domenica 29 settembre 2013

Ci stiamo rubando le stelle …

di
Francesco Zanotti


E le nostre classi dirigenti ci tengono il bordone.
Se guardate il cielo dal centro di una grande città rischiate che si veda solo una luna pallida e ingrigita. A mano a mano che vi allontanate dal centro, verso la campagna il cielo di popola, si colora, brilla di Universo.
Così sta accadendo alla nostra vita economica, sociale e politica. Dal Centro della società industriale vediamo solo quella. Nessun cielo.
Se avessimo, però, il coraggio di uscire verso la campagna della conoscenza riconosceremmo che ci stavamo perdendo a fare le pulizie in piazza Duomo mentre tutti gli edifici introno crollavano. E scopriremo tutti gli universi di possibili futuri che ci stiamo negando, urlando che con tutta quella polvere che abbiamo intorno non si vede nulla. Quella polvere che sollevano gli edifici crollando e che noi cerchiamo di eliminare con un ramazzare ingenuamente incosciente.  

Si, mi riferisco alla imminente crisi di governo. Ancora una bella scusante per non guardare all’universo della conoscenza. Schiacciati da un contingente che è duro, crudo ed urgente proprio perché lo affrontiamo nell’ignoranza.

giovedì 26 settembre 2013

Una sera di inizio autunno

di
Francesco Zanotti


Cadere di foglie, col rumore del silenzio. Urla politiche cariche di volgarità sociale. Disprezzo della conoscenza …
L’autunno silenzioso della Natura sembra accompagnare l’autunno urlato e cafone della società industriale.

Ma noi vogliamo accendere la primavera nei nostri cuori. Una primavera che porta “Virtute e canoscenza”. Convinceremo le classi dirigenti ad abbandonare baruffe infantili. Le convinceremo a smetterla di difendere economie insostenibili. Le convinceremo a commuoversi ascoltando la sofferenza. Le convinceremo ad armarsi anche loro di “Virtute e canoscenza” per eliminarla.

martedì 24 settembre 2013

Roberto Napoletano e gli scarponi da montagna

di
Francesco Zanotti


Quando andate in montagna, certo, se gli scarponi sono lucidi è meglio. Ma, prima di tutto, devono essere solidi e adatti alle rocce. Se lucidate scarponi sfondati, non li rendete adatti alle rocce.
Oggi sul Sole 24 Ore Roberto Napoletano indica quale secondo lui è il lavoro da fare a casa. Cioè: quello che è necessario fare per uscire dalla crisi. Ecco, quello che propone è un lucidare scarponi sfondati.
Non dobbiamo rabberciare quello che esiste. Un solo esempio: come è possibile sostenere che cambiando le regole fiscali delle banche si salva l’economia reale? Certo le banche hanno più risorse da prestare, ma se c’è una rilevante parte del nostro sistema industriale che produce commodity, non gli servono soldi, ma risorse cognitive. Cioè risorse progettuali. Quando si hanno quelle, poi, i soldi si trovano.
Ecco, le risorse cognitive. Il problema fondamentale non è rabberciare istituzioni o imprese, la sfida è di costruirne di radicalmente nuove. E per farlo servono quelle nuove risorse cognitive, progettuali di cui è piena la conoscenza. Un insieme di risorse cognitive per tutti: le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa che sono pressoché sconosciute alle classi dirigenti ed ai commentatori economici e politici, ma fondamentali. Nei nostri blog abbiamo detto a iosa di risorse di conoscenza, fino a proporre un'Expo della Conoscenza come strategia di uscita dalla crisi.

Se usiamo le nuove risorse cognitive esistenti potremmo anche scoprire che, in realtà, non siamo costretti a scalare montagne impervie, ma siamo sulla riva di un mare immenso di nuovi futuri possibili. Dobbiamo solo entrarci. Ma per navigare e non affogare (i futuri possibili rifiutati scatenano tempeste) dobbiamo proprio toglierci gli scarponi sfondati costituiti dalle risorse cognitive in possesso delle classi dirigenti. Gli scarponi, anche se lucidi, zavorrano, fanno affondare. 

