martedì 30 luglio 2013

Tra scuola, lavoro e società


di
Alice Gironi

Lettera aperta ai miei coetanei

  

Poco tempo prima che finisse il classico periodo di scuola, all’incirca durante le ultime settimane di maggio, mi è stato proposto dal liceo che frequento di aderire ad uno stage presso una società di consulenza aziendale, ovvero di Strategy Advisoring, che si occupa principalmente di proporre nuove idee e nuovi metodi d’impresa alle più importanti aziende italiane. Dopo aver accettato con entusiasmo, mi sono ritrovata in un ambiente completamente estraneo al mio, ma grazie al quale ho compreso molto sul mondo della finanza, dell’economia, della politica e sulla società stessa: universi a me, prima, quasi completamente sconosciuti. Le parole che seguiranno questa sorta di introduzione narreranno della mia esperienza in un cosmo assolutamente disordinato, che però mi ha lasciato un nuovo mondo dentro.
Durante il periodo di stage di tre settimane, occupandomi in prima persona di questo blog, della correzione e dell’aggiornamento degli articoli, sono riuscita a comprendere in modo abbastanza approfondito quali siano esattamente le proposte che dovrebbero essere divulgate a tutte le imprese italiane e non, che credo possano essere un punto di partenza per rinnovare e cambiare radicalmente la nostra società, la cosiddetta “società industriale”, che, ormai, è in pieno fallimento da ogni punto di vista: economico, politico e sociale. Ritengo, infatti, che l’odierna e diffusa mentalità, basata su culture e conoscenze di tipo “classico”, non possa condurre il mondo che verso un ulteriore degrado e che, quindi, ci sia bisogno di aspirare ad un nuovo modo di pensare e ragionare, i cui pilastri fondamentali poggino su un nuovo tipo di conoscenza, completamente innovativa.
A questo proposito, vi è un evento alquanto importante denominato “Expo della Conoscenza”, proposto dall’associazione ApEC (Associazione per l’Expo della Conoscenza) e progettato per il 2015, durante l’Expo che si svolgerà a Milano, che penso possa essere un buon inizio per diffondere, in sostanza, una diversa visione del mondo a tutti coloro siano disposti a concedere un nuovo avvio all’odierna società, ormai travolta completamente dalla crisi.
Oltre all’organizzazione di eventi, credo fermamente che la quotidiana offerta di servizi di genere strategico e organizzativo a moltissime imprese italiane, quali, ad esempio, la scrittura di rapporti di rating, l’invio di newsletter, l’aggiornamento continuo di documenti, proposte ed idee, attività a cui, durante lo stage, ho parzialmente preso parte, sia un tipo di atteggiamento, se così può essere definito, che possa portare ad ottenere ciò per cui tutti coloro che leggono e sostengono questo blog combattono e per cui si pongono contro la mentalità fondamentalista dei giorni nostri, muovendosi letteralmente controcorrente.
Vorrei, inoltre, evidenziare, come ho appreso in queste settimane , l’esistenza e l’importanza di quella parte delle organizzazioni definita informale, costituita principalmente da dipendenti e, in generale, componenti della Società autonomi e dotati di potere decisionale, che portano da sé l’impresa verso cambiamento e sviluppo, rispetto a quella formale, dotata di individui appartenenti all’azienda che sottostanno ad una rigorosa burocrazia, senza poter utilizzare le proprie facoltà ed idee per incrementare il successo della società, differenza molto spesso citata nei post del blog. Ecco, io ritengo che il primo tipo di organizzazione sia quello più adatto ad ottenere un vantaggioso sviluppo di un’impresa, poiché l’unione di più individui con capacità, conoscenze e mentalità diverse, ma sempre rivolte all’innovazione, non può che favorire la crescita, essendo tali persone complementari le une alle altre; e, grazie allo stage, ho potuto ricevere una conferma di tutto ciò, dopo aver osservato attentamente le modalità di gestione di un’organizzazione di tale genere, che si basa su una conoscenza nuova, definita come “quantistica”, estremamente differente da quella “classica”.
La differenza principale fra questi due tipi di conoscenza è che la prima mira a modificare completamente ciò che, evidentemente, non funziona più, con una serie di proposte e possibilità totalmente nuove, mentre la seconda tenta invano di aggiustare qualcosa di completamente frantumato, utilizzando metodi passati, che non sono più adatti alle innovazioni presenti. Ovviamente, la conoscenza “quantistica” dovrebbe essere quella adottata da tutta la classe dirigente, poiché maggiormente portata per natura allo sviluppo; invece, quella che viene utilizzata è la conoscenza di tipo “classico”. In questo periodo, mi sono convinta che non vi sia una particolare ragione per cui la classe dirigente usufruisce solo di tale conoscenza, se non l’attaccamento al passato e la paura di cambiamento, sebbene sia palese che quest’ultimo potrebbe portare numerosi vantaggi. Credo davvero che, arrivati a questo punto, la nostra società non possa fare altro che adattarsi all’innovazione, se non vuole soccombere.
Le idee e le nuove proposte di cui sono venuta a conoscenza mi hanno veramente colpita, in quanto, vivendo nella mia piccola bolla sociale, forse anche a causa della mia giovane età, non spesso mi è capitato di pensare che sia possibile creare una nuova società in tal modo, abbandonando completamente questa, in piena demolizione, e formando davvero un nuovo futuro, di cui io potrò far parte. Penso che qualcosa in me sia cambiato: sia semplicemente a causa di un’esperienza lavorativa, come avrebbero potuto essere tante altre o proprio grazie a ciò che ho letto, appreso in queste settimane. Sta di fatto che la voglia in me di costruire un nuovo futuro, un nuovo mondo, sapendo che è la mia generazione che ha il compito di farlo, è aumentata. Forse, anche perché, al contrario, la voglia, la pazienza quasi, di sopportare ancora questo tipo di società per tutti gli anni che andranno a venire, mi è passata completamente, avendo ormai acquisito la consapevolezza che io, che tutti noi, giovani e non solo, siamo in grado di fare e di cambiare qualcosa, se lo vogliamo; e la mia intenzione è quella di mettermi d’impegno per fare in modo che questo qualcosa avvenga, che nasca un nuovo Rinascimento culturale e sociale, costruito con le nostre mani.

