lunedì 28 maggio 2012

Sostenibilità: una "buona" scusa per rinunciare a costruire futuro?

Il 30 e 31 Maggio prossimi si terrà a Milano, organizzato dalla Bocconi, il Salone della Responsabilità sito della manifestazione . Ritengo però possa essere utile interrogarsi sul significato della parola "Sostenibilità" e delle attività che ispira nelle imprese e nel contesto sociale. Fermo restando che sono ovviamente condivisibilissime le istanze di fondo, alcuni leciti dubbi sorgono ugualmente. Parlare di sostenibilità nelle imprese è già un'ammissione del fatto che non lo sono per "loro natura". Cambierà qualcosa "appiccicare" qualche buon intendimento a ciò che non è di per sè sostenibile? Non si rischia di offrire una utile "foglia di fico", una preziosa scappatoia a chi di sostenibilità non ne vuole manco sentir parlare? E non si continua, così facendo, a procrastinare, pericolosamente, quella "progettazione di futuro" radicalmente diverso di cui abbiamo, questo sì, realmente bisogno? Cioè non si corre il rischio, con questo approccio, di generare un effetto contrario a quello voluto, ovvero di generare "conservazione" invece che rifondazione del nostro attuale assetto sociale?
sociale d'Impresa "Dal dire al Fare". Per sapere cosa sia nel dettaglio basta dare uno sguardo al
Per rispondere a queste domande vi propongo due contributi.
Uno datato Novembre 2010 e apparso proprio su questo blog a firma del Dott. Zanotti.
Il secondo è del Prof. Gianfranco Minati del Politecnico di Milano ed è stato pubblicato sempre su questo blog nel dicembre 2008.
Buon Lavoro

Luciano.Martinoli
l.martinoli@cse-crescendo.com

venerdì 25 maggio 2012

Una nuova conoscenza per una nuova società …

di
Francesco Zanotti

Il rifiuto del presente e la voglia di un nuovo futuro (mi si lasci dire eticamente giusto ed esteticamente emozionante) sono condizioni mobilitanti. Ma non bastano. Sono risorse che, lasciate sole, rischiano di trasformarsi in rabbia o delusione. Devono essere “sostenute” da una nuova conoscenza. Infatti …

Noi siamo gli occhiali (le griglie) con cui guardiamo al mondo fuori di noi. Gli occhiali che selezionano le cose che possiamo vedere e quelle che ci rimarranno nascoste. Gli occhiali che ci forniscono i criteri per giudicare cosa è possibile ed impossibile.
Noi siamo i linguaggi che sappiamo usare.
Noi siamo le storie (i progetti) cha sappiamo raccontare.

I nostri occhiali, i nostri linguaggi e le nostre storie guidano le nostre strategie e comportamenti verso gli altri e verso la Natura.

Non illudiamoci, però, che i nostri occhiali siano completamente trasparenti: guardiamo gli altri e la Natura con i nostri “colori” specifici.
Non illudiamoci che i linguaggi che conosciamo ci permettano di dire tutto: quando scegliamo un linguaggio selezioniamo quello che potenzialmente possiamo dire.
Non illudiamoci che le storie che abbiamo scritto siano le uniche possibili: esse hanno il colore dei nostri occhiali e sono scritte con i linguaggi che possediamo.

Il patrimonio di occhiali, linguaggi e storie che ognuno di noi possiede evolve, come ogni sistema “complesso”, e le “leggi dell’evoluzione” sono abbastanza semplici: se non lo arricchiamo continuamente, il suo uso continuo diventa ossessivo e tende a sclerotizzarlo. Piano piano, siamo portati a considerare i nostri occhiali, i nostri linguaggi e le nostre storie come gli unici, le uniche “vere”, “belle” e “possibili”.

Da ultimo: siamo noi umani che costruiamo il nostro futuro economico, sociale, politico, istituzionale e culturale. E costruiamo il futuro partendo dal mondo che riusciamo a vedere, scrivendo storie che sappiano scrivere con i linguaggi che conosciamo.

