domenica 27 settembre 2015

Mente e Cosmo

di
Francesco Zanotti

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Purtroppo non l’ho ancora letto. Ma rimedierò presto.
In ogni caso voglio provare a commentare la recensione che ne fa Boncinelli sulla “La lettura”.
Sto parlando di Mente e cosmo di Thomas Nagel.
Il buon Boncinelli è ossessionato dalla teoria del Disegno Intelligente. Una paura santissima che si dia legittimità al nome di Dio. Una voglia ossessiva di dimostrare che Dio non esiste. O almeno non è utile.
Se leggete i suoi libri vedrete che stiracchia da tutte le parti la scienza pur di dimostrare che la scienza è la Riposta. Se prendete il suo Quel che resta dell’anima rimarrete sconcertati. Egli sostiene che sì, la visione deterministica del mondo non è più così solida. Ma subito dopo dice “ Se si fa astrazione dal mondo microscopico degli atomi e da alcuni fenomeni particolarmente complessi (un uragano, una frana o l’andamento della borsa), tutti gli eventi della nostra vita seguono un andamento quasi deterministico“. Cioè ha bisogno del determinismo, altrimenti vacilla la convinzione che la scienza sia Dio.
Questo modo di fare scienza è infantile.
Il problema è che i grandi uomini sono assediati dai nani. Che cercano di nascondere e placare nella loro ombra protezione ad insicurezze psicologiche profonde.
Boncinelli nelle critiche di Nagel al neodarwinismo (che peraltro non riporta) ci vede comparire in filigrana il concetto di Disegno Intelligente. E vi si scaglia contro.
Ora, chi contesta che Darwin è stato uno dei gigante sul cui spalle “manebimus optime”?
Dobbiamo, però andare oltre. Diventare anche noi giganti. Non so se il libro di Nagel è il libro di un gigante. Certo la stroncatura di Boncinelli fa venire una voglia matta di leggerlo.
Leggerlo liberamente, senza chiedersi se sta dalla parte di chi vuol combattere il nome di Dio o no.


giovedì 24 settembre 2015

Migranti: proposte eccellenti. Media, un po’ meno

di
Francesco Zanotti

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Leggo a pag. 13 del Corriere di oggi una intervista a Naguib Sawiris, noto magnate egiziano, dove propone una idea che giudico eccellente. Emozionante, da pelle d’oca. Non solo perché è un grande contributo ideale ed operativo alla soluzione del problema dei profughi, ma anche perché indica una precisa strada per costruire sviluppo. E dimostra come un reale sviluppo non lo costruiscono mai le classi dirigenti politiche. Qualche volta hanno costruito il contesto dal quale è emerso alto e forte uno sviluppo immaginato e realizzato dal basso.
Ma veniamo all'idea che è più importante delle mie filippiche.

Il Sig. Sawiris vuole comprare (anche solo affittare) una intera isola che chiamerà “isola di Aylan” (che, come è oramai arcinoto, è nome del bambino morto e fotografato sulla spiaggia) sulla quale far costruire (a sue spese. Cioè: investe lui. Non sta chiedendo soldi.) un ologramma di una nuova società.

L’espressione “un ologramma di una nuova società” è mia. La modalità di racconto di Sawiris è più operativa.
“… l’isola ha il vantaggio di evitare che i rifugiati tolgano lavoro agli italiani, dipendano dalle infrastrutture, occupino posti nelle scuole e negli ospedali. Costruiremo tutto sull'isola.”.
E ancora “Sono un imprenditore e sono abituato a costruire (nota mia: a costruire, non a competere). La bellezza di questa idea è che assumi le persone per costruire la propria città, un Paese nuovo: come l’America.”.
Come anticipavo: un ologramma di una nuova società.

Il giornalista obietta che vi è il rischio che coloro che hanno costruito l’isola, poi, se vadano. E Sawiris risponde “L’isola diverrà un’attrazione turistica. Torneranno a visitare il luogo in cui sono stati accolti. Oppure resteranno se sono felici. C’è chi dice che i rifugiati puntano alla Germania e non ad un’isola, ma se gli date un salario di 2.000 euro al mese e i figli vanno a scuola e ci sono ospedali, perché non dovrebbero restare?”.
Sig. Sawiris ci rimarranno certamente. Le strade d’Europa sono le strade di un Continente decadente. Meglio dei paesi in guerra, ma molto peggio di un Paese che sa costruire il suo futuro.