lunedì 29 luglio 2013

“Citazioni imbarazzanti”. La corrosività dei saperi

di
Francesco Zanotti


La logica del buon funzionamento è la causa principale della conservazione dei miti contro l’effetto corrosivo dei saperi”.
Il buon funzionamento è giudicato con una logica interna, non in base a prestazioni esterne.
Io direi la stessa cosa in modo sistemicamente diverso: le battaglie per il potere che si combattono sia nelle imprese, che nei partiti politici, che nelle competizioni elettorali, fanno emergere miti ed organizzazioni che li incarnano. L’esistenza di organizzazioni che li incarnano fanno sì che vengano considerati realtà. I saperi minacciano queste realtà mitico-organizzative, la loro stessa esistenza. Vengono (onestamente e non fraudolentemente), quindi, considerati contrari alla realtà.

Citazione da: Cognizione e scienze sociali di Raymon Boudon, Alban Bouvier, Francois Chazel, traduzione italiana Armando Editore.

mercoledì 24 luglio 2013

Casta cognitiva: Lettera aperta a Ferruccio De Bortoli

di
Francesco Zanotti


Egregio Direttore,
non vi sono solo caste di interesse. Vi è anche una casta cognitiva.
Leggo stamattina che il Presidente della Repubblica risponde con grande sollecitudine ad una lettera aperta scritta da Fausto Bertinotti. E il Corriere fa da postino-cerimoniere tra l’uno e l’altro.
E che male c’è?
C’è che è l’ennesima prova che le idee non vengono valutate per quelle che sono, ma per chi le emette.
Bertinotti scrive una lettera aperta al Presidente della Repubblica e il Corriere la pubblica. A che titolo? L’unico titolo che mi viene in mente è che Bertinotti si chiama Bertinotti. Se leggo il contenuto lo trovo culturalmente povero: trascura completamente gran parte della conoscenza disponibile. Ad esempio sulla teoria dei sistemi e sulla filosofia politica, per citare solo le due aree culturali più utili per i temi discussi. La domanda che mi viene spontanea è: nel nostro blog vi sono analisi più culturalmente fondate, profonde ed innovative, perché il Corriere non le cerca e le pubblica? La domanda si può traslare: nel nostro blog vi sono altre fonti di innovazione profonda: perché il Corriere non le cerca e non le pubblica? Si, le cerca! Perché se un giornale cerca le notizie di assassini e disgrazie varie, allora dovrebbe cercare anche le idee.
E, poi, il Presidente della Repubblica risponde, pubblicamente, a Bertinotti sul Corriere. Perché? Bertinotti, non ha un ruolo istituzionale. Il Presidente non ha, quindi, risposto ad una proposta di dialogo istituzionale. Anche perché un dialogo istituzionale non avviene sulle pagine di un giornale specifico. Forse perché Bertinotti (e chi lo nega,  è persona degnissima, dalla storia personale anche emozionante? Beh in questo caso devo osservare che di degnissime persone in Italia ce ne sono a vagonate. E il Presidente dovrebbe risponder a tutte con la stessa enfasi. Ma la storia e la grandezza personali non costituiscono titolo perché la propria opinione valga più di quella di altri. Le opinioni vanno giudicate dalla conoscenza che contengono, dal contributo di novità rispetto alla conoscenza esistente che esprimono, dalla efficacia che promettono. Forse mi ripeto, ma è per non dare adito ad equivoci, da questi punti di vista le idee di Bertinotti sono, rispetto alla conoscenza esistente, culturalmente povere. E, allora, perché ha risposto?
L’unica risposta che mi viene è: per una prossimità di storia e di consuetudine.

