martedì 28 ottobre 2014

Cambiare l’Italia: espressione senza senso

di
Francesco Zanotti


Ha senso cambiare le scarpe, il televisore o qualche altra macchina. Perché si sa esattamente cosa si lascia e cosa si prende. Si sa quali prestazioni la vecchia macchina non poteva fornire e la nuova macchina, invece sì.
Arriviamo all'Italia. In particolare a quel pezzo di Stato che chiamiamo (senza ricordare che è esistito Max Weber) burocrazia. Cosa significa cambiare la burocrazia? Questa espressione sembra avere un senso intuitivo immediato: eliminare lacci a lacciuoli, semplificare etc.)
Ma appena la si esamina un attimo in profondità, si scopre che non ha senso.
Infatti, per ottenere questo obiettivo generale occorre sapere come fare. Occorre sapere che la burocrazia, oltre che da norme, è fatta di uomini e gli uomini, relazionandosi, auto generano antropologie “locali”. E queste antropologie evolvono autonomamente tendendo a diventare auto referenziali. I comportamenti delle persone che lavorano nelle burocrazie dipendono certamente dalle regole, ma anche da questo intreccio di persone ed antropologie. Per poter cambiare la burocrazia occorrerebbe cambiare, insieme e in modo coordinato, regole, antropologie e persone. Ma le persone e le antropologie non sono conoscibili e, se anche fosse possibile conoscerle, non ci sarebbe di nessuna utilità pratica poiché auto evolvono. Mentre cerchiamo di esaminarle, auto evolvono. Così, alla fine del nostro esaminare e progettare (che certamente non è istantaneo) i cambiamenti che abbiamo progettato non hanno più senso senso perché si riferiscono a persone ed antropologie che sono auto cambiate.
Ma cosa fare allora, visto che le cose così come stanno non funzionano?
Occorre riconoscere la realtà dello sviluppo autonomo delle organizzazioni umane (tale è una burocrazia). E riuscire a governare questo sviluppo autonomo. Come fare? Chi governa deve attivare e governare processi di auto cambiamento. Fornendo alle burocrazie nuove risorse cognitive progettuali e sintetizzando ex-post (non proponendo ex-ante) le mille progettualità “locali” (nei diversi “luoghi organizzativi”)  che questo fornire scatena.
La nuova burocrazia sarà emergente e, come tale, sorprendente.


sabato 25 ottobre 2014

Una scienza elitaria????

di
Francesco Zanotti


Stamattina ho letto una breve commemorazione di Tullio Regge (fisico) da parte di Edoardo Boncinelli. E mi sono scandalizzato. E, spero, si scandalizzeranno con me tutti coloro che, con contributi diversissimi, stanno dando una mano nel realizzare l’Expo della Conoscenza.
Non riguarda quello che dice di Tullio Regge.
Riguarda il finale che riporto testualmente: “La scienza può essere bellissima e illuminante nella mani giuste. Non tutti, però, possono giungere a tale altezza.”

La prima tentazione è quella di fare ovvie osservazioni psicologiche e sociologiche sul sostenere che esistono le mani giuste (e, quindi, le altre, quelle di tutti noi che oggi non facciamo scienza professionalmente, sbagliate) e che le vette della scienza solo per una élite che, ovviamente, ha le mani giuste. Ma sono, davvero, troppo ovvie.

Lascio la tentazione e voglio solo esporre una tesi radicalmente diversa.
Oggi abbiamo una scienza elitaria per il banale motivo che abbiamo coltivato uno specialismo che è frutto di una visione riduttivistica del mondo. Ora, ogni area di conoscenze elitaria diventa, inevitabilmente, autoreferenziale e finisce col perdere di significato. L’esempio più eclatante è quello della fisica dove si pensa di essere riusciti a sapere (quasi) tutto, ma solo su circa il 4% della materia-energia (le cose di cui si occupa la fisica) che esiste nell'Universo. Questo significa che la scienza si trova, oggi, complessivamente, di fronte ad una crisi di crescita: grandi conquiste del passato che stanno girando solo su loro stesse. La tecnologia è figlia di questo avvitarsi. Siamo solo capaci di costruire il sempre più grande e il sempre più piccolo. Ma non il diverso.

Cosa accade quando si vive in una crisi di crescita?

