martedì 30 giugno 2009

21 Luglio "prima". Attesa e sopravvivenza ... è tutta qui l'audacia?

Da oggi, iniziamo un percorso di preparazione al nostro Evento di Fondazione del 21 Luglio.
Iniziamo ad illustrare come i modelli e le metafore, che sono nati in tutte le scienze, che propongono una visione del fare scienza diversa da quella di Galileo (e che alcuni denotano col nome comune “complessità”), ci suggeriscono una visione del presente e delle strategie per uscirne praticamente “opposte” a quelle che vanno per la maggiore.
  Ci suggeriscono che viviamo una crisi di conservazione, che, per superarla, dobbiamo costruire un nuovo sviluppo. E ci offrono gli strumenti per costruire questo sviluppo.

Per iniziare questo percorso, utilizzo l’articolo di fondo del Sole 24 Ore di oggi (30 giugno 2009) a firma di Orazio Carabini dal titolo: “Un’estate di audacia e le imprese respirano”.
Cosa sostiene il dott. Carabini in questo articolo? Sostiene che dobbiamo fare in modo che il nostro tessuto industriale sopravviva, che il disagio delle famiglie sia contenuto fino a che la crisi non finisca ed inizi la ripresa.
E dove sta l’audacia? Sta nel fatto che bisogna rischiare di buttare risorse pubbliche, anche se rischiamo pericolosi aumenti del debito.
La sua ipotesi di fondo è che tutto tornerà come prima. Non solo, dunque, ricerca di conservazione, freno allo sviluppo, dunque, ma convinzione che il mondo di prima è, alla Leibniz, il migliore dei mondi possibili. E che, fatalisticamente, ci si dovrà ritornare.

L’articolo del dott. Carabini capita proprio a fagiolo, perché egli sostiene la tesi che va per la maggiore ed è “opposta” a quanto, secondo me, suggeriscono le, lasciatemele chiamare così per comodità, scienze della complessità.

Chi “ha ragione”? Anche se, forse, sarebbe meglio dire: qual è la visione più utile, anzi, più bella e desiderabile? Partiamo da uno dei “modelli complessi” che io considero “chiave”: i sistemi auto poietici e i loro trends evolutivi. Questo modello prevede che ogni sistema complesso nasca da una azione di auto costruzione (fase auto poietica) , ma, poi, esaurisca completamente la sua fare creativa e si rinchiuda nella ossessiva ripetizione di se stesso (fase autoreferenziale). Quando inizia a ripetere ossessivamente se stesso, il sistema inizia a perdere significato rispetto al contesto che lo ospita. La teoria dei sistemi auto poietici parla di “accoppiamento strutturale”.
Questo è quello che è accaduto alla società industriale. Essa è stata sfolgorante, perché ha portato ad un aumento della qualità della vita straordinario. Ma, poi, si è come rinchiusa in se stessa, perdendo di significato nei confronti dell’ambiente che la ospita. Verso le persone, che sono sempre meno interessate ai
suoi prodotti ed alla filosofia di vita che propone: l’acquisto e l’esibizione dell’acquisto come momento di auto realizzazione. Verso le stesse persone, che vengono progressivamente allontanate dai processi produttivi, perché la competizione spinge verso sistemi di produzione senza persone. Verso la natura, che non riesce più a fornire materie prime sufficienti e non riesce a metabolizzare gli scarti.
Perché nessuno dei commentatori se ne è accorto? Perché anche il sistema dei commentatori è diventato autoreferenziale!
Lo dimostra il fatto che i commenti sono strettamente galileiani. Cioè: prescindono totalmente dai modelli e dalle metafore trasgressive della complessità.
Allora, il 21 giugno sarà veramente un momento di servizio: la comunicazione di una nuova cultura per rompere tutti i circuiti autoreferenziali, sociali e personali che sono alla radice di tutti i guai attuali.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.