Ma se si pubblica giudicando l’emittente e si risponde, da parte della Massima Carica dello Stato, per prossimità di storia e di consuetudine, allora si crea una casta che, inevitabilmente, anche se non ruba, diventa, però, cognitivamente autoreferenziale. E, come tutti i sistemi autoreferenziali (il mio giudizio non è etico, ma scientifico), usa l’ambiente in cui è immerso come strumento di auto riproduzione.

domenica 21 luglio 2013

Speriamo siano loro a scriverle …

di
Francesco Zanotti



Oramai è chiaro che è necessario scrivere storie di futuro. Ed è chiaro che non le possono scrivere le attuali classi dirigenti. Le storie che stanno scrivendo sono banalità, volgari nella loro insipienza.
Ed allora, chi le deve scrivere?
E mi è venuta tra le mani una pagina dell’inserto “Letture” del Corriere. Ed ho trovato poesie scritte da bambini, non sono ancora ragazzi, immigrati e italiani.
Ne copio un paio, di un bambino filippino e una bambina italiana.

Grazie per la sedia
ed avermi dato una casa,
io sono piccolo, ma dentro
sono un gigante che è sbocciato
da una briciola.
Christian, dieci anni, filippino

Io,
come un risveglio senza fine
come paura senza urlo.
Io,
uragano senza pioggia
come natura senza fiori.
Io,
come un bambino che non sa cadere
come una fata senza le ali.
Io
col tempo ho capito
che non tutti hanno tutto
ed è sbagliato
ho pensato
Lucia, dieci anni, italiana.

Il mio commento? Che siano loro e tutti quelli come loro a scrivere le nostre storie di futuro.


lunedì 15 luglio 2013

Gli imprenditori e lo Stato: invertiamo il rapporto!

di
Francesco Zanotti


Certo che il nostro Stato è un peso per le imprese. Ma non potrà mai accadere che sia lo Stato a salvare le imprese.
Leggo su di un giornale le dichiarazioni di un “imprenditore” di una grande impresa: altrove lo Stato supporta le imprese, da noi no!
Io credo che occorra cambiare prospettiva: le grandi imprese non devono aver bisogno dello Stato. Addirittura: devono mettere in conto uno Stato poco efficiente. La loro proposizione imprenditoriale deve essere così alta e forte da imporsi nel mondo nonostante lo Stato. Quando vi saranno migliaia di queste grandi imprese, si svilupperà intorno a loro anche un ecosistema di nuove e forti PMI e lo Stato incasserà quelle risorse che gli permetteranno di rinnovarsi. Lo stesso discorso vale per il sistema bancario.
Ma allora manchiamo di creatività? No! Usiamo schemi cognitivi poveri e, a causa di questo, abbiamo idee povere.
L’imprenditore che ha parlato è un “imprenditore” di seconda generazione. Che ha in testa lo schema cognitivo del padre o quelle stupidaggini che si raccolgono sotto il cappello di “cultura manageriale”.

Cioè: non è un imprenditore, ma un manager da corsi di formazione! Basterebbe insegnarli conoscenze e modelli di strategia d’impresa. Queste sono le sconosciute risorse cognitive che potrebbero rilanciare la nostra economia.

giovedì 11 luglio 2013

Italia: siamo il paese più avanzato del mondo!

di
Francesco Zanotti


Stiamo, nei fatti e nei comportamenti, dicendo al mondo che quella semplificazione dell’umano che si chiama società industriale ha fatto il suo tempo. Guardiamo con occhio disincantato tutto quello che i conservatori anglosassoni definiscono progresso. Facciamo spallucce alle agenzie di Rating. In ogni angolo del nostro Paese raccontiamo bellezza. In ogni interstizio del nostro vivere insieme abbiamo voglia di costruire bellezza. Rifiutiamo una scienza infantile e cerchiamo il senso della vita e, così, stiamo costruendo un nuova scienza …

Non se sono accorti solo le classi dirigenti e quello stupido megafono che è costituito dal sistema dei media … Liberiamoci da tutte e due!

lunedì 8 luglio 2013

Fratelli musulmani: analisi politiche banali

di
Francesco Zanotti


Non ha importanza chi, non ha importanza dove, voglio parlare solo della tesi: i Fratelli Musulmani si stanno dividendo in moderati ed estremisti.
Perché è una tesi banale? Perché ogni gruppo sociale, in qualunque società, quando si trova a confliggere si divide in moderati ed estremisti. Lo dovrebbero sapere tutti. Che senso ha meravigliarsi che, se si combatte un movimento sociale, si genera questa doppia polarizzazione. E che gli estremisti crescono tanto più quanto più il gruppo sociale viene combattuto?