Vi è il tentativo di conservare il passato che è giustificato, psicologicamente e sociologicamente (nonché per i suoi risvolti economici), dalla voglia di non vedere minacciato il proprio ruolo sociale e politico acquisito. Se non si afferma che deve esistere una élite di esperti, come si fa a campare facendo gli esperti che non possono essere messi in discussione proprio perché sono esperti?

Insieme al tentativo di conservare vi è, però, anche la voglia di nuovo. La storia insegna che questa voglia di nuovo non nasce mai dagli esperti che si considerano tali per diritto divino (o del “caso”, secondo Boncinelli; “caso” che, però, sociologicamente svolge la stessa funzione di dio nello scegliere gli eletti).
La voglia di nuovo e la generazione di nuovo verrà solo quando la scienza romperà i suoi steccati specialistici e professionali e si attiverà un processo di creazione di conoscenza socialmente diffuso. Gli specialisti dovranno avere l’umiltà di diffondere le conoscenze necessarie, ammettendo: noi siamo arrivati a questo punto, con questo modello di ricerca. Più avanti non sappiamo andare. Rendiamo disponibile la nostra conoscenza a tutti perché nasca una nuova modalità di fare scienza ed una nuova scienza. Certo questo mettere a disposizione non potrà essere un divulgare, semplificare. E chi accetta di partecipare a costruire una nuova scienza non dovrà fare sconti alla fatica necessaria. Dovrà studiare duramente per non perdere nulla di quanto oggi sappiamo. Non ha il diritto di banalizzare, semplificare. Deve sentire il dovere di andare molto oltre. Se mi si permette uno slogan: nessuno ha diritto di divulgare (considerandosi detentore di una qualche verità) e nessuno ha diritto di chiedere divulgazione. Cioè sconti alla fatica dell’apprendere.

Dopo tutto, questo è il messaggio dell’Expo della Conoscenza. 

mercoledì 22 ottobre 2014

Professori e imprenditori: grande confusione cognitiva!

di
Francesco Zanotti


Due affermazioni mi hanno letteralmente basito. E vieppiù convinto che la nostra crisi è solo cognitiva.
Scrive un Signore, che è pure professore alla Bocconi, parlando di minibond, una modalità di finanziamento delle imprese: “L’economia italiana cresce a tassi troppo bassi per far nascere una vera domanda di investimenti da parte delle imprese”.
Ma a me sembra proprio che valga il contrario. Sono gli investimenti che fanno crescere l’economia. Se le imprese attendono che l’economia cresca per investire, quel giorno non verrà mai! 
Ancora, il Presidente di Confindustria: “le riforme vanno bene, ma se non ripartono i mercati sono inutili.”. Ma non è stato detto fino a ieri il contrario? Cioè che servono le riforme per far ripartire l’economia? Per carità io sono d’accordo che le riforme non servono a sviluppare l’economia, ma fino a oggi hanno detto tutti esattamente il contrario, compreso il Presidente di Confindustria.

Grande è la confusione cognitiva sotto il nostro sole.



domenica 19 ottobre 2014

Fuori dalla vita

di
Francesco Zanotti


Le cronache dell’incontro dei Grandi di Europa ed Asia a Milano. Storie di potere quotidiano. Quel tal leader con cinque limousine che decide all'ultimo momento quale usare. Quell'altro che gli si rompono gli occhiali e scatta la ricerca in tutta Milano di un paio nuovo. Un ultimo che vuole soddisfare il capriccio di quella trattoria …
Fuori dalla vita, in un loro mondo virtuale che ha come simbolo vivente il viso compiaciuto di un ultimo leader che si bea della folla osannante … anche se non proprio tutta.
L’estremo del privilegio che dileggia la vita. E che è incapace di cogliere il senso profondo della vita …
Queste note … scritte dopo una casuale visione di una trasmissione sulla vita di Francesco d’Assisi che viene giustamente onorato dalla Storia. Egli rappresenta la ricerca del destino profondo che parte dall'aborrire la idealizzazione della contingenza.

