venerdì 28 marzo 2014

Acea, la forma mentis del conflitto

di
Francesco Zanotti



Leggo sul Sole 24 Ore di oggi la vicenda dell’Acea. E il titolo è: “Acea, Marino sceglie la via del Tribunale”.
Ovviamente, il Sole parla di sconcerto tra gli azionisti tra i quali vi sono investitori istituzionali internazionali della portata di BlackRock.
Ma non poteva che finire così. E’ ovvio che anche il Sindaco avrà la sua parte di ragione, che forse qualcosa dovrà cambiare. Ma il punto non sta qui.
Il punto sta nel fatto che il Sindaco Marino non poteva che passare dal tribunale. E’ il frutto inevitabile della forma mentis del conflitto. Occorrerebbe non votare governanti che hanno questa forma mentis, indipendentemente dalla parte politica di appartenenza.
Peccato che la competizione elettorale premia proprio, perché sono più visibili, coloro che hanno la forma mentis e, quindi, attuano la prassi del conflitto. Per loro è quasi impossibile non “leticare”. Glielo si legge negli occhi: il ”leticare” è come una droga.
Poi pagano i cittadini i costi del conflitto. E lo sconquasso che genera in ogni organizzazione una battaglia di potere.


giovedì 27 marzo 2014

Chiedete conoscenza ai top manager delle aziende pubbliche.

Lettera aperta ai Direttori dei principali quotidiani


Egregio Direttore,
quali sono le conoscenze necessarie ad un top manager? Credo che sia una domanda a cui nessuno dei commentatori economico-politici sa rispondere.
Si guarda solo alle esperienze. Volendo essere cattivi, occorrerebbe dire che si guarda alle relazioni. Ma prendiamo per buono che si guardi alle esperienze.
Ora le esperienze non sono altro che conoscenze, magari inconsce, applicate in un certo contesto.
Se le esperienze di un manager fossero sufficientemente numerose e differenziate da avere significato statistico, allora si potrebbe passare sopra il tema della conoscenza. Ma sono, per forza di cose, limitate e, quindi, statisticamente irrilevanti. Quante aziende avrà mai guidato un top manager? Poche! Sono sufficienti per trarre una qualunque a considerazione statistica? No!
Allora non resta che capire, valutare le conoscenze di cui un top manager deve disporre.
Sono necessarie e sufficienti per costruire lo sviluppo dell’impresa che dovranno guidare?
E torna la domanda: ma quali sono le conoscenze necessarie ad un top manager … Allarghiamo il discorso: non solo ai manager di una azienda pubblica, ma di qualunque azienda …
Cito quelle fondamentali: le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa.
E qui casca tutto un branco di asini.
Le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa non sono nella disponibilità di chi deve scegliere i top manager: come fanno a verificare che ne dispongano?
Forse si parte dall'ipotesi che tutti i candidati top manager conoscano lo stato dell’arte delle conoscenze e delle metodologie di strategia d’impresa? Non è vero. E non hanno neanche modo di impararle perché non esistono attività di formazione/aggiornamento che permettano di acquisirle.
Allora è questa l’urgenza fondamentale per cambiare il destino delle imprese pubbliche. Formare tutti i candidati top magares (almeno) alle conoscenze ed alle metodologie di strategia d’impresa.
Torniamo al pensar male iniziale. Non è pensare male! Se non si individua il criterio della conoscenza per scegliere i top manager non lamentiamoci se, poi, prevale quello delle relazioni perché tutti capiscono che quello dell’esperienza è una foglia di fico veramente striminzita.


Ah, molte altre sono le conoscenze indispensabili, ma ne parleremo nei prossimi post.

