mercoledì 8 dicembre 2010

Pomodori alla Prima della Scala o stille di una nuova società?

Quando un modello sociale sta perdendo di significato, è difficile che vi siano proteste pretestuose, ingiustificate. Ogni persona, ogni gruppo che vive in una società che si sta spegnendo sperimenta un disagio profondo. Non solo, ma le stesse persone e gli stessi gruppi vedono soluzioni locali al loro disagio che, sistematicamente, non vengono messe in atto. Di fronte a disagio  misto ad una ottusità apparentemente senza senso, che altro fare, oltre che protestare?
Proteste giustificate, quindi. Ma non efficaci. Occorre tenere conto della coperta troppo corta e del tema dell’autoreferenzialità. Sono “issues” che non si risolvono con le proteste … La coperta troppo corta impedisce che si trovino risorse per realizzare le pur evidenti soluzioni locali. L’autoreferenzialità delle classi dirigenti impedisce loro l’ascolto …

Che fare allora? Una cosa molto più complessa che protestare … E’ necessario tentare un grande processo di progettualità sociale che costruisca una nuova visione condivisa di una nuova società.

Per esempio, io  credo che un contributo sarebbe stato quello di distribuire, fuori dalla Scala, un opuscoletto che poteva avere come titolo qualcosa di molto simile al titolo di questo post: “Stille della società che proponiamo”. Poi sarebbe stato carino che questo opuscoletto contenesse anche il processo attraverso il quale si realizzano le stelle desiderate di una nuova società. Ma non chiediamo troppo…


Stille di una nuova società … perché questa espressione non rimanga uno slogan, ho provato a scrivere alcune prime stille di una nuova società. Spero che qualcuno mi aiuti a renderle più splendenti …

Un modello di società (la società industriale) si sta spegnendo, ma al suo interno ne stanno nascendo mille nuove risorse. E questo può portare ad una sola conclusione: non solo è urgente costruire una nuova società, ma è anche possibile. Anzi, viene la voglia di farlo, perché le nuove risorse sono intriganti, tentatrici. Viene la voglia di costruire una nuova società capolavoro.

Costruire una nuova società… E’ un’ambizione che può sembrare velleitaria. Ma, in realtà, essa è profondamente rivoluzionaria.

Può sembrare velleitaria perché, troppo spesso, è stata usata da chi ha rincorso utopie, forse seducenti alla lettura, ma irrealizzabili e del tutto soggettive. Quasi utopie finalizzate a raccontare sogni e a superare disagi psicologici e relazionali personali.

E’, invece,  un’ambizione rivoluzionaria che si contrappone alla deriva fatalista attuale: le crisi come eventi incontrollabili, quasi buttati sul cammino dell’umanità da un Fato imperscrutabile, ma capriccioso o addirittura da una Natura matrigna.

Per esplicitarne le potenzialità rivoluzionarie è, però,  necessario iniziare aspecificare  cosa significa costruire una nuova società. Ci provo …

Voglio provare a raccontare, senza pretesa di completezza o di profezia, spinto da un desiderio di dialogo e di condivisione, un sogno che inizia ad apparirmi.
In alcuni frammenti sarà un sogno più definito, altri frammenti saranno meno chiari
Ma anche se ancora in embrione, voglio provare a raccontarlo ugualmente, perché non voglio rischiare un solipsismo frustrante e perché sono convinto che, anche solo il raccontarlo, lo aiuta a formarsi più compiutamente. Forse riuscirà anche a stimolare mille profeti e poeti che sapranno scrivere storie di futuro molto più importanti di quanto io possa mai anche solo sognare.

Allora inizio. Costruire una nuova società significa …

Costruire una nuova società significa costruire un nuovo sistema di manufatti (beni, infrastrutture e città) molto meno primitivi degli attuali. Innanzitutto servono beni di utilizzo quotidiano che siano molti più simili alla struttura dei prodotti della natura: morbidi, multifunzione, evolutivi. Tali da eliminare l’innaturale circolo vizioso di concentrare elementi chimici per costruire prodotti esasperatamente mono funzione che, dopo un utilizzo sempre più breve a causa del circolo vizioso della competizione che costringe ad innovazioni sempre veloci (ma sempre più artificiali, cioè poco comprese), vanno buttati e, quindi, scomposti nelle materie prime di cui erano costituiti.
Lasciatemi tentare una similitudine strutturale: immaginate prodotti che si confondo con la mano di chi li usa, che invecchiano insieme alla mano …

