragione, come comunità. Non abbiamo bisogno di vincitori o vinti
nel decidere come costruire il nostro futuro, continuando tristemente la stessa vita che non ci soddisfa più (per l'ostinata convinzione che la "dama" sia l'unico gioco giocabile).
Abbiamo bisogno di confrontarci sui "principi" di una nuova modalità, ascoltando le opinioni degli altri alla
ricerca di sorprese, vagando per le conoscenze dell'umanità con lo stesso desiderio, mettendo insieme una sintesi che appaghi tutti perchè ricca del contributo di ognuno.
Ma conosciamo i "principi", oggi identici per moltissimi di noi, sui quali costruiamo le nostre attuali dispute? Ci sono esplicite e note le "regole" all'interno delle quali facciamo le nostre mosse? E una volta esse siano chiare, abbiamo altre "risorse cognitive" sul confronto delle quali costruire nuovi principi?

Il 10 ottobre presenteremo un evento "sociale" che ha proprio questo scopo: l'Expo della conoscenza. La partecipazione e la comprensione delle sue motivazioni genererà la stessa reazione di padre Nicanor nel romanzo di Màrquez. In alternativa continueremo a giocare, in modo sempre più stanco e svogliato, a dama, con gli esiti scontati, e inutili, che già conosciamo.   

domenica 10 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre … Turbolenze, guerre e risorse cognitive

di
Francesco Zanotti


Dobbiamo riuscire e leggere anche la dimensione geo-politica in termini di risorse cognitive.
L’origine dell’emergere di turbolenze, fino alla guerra, in tanti Paesi che si affacciano sul Mediterraneo sta nella povertà di risorse cognitive che utilizzano i leader e i movimenti politici che guidano queste società. Questa povertà è “duale”, corrisponde nella diversità, alla povertà delle risorse cognitive di cui dispongono le nostre classi dirigenti.
Una sorta di alleanza delle ignoranze sta guidando verso lidi preoccupanti il Mediterraneo.
Risorse cognitive povere tendono velocemente a diventare ideologiche e, quindi, a generare intolleranza verso risorse cognitive diverse. Questo fa sì che si possano aggregare risorse di protesta, ma non di progetto. Quando la protesta riesce a scalzare una classe dirigente, poi, si impantana nella incapacità di generare proposte condivise e si generano inevitabilmente conflitti.
Scrive Alberto Negri suo Sole 24 Ore di oggi “Un mosaico di culture si sta frantumando e renderà ancora più povere e intolleranti le nazioni che nasceranno domani.”.
La nostra proposta dell’Expo della Conoscenza, che presenteremo il giorno 10 ottobre, proprio con il patrocinio dell’Assemblea Permanente del Mediterraneo, intende indicare il cammino attraverso il quale rendere disponibili alle classi dirigenti un nuovo sistema di risorse cognitive, capaci di trasformare la conflittualità in progettualità profetica.


giovedì 7 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre … Prima o poi …

di
Francesco Zanotti


Sperando che sia davvero “prima”, molto prima, ci si accorgerà che per uscire dalla crisi non servono riforme istituzionali. Non hanno alcun impatto prevedibile a breve sull'economia.
Non serve neanche cercare investimenti se non si dice in cosa si vuole investire e non si specifica come questi investimenti aumenteranno la capacità di generare cassa delle imprese.
Non serve neanche dichiarare e cercare di praticare una determinazione infantilmente ingenua. E neppure richiamarsi a romantiche energie nascoste.
Serve invece cambiare l’infrastruttura cognitiva della società diffondendo nuove risorse cognitive attraverso le quali sarà possibile costruire una nuova economia ed una nuova società.
Così, semplicemente. Come racconteremo il 10 ottobre.

martedì 5 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre … Sponsorship dell’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo

di
Francesco Zanotti


Il 10 Ottobre presenteremo, presso la Sede della Provincia di Milano col il Patrocinio della stessa, ufficialmente il nostro Progetto dell’Expo della Conoscenza.
Pubblico il testo che mi ha inviato l’Ambasciatore Sergio Piazzi, Segretario Generale dell’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo, di riconoscimento e appoggio alla nostra iniziativa.
E’ un riconoscimento particolarmente importante perché in questa assemblea sono presenti i Paesi che si affacciano sulle Rive del mediterraneo. In particolare sono presenti, insieme, parlamentari israeliani e palestinesi.