Mi viene la tentazione di riportare altre parole di Sawiris, ma mi fermo. Vi invito a leggere questa intervista.
Ed arriviamo ai media. In particolare al Corriere della Sera. Come ho scritto, è collocata a pag. 13, taglio basso, del Corriere della Sera. Lo stesso giornale pochi giorni fa (il 19 settembre) metteva una gigantografia di Balotelli in prima pagina che annunciava un “profetico” (le virgolette rendono bene l’ironia) articolo di Paolo Conti dal titolo: Mario e l’amore vero (mai provato). Direttore, complimenti per la scelta delle priorità.


martedì 22 settembre 2015

Volkswagen … e tutti i giganti con i piedi di argilla

di
Francesco Zanotti

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Riporto solo il titolo dell’articolo di prima pagina del Corriere “Volkswagen paga per i test truccati”.
Riporto anche le prime righe dello stesso articolo “La Volkswagen ha usato un “sofisticato algoritmo per il software” per imbrogliare sulle emissioni dei suoi motori diesel montati su auto negli Stati Uniti.”.
Sembra che il software si “accorgesse” se l’auto era sottoposta ad una misura di verifica o funzionava normalmente su strada. Nel primo caso la faceva funzionare in modo da rispettare i limiti di legge sulle emissioni. Imponeva limitazioni al funzionamento. Nel secondo caso no!
Detto diversamente, faceva sembrare meno inquinanti motori che lo erano molto di più.

Morale? Il problema non è che esistono “padroni” che aspirano solo al profitto.
Il problema è che una organizzazione così socialmente rilevante è in mano a due famiglie che litigano da anni tirandosi colpi bassi.
Il problema è che è in mano ad una classe manageriale che ragiona come i furbetti del quartierino.

Morale più generale: tutte le grandi imprese sono giganti con i piedi d’argilla se continuano ad essere governate da classi dirigenti che non sanno nulla di sistemi umani. Sono costrette a litigare per un potere che si rivela essere distruttivo o usare mezzucci da dozzina.
E sono costretti a fare queste “cose” perché non sanno nulla delle relazioni di una grande organizzazione con il resto della società Non sanno nulla neanche di strategia d’impresa. Cioè di come disegnare progetti di sviluppo che solidifichino le loro fondamenta.

Il problema è che padroni e manager non sanno più generare “ricchezza”.


venerdì 18 settembre 2015

Atei, Dio e la scienza

di
Francesco Zanotti


Sto leggendo un libretto di Edoardo Boncinelli dal titolo Quel che resta dell’anima. Non sto a discuterne il valore scientifico, anche se non posso non pensare che se usasse il concetto di identità emergente risolverebbe un po’ dei problemi che pone. Se, poi, citasse almeno i lavori del Prof. Vitiello …
Tanto meno voglio discutere della competenza scientifica del Prof Boncinelli. Ce l’avessi io …
Quello che voglio discutere è quello stranissimo bias (elemento che distorce) cognitivo che è l’avere in testa sempre un obiettivo: dimostrare che Dio non esiste. Ricordate la fissa di Catone che finiva tutti i suoi discorsi, anche quelli che non c’entravano nulla, con la stessa frase: "quindi Cartagine deve essere distrutta."?
E’ una fissa comune a tutti coloro che si dichiarano atei: dimostrare in modo inoppugnabile che Dio non  esiste. Ora la di là del fatto che dimostrare che qualcosa non esiste è un casino, mi chiedo: ma che gliene frega?.
Chi crede in Dio non si definisce “dimostrante”. Si definisce credente. Pensa certamente che credere in Dio non sia irragionevole, ma non pensa certo di dimostrare l’esistenza di Dio. Capisco, invece, coloro che si dichiarano “non credenti”. Ineccepibile: io credo e loro no! Io non cerco di dimostrare loro che hanno torto e loro fanno lo stesso. Al massimo, un credente invita un non credente a fare esperienza della preghiera.
Ma gli atei proprio non li capsico. Mi preoccupo anche un po’ perché ogni ossessione genera problemi. Se si vuole che ogni ragionamento dia un contributo al dimostrare che Dio non esiste, si finisce anche per forzare la scienza. Me la fate dire tutta? Qualche volta si finisce per propagandare come verità scientifiche vere e proprie sciocchezze …
Stiamo tutti sereni …




lunedì 14 settembre 2015

Disastri ambientali, scuole fatiscenti e una economia puerile

di
Francesco Zanotti

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Vi giuro che tutto si risolve se si ragiona in termini “epistemologi”. Nel senso che, ragionando in termini epistemologici, si trovano subito le risorse per sistemare tutti i nostri territori, le nostre scuole. E, poi, investire in grandi progetti di ricerca, in infrastrutture etc.
Infatti, ragionando in termini epistemologi si scopre che le così dette leggi dell’economia che sembrano opprimerci, in realtà non esistono.
Allora la Banca Centrale Europea può battere tutta la moneta che serve a fare tutte le cose di cui ho detto prima. Ovviamente non deve dare questi soldi alle banche, ma direttamente, senza interessi e senza rimborso a coloro che vogliono avviare progetti socialmente condivisi.
Ma battendo moneta, non si genera inflazione? No! Soprattutto se i beni in vendita sono di scarso interesse e di un interesse che va calando.
Purtroppo credo che questa soluzione non verrà messa in pratica. Nessun esperto di economia e giornalista economico può riflettere su questa tesi. Vorrebbe dire rinnegare il proprio passato. Accettare un cambiamento personale che significa rimettere in gioco il ruolo sociale acquisito. E se questo conservare comporta sofferenze agli altri, pazienza.