Allora la conclusione è molto semplice. Oggi guardiamo il mondo con gli occhiali della crisi e raccontiamo storie di crisi.

giovedì 24 maggio 2012

Democrazia sostanziale o elezioni?

di
Francesco Zanotti


Il processo fondamentale in una democrazia rappresentativa è la competizione elettorale

Nelle intenzioni è il momento in cui i cittadini scelgono chi li deve governare in base alle proposte che i diversi aspiranti ai diversi ruoli di Governo avanzano.
Nella pratica il fatto di competere per vincere le elezioni comporta che le diverse forze politiche in competizione propongano le cose che si pensa raccolgano più consenso. Non è “cattiveria” da parte delle forze politiche, ma è il portato di aver scelto la competizione elettorale come processo democratico fondamentale.
Una volta concluse le elezioni, non è che si inizia a fare sul serio. Inevitabilmente, inizia la competizione per le elezioni successive. Ed accadono le cose che tutti denunciamo: politici che non hanno alcuna preparazione o profondità progettuale. Per giocare una competizione elettorale non serve. Occorre appeal mediatico e, allora, tutti alla ricerca dell’apparire. Il parlare è importante, l’ascoltare è strumentale.
Occorre, poi, costruire reti amicali. Ed allora ecco i politici nei posti di potere, qualunque essi siano, fino all’assurdo raccontato da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera di oggi che ci rivela quali siano i meriti del candidato alla Vicepresidenza di A2A: Fausto di Mezza. Nel  suo curriculum inizia parlando dei genitori famosi e continua descrivendo incarichi di partito e storie elettorali.
Ma la colpa non è dei Faustini di turno: il problema ha origini sistemiche. E’ causato dal far coincidere la democrazia con la competizione elettorale.
Alternative? Mille ed una. Ma se ne può parlare solo quando è diventato palese il conflitto “sistemico” tra competizione elettorale e partecipazione sostanziale di tutti a progettare le società prossima ventura.

lunedì 21 maggio 2012

Un Commento del Prof. Minati

Riceviamo e pubblichiamo volentieri un commento del Prof. Minati al precedente post.

"Devo dire che i doverosi commenti di stupore e sdegno per l’evento criminale di Brindisi ha, come per tanti altri fatti, valenza locale nel tempo e nello spazio.
Generalizzazioni sono inadeguate per visioni strategiche, e cioè aventi validità trasversali e atemporali, e sono anche un po’ ipocrite.
Stragi e ingiustizie sono avvenute nel tempo e nello spazio della storia dell’uomo e anche mentre noi ci stiamo scandalizzando, qui e adesso. E spesso validate da religioni e ideologie.

Non credo che il problema riguardi l’adozione, prescrizione di software sociale che vieti tali crimini.
E’ senz’altro più potente generare un ambito sociale in cui non siano concepibili, primo passo perché non siano possibili.

Questo richiede conoscenza per azioni strategiche sul divenire sociale che oggi sono ancora giacenti sulla capacità progettuale e di manipolazione.

Aspetti di una tale nuova conoscenza sono individuabili anche in variazioni profonde che si attuano nella scienza, basate, ad esempio, sulla visione sistemica dell’emergenza, auto-organizzazione, fisica quantistica e teorie cosmologiche.
Ma, ammesso che siano confermati come aspetti interessanti, dovrebbero poi essere trasformati in cultura, pratica sociale che non possa contemplare quello che da sempre si è chiamato semplicisticamente il male.

Questa problematica, oserei dire di strategia di specie più che di generazioni, si coniuga con le problematiche economico-sociale della crescita e dello sviluppo, oggi a stento distinte con l’uso di conoscenza e linguaggio approssimativi, adeguati e mantenuti per ‘competenti’ azioni di consumo.

La distinzione andrebbe prima di tutto coniugata nella vita dei singoli e alle diverse stagioni della vita.
Ecco, poi ne potremo parlare come proprietà dei sistemi sociali.

Crescita. 
Di che cosa? Di mercati saturi?
Usando che cosa? Risorse sottopagate in processi non-sostenibili?

Sviluppo.
Non credo possa a lungo coincidere con abitudine alla crescita ed usi connessi.
Sembra non vi siano professioni e ruoli validati per proporne.
Siamo tutti chiamati a pensarci in una imprenditorialità diffusa che è aperta a tutti.

