martedì 30 giugno 2009

21 Luglio "prima". Attesa e sopravvivenza ... è tutta qui l'audacia?

Da oggi, iniziamo un percorso di preparazione al nostro Evento di Fondazione del 21 Luglio.
Iniziamo ad illustrare come i modelli e le metafore, che sono nati in tutte le scienze, che propongono una visione del fare scienza diversa da quella di Galileo (e che alcuni denotano col nome comune “complessità”), ci suggeriscono una visione del presente e delle strategie per uscirne praticamente “opposte” a quelle che vanno per la maggiore.
  Ci suggeriscono che viviamo una crisi di conservazione, che, per superarla, dobbiamo costruire un nuovo sviluppo. E ci offrono gli strumenti per costruire questo sviluppo.

Per iniziare questo percorso, utilizzo l’articolo di fondo del Sole 24 Ore di oggi (30 giugno 2009) a firma di Orazio Carabini dal titolo: “Un’estate di audacia e le imprese respirano”.
Cosa sostiene il dott. Carabini in questo articolo? Sostiene che dobbiamo fare in modo che il nostro tessuto industriale sopravviva, che il disagio delle famiglie sia contenuto fino a che la crisi non finisca ed inizi la ripresa.
E dove sta l’audacia? Sta nel fatto che bisogna rischiare di buttare risorse pubbliche, anche se rischiamo pericolosi aumenti del debito.
La sua ipotesi di fondo è che tutto tornerà come prima. Non solo, dunque, ricerca di conservazione, freno allo sviluppo, dunque, ma convinzione che il mondo di prima è, alla Leibniz, il migliore dei mondi possibili. E che, fatalisticamente, ci si dovrà ritornare.

L’articolo del dott. Carabini capita proprio a fagiolo, perché egli sostiene la tesi che va per la maggiore ed è “opposta” a quanto, secondo me, suggeriscono le, lasciatemele chiamare così per comodità, scienze della complessità.

Chi “ha ragione”? Anche se, forse, sarebbe meglio dire: qual è la visione più utile, anzi, più bella e desiderabile? Partiamo da uno dei “modelli complessi” che io considero “chiave”: i sistemi auto poietici e i loro trends evolutivi. Questo modello prevede che ogni sistema complesso nasca da una azione di auto costruzione (fase auto poietica) , ma, poi, esaurisca completamente la sua fare creativa e si rinchiuda nella ossessiva ripetizione di se stesso (fase autoreferenziale). Quando inizia a ripetere ossessivamente se stesso, il sistema inizia a perdere significato rispetto al contesto che lo ospita. La teoria dei sistemi auto poietici parla di “accoppiamento strutturale”.
Questo è quello che è accaduto alla società industriale. Essa è stata sfolgorante, perché ha portato ad un aumento della qualità della vita straordinario. Ma, poi, si è come rinchiusa in se stessa, perdendo di significato nei confronti dell’ambiente che la ospita. Verso le persone, che sono sempre meno interessate ai
suoi prodotti ed alla filosofia di vita che propone: l’acquisto e l’esibizione dell’acquisto come momento di auto realizzazione. Verso le stesse persone, che vengono progressivamente allontanate dai processi produttivi, perché la competizione spinge verso sistemi di produzione senza persone. Verso la natura, che non riesce più a fornire materie prime sufficienti e non riesce a metabolizzare gli scarti.
Perché nessuno dei commentatori se ne è accorto? Perché anche il sistema dei commentatori è diventato autoreferenziale!
Lo dimostra il fatto che i commenti sono strettamente galileiani. Cioè: prescindono totalmente dai modelli e dalle metafore trasgressive della complessità.
Allora, il 21 giugno sarà veramente un momento di servizio: la comunicazione di una nuova cultura per rompere tutti i circuiti autoreferenziali, sociali e personali che sono alla radice di tutti i guai attuali.

lunedì 29 giugno 2009

Appuntamento al 21 luglio ... per "sbarcare" in un mondo di nuove conoscenze. Insomma, è tutta colpa di Galileo