venerdì 21 marzo 2014

Expo 2015: appalti e arresti. Lettera aperta a Giangiacomo Schiavi

di
Francesco Zanotti


Caro Giangiacomo,
il problema è molto semplice: se si pone l’attenzione sulle “cose”, allora non si possono che verificare liti e imbrogli. Infatti, le “cose”, cioè la materia, o è dell’uno o è dell’altro. Se una cosa viene aggiudicato a me non viene aggiudicato a te. Se si pensa solo alle cose allora la battaglia per aggiudicarsele è furibonda. Ci partecipano tutti, dai diretti interessati ai politici che vogliono che vincano gli amici. In questa gigantesca lite, vuoi che non ci scappi anche qualche pastetta?
Ed allora? Allora l’Expo avrebbe dovuto essere un Evento di conoscenze e non di muri. Sarebbe stato necessario che chi l’ha pensato e gestito avesse come primo compito quello di costruire una proposta su come nutrire il Pianeta. La strategia di comunicazione sarebbe dovuta essere soppiantata da un progetto di creazione sociale di questa proposta. Detto più semplicemente: non andare in giro a vendere spazi come qualunque altra fiera. Ma coinvolgere i paesi di tutto il mondo nel progettare una proposta su come nutrire il Pianeta. Se il coinvolgimento è alto e forte, se tutti percepiscono che Milano ha l’autorevolezza culturale e la passione profetica per sintetizzare tutte le diversità del mondo in una proposta unica, allora poi sarebbero venuti tutti a Milano. E non solo per una fiera, ma come luogo, tra gente di speranza e profezia. Milano Caput Mundi.
Poi qualche tecnico avrebbe pensato ai muri. E i politici avrebbero lasciato fare perché tutti concentrati sulla conoscenza e non sulle cose.
Noi stiamo dicendo queste cose da almeno quattro anni (un documento che riassume i post sul nostro blog sul tema), abbiamo avanzato una proposta che abbiamo definito Expo della Conoscenza, l’abbiamo fatta conoscere praticamente a tutti coloro che si sono occupati dell’Expo, te ne ho scritto più volte … Una risposta l’abbiamo avuta: vieni a presentare la tua idea ai Tavoli dell’Expo in trenta secondi. Del tipo: mi interessa che le proposte siano tante. Più ce ne son meglio è. Se poi occorre stiparle in pochi minuti non è rilevante. Tanto tutti si ricorderanno il numero presentato. Più proposte presentiamo più ci saremo fatti alleati … teniamo tutti famiglia.
E così ragionando poi si perde di vista che tutta l’Italia è la nostra famiglia.
Sperando in una qualche reazione, un caro saluto
Francesco



giovedì 20 marzo 2014

L'ideologia del “buon senso”

di
Francesco Zanotti


Leggo sul Corriere di oggi  il fondo di Aldo Cazzullo che auspica un “dialogo senza ideologie”. Cioè, un dialogo fondato sul buon senso. Contrapponendo il buon senso alle ideologie.
Beata “non sapenza”. Beh visto che l’articolo tratta di temi etici rilevanti, mica tanto beata. Incosciente, direi.
“Non sapenza” di cosa? Dei temi epistemologici di fondo. Anche quello che si chiama buon senso non è null'altro che una ideologia. Semplice e diffusa in vasti strati di popolazione, tanto da essere riconosciuta da molti. Me né vera né definitiva.
Il pensare dell’uomo produce inevitabilmente teorie sull'uomo e sul mondo. Poi possono essere più o meno rigide (più o meno ideologiche), ma sempre costruzioni dell’uomo sono.
Il richiamarsi al buon senso null'altro è che richiamarsi alla propria visione del mondo. Che, proprio perché la si chiama buon senso, la si vuole imporre come ideologia.
Quindi? Occorre attivare un processo di creazione sociale di una nuova visione sui temi etici. Dove ognuno ha un contributo da dare. Nessuno ha il diritto alla ideologia. Meno che meno a quelle che si nascondono dietro il buon senso. Ci vuole una classe dirigente capace di fare sintesi.
E la “non sapenza” è il guaio più grosso.


martedì 18 marzo 2014

Crisi in Crimea e costruzione del futuro.

di
Francesco Zanotti

Sì non sono realista e non voglio esserlo. I realisti sono solo conservatori. E oggi c’è ben poco da conservare. Sì parlo della Crisi della Crimea. Si sta svolgendo sempre lo stesso tragicomico copione dove i falchi guerrafondai (troppo spesso Rambo invecchiati e con l’artrite) “leticano” con colombe imbelli, avvitate su di un tubare meschino.
Cambiamo registro.
Aiutiamo i nostri giovani, usando tutte le potenzialità che internet offre e fornendo loro tutte le risorse cognitive necessarie, ad avviare un grande progetto di disegno della società futura. I nostri giovani cerchino una partecipazione mondiale. Il risultato sarà una nuova Alleanza che spazzerà via tutti i “realisti” interessati e miopi.

