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lunedì 15 luglio 2013

Gli imprenditori e lo Stato: invertiamo il rapporto!

di
Francesco Zanotti


Certo che il nostro Stato è un peso per le imprese. Ma non potrà mai accadere che sia lo Stato a salvare le imprese.
Leggo su di un giornale le dichiarazioni di un “imprenditore” di una grande impresa: altrove lo Stato supporta le imprese, da noi no!
Io credo che occorra cambiare prospettiva: le grandi imprese non devono aver bisogno dello Stato. Addirittura: devono mettere in conto uno Stato poco efficiente. La loro proposizione imprenditoriale deve essere così alta e forte da imporsi nel mondo nonostante lo Stato. Quando vi saranno migliaia di queste grandi imprese, si svilupperà intorno a loro anche un ecosistema di nuove e forti PMI e lo Stato incasserà quelle risorse che gli permetteranno di rinnovarsi. Lo stesso discorso vale per il sistema bancario.
Ma allora manchiamo di creatività? No! Usiamo schemi cognitivi poveri e, a causa di questo, abbiamo idee povere.
L’imprenditore che ha parlato è un “imprenditore” di seconda generazione. Che ha in testa lo schema cognitivo del padre o quelle stupidaggini che si raccolgono sotto il cappello di “cultura manageriale”.

Cioè: non è un imprenditore, ma un manager da corsi di formazione! Basterebbe insegnarli conoscenze e modelli di strategia d’impresa. Queste sono le sconosciute risorse cognitive che potrebbero rilanciare la nostra economia.

venerdì 16 novembre 2012

Agire subito ed ora … perché non ascoltarci?


di
Francesco Zanotti


E’ il messaggio comune che Roberto Napoletano e Armando Massarenti propongono oggi nei loro due articoli sul Sole 24 Ore. Agire subito riguardo alla ricerca, alle semplificazioni, al patrimonio artistico e naturale, richiede il Direttore Napoletano.

Ma non si dice cosa si può fare concretamente ora e subito. E’ solo un richiamo a che comincino a fare altri. Cioè il Governo.

Noi - Associazione per l’Expo della Conoscenza - abbiamo sviluppato un Progetto che abbiamo denominato come la nostra Associazione: Expo della Conoscenza. Esso indica una via da percorrere subito. Mobilitando la società, senza attendere interventi dall'alto che oggi sono impossibili.
Forse, al massimo, saranno possibili dopo le elezioni, supponendo che dalle elezioni esca una maggioranza forte ed autorevole, dotata di ampio consenso sociale … E, già nello scrivere, mi sembra una ipotesi non proprio probabilissima.
Ma, anche se fosse davvero dopo le lezioni, non è quello il tempo del ”subito”.

Il nostro progetto potrebbe, per quel tempo, aver già svolto le sue due fasi iniziali, capaci di scatenare un nuovo sviluppo con qualunque Governo, in qualunque clima politico ... Visto che prescinde da Governi e Partiti che non sembrano gli attori più adatti a creare un clima politico positivo.


Il nostro progetto è una vera e propria strategia di sviluppo per il nostro Sistema Paese.

Esso nasce dalla scoperta che la società industriale è stata grande e feconda. Ma oggi si sta rivelando troppo primitiva e sta perdendo di senso. Occorre, quindi, avviare un processo di emergenza (dal basso) di una nuova società. Come fare? Facendo quello che è accaduto nel Rinascimento. Si è buttato nella società medievale una cultura diversa e grande: la cultura classica. Ed è nata una nuova intera civiltà.
Oggi possiamo fare immediatamente e consapevolmente (senza attendere che accada motu proprio) la stessa cosa: sostituire la visione del mondo che sta al fondo della società industriale (la visione propria della fisica classica) con la nuova visione del mondo che sta nascendo in ogni angolo delle scienze e delle arti. Buttiamo questa nuova visione del mondo nella società. Così facendo cambieremo gli “schemi cognitivi” di riferimento. Abbandoneremo quelli attuali che ci lasciano vedere solo crisi. E ne useremo altri che ci permetteranno vedere i nuovi cieli che stanno su di noi (ma che sono oscurati dalle nubi degli schemi cognitivi in uso) e la nuova terra che stiamo calpestando, ma che ci spaventa. Scoprendo i nuovi cieli, non ci spaventerà più la nuova terra ed inizieremo a percorrerla con passo emozionato.
Coraggio, buttiamo nella vecchia società una nuova visione del mondo e si scatenerà subito lo sviluppo di una nuova società.