Certamente, anche uno spettacolo di pupi, rappresentato in un teatrino di un sonnacchioso paese siciliano, ha un suo fascino. Ma è un fascino troppo antico, percepibile solo nello stesso sonnacchioso paese e poco oltre. Con qualche pupo malandato, agitato tra quinte posticce, si possono immaginare e rappresentare solo storie molto semplici, della vita quotidiana di un paese un po’ sospeso nel buon tempo antico. Per immaginare, rappresentare (realizzare) storie di società e di mondi futuri, è necessario disporre di strumenti molto più potenti di pupi di legno, quinte e teatrini che possono essere trasportate a dorso di somarello …

Noi, oggi, dobbiamo immaginare società e mondi futuri, quindi, abbiamo bisogno di strumenti molto più potenti dei pupi, delle quinte, dei teatrini e dei somarelli che stiamo usando. Ma andiamo con ordine …

La crisi che stiamo vivendo è sostanzialmente una crisi di conservazione. Essa nasce dal fatto che la società industriale ha esaurito la sua funzione storica ed è necessario costruirne un’altra. Il problema è che non ci stiamo riuscendo.
Ma non lasciamo le cose sul vago. Dettagliamo, concretizziamo cosa significa costruire una nuova società. Almeno (certamente non soltanto) significa le seguenti “cose”.

Dobbiamo ridisegnare il significato del fare impresa. Infatti sembra che la crisi sia superabile solo se le imprese vengono assistite. Sì, l’ impresa, cioè quell’attore che dovrebbe produrre quel valore che lo Stato, poi, decide come distribuire. Ma se chi dovrebbe produrre valore deve essere assistito perché non riesce più a produrre valore autonomamente, allora che senso ha il fare impresa? Si dice che questo sussidiare, che vanifica il senso del fare impresa, deve avvenire solo provvisoriamente … Ma nessuno sa quanto durerà questo “provvisoriamente” … Sembra ogni giorno di più che le imprese rischino di diventare agenzie dello Stato.

Le imprese devono ridisegnare la loro strategia perché il provvisoriamente duri il meno possibile. E devono farlo tenendo conto dei rilevanti cambiamenti di esigenze e desideri delle persone e dell’esigenza di compatibilità con la natura. Ma il fare piano industriale è diventato un esercizio burocratico da lasciare agli “analyst” delle istituzioni finanziarie o degli advisors. Come possono costoro inventare strategie rivoluzionarie, che l’imprenditore possa implementare per far tornare le imprese a produrre valore?

Le istituzioni finanziarie devono valutare la fattibilità dei piani industriali delle imprese, ma come fanno se la cultura strategica, che è la cultura di riferimento, sia di chi fa, sia di chi valuta piani industriali, è troppo primitiva per raggiungere questo scopo?

I piani industriali prevedono, in genere, grandi cambiamenti organizzativi. Ma come è possibile attivare grandi (e veloci) cambiamenti organizzativi, quando appaiono immediatamente resistenze al cambiamento che nessuno sa da dove vengono e come possono essere contrastate?

La sfida del cambiamento riguarda anche temi di grave momento, come la sicurezza sul posto di lavoro. Lasciamo stare le imprese incoscienti che non rispettano le norme. Per quelle, bastano controlli e codice penale. Pensiamo alle imprese che fanno tutto quello che riescono a immaginare, ma non riescono a tamponare disattenzioni, imprudenze, trasgressioni, conflitti. Anche per alleviare questo dramma, è necessario riuscire a determinare un cambiamento che annulli disattenzioni, imprudenze, trasgressioni, conflitti.