Come le primavere già accadute? No! Perché quelle sono state attivare con risorse cognitive troppo povere. E sono state in grado solo di costruire protesta e non di progettare, insieme, il futuro. Giovani colti, socialmente responsabili, personalmente disinteressati al potere e appassionati della conoscenza. Non giovani ambiziosi e ignoranti interessati solo alla autorappresentazione nella realtà virtuale ed effimera dei “vecchi” mass media.

lunedì 17 marzo 2014

Expo 2015: contestazione alle pietre

di
Francesco Zanotti


Immaginate … Tutta la fatica sui “muri”, pure necessaria, lasciata ai tecnici. I “politici” impegnati a coinvolgere il mondo nel costruire una nuova proposta per nutrire il Pianeta. Questa nuova proposta non può essere la somma di tante piccole idee. Per nutrire il Pianete occorre costruire una nuova società. Allora l’Expo sarebbe potuto diventare l’occasione per riprogettare il ruolo dell’Uomo nella Natura. E l’Italia e Milano sarebbero diventati i protagonisti di questo nuovo sforzo di progettazione solidale di tutto il mondo …
E, invece, lotte sui muri che non hanno mai fine … E il Pianeta rimane schiacciato da un modello di società umana del tutto inadatto e evolvere insieme alla Natura.

Ah ... ovviamente non è  la prima volta che sosteniamo questa tesi. Sparsi nel Blog ci sono almeno una decina di post su questo tema, da tre anni a questa parte. 

martedì 11 marzo 2014

La legge elettorale e la non “non sapenza”

di
Francesco Zanotti


Ma che diavolo è la non sapenza?
Avrei potuto dire “ignoranza”, ma questa parola si porta dietro una giudizio sulla persona. Avrei potuto dire “non sapienza”, ma forse è ancora peggio.
Allora ho scelto “non sapenza” per indicare la mancanza, il non utilizzo di conoscenze che potrebbero essere utili a chi governa.
Chi governa dovrebbe sapere che in un sistema complesso (il gruppo sociale costituito dal Parlamento) non si possono creare gruppi stabili. Ad ogni stimolo esterno un gruppo sociale si riarticola al suo interno in modi imprevedibili.
Se, poi, lo stimolo è costituito da un accordo tra vertici (come la legge elettorale) che costituisce uno stimolo esterno per antonomasia, allora il suo potere di stimolare riarticolazioni è fortissimo. Chi avanza accordi tra vertici può star certo che questi accordi saranno smembrati e ricomposti.
Il pensare che possano essere realizzati senza stravolgimenti è pura e semplice ingenuità cognitiva. Cioè … “non sapenza”.
Cosa fare quindi?
Qualche post fa Livio Lo Verso mi ha bonariamente rimproverato che forse va bene fare la Cassandra, ma poi bisogna proporre.
Giusto.
Ma, prima di tutto un piccolo “ma”.
Le previsioni che faccio non sono grazie ad un dono maligno degli dei, come nel caso di Cassandra. Nascono, invece, dell’utilizzo di … lasciatemi dire ... ”leggi sistemiche”. E la mia prima e basilare proposta è: che i governanti se le studino. E’ una colpa grave la “non sapenza”.
Poi … Ho descritto in tanti post la nostra proposta di metodo di governo. L’abbiamo chiamata Sorgente Aperta. Serva a stimolare e governare i processi di creazione sociale della realtà (o di una legge elettorale). Ma non la posso mica ripetere ad ogni … “critica sospinta”.
Va bene che “repetita iuvant”, ma con parsimonia. Altrimenti accade che: Repetita iuvant ... sed etiam “stufant” …