sabato 21 settembre 2013

La insensatezza della democrazia dell’alternanza

di
Francesco Zanotti


Sono stato ad un Convegno a Charleroi della “European Systemic Society”. Lo cito perché deve essere chiaro che la tesi che sosterrò è così ovvia per moltissimi, da moltissime parti del mondo, che sembra incredibile avere ancora una classe politica che persegue una ricetta così insensata.
Dunque, la “sistemica” è un’area di conoscenza diffusa, molto giovane, ma con alcuni capisaldi generali oramai così consolidati, da non essere neanche più esplicitati. Uno è certamente questo: un sistema complesso non può essere semplificato in due parti ben distinte e contrapposte. Mi vergogno quasi a scrivere di una “scoperta” che è a tutti notissima.
Ebbene, i nostri politici, invece, credono che non solo sia possibile, ma debba anche essere desiderabile far sì che una società complessa come la nostra accetti di strutturarsi in una destra e in una sinistra che, stabilmente, si confrontano. Ecco non le chiamiamo proprio “destra” e “sinistra”, ci aggiungiamo il “centro” ad ambedue per ammorbidire …
Il peggio è che anche le giovani leve della politica rimangono ancorate a questa pretesa di banalizzare una società complessa in due parti ben distinte e contrapposte.
Peccato che proprio non sia possibile … Se continuiamo ad insisterci , non illudiamoci che il nostro Paese possa essere guidato verso un nuovo sviluppo. Se si cerca di semplificare la complessità, questa si impone da sola. Peccato che lo faccia tanto più violentemente quanto più è stato intenso e prolungato lo sforzo di semplificarla.  


mercoledì 18 settembre 2013

Lettera aperta Franco Moscetti e Giovanni Floris

di
Francesco Zanotti


Ho sentito con emozione l’intervento del Dott. Moscetti ieri sera a Ballarò. Emozione perché sono della Sua generazione e condivido la sua autodenuncia di fallimento.
Ma voglio fare un passo avanti: abbiamo fallito fino ad ora, ma possiamo riscattarci! Anzi abbiamo ancora una chance importante per riscattare la nostra storia. Possiamo attivare un grande processo di auto-cambiamento ed arrivare ad essere la prima generazione della storia che riesce a tramandare ai propri figli e nipoti il seguente messaggio: sono stato ignavo, ma sono riuscito a capirlo e sono riuscito a cambiare.
Mi permetto di indicare l’area fondamentale di cambiamento che possiamo attuare immediatamente: cambiare i sistemi di conoscenze che attualmente utilizziamo e che sono del tutto inadatti a comprendere e governare il mondo che si è affacciato al nuovo millennio.
E’ vero che abbiamo incespicato gravemente, ma non è accaduto perché è scesa una pesantissima nebbia che ci ha impedito di vedere. E’ accaduto perché ci si sono appannati gli occhiali. Purtroppo noi non ce ne accorgiamo e pensiamo che la patina che oscura il nostro sguardo sia la confusione del mondo.
E’ accaduto perchè sappiamo usare linguaggi (modelli, schemi di riferimento) molto poveri che ci permettono solo di balbettare banalità, di urlare invettive immersi nella nebbia che sta nei nostri occhi.
Il problema non è nel mondo. Il problema sono le modalità con cui guardiamo e ragioniamo del mondo. Siamo come colui che vuole aggiustare il televisore, ma lo prende a martellate perché pensa che sia ancora il teatrino delle marionette.
Faccio degli esempi.
L’attuale classe dirigente è, complessivamente, ancora totalmente succube della visione del mondo propria della fisica e della matematica classica che sono del tutto inadatte a ragionare e progettare intorno a società complesse. Sono del tutto ignoranti dei modi di pensare e di ragionare della nuova matematica, della nuova fisica, della nuova biologia che permetterebbero loro di capire la realtà profonda dei sistemi umani e suggerire nuove modalità per governarli.
Le attuali classi economiche sono del tutto all'oscuro delle conoscenze di strategia d’impresa e di sviluppo delle organizzazioni.
Basta guardare la nostra analisi dei Business Plan delle società dellaBorsa di Milano per capire il gap tra le conoscenze di strategia d’impresa disponibili e quelle utilizzate. E basta guardare al mito della competitività che resiste inalterato nonostante sia oramai acclarato che è proprio la ricerca della competitività che genera la competizione.
Il caso più eclatante di refrattarietà alla conoscenze strategico-organizzative è quello della FIAT che si ostina a voler competere copiando gli avversari. In quale altro mercato un competitor copia le modalità di sviluppo e di gestione del suo concorrente più temibile, quando vi sono conoscenze molto più avanzate disponibili che potrebbero permettere alla stessa FIAT di costruire un radicalmente nuovo mercato dell’auto?
Le classi politiche e sindacali sono del tutto all'oscuro delle conoscenze sociologiche e politologiche. Rimangono ancorate a dibattiti infantili o ottocenteschi. E si cincischiano nell'immaginare riforme istituzionali che non possono essere il punto di partenza per costruire una nuova società. Ma possono essere solo definite ex-post quando la nuova società la si è già cominciata costruire dal basso.

