mercoledì 30 gennaio 2013

Finalmente la conoscenza … …almeno un po’


di
Francesco Zanotti


Leggo stamattina sul Corriere un pregevole articolo di Gian Arturo Ferrari che “reclama” che in nessun programma di partito e, soprattutto, in nessun dibattito di campagna elettorale si affronta il “trittico” formazione, istruzione educazione.
Mi associo alla reprimenda, ma mi sembra essa vada completata.
Credo occorra parlare non solo della “trasmissione” della conoscenza ai giovani.
Credo occorra parlare anche della produzione di nuova conoscenza, oggi, quando il sistema di conoscenze, sia “scientifiche” che “umanistiche” (le virgolette sono per risparmiarmi obiezioni epistemologiche,) è in crisi esistenziale. Occorre un grande progetto per lo sviluppo della nuova conoscenza che, sola, potrà portare all'emergere di una nuova società. Noi l’abbiamo definito e l’abbiamo chiamato “Expo della Conoscenza”. In realtà, è un vero e proprio progetto di sviluppo del nostro Sistema Paese.
Poi, credo, occorra parlare della “ignoranza tecnica” (ovviamente nessun giudizio sulle persone, ma solo sulle conoscenze che dimostrano di non avere) dell’attuale classe politica.
Prendo il caso di Monti perché è il nostro “Capo” e aspira a continuare ad esserlo. Ma vale anche per molti altri (tutti?).

giovedì 24 gennaio 2013

Autoreferenzialità indifferente


di
Francesco Zanotti



Quando gli attori di un sistema (politico, economico etc.) chiuso si combattono tra di loro per conquistare le risorse disponibili, allora perdono la relazione di senso con l’ambiente esterno. Meglio: considerano l’ambiente esterno strumentale alla vittoria.
Il sistema della battaglia elettorale è ovviamente chiuso: i seggi sono quelli che sono. Ed è una battaglia esistenziale: se non si guadagnano seggi, si muore.
Come si combatte quella battaglia?
La risposta è estrapolabile da quanto è successo ieri sera a La7. Dibattito tra Ignazio Marino e Mara Garfagna: riporto a memoria.
Marino: “Uno degli elementi che distingue il Centro-sinistra dal Centro-destra riguarda i diritti civili. Noi siamo per i matrimoni gay .. etc.” La Garfagna ribatte: “Ma guarda che su quel tema le mie posizioni non sono così distanti dalle vostre.”. A questo punto Marino insorge: “E no! Tu sei di Centro-destra e devi sostenere le posizioni di Centro-destra che sono notoriamente anti-diritti civili.”. Straordinario: il fatto di aver individuato un possibile terreno di dialogo costruttivo l’ha mandato in confusione. Il tema dei diritti civili (che è molto di più dei matrimoni gay) era uno strumento di differenziazione che permetteva di caratterizzare negativamente l’avversario. Lo scoprire che l’avversario non la pensava proprio all'opposto  ma si poteva costruire una strada comune verso maggiori diritti, ha generato disorientamento. Gli si leggeva in faccia la delusione. Se l’avversario non la pensa all'opposto (un opposto stereotipato, quasi caricaturale) di come la pensava lui, come faceva a differenziarsi? Come volevasi dimostrare: i problemi sono considerati occasioni di differenziazione per competere sui voti.