lunedì 24 settembre 2012

FIAT: aspettando la ripresa???

di
Francesco Zanotti

Scrivevo, ed ora confermo, che il problema della FIAT è un problema di schemi cognitivi.
Confermo perché nell’incontro con il Governo è emerso un altro grave problema cognitivo: la memoria.
Il Gruppo FIAT afferma che aspetterà la ripresa del mercato dell’auto e nessuno si è scandalizzato …
Nella sua storia passata proprio il gruppo FIAT non ha atteso la ripresa, l’ha costruita.
Immaginate se prima di lanciare la 500 avesse aspettato che si scatenasse quella “ripresa”, dopo la crisi della guerra, che si è chiamata miracolo economico italiano.
Con la 500 ha dato un grande contributo al costruire il miracolo economico.
Ora dovrebbe usare lo stesso atteggiamento imprenditoriale, ma le è difficile non perché ci sono disegni perversi o perché le persone sono incapaci. Ma a causa della povertà di strumenti di progettazione strategica e di conoscenze organizzative di cui dispone. Una causa facilmente eliminabile … se individuata.

martedì 18 settembre 2012

Lettera aperta agli stakeholders del Sistema Fiat

di
Francesco Zanotti


Caro Stakehokder,

il problema della FIAT (e di tutte le altre crisi che sono sul tappeto) è sostanzialmente un problema di risorse cognitive. Non è un problema di crisi di mercato, di avidità degli azionisti e cose simili.

Ma come potrebbe essere diversamente, visto che gli uomini (che costruiscono o distruggono) sono essenzialmente le risorse cognitive di cui dispongono?

Specifico.
Il management della FIAT usa, come risorse cognitive di riferimento, conoscenze strategico-organizzative del tutto inadeguate. Se questo è vero, allora l’alternativa è semplice: se il management cambia risorse cognitive, l’azienda si salva. Anzi viene valorizzata la sua presenza in Italia. Se continua ad usare le risorse cognitive attuali, sarà costretta a chiudere presto in Italia e sarà nei guai, sul medio termine, anche fuori Italia.

Più in dettaglio.

Dal punto di vista organizzativo FIAT ha come riferimento il Word Class Manufacturing System (WCMA). Bene, si tratta di un modello organizzativo che non considera quelle che sono le dimensioni fondamentali dell’organizzazione: le risorse cognitive (razionali ed emozionali) di cui dispongono le persone, le loro reti di relazioni sociali, la cultura informale dell’organizzazione. Se il management FIAT accettasse di esplorare queste dimensioni, scoprirebbe che, proprio in Italia, sarebbe possibile costruire un nuovo modello produttivo incredibilmente più efficace, efficiente e flessibile dell’attuale Word Class Manufacturing System.

Dal punto di vista strategico, FIAT ha come riferimento lo schema teorico della competizione che, da un lato, è un vero e proprio schermo contro l’innovazione radicale e, dall’altro, costringe a costruire quelle prassi competitive che oggi stanno distruggendo la capacità di produrre cassa di tutti i produttori di auto. Tipico è la convinzione del tutto rinunciataria “E’ colpa del mercato”. Se si riesce a superare la schema della competizione si riesce a ricordare che sono le imprese che costruiscono Il mercato. E non solo. La FIAT del dopoguerra ha dato l’imprinting allo sviluppo di tutto il nostro sistema industriale ed infrastrutturale.

Se il Management FIAT tentasse, almeno, di esplorare i più attuali schemi di riferimento 
strategico-organizzativo, forse, si aprirebbe loro uno spiraglio di luce (un nuovo mondo da esplorare) che potrebbe, ad esempio, portarli a riuscire a costruire una nuova alleanza strategica con il Paese.

Ovviamente, le stesse conoscenze dovrebbero essere disponibili a Banche, Sindacati, Governo.

Obiettivo di questa mia lettera è proporre questa nuova prospettiva a tutti gli stakeholders del sistema industriale italiano.

Propongo a chi fosse interessato, la seguente  documentazione di supporto.
Un documento “emotivo”, dal titolo “FIAT e Lavoratore Progettuale”, che raccoglie i post pubblicati fino ad ora nei nostri Blog.
Un documento, più dettagliato, dal titolo “Per una imprenditorialità aumentata” che descrive il ruolo delle risorse cognitive per costruire sviluppo.

La ringrazio e porgo i miei più cordiali saluti.

