domenica 31 luglio 2016

Contro il terrorismo nessuna licenza di banalità

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC



Contro il terrorismo non accettiamo che si diano licenze di banalità.
Leggo ieri l’articolo di fondo su di un autorevolissimo giornale dal titolo: tre idee per battere il terrore.
Sono le seguenti, in un crescendo sconcertante di banalità.
La prima è quella mettere delle taglie sui terroristi, come al tempo di cow-boy e pellerossa nel lontano Ovest
La seconda è quella di trasformare il reato di favoreggiamento nel reato di partecipazione a banda armata, così tutti coloro che vanno cercando la morte si spaventeranno
La terza è quella di aumentare l’affitto dell’Ambasciata egiziana così capiranno (non è una mia aggiunta ironica, ma è la chiusa dell’articolo) che “dopo quello che è successo (nda: l’omicidio Regeni) il loro Paese non gode più della nostra simpatia.
Chiedo a tutti i lettori di questo blog di ribellarsi a questa licenza di banalità rilasciata dal più importante giornale italiano: il Corriere della Sera. Scrivere tutti al direttore … Combattere la banalità è certamente un contributo al superamento della crisi di violenza che stiamo subendo.


mercoledì 27 luglio 2016

Una proposta: attivare progettualità

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC

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Non siamo di fronte ad una guerra alla quale rispondere con la guerra. Siamo di fonte al perdere di senso della società industriale. Essa ci ha portato l’attuale livello di benessere, ma ora sta perdendo di senso. Le perdita di senso genera nelle persone la perdita di riferimenti identitari. Negli interstizi di una società che sta perdendo di senso le persone cercano di costruire nuovi significati. E lo fanno con le risorse cognitive ed emozionali di cui dispongono e seguendo le mode ai riferimenti costruiti da media di massa e di rete. Più sono poveri cognitivamente ed emozionalmente, più seguono le vie più riconosciute. Come dice Claudio Mencacci sul Corriere di oggi, una volta si imitava chi lanciava sassi dai cavalcavia. Oggi si spara alla massa perché così si è certi di essere riconosciuti. Di non cadere in un vuoto di identità che è insopportabile.
Cosa fare? Innanzitutto le classi dirigenti dovrebbero piantarla di cercare “stabilità”, di adottare politiche conservative. Con le politiche delle riforme, la ricerca della competitività, gli sforzi di stabilizzazione dei mercati finanziari si cerca di far funzionare meglio economia, finanza e istituzioni. Dovrebbero, invece, iniziare il percorso di costruzione di una nuova società. E dovrebbero farlo attivando una progettualità intensa, diffusa. Il coinvolgimento progettuale è un’arma straordinaria per dare identità.
Per essere più concreti. Immaginare un politico sul palco che arringa la folla con afflato profetico, un grande manager che fa proclami sui giornali, un piccolo capetto che gioca a fare il dittatorello … ecco sono tutti comportamenti che danno una stilettata al futuro. E tante piccole stilettate al futuro finiscono per ucciderlo.


sabato 23 luglio 2016

Quando si prende in mano il mitra …

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC


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L’esecrazione da parte di classi dirigenti che non fanno nulla per capire è esecrabile.
Che tristezza (indignante) vedere classi dirigenti che si rifiutano di guardare approfondire … Che si rifiutano di cercare di capire perché qualcuno (sempre più spesso) imbraccia un mitra e spara crudelmente e irragionevolmente.
Proviamo a fare vedere come approfondendo si creano scenari diversi …