Le nostre classi dirigenti sono così sprovvedute da non conoscere neanche queste banali dinamiche sistemiche?

venerdì 5 luglio 2013

Boldrini e Marchionne, purtroppo non conoscono …

di
Francesco Zanotti


… e non vogliono neanche conoscere!
Ovviamente mi riferisco al Gran Rifiuto del Presidente della Camera all’invito di Marchionne.
Un rifiuto costruito su una contrapposizione che esiste solo perché non si vuole usare la conoscenza esistente.
La contrapposizione, apparentemente insanabile è la seguente.
La Presidente della Camera: non si può fare impresa calpestando i diritti. Un probabile sottinteso: calpestare i diritti per fare guadagnare l’Azionista.
Marchionne: non vi è volontà di calpestare i diritti. Facciamo quello che è necessario per competere.
Posizioni inconciliabili, ma, appunto, solo apparentemente!
Se Marchionne, invece di rimanere ancorato a vecchie conoscenze organizzative (per di più copiate ai concorrenti. Cioè: Toyota) e strategiche (la visione della strategia di M. Porter) accettasse di imparare le nuove conoscenze strategico-organizzative disponibili, scoprirebbe il modello del “Lavoratore Progettuale”. Il lavoratore come vero protagonista della progettazione strategico-organizzativa. Questo modello gli permetterebbe di “saltare” a piè pari (velocemente e con pochi investimenti ad immediati ed altri ritorni) la trappola della competizione.
Se la Presidente della Camera accettasse di imparare le stesse conoscenze, scoprirebbe che esistono metafore più forti dei diritti per difendere i lavoratori. Meglio: non ci sarebbe nessun bisogno di difendere i diritti di chi diventa indispensabile perché porta l’impresa fuori dalle secche (sempre più ”seccose”) della competizione.
Contrapposizione tra lavoratori ed azionisti? Ma neanche per sogno! Esiste una profonda coincidenza di interessi
Il conflitto (questo e tutti gli altri conflitti) è sempre più costruito da un classe dirigente che non accetta di imparare cose nuove.
Lavoratori, azionisti e cittadini dovrebbero fare la vera soluzione che è necessaria: costringere le classi dirigenti a studiare. Invece che inventarsi tragicomici giochi di guerra.


mercoledì 3 luglio 2013

A proposito di conoscenza, leggo stamattina sul Sole …

di
Francesco Zanotti


… un articolo di Stefano Manzocchi. Pregevole per molti aspetti: ma … tutti zoppicano sulla conoscenza.
Egli parla dei “tre fattori che fanno il successo dei territori”. Tralascio i primi due, il terzo è la conoscenza.
Ma cosa è la conoscenza? Secondo il Prof. Manzocchi, la catena logica è: conoscenza, quindi intangibili, quindi istruzione, ricerca, progettazione marketing, qualità dei prodotti, software, conoscenza di lingue culture lontane. Quindi, e da ultimo; il sapere necessario per muoversi nel mondo globale.
Certo non era l’intenzione del Prof. Manzocchi, ma alla fine al lettore, forse frettoloso, può rimanere l’impressione, seguendo i passaggi logici (che ho cercato di rappresentare con la sequenza di “quindi”) che cultura sia uguale a conoscenza della lingua e degli usi e costumi dei diversi popoli. Come per gli operatori turistici. Il lettore e il Professore, mi scuseranno la battutaccia, ma è un blog ed un minimo di dissacrazione può anche divertire.
Tornando a discorsi più seri, credo che il discorso della conoscenza vada approfondito. Credo che occorra individuare almeno due poli: la conoscenza come risorse cognitive personali. La conoscenza come i manufatti che l’uomo produce attraverso le risorse cognitive di cui dispone e che concretizza in oggetti.
Io credo che oggi il discorso più urgente sia quello della conoscenza come risorse cognitive. Oggi abbiamo una classe dirigente che usa risorse cognitive illuministe. In particolare, anche se non sa cosa siano, la fisica classica e la matematica Hilbertiana.
La vera urgenza è rendere disponibili alle classi dirigenti tutte le altre risorse cognitive che sono state sviluppare in tutte le scienze umane e naturali nel corso del '900.
Perché questa sia un urgenza e come fare a soddisfarla, è scritto nel nostro progetto di Expo della Conoscenza.





...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.