domenica 20 gennaio 2013

Campagna elettorale e risorse di conoscenza insufficienti


di
Francesco Zanotti


Una campagna elettorale senza contenuti. Ma è inevitabile.
E le ragioni sono due. La prima è illustrata dalla teoria dei sistemi autopoietici. Se si gioca un gioco (il gioco elettorale), i riferimenti sono inevitabilmente gli altri giocatori. Non possono essere le vicende della società, se non strumentalmente. Ad esempio: per colpire gli avversari.
La seconda ragione è più importante della prima. Noi abbiamo bisogno di una nuova capacità progettuale. Più intensa più immaginifica, capace di progettare una nuova società …
Il problema è che i nostri politici non hanno le risorse di conoscenza necessarie per farlo. Ascoltavo ieri sera su La7 Giovanni Flavia, un giovane carico di buone intenzioni e di grande eticità. Ma annaspava parlando di economia e finanza. Poi ho letto l’intervista a Monti sul Corriere che ha tuonato contro gli incapaci. Ovviamente assegnando a se stesso la coccarda di “capace”. Ed allora mi sono cascate le braccia.
Il problema non è nella qualità degli uomini. Se non siamo razzisti dobbiamo credere che tutti gli uomini hanno potenzialità uguali e, per quanto se sa, infinite. Il problema è che se gli uomini hanno risorse di conoscenza povere questa potenzialità annaspa. O si esprime in accuse e, quando tenta proposte, finisce con partorire banalità.
Monti e Favia sono persone generose, meritano di stare alla guida del Paese, magari insieme. L’unica cosa che dovrebbero accettare è di aumentare le risorse di conoscenza di cui dispongono. Anche Monti che è un tecnico? Soprattutto Monti perché sta dimostrando chiaramente che le sue risorse di conoscenza in economia (più specificamente: in strategia d’impresa), sociologia, antropologia, sistemica e molte altre sono del tutto insufficienti.
Allora è necessario un nuovo movimento che non abbia l’ambizione di assumere un ruolo politico, che non si perda nella “denuncite” oramai dilagante e sterile, ma che si ponga come obiettivo quello di fornire a tutti coloro che vogliono assumersi il ruolo di gestione della cosa pubblica le risorse di conoscenza sufficienti per farlo con successo.


venerdì 18 gennaio 2013

Lapidariamente …


di
Francesco Zanotti


… è immorale perseguire di stabilità. Non abbiamo bisogno di stabilità, ma di costruire una nuova società ed una nuova economia. Mi si obietterà che è possibile farlo solo dopo avere ottenuto la stabilità della società e dell’economia attuale. 
Stupidaggini. 
Il cercare di stabilizzare un sistema complesso non crea le condizioni per un suo ulteriore sviluppo.
La ricerca di stabilità è solo l’obiettivo, inconsciamente disonesto, di una classe dirigente (compresi i rivoluzionari) che vuole mantenere quella società e quell'economia che gli riconosce il ruolo, appunto, di classe dirigente.
Chiedete (e la lista sarebbe lunga e sta diventando sempre più lunga) a tutti coloro che sperimentano la fatica del vivere in modo sempre più drammatico se ad essi interessa la stabilità …

giovedì 10 gennaio 2013

Conoscenze (colpevolemente) dimenticate: De Finetti

di
Luciano Martinoli

Bruno de Finetti (1906-1985) è stato un grande matematico italiano. Fondatore della "Teoria" della probabilità, prima di lui si parlava solo di "calcolo", e delle sue innumerevoli e feconde applicazioni in economia, nel campo delle assicurazioni e in altri settori. Se ne può trovare un pregevole e succinto racconto della sua vita e delle sue opere qui . Lascio alla lettura di esso ulteriori commenti e descrizioni della grandezza dell'uomo. Qui vorrei limitarmi a sottoporre solo due brevi citazioni, ispiratrici di nuove direzioni e misura dall'angusto angolo della mente dove tutti ci siamo andati a ficcare. 

La cosa che faceva arrabbiare de Finetti e lo faceva uscire letteralmente dai gangheri era l’idiozia umana dipinta da sapienza. “Le imbecillità vestite di scuro”, “i vari modi del non dir niente”, i problemi posti male.

Non è che, per caso, tutti noi, ma sopratutto gran parte della classe dirigente, abbiamo dimenticato questo banale e ovvio accorgimento preoccupandoci più del vestito che di ciò che vestivamo?
E chi, ma sopratutto come, ci aiuta ad evitare in tutti i modi di "dire niente"?

"L’utopia costituisce un presupposto necessario per ogni impostazione significativa della scienza economica”

E' un tema, per fortuna, sempre più ricorrente. Solo lui, e pochi altri, però ha avuto l'ardore di spingersi così in profondità per scoprirlo e mostrare a tutti ciò che i signori "vestiti di nero" non hanno capacità di concepire, o paura di svelare.

Quanto, al di là degli aforismi, ci stiamo perdendo non accedendo alla conoscenza sviluppata in ogni dove? Come renderla fruibile a tutti per garantire il proseguimento su nuove basi dello sviluppo della comunità umana?

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.