Forse sto esagerando con il sognare. Provo a essere più concreto. Immaginate prodotti che sfuggono alla semplificazione: alta gamma, commodity. Accettare questa semplificazione significa rinchiudersi in un’unica dimensione: il prezzo. E distinguere i prodotti solo per i “valori” (i prezzi) che assumono lungo questa dimensione. Significa, poi, cadere, inevitabilmente, nella trappola della competizione di prezzo che sta devastando il sistema industriale mondiale.
Immaginate, quindi, prodotti che non usano il prezzo come misura ultima di valore, ma che si differenziano per i diversi modi di intendere la vita che concretizzano. E questi modi di intendere la vita sono molto diversi da quelli stereotipati e massificanti che emergono da ricerche di mercato che generano i risultati che sono convinte di misurare.
Immaginate, insomma, nuovi prodotti ad alta intensità esistenziale.
Il progettare prodotti di questo tipo, richiede a chi li progetta vastità e profondità nel guardare le società, le civiltà, i cuori degli uomini.
L’impegnarsi a progettare prodotti di questo tipo significa iniziare, concretamente, il cammino che porta ad un mondo che non è più gerarchizzato dal possedere “roba”, oggetti e denaro, ma che riesce a valorizzare la specificità e la ricchezza di ogni essere umano.

Ma prodotti di questo tipo non possono che essere morbidi, evolutivi, multifunzione …
Allora non stavo esagerando prima con il sognare … Anche partendo da una apparente concretezza, si arriva sempre a dover immaginare diversità radicali: un sistema di manufatti che non è più eterogeneo con la Natura. Ma della Natura parlerò tra un momento.

Ma qui il sogno si sfuma … Non riesco ancora ad immaginare, operativamente, come potranno esser i manufatti del futuro che è necessario costruire. Riesco solo a desiderare che siano morbidi, multifunzione, evolutivi. In una espressione solo: profondamente e non solo superficialmente, quando non ideologicamente, “Naturali”.

Costruire una nuova società significa immaginare nuovi sistemi produttivi, distributivi e logistici.
Dovranno essere, certamente, strutturati a rete, una rete fatta di unità piccole e, anch’essi, come i manufatti che producono, stoccano e distribuiscono,  più simili agli “oggetti” della natura. Un esempio concreto in questa direzione, che può fare da esempio al progettare mille altri sistemi, è la possibilità di produrre energia in modo decentrato e collegato, in rete appunto. Evitando, così, le grandi piramidi monodimensionali che hanno come loro sogno finale le centrali nucleari che sono l’archetipo forse più visibile di tutte le follie prometeiche.

Costruire una nuova società significa immaginare un nuovo sistema finanziario Credo che la sua struttura futura dipenda dal fatto che si riesca ad esplicitare e fare accettare socialmente un criterio di espansione progressiva e continuativa della massa monetaria disponibile. Un criterio potrebbe essere quello di legare questa crescita alla crescita della capacità di produrre valore (non fatturato) delle imprese. In un sistema finanziario di questo tipo è necessario un nuovo sistema bancario che faccia da Hub non solo per i flussi finanziari, ma anche per i flussi cognitivi.

Costruire una nuova società significa immaginare un nuovo significato del fare impresa.
L’impresa non può più essere quel processore razionale, di proprietà personale, che trasforma materie prime in prodotti finiti e che ha come guida il profitto del proprietario.
Come si vede dalle dinamiche imprenditoriali che ho precedentemente descritto, questa visione dell’impresa è solo una caricatura fatta dagli economisti. In realtà l’impresa, è frutto di un processo di creazione sociale di un sistema di stakeholders. Il problema è che oggi questo processo è disordinato, quando non conflittuale.
La sfida, allora, è quella di trovare una modalità di governo di una impresa attore multidimensionale complesso fatti di attori protagonisti che non vogliono più essere solo esecutori. Una impresa dove l’iniziativa privata non sia solo individuale, ma anche sociale, dove il valore prodotto non sia solo economico e finanziario, ma anche sociale, politico, culturale, istituzionale. Abbiamo le esperienze imprenditoriali di successo come guida. Ma vanno studiate a fondo e va ricavato un metodo di governo che possa essere di utilizzo diffuso e permettere di costruire imprese adatte ad una società complessa.
E' chiaro che in questo tipo di impresa cambia anche il senso del lavoro, che non può rimanere solo esecutivo, ma diventa anche progettuale.