Dopo gli esempi (che davvero sono solo tre tra i moltissimi possibili) allora la proposta, per riscattare una classe dirigente che è stata colpevole, ma che è ancora in sella, è semplice: impegniamoci a diffondere presso le classi dirigenti quelle nuove conoscenze che possono permettere un salto di qualità nella capacità di vedere e ragionare sul mondo.

Noi abbiamo fondato una Associazione che ha lo scopo di organizzare una grande Expo della Conoscenza che abbia lo scopo di raccogliere e mettere a confronto le nuove conoscenze apparse negli ultimi cento anni in tutte le scienze umane e naturali, nelle filosofie e nelle religioni. Così facendo si forniranno alle classi dirigenti nuovi occhiali e nuovi linguaggi. E, forse, si riusciranno a mettere in onda talk show dove prevalga lo scambio di conoscenze e la progettualità solidale invece che la ricerca di scoop, l’impegno a fare domande imbarazzanti, il compiacimento per le liti starnazzanti che si riescono a scatenare.

Signori, che ne dite della proposta della nostra Associazione?

lunedì 16 settembre 2013

Asfaltare ….

di
Francesco Zanotti


Stamattina in prima pagina di Repubbblica “Renzi: se si vota asfaltiamo il PDL”.
Cioè eliminiamo gli avversari.
E così, senza il PDL i nostri imprenditori ritorneranno a produrre cassa che è l’unica cosa che può far aumentare l’occupazione e salvare le banche. Il mondo ritrova la pace, i giovani riscoprono la voglia di cambiare il mondo, la conoscenza sul vivere umano progredisce …
Senza il PDL il mondo diventa rosa …

Incoscienza da tifoso fanatico, quelli che si divertono solo se si finisce col fare a botte perché quello solo sanno fare.

giovedì 12 settembre 2013

Ho visto un manager …

di
Francesco Zanotti


… di quelli importanti ... di cui parlano i giornali … Mentre camminavo per una via il cui accesso alle macchine è permesso solo ai residenti. Stava accompagnando a casa la mamma … ovviamente con auto di rappresentanza. Era molto affettuoso con quella vecchietta piccola, gracile, lui alto anche se non prestante.
Una grande umanità e so, per certo, anche una grande cultura economica e classica …
Ma, se leggete i piani strategici della sua azienda, troverete banalità di strumenti e, conseguentemente, di contenuti. Una mancanza completa di utilizzo delle conoscenze disponibili di strategia d’impresa, di sviluppo dell’organizzazione. Se provate a farglielo notare ed invitarlo ad usare la conoscenza strategico-organizzativa disponibile, neanche vi sta ad ascoltare.

E’ la tragedia di questa generazione di manager costretti a vivere di potere e lasciare fuori dalla porta delle imprese l’umanità e la conoscenza … 

lunedì 9 settembre 2013

Cernobbio e il cappotto di Akákij Akakiévič

di
Francesco Zanotti



Ho letto i resoconti del Sole 24 Ore sul Worshop Ambrosetti di Villa D’este … Che dire … un ricombinare di tasselli sperando che si aggiusti un vecchio mondo … Come pretendere di aggiustare il cappotto di Akákij Akakiévič, il protagonista del “Cappotto” di  Gogol.