Egr. Presidente,
A nome dell’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo, La ringrazio per l’invito rivolto alla nostra organizzazione a sostenere l’evento Anteprima Expo della Conoscenza e susseguentemente l’Expo della Conoscenza 2015. La congiuntura internazionale e le difficoltà specifiche di ogni paese sono al centro delle riflessioni e degli obiettivi del Panel per il Commercio e gli Investimenti nel Mediterraneo, che opera sotto l’egida della Seconda Commissione dell’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo.
Pertanto, poiché le finalità della vostra iniziativa rientrano nel quadro del programma istituzionale perseguito dall’APM, con immenso piacere Le comunico la concessione del patrocinio gratuito all’evento in oggetto.
Colgo l’occasione per augurare ogni successo alla manifestazione, e voglia gradire, Presidente, l’espressione della mia più alta stima e considerazione.

Malta, 3 agosto 2014

Amb. Sergio Piazzi
Segretario generale


domenica 3 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre … Eccellenza, qualcuno ci dovrà andare …

di
Francesco Zanotti


Leggo stamattina sul Sole 24 Ore uno splendido articolo di Sua Eccellenza Bruno Forte, arcivescovo di Chieti e Vasto dal titolo “A Gerusalemme l’idea di futuro”. E’ un articolo emozionante perché parla di un luogo che unisce, in un modo che nessuna guerra può cancellare, “ i discepoli della Torah, del Vangelo e del Corano”. Mi permetto di aggiungere: figli dello stesso padre Abramo che lasciò la terra di Ur solo dietro la Promessa. Fratelli in quella Promessa che, come dice l’Arcivescovo “risplende nelle pietre di Gerusalemme, bagnate dal sangue di generazioni e generazioni” Questa infinita contraddizione, alla quale la mia generazione neppure ha tentato di dare una seppur parziale sintesi, affascina i giovani. E, aggiungo, richiama la loro responsabilità nel costruire una storia futura diversa.
Ma il suo articolo mi lascia una grande tristezza. Dice l’Arcivescovo che doveva guidare un pellegrinaggio di giovani a Gerusalemme, ma gli eventi di questi giorni e la conseguente pressione delle famiglie l’hanno convinto a desistere.
Eccellenza, mi permetta di dire: ci doveva andare lo stesso. Chi ha avuto l’idea, ne ha la responsabilità della realizzazione, proprio davanti all’Altissimo, Autore della Promessa.

Prima o poi qualcuno dovrà andare a manifestare in quella terra la forza della Promessa. Si immagini una grande processione lungo quelle pietre millenarie dove ogni credente esibisce il simbolo della Fede dell’altro. Ebrei con in mano il Corano, Mussulmani con la Torah, Cristiani con il Corano … e tutte le combinazioni possibili. Una manifestazione davanti ai soldati di tutti gli schieramenti, a governanti blasfemi, chiamandoli ad unirsi alla manifestazione in nome di quella Promessa che, stupidamente, cercano di interpretare con le armi.

venerdì 1 agosto 2014

Aspettando il 10 ottobre … Non farsene una ragione

di
Francesco Zanotti


E’ lo stesso titolo dell’articolo di fondo di Giuseppe De Rita oggi sul Corriere.
E’ un richiamo a superare l’apatia.
Ma, poi, non si dice come.
Noi, che stiamo organizzando l’evento del 10 ottobre, abbiamo una proposta sul come fare che rende ancora più evidente la vigliaccheria e l’egoismo che sta dietro l’apatia. Oppure la gigionesca comunicazione velleitaria.
La proposta nasce da una analisi: la situazione attuale è frutto di una perdita di senso della società industriale, in tute le sue dimensioni. Quindi, la sfida non di “aggiustamento” (la competitività in economia, le riforme per quanto riguarda la dimensione istituzionale … e poco altro perché non si parla neanche delle altre dimensioni in cui si articola una società). La sfida è di progetto: occorre immaginare una nuova società.
Per farlo occorre sostituire la infrastruttura cognitiva della società industriale con una nuova infrastruttura. Usando questa nuova infrastruttura cognitiva si potrà iniziare un cammino che potrà essere contemporaneamente di progetto e di realizzazione.
Semplice, veloce ad investimento bassissimo. Ognuno potrà dare il suo contributo cercando di acquisire nuove risorse cognitive in brevissimo tempo. Se a settembre tutti si ritroveranno con le stesse risorse cognitive di oggi (se non ci saremo auto rivoluzionati) avremo dato un grande contributo al partito così vituperato (giustamente) da De Rita del “ce ne faremo una ragione”. Di qualunque cosa accada cercheremo di farcene una ragione, adattandoci. Con ignavia.
Appena smettete di leggere, andate a calcolare quanti morti e quante sofferenze generiamo ogni giorno nel mondo con la nostra insensata voglia di cercare di conservare un modello sociale che pur è stato grande, ma che ora sta distruggendo Esseri umani e Natura.  


...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.