martedì 28 aprile 2015

I derivati: ovvero come giocarsi contro

di
Francesco Zanotti


Abbiamo fatto dei derivati per proteggerci dall'innalzamento dei tassi. Come tutti sanno i derivati sono contratti stipulati con qualcuno (elettivamente una banca) che contengono una scommessa. In questo caso la scommessa è stata: noi (Il Ministero, la dott.ssa Cannata) abbiamo scommesso che i tassi sarebbero continuamente saliti.
Invece non sono saliti e la scommessa è stata persa. Quindi paghiamo pegno.
Prima osservazione: quando la piantiamo con il pensiero lineare per cui se si sta manifestando un trend, questo si manifesterà anche nel futuro?
Mai a quanto sembra.
Ma andiamo avanti perché c’è di peggio.
Ora dobbiamo sperare (così dice Maria Cannata oggi sul Corriere) che crescano i tassi. Tanto da farci vincere la scommessa.
E’ una assurdità. Significa che, per non perdere sui derivati, cioè per non dover ammettere che fare i derivati è stata una solenne sciocchezza, speriamo di pagare di più il debito pubblico. Soprattutto speriamo che pagheranno di più (molto di più) i prestiti tutte le nostre imprese …

In sintesi: abbiamo scommesso davvero contro noi stessi. E continuiamo a farlo per non ammettere di aver fatto una sciocchezza.

giovedì 23 aprile 2015

Conflitto e Parlamento del Mediterraneo

di
Francesco Zanotti

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Andiamo a distruggere i barconi!
Idea geniale, così non partono più. Poi (sempre poi e mai prima) ci occuperemo del loro sviluppo.
Ovviamente questa “strategia” funziona solo se le nostre controparti non reagiscono. Ma lo faranno. Si inventeranno certamente qualche contro mossa che ci sorprenderà e che ci costringerà ad aumentare il livello del conflitto. L’ipotesi di tutte le guerre lampo (anche se mascherate da azioni i polizia) è che il “nemico”, avendo ricevuto un pugno molto forte, si calmi e rinunci a tutto. Non è mai accaduto e non accadrà mai.
Dunque, oramai … lasciatemi sottolineare questo “oramai”. Guardiamo in faccia alle classi dirigenti e rinfacciamo loro che siamo all'oramai. Che è qualcosa di ineluttabilmente negativo che ci ricade addosso a causa della loro incapacità di analisi e progetto …Cioè a causa del fatto che non dispongono delle risorse cognitive per comprendere la situazione complessiva e per immaginare strategie per trasformarla in sviluppo. Rinfacciamo alle classi dirigenti la loro profonda ignoranza.

Oramai, dicevo, a qualche azione di polizia saremo costretti. Ed a subire le reazioni conseguenti, anche perché tutto questo accade in una guerra complessiva che si sta scatenando tra sciiti e sunniti, noi stando a guardare.

Ma non fermiamoci alla polizia. Aggiungiamo civiltà.
Chiediamo a tutti i Paesi del Mediterraneo di costruire insieme un grande progetto di sviluppo. Aggiungiamo la civiltà del progetto. Esiste anche l’Attore che può avviare e portare avanti questa nuova progettualità di popoli. E’ il Parlamento del Mediterraneo.
E partiamo dall'ipotesi che noi per prima abbiamo bisogno di progettare un nuovo sviluppo. E non possiamo farlo da soli perché siamo cognitivamente bloccato da una visione del mondo troppo antica e parziale.


mercoledì 22 aprile 2015

Stabilizziamo squilibri e facciamo crescere i morti?

di
Francesco Zanotti


Lapidariamente …
E’ grottesco sentire parlare di stabilità e di crescita quando il Mediterraneo diventa la tomba di migliaia di persone in cerca della felicità, come li ha definiti Papa Francesco.
I Governi europei sappiano che stanno solo cercando di stabilizzare profonde ingiustizie e aumentare il numero di morti.
Invece di cercare stabilità e crescita di questo tipo discietà i governi europei dovrebbero progettare un nuovo mondo. Ed aiutare gli Africani a progettare l’Africa del futuro. La BCE dovrebbe battere moneta solo per finanziare progetti di Sviluppo Paese alti e forti. I progetti di sviluppo di tutti i Paesi che a lei si rivolgessero.