Francesco Zanotti

domenica 20 maggio 2012

Il rumore della banalità …

di
Francesco Zanotti

E dell’ignoranza. E’ un rumore assordante, inumano. Uomini, facciamolo tacere.
Tutti sono colpiti nel profondo della loro umanità per quello che è successo a Brindisi. Io, come tutti, non so chi è stato così inumano, né perché lo ha fatto. C’è chi deve scoprirlo e tutti siamo certi lo farà con tutta la dedizione di cui è capace e la professionalità che lo contraddistingue.
Ma tutti noi possiamo e dobbiamo riflettere sul mondo futuro che vogliamo costruire. Non possiamo cullarci nell’illusione di far funzionare meglio quello attuale, non possiamo attendere che un nuovo mondo si formi da solo.
E qui nasce la tragedia delle banalità che si rappresenta sia nei commenti all’atrocità brindisina, sia nei discorsi dei grandi della terra.

Se si guarda alle “ricette” proposte per promuovere quella nuova società nella quale episodi come quello di Brindisi non potranno accadere, si leggono auspici del tipo “una coscienza civile vera e diffusa, maggior coesione sociale, più vivo spirito di legalità, forte senso dello Stato”. Sono auspici banali: e chi vorrebbe il contrario? L’assordante rumore delle banalità: tanto assordante quanto uno scoppio inumano. Per far tacere la banalità occorrerebbe dire come si raggiungono questi obiettivi. Forse con una stagione di prediche dai pulpiti dei media, fatte da sacerdoti votati alla religione della conservazione? Provando a dire come si raggiungono questi obiettivi si scoprirebbe che sono obiettivi generici. Cosa significa “coscienza civile?”. Se i nostri lettori provassero a rispondere, si avrebbero tanta definizioni quanti sono i lettori stessi. “Coesione sociale”, ma per costruire che tipo di società? “Forte spirito di legalità”, certo, ma discutiamo della qualità delle leggi che si invita a rispettare. “Senso dello Stato”: dopo aver spiegato di che Stato si tratta. Nel cercare di rendere meno generici questi obiettivi si arriverebbe alla scoperta che abbiamo bisogno di costruire una nuova società in tutte le sue dimensioni. E si dovrebbe progettare un percorso per riuscirci, si proverebbe ad esplorare il processo attraverso il quale costruirla. Ed a questo punto si sentirebbe l’assordante scoppiare dell’ignoranza. Non dell’Uomo, ma delle classi dirigenti che rimangono ancorate a schemi cognitivi superati e non vogliono dotarsi in alcun modo dei nuovi “schemi cognitivi” che stanno nascendo in quasi ogni “disciplina” umana (dalle scienze naturali a quelle umane). Dobbiamo esortarli a farlo. Solo allora potrà nascere quella nuova società nella quale si spegneranno insieme l’assordante rumore degli scoppi e delle banalità.

Se si guarda alle “ricette” proposte dai grandi della terra, esse sono ancora più banali. Sostanzialmente: promuovere la crescita. Forse la proposta della crescita è ancora più banale, generica ed assordante. La cui onda stordente si è diffusa anche nei commenti di tutti i giornali. Non ripeto i passaggi logici proposti nel passo precedente, arrivo subito alla conclusione..
Una banalità che violentemente vuole ignorare la domanda chiave: ma quale crescita? Per arrivare a capire l’importanza di questa domanda e alla violenza sociale di chi vuole limitarla ad una crescita quantitativa dei sistemi economici attuali basterebbe, anche in questo caso, provare ad interrogare la conoscenza disponibile. Invece che ripetere per intero il ragionamento proposto nel paragrafo precedente, propongo subito due fonti di conoscenza “concrete” che i nostri “grandi” farebbero meglio a conoscere per non perpetrare violenza sociale su tutti noi.
La prima è costituita da un post del Prof. Gianfranco Minati sul nostro blog: "Oltre la sostenibilità"
La seconda è costituita da una figura pubblicata a pagina 206 del libro «Sociologia dello sviluppo» di Gianfranco Bottazzi, edito da Laterza. E’ intitolata: “Una mappa di idee e pratiche per lo sviluppo” …

Provo a concludere: Uomini di buona volontà, abbandoniamo la pigrizia e la superficialità intraprendiamo la strada della conoscenza. Ci fornirà gli schemi cognitivi per leggere in modo nuovo la realtà attuale e per trovare la modalità di costruire, tutti insieme, la melodia della nostra Storia futura. Senza il frastuono delle bombe e dell’ignoranza.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.