Annusato il tabacco, Petrovič allargò la «vestaglia» fra le mani e la esaminò controluce e di nuovo scosse la testa. Poi la rovesciò dalla parte della fodera e di nuovo scosse la testa, di nuovo levò il coperchio con la carta incollata sopra il generale e, riempitosi il naso di tabacco, chiuse la tabacchiera, la ripose e finalmente disse: «No, non si può riparare: è in cattivo stato!»
A queste parole il cuore di Akakij Akakievič ebbe un balzo. «Come non si può, Petrovič?» disse con voce quasi supplichevole, da bambino, «è consumato soltanto sulle spalle, tu devi pur avere dei
pezzi di stoffa da metterci...»
«Certo, i pezzi si possono trovare, i pezzi si trovano,» disse Petrovič, «ma è cucirli che non si può: è roba completamente marcia, come la tocchi con l’ago, ti si disfa in mano.»
«Che si disfi pure, tu subito ci metti una pezza.» «Ma non c’è dove poggiarle le pezze, non c’è presa, è troppo logoro ormai. Non è panno questo, ma gloria: come soffia un po’ di vento vola
via.»«E tu appunto rinforzalo. Come sarebbe a dire, così, davvero, questo!...»
«No,» disse deciso Petrovič, «non si può far nulla. È una brutta faccenda. Meglio, piuttosto, appena verrà il freddo dell’inverno, che ve ne facciate delle pezze per i piedi, perché la calza non tiene abbastanza caldo. Sono stati i tedeschi a inventarla per farci più soldi (appena c’era il modo, a Petrovič piaceva tirare una frecciata contro i tedeschi), e di cappotto dovrete farvene uno nuovo.»

Il problema sta nelle risorse cognitive.

giovedì 5 settembre 2013

Rifkin a Milano e la domanda del Professore

di
Luciano Martinoli


Che delusione!
Si è svolto oggi a Milano, nella sede di Assolombarda, l'incontro con Jeremy Rifkin dal titolo "Innovation and Technology for a sustainable future". Da un visionario come lui mi sarei aspettato spunti e provocazioni "innovative" per immaginare futuri diverse e, successivamente, di come le attuali tecnologie possono aiutarci a realizzarne almeno uno. Nulla di tutto questo è accaduto. L'autore della "Civiltà dell'Empatia" e "Il Sogno Europeo", per citare alcuni dei suoi libri più ispirati, ha volato molto basso. Anzi, a dirla tutta, non è mai proprio decollato.
Perchè?

martedì 3 settembre 2013

Poveri noi sessantottini

di
Francesco Zanotti


Sì, sono di quella generazione. Non la rinnego certo. Anzi ne rivendico una capacità di immaginazione e di impegno oggi sconosciuti. Ma non posso non riconoscere le catastrofi che la deriva ideologica di immaginazione ed un impegno hanno generato.
Purtroppo, troppi della mia generazione stanno sperando in una nuova giovinezza ripercorrendo la strada che ha trasformato impegno e immaginazione in catastrofe. Con gli stessi ragionamenti, le stesse incrollabili, ingenue e drammatiche, certezze ideologiche.
Ieri sera, alla radio, il nome non ha importanza. A proposito delle vicenda della TAV ho risentito tragicamente il passato. Diceva un “intellettuale”, scrittore alternativo e di chiara fama: il popolo della Val di Susa ha il diritto di difendersi dalla invasione di uno Stato che gli impone una infrastruttura che distruggerà la possibilità di sopravvivenza nella valle. Ha diritto, per difendersi, al sabotaggio.
Il suo intervistatore obiettava le ragionevolezze che tutti immaginano: sulla TAV vi sono opinioni diverse, chi rappresenta lo Stato è stato votato anche dai cittadini della Val di Susa, quando i sabotatori sono francesi e russi è difficile parlare del popolo della Val di Susa etc.
Ma il Nostro implacabile a sostenere di diritto di difesa di un popolo di Susa che, se per caso non si sentisse aggredito e non volesse essere difeso, significherebbe che non ha capito nulla. E ci vuole chi lo difenda al posto suo. Anche francesi e russi …
Allora l’intervistatore: ma se non bastasse il sabotaggio; occorrerebbe arrivare a sparare … come è accaduto negli anni ’70? Risposta: no, perché basta il sabotaggio. Ma se il sabotaggio non bastasse? No: davvero basterà. Il Nostro non voleva arrivare a dire che occorre sparare. Proprio come è accaduto agli inizi degli anni ’70 dove chi protestava era violento solo un po’. E partendo da questo “un po’ “ tutti sanno dove siamo finiti.
Ora, io non sono a favore della TAV. Se ci penso bene credo che l’attuale sistema di infrastrutture e quello che stiamo immaginando per il futuro non siano adatti alla nuova economia prossima ventura.
Non sono a favore, ma non è importante. Il vero dramma va al di là della TAV.
E’ rivedere il ripercorrere la stessa stupida china che piano piano piano scende verso una violenza inarrestabile. Come se non fosse mai accaduto …

Davvero, poveri … Anzi: dannati noi sessantottini se ripetiamo, proponiamo di ripetere la nostra storia disperata.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.