Dopo aver esaminato la sostanza (dobbiamo costruire una nuova società) e i dettagli (riprogettare imprese e istituzioni) della sfida che abbiamo di fronte, andiamo ad esaminare gli “strumenti” che stiamo usando per affrontarla. Gli strumenti di analisi della realtà e di costruzione di nuove realtà. Essi sono davvero solo pupi, quinte e teatrini di legno …
Per fortuna (e a nostro demerito), mentre noi stiamo cercando di fare le nozze con i fichi secchi, esiste un cestone di frutta esotica che non ci degniamo neanche di guardare …

Fuor di metafora, per analizzare, comprendere la realtà e per progettarne, costruirne una nuova, utilizziamo solo e soltanto una specifica ed invecchiata visione del mondo: quella proposta da Galileo e da lui riassunta nella famosa metafora: “sensate esperienze e certe dimostrazioni”. Si tratta di quel modo di guardare al rapporto tra l’uomo e il mondo che è stato definito “pensiero scientifico”. Tentando di specificare, pensiamo che il guardare il mondo porti ad una immagine oggettiva del mondo. Pensiamo che il ragionare “correttamente” porti a costruire verità innegabili. Crediamo fortemente nella linearità delle cose: gli effetti hanno cause e le cause producono effetti …
E’ questa visione del mondo che ha generato la società industriale.
Se l’ha generata, però, non può certo essere lo strumento adatto per superarla …

Ma … nessun problema. A partire da un lontano 1733, è iniziato un percorso “trasgressivo”, che ha portato proprio quelle scienze che costituiscono il fondamento e l’applicazione più rigorosa del metodo “scientifico” (la matematica e la fisica) a scoprire che questo modo di guardare il mondo da cui sono nate, è troppo “ideologico”. Porta a costruire idee, proposte, imprese istituzioni che, proprio perché sono state costruite, diventano immodificabili. Sono state costruite da corrette osservazioni e da un valido ragionare, quindi sono perfette.
La “trasgressione” iniziata nella matematica e nella fisica si è trasferita, poi, nelle altre scienze. Cosicché, oggi, siamo di fronte ad un immenso e diversificato patrimonio di modelli e metafore che, siamo convinti, portano a trovare soluzioni alle sfide che oggi non riusciamo a risolvere. E queste soluzioni si “condensano” in una nuova società.

Ma allora abbiamo davanti una strategia molto semplice per uscire dalla crisi che stiamo vivendo. Giochiamo con pupi e riceviamo in pagamento fichi secchi. Ci lamentiamo che i pupi non ci divertono e i fichi secchi non ci bastano.
Allora proviamo ad abbandonare i pupi …

Arriviamo al il 21 luglio. Il 21 luglio di 40 anni fa il primo uomo pose piede sulla luna: un attrattore che ha danzato da sempre nelle notti e nelle fantasie di tutta l’umanità … Il 21 luglio di 40 anni dopo noi proponiamo un Evento di Fondazione dove racconteremo, a tutti coloro che vi parteciperanno, un pianeta intero di nuove conoscenze. Su quel pianeta porremo tutti il nostro piede incerto. Ma poi accadrà che anche noi correremo. Perché piano piano diverrà un pianeta emozionante. Dove cominceremo a intravvedere la nuova società che è possibile costruire e il processo di governo che permetterà di farlo.
Ancora una volta concretizzando, emergerà (racconteremo) un nuovo significato del fare impresa, si scoprirà come fare strategia in un modo radicalmente nuovo, come eliminare le resistenze ad ogni cambiamento e come superare tutti gli ostacoli nascosti che hanno fino ad ora impedito di costruire sui luoghi di lavoro vere e proprie comunità di sicurezza e di benessere. Emergerà un nuovo modello di istituzioni, di stato sociale e di modalità di fare politica …

Un Evento di Fondazione … abbiamo usato questa parola perché si tratta di un primo passo. Abbiamo in mente una meta più ambiziosa: l’organizzazione di un vero e proprio Expo della conoscenza, nel quale raccontare, esemplificare, far vivere, rendere disponibili i nuovi modelli, le nuove metafore che sono nati dopo quel 1733 in tutte le scienze naturali ed umane. E i loro possibili utilizzi.