Ovviamente Governi e BCE dovrebbero disporre delle risorse cognitive per stimolare una nuova progettualità a livello di Sistemi Paese e valutarne i risultati. Poiché non ne dispongono, dovrebbero procurarsele.

sabato 18 aprile 2015

E’ stata un modello, ma nel passato ...

di
Francesco Zanotti

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La società americana è stato un modello. Ci ha fornito la visione della società che ha guidato lo sviluppo del nostro miracolo economico. E’ stato un modello per lo sviluppo della democrazia e delle scienza classiche. Ma ora non può più essere considerata un riferimento per la costruzione del futuro.
Ovviamente non sto proponendo il solito anti-americanismo di matrice vetero anti-capitalista.
Sto, da un lato, riconoscendo che il modello di società americano che ci ha guidato nel nostro miracolo economico è stato fecondo, fino ad essere profetico.
Ma, contemporaneamente, sto sostenendo che gli Stati Uniti oggi non hanno un nuovo modello di società da proporre.
Non sono neanche più il faro della ricerca scientifica fondamentale perché sono rimasti alla visione del mondo della fisica classica.
In realtà nessuno potrà mai più avere un modello di società da proporre al mondo.
Oggi è necessario capire come governare i processi che faranno emergere i modelli sociali del futuro.

E l’Italia potrà diventare il Paese guida in questa ricerca.

venerdì 17 aprile 2015

Cosa perdincibacco è la cultura?

di
Francesco Zanotti


Ho una mia idea, ma, in questo post voglio fare alcun domande.
Che differenza vi è tra cultura e conoscenza? Un qualche legame ci deve essere …
Perché si usa sempre la parola “cultura” e non “conoscenza”? Una qualche ragione ci deve essere …
Butto lì qualche suggerimento.
Quando si parla di cultura si pensa sostanzialmente ai manufatti del passato. Per valorizzarli. Parlando di cultura le classi dirigenti non si sentono scosse: poste così le cose, il problema non li tocca personalmente. Devono solo fare finta di (o anche essere impegnati convintamente a) cercare i soldi per promuoverla.

Se si usasse la parola conoscenza le cose diventerebbero un po’ più complicate. Conoscenza e quella cosa che cresce e si rinnova. Che richiama almeno alla responsabilità di investimento per farla progredire, sperimentazione per renderla utile, insegnamento e apprendimento per diffonderla. Allora la conoscenza tocca personalmente le classi dirigenti: di quanta e quale conoscenza dispongono? Come promuovo lo sviluppo di nuova conoscenza? Quali processi di apprendimento mettono in atto?

Allora il problema del rapporto tra cultura e conoscenza non è banale, anche dal punto di vista del costruire il mondo prossimo venturo.

Allora vale la pena di approfondire questo tema. Che ne pensano i lettori di questo blog?


martedì 14 aprile 2015

Frammentazione politica e sintesi

di
Francesco Zanotti


La frammentazione politica aumenta inesorabilmente. Tutti la vedono come una minaccia alla governabilità. E, invece, è solo una minaccia ad una classe dirigente, ma una speranza per il mondo.
Infatti, si scrive frammentazione, ma si legge aumento di complessità di ricchezza. La frammentazione è l’inevitabile risultato della crescita della ricchezza cognitiva della società che vede continuamente aumentare visioni e protagonisti.
Fermare questo aumento di complessità è impossibile. E cercare di farlo è dannoso.
Occorre, allora, una classe politica capace di sintesi.
Ma l’attuale classe politica non sa neppure da dove si cominci a fare sintesi. E’ ancora legata alla democrazia come battaglia tra destra e sinistra. Ma, cari amici politici incartapecoriti, vi rendere conto che non sapete neppure distinguere chiaramente i nomi delle sue parti che si dovrebbero contendere il governo? Siete costretti a definirli con nomi composti con una area di sovrapposizione: centro-destra e centro-sinistra.
Il più grave è che ad essere incartapecorita sul passato dei conflitti è una classe di governo giovane.


venerdì 10 aprile 2015

Il rimborso e il progetto

di
Francesco Zanotti


<p>Infophoto</p>

Il rimborso è quello della Grecia. Il Progetto dovrebbe essere anche questo della Grecia, ma non c’è.
Più in dettaglio…
E’ vero che la Grecia ha rimborsato alla scadenza una rata dovuto al FMI. Ma è una buona notizia?
Che vantaggio ha la comunità internazionale ad essersi dimostrata così forte da costringere la Grecia a rimborsare il suo debito? Nessuno! Mica stiamo facendo una infantile gara di muscoli.

