Ho letto ieri mattina, sul Sole 24 Ore, in un articolo a firma di Marco Fortis, che, secondo l’indice di competitività elaborato da Onu e WTO, che si chiama Trade Performance Index (TPI), l’Italia è al secondo posto, dopo la Germania nella classifica dei dieci paesi più competitivi al mondo.
Sono rimasto molto sorpreso e mi sono documentato: tutto esatto. Rendiamo disponibile un Paper che spiega a chi fosse interessato a capire di più cosa è il TPI.
Ma allora qualche domanda sorge spontanea: non abbiamo sempre detto che noi, quanto a competitività, facciamo schifo? Che abbiamo bisogno di Progetto Competitività che coinvolga tutto il Paese. Non hanno sempre detto tutti queste cose? Ed allora?
Se si vedono gli indici che riguardano i risultati (il surplus manifatturiero, le quote di mercato) invece le cose vanno esattamente all’opposto.
Conclusione brutale: la gente nel mondo compra i prodotti italiani anche se, secondo gli economisti, non dovrebbe comprarli. Quasi come il calabrone che non dovrebbe teoricamente volare, ma invece vola …
Che pensare di fronte a tutto questo?
La prima cosa è che i cosiddetti fattori che dovrebbero condizionare la competitività non condizionano un accidente.
Ma la seconda cosa è un fenomeno che ho sempre denunciato come pericolosissimo e che qui trova una sua evidente, clamorosa, dannosa manifestazione.
Il fenomeno è il seguente. I sistemi complessi, cioè tutti i sistemi umani, tendono a chiudersi nei confronti dell’ambiente che li circonda. Questa chiusura cognitiva fa sì che all’interno del sistema si crei una realtà propria di quel sistema che ne condiziona l'evoluzione, ma non c’entra nulla (c’entra a caso) con quello che succede al suo esterno.
Il discorso sulla competitività ha seguito questa dinamica: competitività è diventata, piano piano, una parola che le classi dirigenti politiche ed economiche hanno imparato ad usare. Serve ad indicare tutto il bene possibile. Serve a chi è all’opposizione per indicare quanto chi governa sia inetto. Ma le stesse classi politiche non sanno esattamente a cosa ci si riferisce. E, così, si innescano infinite discussioni, battaglie, tavoli negoziali (non programmatici, perché altrimenti si rischierebbe di capire) diversissimi, dove si incontrano sempre le stesse persone che si scambiano la stesse accuse. E, intanto, gli imprenditori, come i calabroni, se ne fregano e fanno soldi (ben facendo)!
Ovviamente, le classi dirigenti non sono consapevoli di questi meccanismi sistemici: ci si fanno inviluppare dentro e considerano il di riuscire ad individuare dei nemici come sintomo del loro indefettibile amore verso il bene comune.
Che fare? Credo che non ci si debba proporre di cambiare classe dirigente. Credo che sia più utile dire alle attuali classi dirigenti che devono informarsi, formarsi.
Che governino pure. Io non mi metterei a governare l’Italia a nessun patto e credo che molti altri condividano il mio pensiero. Ci sono loro e ci stiano. Ma accettino di usare parte del loro tempo ad imparare come sono fatti e come evolvono quei sistemi umani (ad esempio l’economia) cose delle quali non sanno assolutamente nulla.
Più precisamente e concretamente, organizziamo un seminario dove invitiamo i nostri leader politici ad apprendere la meccanica quantistica…
Perché è nella meccanica quantistica (nella sua forma odierna di Teoria Quantistica dei Campi) che sta il segreto della struttura e dei meccanismi di evoluzione dei sistemi umani…
Rileggo il mio scritto e mi chiedo: chissà che ne pensano quei lettori completamente assorbiti da qualche battaglia ideale contro qualcosa… Mi piacerebbe conoscere l’opinione delle nuove forze politiche (rottamatori e finiani) che sono accomunati da vigore polemico e flebilità di proposta…
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