Oggi l’esigenza fondamentale delle persone è quella di autorealizzarsi socialmente.
Quali spazi di autorealizzazione vi sono oggi per i giovani soprattutto?
Esiste l’autorealizzazione competitiva del fare carriera nei diversi ambiti (economico, politico, istituzionale) che, però, strutturalmente, include pochi (i vincitori) e emargina molti.
Purtroppo questa modalità di autorealizzazione non funziona neanche per i pochi. I pochi vincenti sono le classi dirigenti che, però, per il modo in cui si sono formate non possono che chiudersi auto referenzialmente. Ad esempio, non possono attribuire rilevanza alle risorse cognitive perché il loro vincere deve per forza essere dovuto a loro caratteristiche intrinseche che li rendono ontologicamente migliori. Ne fanno dei talenti. Se esistessero fattori esterni come le conoscenze che potessero migliorare la qualità intrinseca delle persone, il mito dell’essere speciali dei talenti naufragherebbe. I meccanismi di selezione privilegiano personaggi narcisistici, incapace di crescere in virtù e conoscenza.
Ma almeno gli appartenenti alle classi dirigenti sono pienamente autorealizzati? sono felici? Credo di no perché la competizione è continua e posso sempre essere emarginati. Esiste la difesa collusiva: si creano reti di relazioni che proteggono e perpetuano. Ma non sono eterne.
Dal punto di vista della vita della collettività, del servizio alla collettività queste classi dirigenti sono un disastro. I problemi della collettività sono solo una ulteriore occasione di auto rappresentazione. Una ulteriore occasione di auto rappresentazione della propria eccellenza che non può che manifestarsi in retorica.
Il sistema dei media rende ancora veloce e definitivo il processo di auto isolamento delle classi dirigenti perché premia il narcisismo e lo copia.

E per le moltitudini che perdono o non vogliono giocare la competizione della carriera?
Il desiderio di autorealizzazione rimane … come soddisfarlo? La via regia è quello della partecipazione alla costruzione del futuro, ma essa è preclusa per le seguenti ragioni
La prima è il continuo “complessificarsi” della realtà. Per comprenderla, primo passo per progettarne il cambiamento, occorrerebbe disporre di risorse cognitive più avanzate. Ma oggi la conoscenza è considerata solo uno strumento per vincere la competizione scolastica ed acquisire qualche punto nella competizione carrieristica. Oppure come gloria museale.
La seconda è che le classi dirigenti non sanno governare progettualità. Pensano che l’essenza del governare sia il potere e, quindi, pensano che il coinvolgimento progettuale coincida con la perdita di potere.
Tutto questo porta ad una società dove non solo non vi nessuno spazio di auto realizzazione positiva, ma il disagio aumenta continuamente per l’ignavia sostanziale di classi dirigenti auto riferite che vedono i problemi come occasione di auto realizzazione. E che ora, essendo spaventate, cercano solo di difendersi.
Ed allora cosa rimane per auto realizzarsi?  Per un crescente numero di giovani che dispongono di risorse cognitive scarse e vivono disagi profondi quella di prendere il mitra e sparare contro un mondo che non li educa, ma li emargina.

Forse anche con un inconsapevole piacere di primitiva giustizia ispirata alla legge del taglione.

mercoledì 20 luglio 2016

Cosa accadrà alla Turchia?

Un'analisi dal punto di vista della Teoria dei Sistemi Sociale
di
Luciano Martinoli


Dal Sole24ore di oggi
"Una colossale epurazione è in corso in Turchia dopo il fallito golpe di venerdì notte. Dopo i militati golpisti e i giudici, il pugno di ferro di Erdogan è calato anche sugli ambienti dell’istruzione: sono oltre 1.500 i presidi di facoltà che sono stati costretti alle dimissioni dall’Alto consiglio per l’istruzione. Revocata l’abilitazione all’insegnamento a 21mila docenti di scuole private ritenuti, a torto o a ragione, legati al movimento dell’imam Fethullah Gulen."

è evidente che ci troviamo davanti ad una svolta totalitaria del partito di Erdogan ovvero, dal punto di vista della Teoria dei Sistemi Sociale, di un tentativo di un sistema, quello politico, di governare gli altri sistemi. 
Cosa genererà tale tentativo?