Per partecipare alla’Evento di fondazione: francesco.zanotti@gmail.com

venerdì 26 giugno 2009

Meno male che Silvio c'è ...



Meno male per amici e nemici …
Così possiamo tutti insieme appassionatamente superficializzare …
Insomma … immaginate che Silvio non ci sia.
Allora, tutti insieme, nemici ed amici, dovremmo metterci a capire la complessità del reale e progettare il futuro. Dobbiamo sforzarci di capire come sta davvero la situazione economico-finanziaria e quale nuova economia e finanza vogliamo. Che tipo di stato sociale, che tipo di istituzioni locali, nazionali ed istituzionali. Poi, ancora, così citando in ordine sparso … quale ricerca, quale scuola, quale visione del mondo … Magari dovremmo anche cercare di capire a cosa serve tutta la conoscenza (modelli, metafore, linguaggi per capire la realtà), che si è sviluppata negli ultimi tre secoli e che giace totalmente inutilizzata …
Ma, invece, davvero, Silvio c’è.
Allora, senza sentire e vivere la fatica dell’approfondimento e del progetto, i nemici possono dare addosso a Silvio. Conflitti di interesse, reati economici e veline: tutto buttato nel grande calderone della invettiva.
E gli amici possono gridare al complotto. Il tutto alla presenza di un Berlusconi che candidamente dice: io non cambio. Piaccio così agli italiani! Bonariamente fregandosene delle esigenze di cambiamento epocale e continuo che deve impegnare persone, imprese, attori sociali e politici e Istituzioni. Tranquillamente tranquillo di non doversi curare di tutta la conoscenza che è stata sviluppata e giace sprecata.
Tra amici e nemici, Silvio benedicente, i dibattiti mediatici possono continuare a svilupparsi con i soliti vociari convulsi, paroloni sbattuti in faccia gli uni agli altri, conduttori furbescamente ammiccanti, alla ricerca del modo per mettere il più in imbarazzo possibile questo o quello, amico o nemico di Silvio.
Meno male che Silvio c’è….

giovedì 11 giugno 2009

Cultura generale in classe... e nella società


Qualche settimana fa, il Prof. Tullio De Mauro scriveva su Internazionale (797 del 28 Maggio 2009, sezione Cultura) un interessante spunto sulla mancanza della Cultura generale nelle scuole.
A partire dalla sua definizione, "la cultura generale è quella che, partendo dagli scritti, dalle arti, dal pensiero, aiuta a orientarsi nella vita e ad affrontare i propri problemi", punta subito il dito alla causa del problema: la compartimentazione e la chiusura delle conoscenze.
A tal proposito cita le posizioni di Edgar Morin, teorico del pensiero "complesso", di cui riporta l'accusa di "cretinismo" alla cultura delle discipline e delle specializzazioni, e lancia un grido di allarme: come facciamo a rigenerare la cultura generale se siamo digiuni di discipline, saperi, scienze e tecniche precise?

Mi permetto di trasporre questo punto di vista in un ambito più ampio: l'intera società contemporanea. Tutti i suoi attori, dalle singole persone fisiche nei loro vari ruoli (manager, politici, dirigenti, madri e padri di famiglia, ecc.) alle organizzazioni di cui fanno parte (aziende, famiglie, enti pubblici, governi, ecc.) soffrono dello stesso problema, ovvero la mancanza di cultura generale, intesa come supremo strumento per orientarsi nella vita di oggi.
Ce ne accorgiamo dalla crisi, che, oramai, ha carattere pervasivo e strutturale, e che, anche se si è manifestata sul campo economico, attanaglia il sistema dei valori, i sistemi di governo delle aziende e delle nazioni: insomma, tutto l'assetto di convivenza civile che abbiamo conosciuto finora.

Allora anche noi tutti abbiamo bisogno di rigenerare questa "Cultura Generale", ma, come dice De Mauro per la scuola, "...se siamo digiuni di discipline, saperi, scienze, tecniche precise, che rigeneriamo?"