Allora bisognava lasciare perdere e basta? Ovviamente no! A mio modesto avviso la soluzione era chiedere alla Grecia di usare quei soldi per finanziare un grande progetto di Sviluppo. Purtroppo il grande progetto di sviluppo la Grecia non ce l’ha. E la comunità internazionale non glielo chiede. Continua a chiedere riforme non accettando il fatto che tra riforme e sviluppo non vi è nessun nesso di causa ed effetto.

giovedì 9 aprile 2015

Intelligenza artificiale: non si può cavare sangue dalle rape

di
Francesco Zanotti

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La speranza di costruire machine intelligenti cala e cresce ad ondate.
Oggi siamo su di una onda crescente di speranze, e veniamo da una stagione di delusioni.
E’ possibile trovare qualche aggancio solido in questo altalenare?
La risposta è decisamente sì!
Siamo assolutamente sicuri che con il computer digitale (la realizzazione concreta del modello della macchina di Turing) non è possibile realizzare una macchina intelligente.
Con questo non sostengo che è impossibile costruire macchine intelligenti. Sostengo (ma non è una opinione: ne abbiamo una dimostrazione matematica) solo che non potranno essere fondate sul computer digitale. E la speranza che aumentando la velocità del processare si possa ottenere prestazioni intelligenti è una sciocchezza.
Se qualcuno ha qualche altra idea su qualche altra via che non sia quella del computer digitale, si faccia avanti.
Il mio sospetto è che quando qualcuno costruirà una “macchina” intelligente, si accorgerà che non sarà una macchina: avrà una sua volontà, non potrà essere usata da un terzo, auto evolverà costruendo un suo ambiente specifico.
Non è detto che questa entità artificiale intelligente debba disporre di un cervello simile a quello di un uomo. Potrà anche avere una struttura completamente diversa, essere “aliena”. Ma non sarà mai un computer digitale. Il computer digitale è la rapa dalla quale non si può sperare emerga il sangue dell’intelligenza.


domenica 5 aprile 2015

Il vuoto dei piani alti e la corruzione

di
Francesco Zanotti

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Giuseppe De Rita venerdì 2 aprile sul Corriere scrive un articolo dal titolo molto forte “Cultura d’impresa. Il vuoto dei Piani alti.”.
La sua tesi è riassunta alla fine: “Ed è questo, forse, l’unico modo per dare sostanza al vecchio termine di politica industriale: non disperdersi in strategia di settore, ma concentrarsi su di un solo fattore, il rinnovamento della cultura organizzativa, quella dei vertici delle aziende, dei gruppi di impresa e delle istituzioni economiche”.

Io aggiungerei una precisazione che rende più concreta la diagnosi (anche meno minacciante) e indica le direzioni di “cura”.
Io non parlerei di cultura, ma di conoscenza. Meglio: risorse cognitive.

In questo modo la tesi di De Rita si trasforma: cari top manager, alti burocrati, imprenditori, politici e tutti voi che governate sistemi umani oggi non state usando la gran parte delle conoscenze che vi servirebbero per governare realmente. E ne avreste bisogno perché oggi (discorso medio, ovviamente) non governate nulla. Cercate solo di sopravvivere e non costruite un nuovo percorso di sviluppo.
Lo stesso De Rita illustra nel suo articolo questa “nuova impotenza”, travestita dal mito dei “Master of Universe”.