Costruire una nuova società significa cambiare la mission della classe dirigente sociale e politica. Essa non può più limitarsi a gestire il presente usando l’arma del potere, ma deve diventare responsabile della progettazione e costruzione di questa nuova società.

Costruire una nuova società significa immaginare una forma di Governo della società, meno elitaria della democrazia rappresentativa, sostanzialmente e non episodicamente e statisticamente partecipativa. Le Web Technologies ci possono aiutare a trovare la strada se non ci limitiamo ad usare le loro prestazioni relazionali, ma iniziamo ad esplorare ed usare  le loro prestazioni “cognitive”. Questa nuova forma di Governo dovrà essere supportata da metodologie specifiche di stimolo progettuale, ascolto generalizzato, sintesi complessiva, molto diverse da quelle attuali di progettazione elitaria, di scelta democratica e di attuazione dirigistica. Torno al senso del fare impresa. La metodologia futura di governo della società sembra dover essere molto simile alla nuova modalità di governo della nuova impresa, attore multidimensionale complesso.

Costruire una nuova società significa immaginare un nuovo Stato Sociale che abbia l’obiettivo non solo di aiutare le persone che, a diverso titolo, vivono condizioni di disagio speciale. Ma che sia capace di valorizzare queste situazioni umane come luoghi pregiati di esperienze umane profetiche.

Costruire una nuova società significa creare una scuola che si liberi dal binomio insegnamento/apprendimento, che non imponga più percorsi di evoluzione personali standardizzati e innaturali perché fondati sulla riduttivistica visione di una conoscenza composta di materie che hanno delle basi che vanno apprese prima delle nozioni più complesse che, sole, permettono l’utilizzo della conoscenza. Una scuola che sia subito e sempre luogo di ricerca e di servizio. Ricerca e servizio a cui partecipano tutte le generazioni, ogni essere umano.

Costruire una nuova società significa costruire una nuova conoscenza.
In particolare, nuovo insieme di valori di riferimento.
Ma anche una nuova visione del mondo, della scienza e della conoscenza che relativizzi, si affianchi e completi la visione delle sensate esperienze e certe dimostrazioni.
Ovviamente una delle fonti di ispirazione fondamentali non può che essere costituita da tutto quel patrimonio di nuovi modelli e nuove metafore che sono “racchiusi” nelle scienze della complessità, nella sistemica, nel pensiero post-moderno e che, oltre a proporre novità rilevanti ,cercano anche di costruire un ponte con le visioni  dell’Uomo, della Natura e della Società che la società industriale non poteva comprendere ed ha tentato di emarginare.
Per costruire una nuova conoscenza è necessario adottare una politica della ricerca opposta a quella attuale che si perde nel gigantismo e nel riduzionismo delle specializzazioni. Una politica della ricerca che non venga sottoposta ad un artificiale controllo sociale. Ma che sappia coinvolgere tutta la società a cominciare dalla scuola.

Ritornando ora alla scuola: ma allora anche la scuola è un’istituzione a funzione unica come l’impresa. Allora è necessario un futuro dove sia la scuola sia l’impresa diventano luoghi complementari di costruzione (produzione) ricerca e servizio.

Costruire una nuova società significa dotarsi di  nuove Istituzioni e di una nuova Carta Costituzionale che rappresenti la sintesi di un nuovo Patto Sociale complessivo, esplicitamente orientato a creare una nuova società in continua evoluzione.

Costruire una nuova società significa riuscire a costruire nuove relazioni umane meno primitive di quelle meramente funzionaliste, e orientate al soddisfacimento di esigenze oramai troppo artificiali. Relazioni umane più profondamente empatiche e solidali, capaci di generare una nuova qualità della convivenza che potrebbe avere un nome specifico: solidarietà progettuale.

Costruire una nuova società significa anche costruire un nuovo sviluppo dell’uomo. Ci dimentichiamo sempre che noi esseri umani odierni siamo figli di un’evoluzione profonda dai meandri profondi della natura. Non possiamo credere che questa evoluzione finisca con noi. Come sembriamo, invece, credere della storia il cui sviluppo vogliamo bloccare, come dirò più avanti, con rigide politiche di conservazione. Non possiamo non porci il problema dell’evoluzione futura della razza umana: dove andremo, come ci trasformeremo? E non possiamo non avere il desiderio di partecipare a costruire questo futuro biologico e culturale.