Ecco allora che appare più chiaro lo scopo che vogliamo perseguire da queste pagine web e dai mini e maxi (Expo della conoscenza) eventi che stiamo organizzando: promuovere attività comprensibili a tutti, perché, se rimangono elitarie, non servono a creare cultura generale, proprio per fornire strumenti di "rigenerazione". E lo vogliamo fare attingendo a quelle scienze e saperi, nelle quali l'intelletto umano si è già cimentato, distillando strumenti concettuali potenti e innovativi, per affrontare e risolvere le sfide delle varie discipline, che, poi, altro non sono che una istanza del reale quotidiano, nel quale siamo immersi tutti. Solo da essi possono discendere quelle "tecniche precise", alle quali fa cenno il Professore De Mauro, che ci permetteranno la rigenerazione auspicata.
Dunque, necessità di strumenti per generare nuovi Rinascimenti, non ricette preconfezionate da pochi: ecco di cosa abbiamo bisogno oggi.
Nella scuola come nella società contemporanea.

lunedì 1 giugno 2009

La crisi e le stragi del sabato sera.

Sto seguendo gli echi del Festival dell'economia, che si sta tenendo a Trento in questi giorni, attraverso gli articoli di Federico Rampini su Repubblica. (Dieci cose che cambieranno... e Non sprechiamo una buona crisi... )

Ovviamente l'argomento del giorno, "giorno" che sta durando ormai da diversi mesi, è la crisi che ci attangalia e che sta facendo sentire i suoi effetti reali in modo sempre più evidente.
Al centro l'economia, mai se ne era parlato tanto a memoria d'uomo, le sue colpe e quelle di coloro, gli economisti, che dovevano prevedere, individuare, progettare soluzioni e rimedi.
Leggo che si è arrivati a fare processi, certamente finti, ma con una forte carica simbolica, a questi poveracci colpevoli esclusivamente di aver progettato automobili che si schiantano se guidate in stato di ebrezza.
Come apprendiamo frequentemente dalla cronaca di questi tragici eventi, la colpa non è della meccanica dei mezzi, nè gli interventi legislativi e punitivi hanno risolto il problema. E allora perchè la gente si droga, con sostanze lecite o meno poco importa, e poi si mette alla guida?

Ecco, l'ho detto, ma chiunque lo capirebbe. Non ho parlato di auto, nè di effetti psicotici sulla chimica del nostro corpo, ho posto il quesito, e tutti arrivano a farlo, sulla radice reale del problema: la motivazione delle persone a mantenere un comportamento irresponsabile, mentre usano un MEZZO utile, ma potenzialmente pericoloso per loro e gli altri.

E allora, tornando alla crisi:
Perchè non si parla di questo?
Perchè le persone dovevano spendere a tutti i costi più di quello che guadagnavano?
Perchè pensavano di guadagnare la stessa cifra per anni non avendone certezza?
Perchè chi raccoglieva questi debiti non pensava che potevano non essere pagati?
Perchè chi li acquistava non si faceva scrupolo di rivenderli prima che la musica terminasse (ricordate quel gioco nel quale bisognava trovarsi a ballare con una dama e chi rimaneva solo era eliminato)?
Perchè fasce sempre più larghe di popolazione, manager o anche piccoli responsabili aziendali, hanno tenuto comportamenti moralmente illeciti creando danno ad altri per beneficio loro?
Perchè dovremmo sentirci felici solo se riusciamo a spendere quello che abbiamo e oltre?
Perchè non riprendiamo gli antichi costumi secondo i quali "progresso" significa anche "sacrificio attuale per un prossimo miglioramento" ?

Ma, sopratutto, la madre di queste e tante altre domande: che "ci azzecca" tutto questo con l'economia?