Propongo, in questo sforzo complessivo che crea coerenze e non toni alti impositivi, di inspirarci ai grandi.

Per esempio alle parole-chiave introdotte da Italo Calvino nel suo libro Lezioni americane: Sei proposte per il prossimo millennio, basato su di una serie di lezioni da lui tenute all'Università di Harvard, come "Norton Lectures".
Riuscì a tenere cinque lezioni. Morì prima di poter tenere la sesta.
Le parole-chiave delle lezioni erano: 
1. Leggerezza
2. Rapidità
3. Esattezza
4. Visibilità
5. Molteplicità
6. Consistenza (solo progettata).
Mi permetto, non per presunzione certo ma per responsabilità di dover rischiare per poter contribuire, di leggere un parametro d’ordine trasversale comune e di eventuale significato operativo.
Penso alla virtualità.
E’ ormai storico l’uso del denaro come virtualmente rappresentante materialità e servizi. E poi rappresentante il denaro stesso.
Nella nostra epoca questo ha grandi riferimenti alla web-economy per cui è immediato pensare a investimenti strutturali come la banda larga.
Ma la virtualità cui pensiamo ha molti aspetti legati, ad esempio, alla non-intrusività, all’entaglment quantistico e alla non isolabilità, al vuoto come sorgente di proprietà, il tutto conducente a nuovi potenti concetti come coerenza sincronica (non più solo dovuta a causalità) e approcci ai problemi visti come soluzioni incomplete, in medicina la malattia come guarigione incompleta in cui indurre e non prescrivere recupero di coerenza.
Ciò significa avere una conoscenza con cui si rappresentano processi, il loro tempo, livello di descrizione, molteplicità e coerenza in modo multiplo.

Teoria? Certo, primo passo necessario per non essere praticoni ma pratici, per non calcolare futuro partendo dal passato. Si ridefinisce il concetto di imparare.
L’Expo2015 “Nutrire il pianeta” ha un disperato bisogno di teoria per pensare a crescita e sviluppo, per la sostenibilità (di cosa?), dinamica delle popolazioni, problemi sanitari, biotecnologia, economia e finanza, diritto all’educazione, inquinamento ecc.
E’ un problema immenso ed il primo passo è ammetterlo, descriverlo e lavorarci con umiltà per capirlo.

Ci proveremo con il progetto Expo della Conoscenza (Zanotti 2010) e il Manifesto dell’Associazione creata a   http://balbettantipoietici.blogspot.it/   avendo come obbiettivo di attivare chi potrà far meglio.
Al riguardo il gruppo Crescendo supporta la pubblicazione del secondo volume di Strutture di Mondo  http://www.mulino.it/edizioni/volumi/scheda_volume.php?vista=scheda&ISBNART=13985   , edito da Il Mulino e dedicato, a cura della prof. Urbani, a delineare la ricerca sistemica in Italia. In tale contesto elaboreremo le tematiche sopra solamente accennate."
Una anticipazione in (Minati, a cura di, publicazione Luglio 2012).

domenica 20 maggio 2012

Il rumore della banalità …

di
Francesco Zanotti

E dell’ignoranza. E’ un rumore assordante, inumano. Uomini, facciamolo tacere.
Tutti sono colpiti nel profondo della loro umanità per quello che è successo a Brindisi. Io, come tutti, non so chi è stato così inumano, né perché lo ha fatto. C’è chi deve scoprirlo e tutti siamo certi lo farà con tutta la dedizione di cui è capace e la professionalità che lo contraddistingue.
Ma tutti noi possiamo e dobbiamo riflettere sul mondo futuro che vogliamo costruire. Non possiamo cullarci nell’illusione di far funzionare meglio quello attuale, non possiamo attendere che un nuovo mondo si formi da solo.
E qui nasce la tragedia delle banalità che si rappresenta sia nei commenti all’atrocità brindisina, sia nei discorsi dei grandi della terra.