martedì 19 luglio 2016

Trump. Ovvero: i possibili disastri della primitività cognitiva

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC

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La proposta politica di Donald Trump è semplice a comprendersi e descriversi.
E’ la proposta di un governo sostanzialmente autoritario perché si sa cosa bisogna fare e occorre liberarsi da ogni interferenza per farlo in fretta. E di chiusura: lasciamo il male fuori dai nostri confini.
Messaggio semplice che viene compreso è supportato facilmente. Fa vincere elezioni e referendum.
Il problema è che, poi, c’è la realtà che è tutt’altro che semplice. E chiede a chi vince elezioni o referendum di compiere scelte che non hanno avuto cittadinanza nei manifesti mediatici e nei comizi delle campagne elettorali. Allora il leader elettorale duro e puro della campagna elettorale o cerca di diventare un dittatore o inizia a fare sciocchezze. Speriamo che Trump almeno non voglia esercitarsi a fare sciocchezze con l’arsenale nucleare USA.
Non è, però, che la sua avversaria sia titolare di una proposta tanto meno primitiva.
Perché siamo arrivati a dover scegliere tra banalità che cercano disperatamente di differenziarsi con le urla e le invettive?
Perché nessuno ha cercato di rendere disponili alle classi dirigenti nuove risorse cognitive, capaci di cogliere e progettare complessità.
Quando si parla di cultura si parla solo di musei o di scoperte scientifiche che nell’immaginario collettivo non sono diverse dalla magia: vengono da quei misteriosi e superiori individui che sono gli scienziati.
Le risorse cognitive non sono oggetto di apprendimento e risultato di riflessione e progettualità. Poveri noi ... O forse no, perché possiamo rientrare nella grande e misericordiosa categoria di vanno perdonati perché non sanno quello che fanno



domenica 17 luglio 2016

Golpe Turco: andare oltre lo schierarsi

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC

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Oggi i fatti internazionali vengono affrontati ideologicamente. Nel senso che si usa il concetto di giusto e sbagliato. E si individua nella conquista del potere il modo per far vincere i “giusti”.
Propongo una lettura cognitiva e sociologica. Che porta a tutt’altre forme di azione rispetto alle attuali di stampo esclusivamente conflittuale.
Oggi le classi dirigenti, soprattutto le altre classi dirigenti, dispongono di risorse cognitive troppo povere. Questo significa, innanzitutto, che loro capacità di vedere istanze, esigenze, punti di vista alternativi, potenzialità di futuro è troppo limitata. E, poi, significa che costruiscono intorno a loro castelli di autoreferenzialità spinta che sono una difesa anche di fronte e nuove e possibili risorse cognitive. Il risultato è la guerra, declinata in ogni contesto. Guerra reale (sparando) tra stati e fazioni; quella stupida guerra economica che si chiama competizione; l’altrettanto poveraccia guerra elettorale permanente effettiva, la competizione interna alle organizzazioni, le nostre liti quotidiane.

Che fare? Un movimento di popolo che “costringa” le classi dirigenti (e tutti noi) a fare un bagno di conoscenza. Tra le conoscenze nelle quali immergersi, quelle che permettano loro di riconoscere quando stanno costruendo quei drammatici castelli di autoreferenzialità che creano le guerre.

sabato 16 luglio 2016

La Società non ha un "centro"



La teoria evolutiva ecologica di Luhmann ci dice che la società non ha centro, proprio come un ecosistema non ha centro. Pertanto la società non è mai stata aperta (e mai lo sarà) a interventi creazionisti di provenienza divina o secolare.
La teoria evolutiva ecologica, rispetto alle viste creazioniste, ci porta facilmente al costruttivismo radicale che Luhmann attribuisce a se stesso. Proprio come l’evoluzione biologica è auto-generazione costruttivista della vita, la società è un effetto di costruzione della realtà sociale attraverso la comunicazione.
 

Secondo Luhmann, non viviamo in un mondo postmoderno. La modernità, come il periodo della differenziazione funzionale, è ancora in corso. I recenti cambiamenti tecnologici sono, teoreticamente parlando, esterni alla società. Come i corpi umani e le menti, la tecnologia non è parte della società, ma appartiene all’ambiente del sistema sociale. Né gli umani né i computer comunicano, solo la comunicazione lo fa. Questo non nega la profonda influenza sociale dei recenti sviluppi tecnologici, ma li tratta esclusivamente come influenze esterne alla società. La società, secondo Luhman, non è mai stata umana – la nozione di “essere umano” è sempre stata teoreticamente problematica, e una sociologia basata su termini umanisti è sempre stata fuorviante. 