Come le auto blu e il compiacersi della contingenza del potere a spese degli altri.

venerdì 17 ottobre 2014

Sciocchezze economiche

di
Francesco Zanotti



Appare oggi sul Sole 24 Ore un'intervista al Ministro Padoan da parte di Fabrizio Forquet.
Che l’economia non sia una scienza esatta, anzi che non abbia alcun fondamento, lo si sapeva. Ma che gli economisti parlino in spregio della più “semplice” (da liceo) cultura scientifica è insopportabile.
Vi è una frase che mi ha fatto pensare a tutte queste cose. Dice il Ministro “C’è un equilibrio molto delicato da mantenere. Guai a intaccarlo.”.
Frase senza significato, ma che ha il nascosto monito da autobus: non disturbare il conducente. Infatti, come tutti sanno, un sistema (immagino sia il sistema economico italiano) è in equilibrio se non è sottoposto a nessuna forza esterna (e anche allora non è detto che stia fermo, perché se ne può tranquillamente girellare intorno al Sole … come insegna la relatività generale). Oppure se è sottoposto ad un sistema di forze in equilibrio.
Le domande inevitabili: ma quali sono queste forze esterne? A quali leggi ubbidiscono?
E’ il Ministro o Il Governo che le può regolare? C’è qualcun altro che le può regolare? E come le può regolare se non ne conosce le leggi che ne descrivono gli affetti? Ovviamente si tratta di domande che non hanno risposta.
Si potrebbe andare, poi, oltre la cultura scientifica da liceo e parlare di effetti non lineari …
Ma fermiamoci qui. Come possono una nazione ed un sistema di media evoluto accettare che la vita di tutti noi sia nelle mani di tanta presuntuosa improvvisazione?
E, poi, ma vi sembra che noi si stia vivendo una situazione di equilibrio soddisfacente? No! E ne sono tutti convinti. Lo è anche il Governo che è convintissimo della necessità della crescita. Ops, ma allora il Governo sostiene che è necessario mantenere un delicatissimo equilibrio per favorire la crescita? A parte il fatto che occorrerebbe dire cosa si vuole che cresca, vi sembra ragionevole lo slogan: stiamo fermissimi per non scassare un delicatissimo equilibrio così cresceremo?
La crescita (vogliamo chiamarlo: sviluppo etico ed estetico?) è solo frutto di rottura di equilibrio. Più specificatamente, la rottura delle simmetrie cognitive e di potere attuali.


mercoledì 15 ottobre 2014

In attesa del prossimo incontro ApEC La Germania è come noi …

di
Francesco Zanotti
 Presidente ApEC


Oggi tutti si meravigliano della crisi incipiente della economia tedesca. Ma non è sorprendete. L’economia tedesca è come la nostra … Ed è destinata a spegnersi se non si rivoluziona.
Mi spiego.
Alla fine della guerra il sistema manifatturiero europeo era “profetico”: offriva prodotti che erano il simbolo di una nuova società, di una nuova qualità della vita in quella società.
Oggi lo stesso sistema manifatturiero pensa che la sua proposta sia ancora una profezia. Non lo è più. Lo è stata, si è anche avverata. Ma ora è diventata banale. I suoi prodotti non hanno più il sapore della profezia, stanno sempre più perdendo di interesse. E la gente li compra sempre meno e li vuole pagare sempre meno.
La manifattura e il sistema economico europeo deve rivoluzionarsi. Poiché non lo farà presto, attendiamoci che, fino ad allora, la crisi europea si aggravi …
Ecco, forse possiamo dire che oggi l’Europa è profetica in negativo: anticipa la scoperta che produciamo cose che interessano sempre meno e sono sempre meno compatibili con la Natura. Poi se ne accorgeranno anche le altre parti del mondo.