Se si guarda alle “ricette” proposte per promuovere quella nuova società nella quale episodi come quello di Brindisi non potranno accadere, si leggono auspici del tipo “una coscienza civile vera e diffusa, maggior coesione sociale, più vivo spirito di legalità, forte senso dello Stato”. Sono auspici banali: e chi vorrebbe il contrario? L’assordante rumore delle banalità: tanto assordante quanto uno scoppio inumano. Per far tacere la banalità occorrerebbe dire come si raggiungono questi obiettivi. Forse con una stagione di prediche dai pulpiti dei media, fatte da sacerdoti votati alla religione della conservazione? Provando a dire come si raggiungono questi obiettivi si scoprirebbe che sono obiettivi generici. Cosa significa “coscienza civile?”. Se i nostri lettori provassero a rispondere, si avrebbero tanta definizioni quanti sono i lettori stessi. “Coesione sociale”, ma per costruire che tipo di società? “Forte spirito di legalità”, certo, ma discutiamo della qualità delle leggi che si invita a rispettare. “Senso dello Stato”: dopo aver spiegato di che Stato si tratta. Nel cercare di rendere meno generici questi obiettivi si arriverebbe alla scoperta che abbiamo bisogno di costruire una nuova società in tutte le sue dimensioni. E si dovrebbe progettare un percorso per riuscirci, si proverebbe ad esplorare il processo attraverso il quale costruirla. Ed a questo punto si sentirebbe l’assordante scoppiare dell’ignoranza. Non dell’Uomo, ma delle classi dirigenti che rimangono ancorate a schemi cognitivi superati e non vogliono dotarsi in alcun modo dei nuovi “schemi cognitivi” che stanno nascendo in quasi ogni “disciplina” umana (dalle scienze naturali a quelle umane). Dobbiamo esortarli a farlo. Solo allora potrà nascere quella nuova società nella quale si spegneranno insieme l’assordante rumore degli scoppi e delle banalità.

Se si guarda alle “ricette” proposte dai grandi della terra, esse sono ancora più banali. Sostanzialmente: promuovere la crescita. Forse la proposta della crescita è ancora più banale, generica ed assordante. La cui onda stordente si è diffusa anche nei commenti di tutti i giornali. Non ripeto i passaggi logici proposti nel passo precedente, arrivo subito alla conclusione..
Una banalità che violentemente vuole ignorare la domanda chiave: ma quale crescita? Per arrivare a capire l’importanza di questa domanda e alla violenza sociale di chi vuole limitarla ad una crescita quantitativa dei sistemi economici attuali basterebbe, anche in questo caso, provare ad interrogare la conoscenza disponibile. Invece che ripetere per intero il ragionamento proposto nel paragrafo precedente, propongo subito due fonti di conoscenza “concrete” che i nostri “grandi” farebbero meglio a conoscere per non perpetrare violenza sociale su tutti noi.
La prima è costituita da un post del Prof. Gianfranco Minati sul nostro blog: "Oltre la sostenibilità"
La seconda è costituita da una figura pubblicata a pagina 206 del libro «Sociologia dello sviluppo» di Gianfranco Bottazzi, edito da Laterza. E’ intitolata: “Una mappa di idee e pratiche per lo sviluppo” …

Provo a concludere: Uomini di buona volontà, abbandoniamo la pigrizia e la superficialità intraprendiamo la strada della conoscenza. Ci fornirà gli schemi cognitivi per leggere in modo nuovo la realtà attuale e per trovare la modalità di costruire, tutti insieme, la melodia della nostra Storia futura. Senza il frastuono delle bombe e dell’ignoranza.