In questo modo la “cura” diventa evidente. Occorre raccogliere tutte le conoscenze rilevanti per governare i sistemi umani: dalle imprese alle burocrazie agli stati. Poi è necessario ricavare da esse nuove pratiche di governo, diffondere conoscenze e metodologie e sperimentarle.
Non si tratta di cambiare le classi dirigenti: ci penserà la Natura a garantire il cambiamento fisiologico. E anche una nuova conoscenza (ad esempio le scienze cognitive daranno una rilevante contributo a capire quale può essere il ruolo sociale complementare di giovani ed anziani).
Oggi il problema, urgente, ma affrontabilissimo e senza l’esigenza di rilevanti investimenti. Noi abbiamo sviluppato un Progetto preciso e l’abbiamo chiamato “Expo della Conoscenza”.

Ma che c’entra con la corruzione?
C’entra e si intravvede un nuova prospettiva per superarla. La corruzione è l’inevitabile risultato di strategie puramente relazionali. Infatti, se i top manager o gli imprenditori dispongono solo di risorse cognitive povere, non riescono a vedere e gestire le reali potenzialità di sviluppo. Per sopravvivere, loro e le imprese che guidano, sono costretti a costruire clan relazionali di supporto e protezione. Quando si ha a che fare con Enti pubblici questa relazionalità complice non può che essere chiamata corruzione. Ma essa è anche alla base di clan economici, sociali e politici che fanno si che i rinnovi delle cariche avvengano sempre solo all'interno di cerchie di persone conosciute. Anche quando sembra apparire un cambiamento questo avviene con persone che, pure loro, cercano e costruiscono clan relazionali. Questo accresce la povertà cognitiva delle classi dirigenti e finisce per rendere sempre più inevitabile rimanere ancorati solo alle politiche di clan.
Quante volte parlando di innovazioni profonde si vede l’occhio vitreo ed ignorante del manager o del politico di turno che sa chiedersi solo quanto conti e di chi sei amico.
Quando classi digerenti di questo tipo di interfacciano con la cosa pubblica non possono che considerala cosa di clan. Ne sono costretti dalla povertà cognitiva: fanno quello perché non sanno fare altro.

La prospettiva per superare questa degenerazione relazionale è quella di costringere le classi dirigenti a confrontarsi con la conoscenza, a saper selezionar le classi dirigenti in base alla conoscenza di cui dispongono.

giovedì 2 aprile 2015

Proposta post Expo

di
Francesco Zanotti


Ho scritto che l’obiettivo di fondo dell’Expo è già fallito.
Ciononostante l’obiettivo non è svaporato, anzi è da perseguire con tanta più intensità quanto più passa il tempo.
Abbiamo immaginato un progetto per camminare verso il raggiungmento dell'obiettivo di attivare l'emergere di una nuova scietàe lo abbiamo denominato il Progetto IMEFF (International Exhibition of Mediterranean Foods and Flavours). Essa costituisce uno delle possibili “concretizzazioni” della nascenda “Carta di Milano”.

Oggi sembra che tutti siano in attesa. Prima, di qualcuno che adotti misure che riescano a fermare la crisi e a stabilizzare la situazione.  Poi, di qualcuno che riesca a varare le riforme che potranno favorire la crescita.
A noi sembra che non sia il momento dell’attesa. E’ il momento della progettualità e dell’azione costruttiva dal basso. Il progetto IMEFF è un esempio di questa nuova vitalità generativa che ci sembra giusto definire “imprenditoriale”. Ecco in cosa consiste.

Il Mediterraneo: un’ecologia di civiltà …
Dalla notte dei tempi, intorno al mar Mediterraneo, si è sviluppata un’intera ecologia di civiltà che condividono una ecologia naturale particolarmente favorevole allo sviluppo integrale dell’uomo.
Intendiamo dire che ogni territorio ha sviluppato una propria civiltà, fatta di arti, scienze, città, strade, istituzioni etc. Ma tutte queste civiltà non sono monadi separate, piuttosto hanno evidenti e profonde radici comuni. Alcuni pensano che questa unità profonda sia ancora più vasta e lontana. In mille luoghi di un territorio che dalla Bretagna si allunga fino all’India, esistono segni di una civiltà comune: Gilania, la civiltà della Dea madre terra.
Ma fermiamoci, per il momento, alle rive del Mediterraneo. Ognuna delle civiltà che sono nate ed hanno vissuto lungo le sponde del Mare Nostrum è un ologramma di una storia comune, è una specifica, originale e sorprendente interpretazione di questa storia comune a tutti i popoli che hanno vissuto e vivono sulle rive di un mare dove “nostrum” può e deve significare: di tutti.