domenica 9 marzo 2014

Vivere in un angolo della Storia e della Conoscenza

di
Francesco Zanotti


Forse abbiamo imparato a girare per il mondo. Fisicamente. Ma non vogliamo viaggiare nella Storia e nella Conoscenza.
Siamo sempre in viaggio, ma questo viaggio ci porta sempre nel nostro angusto angolo di vita. A guardare quell'angolo di vita che ci sembra proprio lo stesso in qualunque parte del mondo noi si sia. Viaggiamo il mondo, ma ci portiamo le banalità delle nostre conoscenze. E facciamo diventare tutto banale.
Dobbiamo imparare a viaggiare nella storia e nella conoscenza. Soprattutto verso i giovani abbiamo il dovere di far sì che non trascurino la storia e la conoscenza perché noi le abbiamo snobbate, depredate, umiliate. Dobbiamo dire ai nostri giovani che noi siamo degni della Storia e della Conoscenza dell’uomo. Che abbiamo contribuito alla storia ed alla conoscenza.
Lasciatemi scendere nella cronaca: dobbiamo scegliere i futuri manager pubblici? Chiediamoci cosa sanno della storia e della conoscenza dell’uomo. Non di chi sono amici, chi frequentano.
Chiediamoci se passano le serate in compagnia di qualche grande. Se davvero ci fanno salire sulle spalle dei giganti.
Oppure vivacchiano alla loro ombra senza avere neanche il coraggio di alzare, almeno, lo sguardo.


venerdì 7 marzo 2014

La rete, Fiorello e Severgnini

di
Francesco Zanotti


Oggi sul Corriere Severgnini stigmatizza la reazione della rete all'incidente occorso a Fiorello. Ovviamente a ragione. Ma quando cerca la causa, sbaglia.
Il problema non è che stiamo imparando ad usare le immense potenzialità della rete. E sbagliando si impara.
Il problema è che viviamo in un mondo complesso, reso ancora più complesso dalla capacità interconnettiva della rete, e disponiamo di risorse cognitive troppo semplici. Le nostre reazioni a questa complessità sono, inevitabilmente, quelle che censura Severgnini “la banalità di certi commenti, l’ironia fuori luogo, la cacofonia delle battute squallide”.

Diciamo diversamente. Ogni persona cerca di realizzare un proprio progetto esistenziale nel mondo in cui si trova a vivere ed usando le risorse cognitive di cui dispone. Se vive in un mondo complessissimo e le sue risorse cognitive sono troppo semplici, il tentativo di realizzare il proprio progetto esistenziale sarà un accumulare banalità. Sarà il costruirsi intorno un mondo virtuale, ma banale. Sarà un delegare ad un “mi piace” la propria realizzazione esistenziale. Ad un cinguettio (limitato a poche parole perché solo quelle so esprimere) l’esprimere il ruolo sociale. All'attesa di un sms come se fosse il messia. E alla fine, il mondo di carne e respiro, sguardi e abbracci, passione e coraggio, spaventa perché chiede troppo a personalità troppo povere …

mercoledì 5 marzo 2014

Occorre costruire consenso, non decidere

di
Francesco Zanotti


Non vale solo per la legge elettorale. Vale per tutto il processo di governo.
Governare, non è imporre. E’ costruire consenso.
Ma come si costruisce consenso? Coinvolgendo le persone o gli attori sociali dei quali si cerca consenso in un processo progettuale il cui risultato (il progetto, appunto, che si realizzerà solo se carico di consenso) non può essere predefinito. Per riuscire a far progettare insieme persone o attori sociali occorre fornire loro nuove risorse cognitive. Il Governare allora non è decidere, ma diffondere risorse cognitive e guidare processi progettuali emergenti.
Ma ci vuole troppo tempo! Certo se chi governa non ha nuove risorse cognitive da offrire e se non sa gestire processi di progettualità sociale.
Governare non può essere, davvero, decidere. Se si prova col decisionismo si spreca tempo e si costruiscono paludi dalle quali usciamo (forse) tutti infangati.


domenica 2 marzo 2014

Guerra: tragedia primitiva

di
Francesco Zanotti


E’ le primitività del pensare che genera la guerra. Mettete insieme poveri pensieri che diventano ideologie, una voglia di autorealizzazione fisica (perché una più nobile non la si pensa possibile) ed ottenete la guerra. Cioè la distruzione dell’Uomo.
Sul giornale di oggi c’è la foto di Putin (un signore di più di sessant'anni) su di una moto insieme ad un guerrigliero suo amico. Ricordate le foto di Mussolini alla battaglia del grano? Non a caso si chiamava battaglia. Primitività di pensieri, mito dell’uomo forte … E la guerra come risultato.

Non si parli di interessi concreti. Quelli si raggiungono molto meglio con la cooperazione, in un mondo così interdipendente. Ma la cooperazione richiede pensieri alti e saggi.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.