sabato 19 maggio 2012

Innovazione, ascolto e cerchi magici

di
Francesco Zanotti


Tutti parlano, cercano, invocano l’innovazione. Soprattutto i politici. Ma... ancora una volta, il problema è la conoscenza…
Fate la prova del telefono. Provate a telefonare non dico a Monti, ma a qualche politicuzzo locale. Se non fate parte di qualche cerchio magico, non riuscite a parlarci. Ma non è che questo politicuzzo non parli. Anzi. Quando, per caso, lo cuccate in qualche immagine televisiva, lo vedrete certamente al cellulare. Se è un politico importante ad un cellulare che gli ha appena passato qualche porta borse.
Il problema è con chi parla.
Se le comunicazioni vengono ristrette a persone “importanti”, si forma un cerchio magico di persone che conversano freneticamente tra di loro. Che, in pratica, passano quasi tutto il loro tempo a conversare. Ma questo conversare tra i soliti noti ha effetti devastanti. Crea realtà virtuali, sganciate dalla realtà di chi sta fuori dal cerchio magico (cioè la stragrande maggioranza delle persone). Questa realtà virtuale (che non esiste, che è creata dalle loro conversazioni, che vive solo nelle loro conversazioni) è quella su cui, poi, si basano per decidere, progettare, fare leggi.
La politica è distante dalla gente. Ma il problema non è l’ottusità o la malafede dei politici. La loro distanza siderale dalla realtà è generato dalla spasmodica concentrazione gli uni sugli altri, dal loro chiudersi in circoli di comunicazione rigorosamente chiusi.
Ovvio che persone chiuse in circoli autoreferenziali non posso avere nessuna idea nuova e non possono capire idee nuove. L’innovazione diventa solo ricerca scientifica, ma una ricerca scientifica mitica che non capiscono, che non sanno indirizzare  e che delegano a scienziati chiusi in altri circoli autoreferenziali.
Che c’entra la conoscenza? Semplice: non ho espresso idee originali. Ho solo letto Luhmann e tratto alcune conclusioni. Anche i nostri politici potrebbero leggere Luhmann e, poiché non sono cretini, potrebbero trarre le mie stesse conclusioni e rompere, di conseguenza, i cerchi magici che li isolano dal mondo che dovrebbero (e, forse vorrebbero) servire. Dovrebbero, però, lasciare un attimo il telefonino per leggere qualche riga di Luhmann … Forse davvero una “mission impossible”  …

giovedì 17 maggio 2012

La cura che genera il male e 50 Apple

di
Francesco Zanotti


Ieri, Monti: rigore e crescita insieme. Come? Rigore uguale a “conti in ordine”. Crescita uguale riforme. Tesi ineccepibile? No! Puerile, banale, un po’supponente ed un po’ incosciente.
Infatti, “conti in ordine” da che punto di vista? Non esiste un concetto univoco di conti in ordine. Oggi usiamo un modello di conti in ordine, ma potremmo - io credo dovremmo - usarne un altro. Oggi si dice che conti in ordine è quando lo Stato incassa più di quello che spende e con il surplus paga i debiti perché noi abbiamo un debito troppo alto rispetto al PIL. Concetto di “conti in ordine” ineccepibile? Come prima: no! Più di prima: non solo puerile banale ed il resto, ma anche auto distruttivo. Provate a immaginare un altro concetto di conti in ordine ...

martedì 15 maggio 2012

Agenzie di rating: danni da inadeguatezza

di
Francesco Zanotti


Ho sentito un politico moderato adombrare la teoria del complotto: le agenzie di rating agiscono per qualche misterioso interesse. Hanno troppo potere, allora limitiamoglielo. Controlliamole.
Proposta pericolosa perché mette in scena la tragedia della censura.
Per fortuna essa nasce da un presupposto sbagliato: ipotesi che le agenzie di rating sappiano valutare correttamente i rischi. Ma che poi facciano di questa “competenza” un uso scorretto.

E' un presupposto sbagliato perché le agenzie di rating non hanno metodologie capaci di misurare il rischio. Usano strumenti che funzionano in un mondo stabile o in evoluzione prevedibile. In un mondo in veloce trasformazione servono altri strumenti basati su culture che questa agenzie non conoscono. Il modo migliore per frenare lo strapotere delle agenzie di rating è rivelare l’assoluta inconsistenza dei loro metodi. Rivelare che i loro metodi hanno la stessa efficacia previsional valutativa dei fondi di caffè. Sommergerle con una risata, invece che censurarle. 