venerdì 15 luglio 2016

Terrorismo: oltre alla denuncia il progetto

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC

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I gruppi sociali si spengono naturalmente per consunzione. Accadrà anche ai gruppi terroristici. Il problema è che non possiamo aspettare che questo accada naturalmente. Perché l’inizio del declino avviene solo dopo un evento così eclatantemente assurdo che inizia rendere evidente la perdita di senso del gruppo sociale. E’ questo significa accettare un crescendo rossiniano di morti.
Che fare? La strategia più efficace è quella di accelerare dall’eterno il processo di perdita di significato. Le pubbliche condanne hanno un effetto opposto a quello che ci si attendere: spinge verso  il movimento tutti coloro che la società lascia ai margini.
Allora, lasciano anche il doveroso spazio alla condanna, occorre coinvolgete tutti i giovani nel definire e realizzare progetti di sviluppo. E’ molto più che lavoro e scuola.
E’ la proposta che la scuola non diventi luogo di apprendimento (parola che non si sa esattamente cosa significhi), ma di progettualità. La sparo grossa: coinvolgiamo, ad esempio, i giovani da subito nella ricerca della scienza di domani, invece che apprendere la scienza di oggi.
Che il lavoro non sia solo fatica, ma che sia il modo di realizzare nuovi progetti di impresa che tutti hanno partecipato a realizzare.


mercoledì 13 luglio 2016

Due treni che si scontrano: ovvero la criminale tracotanza dell’economia

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC

Io non voglio dire che non si tratta di errore umano … con tutto quello ne consegue.
Dico, però che se ci fossero stati due binari l’errore umano non avrebbe avuto modo di verificarsi.
Ma non abbiamo i soldi per ammodernare le linee. E qui emerge la criminalità (criminalità perché ci sono almeno 27 morti) degli economisti. Gli investimenti che la collettività giudica importanti si fanno tutti, subito e a debito.
Ma gli economisti dicono che non si può fare perché abbiamo un debito alto. Ma alto rispetto a cosa? Al PIL, che diamine. Che diamine un piffero! 
Il debito di una collettività va paragonato al patrimonio di questa comunità. E la nostra comunità nazionale è ricchissima. Può tranquillamente raddoppiare il debito per fare investimenti rilevanti.
Ma se anche fosse poverissima, il discorso non cambierebbe. 
La BCE sta stampando carta moneta per cani e porci. Dico che fa bene. Dico che dovrebbe fare di più: stampare carta moneta per sostenere tutti gli investimenti. Anche qui gli economisti dicono un sonoro “no”. Ma è proprio il caso di dire, parafrasando un famoso detto latino,  che il “no” “abundat in ore stultorum”.
Dobbiamo combattere la stoltezza di una scienza (l’economia) che cerca situazioni di equilibrio quando dovrebbe essere al servizio di un nuovo sviluppo. La stoltezza di una scienza che non ha nulla della scienza, ma è un coacervo di credenze che non hanno né solidità teorica nè verifica sperimentale.
Se poi questa pseudo-scienza impedisce investimenti che servono ad evitare tragedie, allora è davvero una scienza criminale.
E se, da ultimo, gli economisti rifiutano anche solo di discutere delle loro teorie, allora si rasenta la tragedia premeditata.


martedì 12 luglio 2016

Invece di contenere l’aggressività russa …

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC
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Domenica 10 luglio sul Sole 24 Ore Vittorio Emanuele Parsi parla delle decisioni prese nell’ultimo vertice Nato ed elogia il dislocamento di truppe verso est per lanciare un messaggio forte alla aggressività di Putin.
Vorrei porre la questione del rapporto con la Russia in tutt’altri termini. Più profondi e, quindi, più completi.
In particolare il rapporto tra Italia e Russia.
Guardate alla filosofia italiana e russa. Ambedue si pongono come altro rispetto alla tradizione moderna di isolare il pensiero dalla vita. Ambedue le filosofie parlano di pensiero incarnato. Sono tentativo di superamento (più tragicamente il pensiero russo) del limiti del pensiero lineare e specialistico della modernità.
Allora, invece di dislocare truppe, si dislochino riflessioni e ricerche su come le profonde intuizioni di due popoli possano contribuire allo ascrivere del futuro del mondo.
Per chi volesse approfondire:
Roberto Esposito. Il pensiero vivente. Einaudi

Chiara Cantelli. La filosofia russa. In Filosofie nel mondo. Bompiani

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.