… che rischia di disperdersi nel conflitto
Purtroppo questa storia sembra dimenticata, quasi tradita. Le espressioni attuali di questa diverse civiltà stanno scegliendo di considerarsi monadi le une verso le altre e, quindi, si ritrovano a considerare il conflitto come unica strategia possibile. Ma si tratta di una strategia di sopravvivenza sofferente, non certo di sviluppo.
Il conflitto è economico, perché prevale la strategia della contrapposizione, della mutua esclusione, della competizione. Il conflitto sta diventando complessivo, degenerando in una paradossale guerra di civiltà. Da una contrapposizione conflittuale generalizzata può nascere solo una sconfitta complessiva e non certo uno sviluppo. Non è possibile neanche uno sviluppo  egoistico di qualche parte a spese delle altre.

Costruire una nuova cooperazione “dal basso” e “subito”
Per evitare un’epocale sconfitta complessiva, di tutti nella guerra contro tutti, è necessario costruire strategie e progetti cooperative comuni che traggano ispirazione, che permettano di riscoprire e valorizzare questa unità profonda di natura e di civiltà. Esse, sole, potranno costruire una nuova stagione di sviluppo solidale in tutte le dimensioni della società: economica, sociale, politica, istituzionale e culturale. Ed eliminare i conflitti latenti ed in atto e prevenire l’insorgere di conflitti futuri.
E’ necessario che queste strategie e questi progetti nascano dal basso per poter concretizzarsi subito.

Come fare? Abbiamo sviluppato una proposta

La magia del cibo
Perché partire dal cibo e, quindi, dal comparto agro-alimentare?

Partire dal cibo perché è una delle manifestazioni più “umane” della cultura di una comunità, di una civiltà. Forse, l’ambito nel quale questa unità profonda che si manifesta in diversità sinergiche è più evidente.
L’ulivo e l’olio che da esso si ricava costituiscono l’esempio più adatto a descrivere questa complessità sinergica ed unica. Infatti, l’ulivo viene coltivano praticamente solo nel bacino del Mediterraneo. Gli oli che si ricavano sono diversi da località e località, offrendo ognuno una specificità unica di sapori e profumi. L’ulivo, una pianta di tutti che tutti vivono diversamente. Si conosce a fondo l’ulivo solo se si sperimentano tutte le sue diversità locali. Ognuna scatena il desiderio dell’altra.
Promuovere il cibo (e i sapori) di un territorio significa promuovere nella sua integralità quel territorio.
Partire dal comparto agro alimentare perché un’“industria” chiave per lo sviluppo economico dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo. Capace di trainare, informare di se’ uno sviluppo economico finalizzato ad uno sviluppo sociale etico ed estetico.

Una magia distrutta da una competizione miope
Oggi, però, accade, però, che i diversi cibi e sapori dei diversi popoli del Mediterraneo, pur molto apprezzati ovunque, rischino di perdere la loro originalità profonda e il significato che le loro storie possono raccontare a noi ed al mondo.
Infatti, siamo oggi portati a guardare troppo “in piccolo”: alle nostre piccole realtà locali  e non all'intero Mar Mediterraneo ed alla sua storia. Questo ci costringe a considerare solo le caratteristiche funzionali delle nostre cucine, dei nostri cibi e del nostro territorio. Al massimo ci aggiungiamo folclore.
Questa visione “partigiana” ci porta a praticare tutti un’unica strategia promozionale disponibile: la comunicazione competitiva che distrugge il senso profondo della civiltà di cui sono emanazione, la spezzetta in briciole che, prive della loro storia comune, possono solo raccontarne eccellenze organolettiche o folcloristiche.

IMEFF: Una comunità cooperante che costruisce sviluppo
Per sfruttare appieno le potenzialità delle risorse cibo e territorio è necessario immaginare una nuova strategia promozionale, cooperativa, invece che competitiva, per diffondere i sapori e i colori del Mediterraneo, insieme a quella ecologia di civiltà che è andata emergendo nei secoli lungo le rive di questo mare e che ne costituisce il senso più profondo.