lunedì 14 maggio 2012

Finanza: crisi continua …

di
Francesco Zanotti

Spero di sbagliarmi. Ma credo proprio che la crisi finanziaria attuale non finirà.
Il nuovo focolaio di crisi costituito da JP Morgan non sorprende. E tutti si attendono che il buco sia più grande di quello denunciato. Quando qualcuno vuol verificare il vero valore di un “sistema di titoli” (dai tulipani in avanti) scopre che il suo valore nominale è assolutamente superiore a quello sostanziale. Questo accade a causa dell’autoreferenzialità dei mercati finanziari. Quando si comincia a commerciare titoli giocando sul loro aumento di valore, si crea un sistema autoreferenziale che non può che generare una bolla.
Un nuovo focolaio di crisi sarà quello dei titoli di credito delle banche verso le imprese e delle imprese verso altre imprese. Quando si proverà a valutare il loro valore effettivo (attraverso la verifica della capacità delle imprese di rimborsarli, ad esempio) si scoprirà, anche in questo caso, che è molto inferiore al valore nominale. Oggi si sta cercano di nascondere questa cenere (perdita di valore di titoli di credito verso le imprese) sotto il tappeto, ma è un gioco sciocco e pericoloso.
Come uscirne? Un primo passo è quello di creare nuova moneta per ricapitalizzare le banche perché possano finanziare (con denaro davvero fresco) la nascita di nuove imprese, la trasformazione radicale di quelle esistenti, la ricerca scientifica fondamentale, una nuova ondata di produzione artistica, nuove infrastrutture che raccolgano il consenso sociale, un nuovo sistema di welfare. Lasciando il mercato attuale dei titoli a spegnersi piano piano per disinteresse.

mercoledì 9 maggio 2012

Spero di ricevere accuse di banalità …

di
Francesco Zanotti


Quando penso a quanto stiamo facendo per superare la crisi, non posso che avere la nettissima sensazione che stiamo dimenticando tre verità banali.


Se si tagliano le spese, si tagliano anche i ricavi di chi produce cose o offre servizi che non si comprano più. Tagliare le spese significa tagliare il PIL.

Il Governo può certamente progettare in orgogliosa solitudine tutte le riforme che vuole. Ma non può pretendere che siano le uniche efficaci. Quindi non può pretendere di “convincere” (acquisire consenso) con una razionalità che è solo sua, soggettiva.


Aumentare le tasse significa limitare le spese private. Cioè il fatturato di tutte quelle imprese che vendono/distribuiscono prodotti e servizi per la persona. Aumentare le tasse significa diminuire il PIL.

Se queste verità banali sono veramente vere, allora stiamo facendo sacrifici auto lesionisti. Che aggiungeranno ai danni le beffe.

Spero che qualcuno riesca a convincermi che queste che a me sembrano verità (davvero anche banali) siano, in realtà, fesserie …


E che ai sacrifici seguiranno magnifiche sorti e progressive … come scrive Leopardi …

venerdì 4 maggio 2012

Nuova moneta per nuovi grandi progetti

di
Francesco Zanotti


Leggo sul Sole 24 Ore di oggi una interessante sintesi delle dinamiche post crisi del 1929, a firma di Michele Tronconi.
Provo a ripeterla in modo da evidenziare il parallelo con quanto accade oggi.
La crisi aveva fatto aumentare il deficit statale. Il Governo (il Presidente Hoover) ha cercato di ridurre il deficit aumentando le tasse. Guarda caso, proprio sulla casa. Questo ha scatenato un drammatico circolo vizioso che era ovviamente prevedibilissimo. L’aumento delle tasse ha ridotto le risorse disponibili per gli acquisti, quindi i ricavi delle imprese, quindi il gettito fiscale, annullando i benefici per il deficit federale dovuto all’aumento delle tasse. Questo ha costretto il Governo ad aumentare ulteriormente le tasse … e via dicendo.
Le reazioni sono state lo sforzo di costruire il famoso New Deal. Ma il successo è stato incerto fino alla grande “occasione” di sviluppo costituita dalla guerra mondiale.

Oggi il nostro Governo sta seguendo le orme di Hoover. Dobbiamo attivare anche noi un New Deal. Ma che sia generato da una grande progetto di sviluppo del paese. Da una qualche grande avventura collettiva che svolga la stessa funzione del progetto di conquista della luna.
Il ruolo del Governo dovrebbe essere quello di stimolare la costruzione di un nuovo grande progetto di sviluppo del nostro Sistema Paese.
Ma come finanziarlo? L’unico modo è quello di convincere la BCE ad emettere nuova moneta per finanziare nuovi progetti.
In sintesi: invece di aumentare le tasse costruiamo grandi progetti e battiamo monera per finanziarli.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.