Costruire una nuova società significa costruire un nuovo rapporto con la natura.
Poiché viviamo in un tempo di ecologismi semplificanti e, purtroppo, anche conflittuali, come se il disagio della natura fosse un’ulteriore e ghiotta occasione per riproporre una battaglia anticapitalista dai sapori ancestrali, è necessario spendere qualche parola in più per non rischiare di essere classificati tra questi semplicismi.

Chi percorre l’autostrada A4 tra Milano e Bergamo si accorge di passare attraverso una natura artificiale (capannoni, barriere, case) che è radicalmente diversa dalla natura naturale. Ogni uomo si sente estraneo a questa natura così duramente artificiale.
Partendo da questa sensazione quasi fisica mi sembra si possa esprimere in altro modo la crisi della società industriale. La società industriale costruisce non solo manufatti, ma tutta una natura artificiale che concentra materie prime mentre la natura “naturale” le disperde e le usa disperse.
Se la natura artificiale è strutturalmente opposta alla natura “naturale”, allora le due sono incompatibili. Meglio: la natura artificiale può sopravvivere e non distruggere la natura naturale, solo se rimane isolata in una nicchia di contenute dimensioni. Quando la natura artificiale costruita dalla società industriale tende ad occupare una parte rilevante dell’ambiente naturale, la convivenza diventa impossibile.

Allora, non si tratta solo di fermare l’aumento della temperatura del globo. Si tratta di costruire un equilibrio dinamico ed evolutivo tra ambiente naturale ed ambiente artificiale. Nelle pagine precedenti ho indicato un aspetto di questo nuovo rapporto con la natura: occorre riprogettare il tipo di manufatti che oggi produciamo progettiamo, i sistemi industriali attraverso i quali li produciamo, il sistema di trasporto e distribuzione che li rende disponibili ovunque. Ma l’obiettivo di questa riprogettazione non può essere solo quello di rispettare la natura. Innanzitutto perché anche la natura evolve ed è uno sforzo di conservazione impossibile cercare di bloccarla come è attualmente. E, poi, perché la nostra presenza su questa pianeta non può più essere solo passiva o sfruttatrice. Deve essere una presenza progettuale e costruttiva. Tutto questo significa che non possiamo solo rispettare la natura, ma dobbiamo costruire una nuova alleanza per una nuova evoluzione sinergica tra uomo e natura, tra cosmo e uomo.

Il problema della manutenzione mi sembra “archetipale”. Mi sembra rappresenti bene la differenza, semplicissima ma abissale, tra la natura artificiale e quella naturale: la prima ha bisogno di una manutenzione continua per preservarla dalle “contaminazioni” della natura naturale. La seconda, no perché è capace di auto manutenersi! Mi si può obiettare che la natura naturale paghi questa capacità di auto manutenzione con la morte, ma almeno sperimenta quella vita che è completamente estranea alla natura artificiale.

In sintesi, costruire una nuova società significa creare di nuovi sistemi umani (imprese, attori sociali e politici, organizzazioni e istituzioni) che si coagulino in una nuova modalità di convivenza umana, non solo equa ed eco-compatibile, ma che si proponga uno sviluppo etico ed estetico costruito da una ecologia di nuove qualità della vita. Non un’unica qualità della vita standardizzata su un modello che pretenda di essere valido per tutti, ma mille e diverse qualità della vita che nascano con il contributo delle diverse “località” geografiche, sociali, politiche e culturali di questo nostro mondo e che permettano loro di costruire un loro specifico sviluppo etico ed estetico. Questi nuovi sistemi umani devono, alla fine, prefigurare una nuova alleanza con la natura che, però, non può essere siglata all’insegna della conservazione, ma deve costruire una coevoluzione tra mondo della natura e mondo dell’uomo.

Infine, al termine di questo mio sogno ad occhi aperti, costruire una nuova società significa iniziare a costruire nuove grandi storie sull’uomo, sulla società e sulla natura che abbandonino la pretesa infantile di diventare ideologie, cioè verità eterne sull’uomo, la società e la natura. In modo che anche la nostra generazione costruisca la sua opera d’arte storica e complessiva.

Provo a concludere con una esemplificazione del tasso di novità che deve “contenere” la nuova società. Tutti abbiamo un’idea di come poteva essere il mondo senza la stampa ed il mondo dopo la stampa, come poteva essere il mondo prima che fosse disponibile l’energia elettrica e dopo che essa ha iniziato a circolare nei fili di rame. Ecco, noi dobbiamo immaginare una nuova società che sia così rivoluzionaria rispetto a quella attuale come sono state le società che usavano stampe ed energia elettrica rispetto a quelle che non le usavano.


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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.