domenica 12 ottobre 2014

In attesa del prossimo incontro di ApEC. La gratuità

di
Gianfranco Minati, Presidente AIRS


Nel corso dell’Anteprima dell’Expo della Conoscenza, si è accennato alla necessità di abbandonare l’idea semplificante e rassicurante del rapporto lineare (proporzionale) obbligatorio tra realizzazioni e il loro supporto, ad esempio economico: più si investe e più si otterrebbe.
Occorre distinguere tra progetti, aventi ovviamente obiettivi e finalità, e la gratuità.
I primi hanno un andamento di natura manageriale, sono dipendenti dalle risorse impegnate e dalle condizioni al contorno come sociali, economiche, politiche e organizzative.
Esempi sono grandi progetti di ingegneria come l’alta velocità, la banda larga, dispositivi come aerei e computer, e farmaci.
La gratuità si manifesta in deviazioni tra percorsi equivalenti dal punto di vista delineato prima. Essa si trova cioè tra eventi tutti autorizzati ad accadere perché rispettanti protocolli prestabiliti di un progetto o perché al di fuori di essi.
Ad esempio un docente universitario oppure un ricercatore ricevono benissimo il loro stipendio senza dover obbligatoriamente generare qualche cosa di innovativo…
Nessuno ha sponsorizzato o progettato la Teoria dei Sistemi oppure la Relatività.
Bach non era certo obbligato a realizzare innovazioni musicali straordinarie, per altro ritrovate per caso (ad esempio i concerti Brandeburghesi).
La gratuità si supporta con gli sfridi, i residui opzionali (ad esempio del tempo o delle risorse) del quotidiano ed avviene per motivi puramente personali come la gratificazione, il perseguimento di un’intuizione e un’idea, una vocazione, ecc.
Ecco chi paga la gratuità.
Come sempre le due dimensioni, quella della progettualità e della gratuità, vanno combinate lasciando ai sistemi sociali parti significative di non-proceduralizato in cui possano avvenire eventi significativi gratuiti supportabili eventualmente con condizioni inducenti quali disponibilità di usi di risorse in modo non-prestabilito, interazioni e accessibilità.
Viene da pensare all'esempio di aziende che hanno fondato l’industria dell’elettronica che lasciavano ai propri dipendenti la possibilità di portarsi a casa per il fine settimana alcuni dei dispositivi e attrezzature usati per lavoro. I tecnici potevano così sperimentare creando una fecondissima continuità tra l’attività professionale e quella gratuita personale di cui non dovevano dare conto a nessuno.
Gran parte degli innumerevoli articoli e libri scientifici (e non solo) vengono da gratuità. Sto scrivendo ora per gratuità…
Occorrono approcci manageriali capaci di far avvenire la gratuità, di potenza inaudita, e da solamente indurre, proteggere e non certo pianificare, sponsorizzare o comprare.
Questa gratuità ha lavorato e lavora ancora, qualche volta, nelle piccole imprese.
Vogliamo generalizzarla come risorsa strategica zittita dai progetti e dalle procedure?
Menziono solamente che essa è parallela concettualmente ad approcci usati per la scienza della complessità in cui non si possono dare ordini ai sistemi ma solo indurne la loro evoluzione come in biologia.

Credo sia ora di considerarla anche per l’economia. Ogni genitore la usa per la famiglia ovviamente gratuitamente…

venerdì 10 ottobre 2014

Oggi 10 ottobre

di
Francesco Zanotti, Presidente ApEC


Martedì 11 novembre alle ore 17 e 30, via Aurispa, 7 a Milano.
E’ l’appuntamento che ci siamo dati oggi, 10 ottobre, all’Anteprima dell’Expo della Conoscenza.
L'incontro di oggi ci ha permesso di riprecisare il nostro progetto. E di trovare il consenso e l’incoraggiamento delle persone che hanno partecipato.
In questi anni abbiamo cercato di presentare il Progetto dell’Expo della Conoscenza, ma forse non con la determinazione necessaria. Abbiamo, però, continuamente fatto vivere il nostro Progetto in questo blog e certo non è poco perché su balbettantipoietici  abbiamo pubblicato in questi anni 559 post che dovranno, prima o poi, essere raccolti in una pubblicazione. Solo da gennaio ad oggi 10 ottobre i post sono stati 99. Questo che state leggendo è il 100° di quest’anno.
Ma l’11 novembre dovremo fare un salto di qualità. Predisporremo, insieme a tutti coloro che parteciperanno, un programma operativo perché l’Expo della Conoscenza possa essere realizzato nel 2015.
Ringrazio, a nome mio e di tutti i Soci dell’ApEC, innanzitutto coloro che hanno partecipato all’Evento.

Poi, le Istituzioni e le Organizzazioni che ci hanno concesso il loro Patrocinio: la Provincia di Milano, il Comune di Milano e Confassociazioni. Ringrazio anche l’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo nella persona del suo Presidente, Senatore Francesco Maria Amoruso, che ci ha inviato un messaggio di saluto e nella persona del suo Segretario Generale, Ambasciatore Sergio Piazzi.

sabato 4 ottobre 2014

Aspettando il 10 ottobre Laudato si’, mi’ Signore …

di
Francesco Zanotti


Non ha importanza se sei credente o meno. Se non lo sei, scrivi semplicemente “Laudato si’, homo” o chi vuoi …
Ma prova ad andare avanti. Per cosa loderesti il tuo Signore o l’Uomo?
Il problema di oggi è che non lo sappiamo. Non abbiamo niente di cui rendere grazie, neppure a noi stessi.
Smarriti nella disperazione e nella denuncia …

Venerdì prossimo cercheremo di raccontare una speranza …

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.