Questa nuova strategia promozionale si può concretizzare in un Progetto che abbiamo denominato “Salone internazionale del gusto Mediterraneo”. IMEFF che è l’acronimo dell’inglese: International Mediterranean Exibition of Foods and Flavors.
Esso non intende essere solo una ulteriore tra le numerose esposizioni commerciali, appiattite sulla bontà dei prodotti esposti e sul loro prezzo, ma un momento di sintesi culturale in cui ogni territorio racconta il suo patrimonio enogastronomico come un’olografia locale delle nostre comuni e antiche civiltà.

IMEFF in concreto
Il Salone è pensato per essere una iniziativa senza soluzione di continuità.

La Prima Edizione avrà l’obiettivo di comunicare l’idea principale del Salone: cucina, cibo e territori sono manifestazioni diverse di un’unica storia che viene dai tempi antichi. La cucina, il cibo e i territori raccontano un’ecologia di stili di vita che possono essere sperimentati uno dopo l’altro in un tour senza fine attraverso territori caratterizzati da una storia e da un mare comune.

Da un punto di vista “logistico”, il Salone sarà strutturato in tre padiglioni ideali principali.
Il primo sarà dedicato a descrivere l’idea fondamentale del Salone: un messaggio di unità nella diversità che dovrà essere rinnovato ad ogni edizione, ma che rimarrà come costante richiamo a quella unità cooperativa alla quale la nostra comune storia ci richiama.
Nel secondo padiglione saranno descritte le cucine, i cibi e il territorio del Paese, dove si terrà la prima edizione.
Il terzo sarà dedicato a rappresentare gli altri territori del Mediterraneo che condivideranno il progetto.

Le diverse edizioni si terranno con scadenza annuale a rotazione in diversi territori e con un format comune: vi saranno sempre tre Padiglioni. Il primo sarà continuamente aggiornato, ma sarà sempre dedicato a descrivere l’idea fondamentale del Salone. Il secondo sarà dedicato al territorio organizzatore. Il terzo agli altri territori.

IMEFF e il PAM
L’idea del Salone è stata presentata al Parlamento del Mediterraneo che ne ha approvato il progetto di massima nella sessione di lancio del “Panel for External Trade and Investments in the Mediterranean” che si è tenuta a Lisbona il 27-28 maggio 2010.

IMEFF: risultati attesi
Il Salone avrà, innanzitutto, un grande impatto nello sviluppo sia del comparto turistico che del comparto agro alimentare.

Nel comparto del turismo genererà una vera rivoluzione. Infatti, cambierà il concetto stesso di “vacanza”: dall'attuale vacanza come “fuga” dalla dura realtà del lavoro a momento di sperimentazione di nuovi stili di vita e scoperta delle mille civiltà che hanno costruito il senso del nostro presente. Fino a diventare esperienza concreta di una nuova convivenza possibile, nella quale lo sviluppo di ognuno dipende strettamente dallo sviluppo degli altri.
Operando questo “shift” di significato verranno cambiate le regole della competizione. Le diverse comunità del Mediterraneo proporranno al mondo non uniche proposte isolate, ma un’ecologia di esperienze di vita sinergiche: quando qualcuno sperimenta una di queste, non può non sperimentare gli altri diversi stili di vita collegati.  Una proposta unitaria, insomma, che non spezzetta più, artificialmente, una unità di profonda di storia e di mare.

Questa iniziativa certamente può andare molto oltre il costruire sviluppo economico.
Il Salone Internazionale del gusto Mediterraneo può diventare il primo esperimento di uno sviluppo economico costruito non sulla competizione, ma fondato su un’ampia cooperazione non solo tra operatori economici, ma coinvolgendo tutta la società. Si ritiene che questo tipo di sviluppo, fatto di cooperazione e coinvolgimento, possa essere un’esemplare pietra miliare che sarà in grado di suggerire nuove dinamiche di sviluppo in tutte le dimensioni della società.
Se ci permette un paragone, il salone potrebbe svolgere nel 21° secolo quella funzione di “prima fase di dialogo” tra Paesi in conflitto, come lo era stati il ping pong nel XX secolo.


...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.