La crisi siamo noi, ciò che vogliamo dalla nostra vita, i valori, o non valori, che ci siamo messi in testa di perseguire, l'aver dimenticato che proprio grazie alla globalizzazione tutta la terra è un villagio globale e in un villaggio non si può star bene in pochi, perchè gli altri, prima o poi, si incazzano e poi stanno male tutti, come la storia ci insegna.
E, allora, smettiamola di fare i bambini e dare le colpe all'automobile perchè non ci porta dritti sulla strada, facendo finta di dimenticare che siamo noi che la conduciamo in stato di ebrezza.
Basta col cercare cause, inizio, fine di questa crisi fuori dai nostri comportamenti e motivazioni. Smettiamola di addossare la croce, ora, a quegli sfigati degli economisti, che si trastullano con modelli teorici potentissimi ma che perdono di efficacia nella complessità del quotidiano, come un cucchiaio di zucchero in un ettolitro di caffè, ora, ai politici, mercanti di consenso capaci di sostenere tutto e il suo contrario, purchè porti voti.

Cosa fare allora?

Ecco due idee.
Prima: cercare nuovi strumenti per comprendere e governare la realtà. Viviamo in un mondo complesso. Da sempre, l'uomo osserva l'ambiente circostante e cerca di comprenderlo per capirne il comportamento, se possibile prevederne le evoluzioni, adeguarsi al contesto, il tutto per averne un vantaggio di sopravvivenza e benessere. Questo esercizio è antichissimo e si è evoluto nel tempo, prendendo forme e contenuti diversamente potenti ed efficaci, secondo latitudini, usi e costumi culturali.
Nel mondo occidentale, ha preso il nome di scienza, ma saperi ugualmente efficaci si sono sviluppati in altre parti del mondo. Da queste pagine web, stiamo sostenendo un percorso, balbettando come bambini alle prime armi, perchè lo siamo come tutti oggi, per ricercare, a partire dalle scienze, idee e strumenti comprensibili a tutti e utili a progettare futuri diversi dal passato.
C'è stata una serata organizzata, per illustrare le idee della matematica; a breve ne organizzeremo una con lo stesso scopo sulla fisica. Altre ne seguiranno sulla biologia, le scienze neurologiche, la visione del mondo che deriva dalle religioni orientali e altro.
Lo scopo è quello di fornire strumenti nuovi, perchè quelli vecchi o sono consumati e non servono più, o sono obsoleti, hanno prodotto benefici fino a ieri e, oggi, producono danni.

La seconda: riscoprire i valori. Sono la bussola dei comportamenti costruttivi, della convivenza civile, del benessere collettivo, della sopravvivenza umana.
Oggi, ne abbiamo una prova concreta: una società senza valori collassa, danneggiando tutti i suoi membri e creando nuovi schiavi (ah se invece di parlare di economia si fosse parlato di più del rischio di perdita della dignità dell'individuo, dei diritti civili, del futuro delle attuali generazioni: quanto tempo guadagnato nella progettazione del "dopo" che tutti invocano!). Dove cercarli, o meglio, ricercarli, visto che i valori per l'umanità sono universali, senza tempo e luogo?
Per chi ha fede o è religioso, nei luoghi e nei libri di culto, ma esistono anche comunità laiche che ne esprimono. Il volontariato, ad esempio, oppure le mamme, che ognuno può osservare da vicino, essendo diffusissime e portatrici "genetiche" dei valori di base dell'umanità (affetto incondizionato, spirito di sacrificio per l'altro, ecc.). E, per favore, non solleviamo obiezioni banali che esistono i preti che abusano dei bambini, mullah che incitano al terrorismo, volontari che rubano e mamme snaturate. Il mondo non è perfetto: a noi l'onere di distinguere in ogni cosa il buono dal marcio.
Anche qui, ci piacerebbe distillarne i contenuti a beneficio di tutti e aprire un dibattito sul significato che tali valori hanno nella società moderna, ma, sopratutto, la loro importanza per quella prossima ventura.

E l'auto, i meccanici e le droghe, così come l'economia, la finanza e le banche, lasciamoli perdere per favore.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.