domenica 13 settembre 2015

Il cielo che non appare più …

di
Francesco Zanotti

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Il cielo è sempre lo spazio dell’infinito. Lo si tocca con gli occhi.
Il giorno è luce e calore, la notte è sguardo oltre la luce per vedere mille luci.
Quando il sole tramonta, si sa che si accenderanno le mille luci. Che saranno anche la promessa di ritorno del sole. Rendendo la notte tempo di pace e non di angoscia.
E se quando tramonta il sole le stelle non si accendessero, ma il cielo rimanesse nero? E la notte fosse il luogo dell’angoscia perché forse neanche il sole tornerà?
Se il cielo non apparisse più?
Oggi viviamo una crisi che sembra lo scomparire del cielo.
Ma questo accade solo perché, in realtà, non stiamo guardando il cielo, ma ci ostiniamo solo a incamminarci nel passato. E il passato senza speranza del futuro è sempre solo una grotta buia che nasconde certamente il cielo.

Il cielo ci appare buio perché non lo guardiamo. 

martedì 8 settembre 2015

Alla fine sappiamo solo sparare

di
Francesco Zanotti

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E’ vero che l’Europa sta, sia pure a macchia di leopardo e “spontaneamente”, riscoprendo il valore della solidarietà. Ma non sa affrontare il problema dei profughi alla radice. Non è in grado di aiutare le Nazioni da cui vengono i migranti e generare propri progetti di sviluppo alti e forti. Non ci si convince che è essenziale aiutare le Nazioni Medio-orientali ed Africane a costruire loro progetti di sviluppo alti e forti.
Le si lasciano vivacchiare tra tirannie e sotto sviluppo. E, poi, ci si meraviglia se si generano i cattivi. Ma è la meraviglia dell’ignorante: in un ambiente tirannico e sottosviluppato la reazione all’ingiustizia non può che essere crudele ed estrema.
Noi aspettiamo che tirannie e sottosviluppo arrivino a generare reazioni a crudeltà crescenti. Solo quando queste crudeltà diventano mediaticamente insopportabili, allora, pensiamo di intervenire. E a quel punto (quello a cui siamo arrivati) forse non esiste altra via possibile che quella di sparare. Ma non è una soluzione al problema dello sviluppo perché, poi, ci sentiamo costretti ad iniziare a fare una guerra “civile”. Cominciamo con l’illuderci che i raid aerei siano poco crudeli e risolutivi. Ma non è vero né l’una né l’altra cosa. Allora siamo costretti (sorprendendoci che sia necessario e non fosse mai accaduto) ad avviare una escalation di violenza che certamente diventa crudele, ma non certo definitiva, come mille esempi dimostrano.

E pensare che sarebbe nostro precipuo interesse aiutare Popoli nuovi a costruire quel nuovo sviluppo di cui noi per primi abbiamo bisogno. Ma tra Premier battutisti ed oppositori primitivi questo interesse non può certo essere perseguito. Non ci rimane che piangere … Pardon: sparare. Chiudendo gli occhi sulle conseguenze.

mercoledì 2 settembre 2015

Costruire muri da parte di chi dai muri è stato imprigionato

di
Francesco Zanotti

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Una delle cose meno comprensibili è che costruiscano muri proprio quelle comunità nazionali che hanno subito la schiavitù dei muri per decenni e sono state costrette a combatterle con la forza etica dei martiri.
Credo che davvero noi si stia affrontando il fenomeno dell’immigrazione con una miopia patologica.
Possibile che le nostre classi dirigenti continuino a cullarsi nella illusione che una disparità di benessere eticamente insopportabile possa perpetuarsi all’infinito? Una protesa di questo tipo è strutturalmente razzista.
Possibile che non sentano la responsabilità di aver praticato un colonialismo ossessivo e tracotante?
Possibile che le uniche soluzioni che si immaginano siano quelle di fare di popoli culturalmente diversi da noi dei cloni del nostro modello sociale? Possibile che questa voglia di clonazione sia così ottusa da immaginare che possa essere imposta con le armi?

Il mondo occidentale deve convincersi che il suo compito storico è quello di farsi carico di guidare un processo di riprogettazione collettiva di un nuovo futuro. Che non sarà in nessun modo la fotocopia della società in cui stiamo vivendo e che, se vogliamo essere onesti, ha stufato anche noi. Cominciamo a cambiare noi stessi se vogliamo acquisire il diritto etico di chiedere agli altri di cambiare.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.