lunedì 25 ottobre 2010

Ho ascoltato l’intervista di Marchionne …

Ieri sera (24 ottobre), Marchionne da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. Un Signore calmo, pacato con gli occhi che cercano nel profondo. Un ragionare pulito e semplice. Certamente nessun dubbio sulla propria visione. Caso mai mille dubbi sugli altri: dall’Italia nel suo complesso ai sindacati. Contemporaneamente, grande fiducia nella sua gente: la maggioranza di coloro che lavorano per lui (sostiene che solo il 13% dei dipendenti FIAT sono iscritti alla FIOM-CGIL) sono dalla sua parte ed è loro il merito del successo della FIAT.
Non è che il suo racconto non sia stato efficace. Anzi, è sembrato linearmente indiscutibile: la competizione ci costringe a cambiare il nostro modo di lavorare e anche il nostro modo di essere complessivo. Se non accettiamo questa sfida di cambiamento non possiamo più fare i metalmeccanici. Poi, aggiunge, rivolto alla sua gente: datemi una mano in questo cambiamento, così da diventare competitivi almeno come i nostri concorrenti europei e io mi impegno a portare i salari al livello degli Operatori dei nostri stessi concorrenti.
A questo punto, anche Fazio ha alzato bandiera bianca: ok ha ragione lui. In realtà, le domande di Fazio sono state sempre benevole, quasi soggiogato dal fascino dell’uomo che ha osato ed ha vinto.

Io non credo abbia completamente ragione Marchionne. Ha ragione anche lui. Così come hanno ragione i cosiddetti estremisti. Ed anche tutti coloro che altalenano tra questo due poli. Ma come è possibile? Dicono tutti cose diverse, opposte …

mercoledì 20 ottobre 2010

Un Expo della conoscenza come stimolo e contesto all’Expo 2015

Lettera aperta a tutte le persone, le forze politico-sociali e le istituzioni che hanno a cuore l’Expo 2015.

L a storia dell’Expo è arrivata ad un giro di boa fondamentale. Non solo perché si è risolto il problema delle infrastrutture e perché è arrivata l’approvazione del BIE, ma, credo, soprattutto, perché è iniziata una nuova stagione di responsabilità sociale complessiva: la responsabilità di collaborare a riempire di contenuti le strutture.
Si tratta di una stagione nelle quale finalmente possiamo compiere il passo decisivo che attendiamo da decenni: il passaggio dalla protesta alla proposta. Ed a proposte di ampio respiro, capaci di costruire un nuovo sviluppo etico ed estetico e non strumentali a qualche interesse ed a qualche ideologia.

L’obiettivo di questa lettera è quello di iniziare a interpretare questa responsabilità con una proposta concreta “di sistema”.

lunedì 18 ottobre 2010

Ma perché non governano i tecnici?


Olivier Blanchard, il Direttore della Ricerca del Fondo Monetario Internazionale, un supertecnico, oggi (18 ottobre 2010) su Affari e Finanza: Quattro ricette per riequilibrare l’economia.
A lui queste ricette sembrano evidenti ed efficaci, ma, se lo sono, perché non vengono messe in atto subito? C’è forse qualche incosciente che ha interesse a perpetuare la crisi? Se sono efficaci, perché non si fanno governare i tecnici che, loro sì, sanno come vanno le cose?
La mia riposta è duplice. Per ragioni di contenuto e di processo.

Per ragioni di contenuto: le ricette dei tecnici sono sbagliate. Come lo è quella del supertecnico Blanchard.



martedì 12 ottobre 2010

I Nobel per l'economia ... una prima impressione


Ho letto l’articolo di Krugman sul Sole di oggi 12 ottobre 2010 e, poi, ho dato una furtiva occhiata ai lavori dei tre premiati. Si, anche alle equazioni. Mi sembra doveroso farlo …
Occhiata furtiva, ma alcune osservazioni mi sembra di poterle fare. Se qualcuno, che ha dato una occhiata meno furtiva, riesce ad approfondire le mie ipotesi  (anche smentendole, se del caso), gliene sarò gratissimo. Ma sarò, ovviamente, grato anche a chiunque altro fornisca qualsiasi contributo.
La mia impressione è che tutta questa classe di modelli ruoti intorno a due parole “Optimization” e “Equilibrium”. Se questa impressione è vera, allora si tratta di modelli completamente inutili. E, se osannati, fuorvianti.
Noi non dobbiamo cercare né equilibri, né ottimizzazioni nella presente economia. Noi dobbiamo costruire una nuova economia in una nuova società. In questa nuova società ci dovrà essere non piena occupazione, ma piena vita. Tutti saranno indispensabili nel costruire questa nuova società… Il lettore non mi consideri romantico. Ma solo realista: non funziona più una società fondata su di una visione primitiva del mondo dove si spezzano gli ambiti di vita: l’economico e il resto. Occorre ripensare al senso del fare impresa, al senso della moneta, a tutti i valori che cerchiamo di perseguire e non riusciamo a farlo …
Sì, mi rendo conto, il discorso è troppo complesso per riassumerlo in poche battute. Ma il lettore può scaricarsi il mio volumetto: “Un Expo della conoscenza per costruire una nuova società”. Qualche idea meno provvisoria su questi temi la trova.

domenica 10 ottobre 2010

Scartabellando libri ed arrabbiandosi …

Si dice il peccato, ma non il peccatore. Titolo del libro “SOS economia ovvero la crisi spiegata ai comuni mortali”.
Il peccato: è una truffa! L’autore subdolamente dichiara che della crisi si conosce tutto. Poi fa intendere che se ne conoscono anche i rimedi, ma ci sono i governanti del mondo ottusi o banditi che non vogliono metterli in atto. Se poi il titolo non fosse da prendere sul serio (è un banale escamotage di marketing), allora le cose
starebbero anche peggio: veniamo giudicati, noi che lo acquistiamo, ingenui fresconi. Lascio stare questa interpretazione, che mi farebbe arrabbiare ancora di più e provo a descrivere l’arrabbiatura "normale” che mi suscita questo titolo preso sul serio.
Il titolo è una truffa perché la scienza economica attuale non è in grandi di individuare le cause della crisi. E, tanto meno, è in grado di trovarne soluzioni. Lo status epistemologico e algoritmico della economia è veramente banale e supponente. Tutto qui! E’ gravissimo perché, invece di esortare ad un grande sforzo di ricerca per rifondare la scienza economica, spinge a gridare l’eterno “Piove Governo ladro” che è la summa di tutti gli atteggiamenti di sciocco individualismo che impedisce ogni sforzo di sviluppo.

martedì 5 ottobre 2010

Un vera agenda … ma da presentare a chi?

Articolo di fondo de Il Sole 24 Ore di oggi (5 ottobre 2010), a firma Alberto Orioli. Titolo: "La vera agenda che serve al paese". Con una sintesi sopra il titolo: “Competitività”.
Leggiamo l’agenda che l’Autore riferisce essere quella formulata dalle associazioni imprenditoriali riunite ieri all’ABI: misure per sbloccare le infrastrutture, prorogare gli ammortizzatori sociali, detassare ulteriormente lo straordinario, dare più certezze previdenziali ai lavoratori in mobilità.
L’autore supporta questa agenda e dichiara anche che essa serve a risolvere il problema dei cassaintegrati, valorizzare le migliori risorse imprenditoriali, gli sforzi delle associazioni imprenditoriali …
E come si fa a non commentare?

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.