lunedì 7 dicembre 2009

Dove vanno le energie?


Caro Aleph V,
non riesco a capacitarmi di quanto vedo accadere in Italia, e mi rivolgo a te, per dialogare...come è che la culla del Rinascimento, terra di passaggio di popoli ed idee, di grandi innovatori, artisti e progettisti, che spesso si vanta di detenere una quota rilevantissima del patrimonio culturale mondiale, mostri questa decadenza?
Ho saputo che sabato scorso migliaia di persone si sono spostate per raggiungere Roma, si dice, auto organizzate, e colorate di viola. Obiettivo chiaro, le dimissioni del presidente del consiglio. Lo sai, di queste cose non mi curo in genere, e quindi non è il commento dell'attualità (loro) che mi interessa...quanto la profondità di quanto avviene.
Non che il Paese sia in forma...ma allarghiamo lo sguardo e puliamo la mente, e chiediamoci...perché tutte queste energie non vengono messe nel progettare soluzioni più che nel prendersela contro Uno? Pur potente, potentissimo...potrà davvero essere lui la causa di tutti i mali, e potrebbe, ammesso che sia possibile, la sua rimozione da quella carica portare al massimo bene?
Non so...migliaia di persone, intelligenze, risorse, conoscenze, sottoimpiegate, arrabbiate...se non manipolate oppure strumentalizzate. Io non lo so, l'attualità non mi interessa... ma, di certo, tutto questo non ha avuto nessun effetto, non han prodotto nessun cambiamento significativo in nulla – e lo sapevano-
… forse una cosa dovremmo dirla e forse anche farla..
Incentivare la costruzione di soluzioni e di proposte innovative che tolgano il paese ed il sistema mondiale fuori dai pasticci.. .in questi giorni, un grande vertice sull'ambiente si tiene a Copenaghen... appunto... l'uomo e la natura sono in grande conflitto, ma l'uno non può fare a meno dell'altra (forse la natura può invece fare a meno dell'uomo), e, poi, la più grande crisi economica mondiale... e son convinti davvero che sia solo un problema finanziario e di regole? Che bastino incentivi e regole nuove...? Oppure un repulisti della corrotta (si dice sempre così) classe dirigente finanziaria e politica...?
Non so..forse è bene che si capiscano che le dimensioni di analisi devono essere più profonde...cosa l'economia deve produrre, per chi e come? Cosa e come distribuire i beni e la ricchezza? Come governare un mondo intero abitato da miliardi di persone molto diverse tra loro per cultura, storia, risorse e desideri? Quale senso alla vita delle persone..? Forse queste sono domande a cui val l pena rispondere e su cui investire tempo ed energie...perché vedo quel paese oscillare tra il viola ed il grigio? Non so...perché anche chi non protestava queste domande non se le pone..e di certo non ha le risposte....ma non capiscono che al di là della riduzione dei costi (ovvero spesso dei licenziamenti) il sistema economico nazionale...e poi europeo e poi mondiale...non ha una direzione sensata? Ed, infine, non si accorgono che tutto questo è nelle loro mani e, prima ancora, nelle loro menti?
Occorre che si faccia qualcosa di profondo e positivo, per rivitalizzare le persone, la società... loro stessi sapranno poi trovare la migliore via di uscita.
un abbraccio e spero di incontrarti presto.
Un saluto da lontano,
Aleph III

martedì 1 dicembre 2009

Cambiare davvero:ci vuole un fisico... bestiale



Ieri, sulla Repubblica, è apparso una lettera aperta di Celli, attuale direttore generale della Luiss, a suo figlio appena laureato, o meglio a tutti i "figli", invitandolo, dopo aver passato in rassegna lo stato di estremo degrado del nostro paese, a lasciare l'Italia per trovar fortuna altrove.
Il giorno prima, sul Messaggero, Romano Prodi affrontava, in modo meno esplicito ma altrettanto drammatico, il tema della sfiducia nel futuro dell'Italia, a partire dalla rassegnazione per un destino diverso del Sud Italia e dello stato dell'Università.

I commenti su Celli, di vario tono, sono stati numerosissimi (quasi 2000 ad oggi), ma credo che anche Prodi abbia generato un discreto dibattito, anche se non tracciato in rete.
Lasciatemi commentare due aspetti che accomunano, secondo me non a caso, queste prestigiose analisi: l'università e il futuro del paese.

L'università era un punto di snodo, una "transizione di fase", come mi ricorda un caro amico (che non cito, non perchè non meriti, ma per non turbare il suo desiderio di discrezione). Tale snodo ha perso di significato, almeno per la nostra società. Ieri, rappresentava un ingresso ad una mondo in evoluzione, oggi, più nulla: forse, un passaporto per l'ingresso in un altro paese, dove la nostra conoscenza ha ancora un valore. E', ahinoi, una spietata e lucida analisi.
Poi, c'è la rassegnazione, totale, da parte di Celli, preoccupata, da parte di Prodi, ma entrambi tradiscono poca fiducia nel futuro.
Nella storia dell'umanità, le giovani generazioni sono sempre state una "assicurazione per il futuro", ribellandosi, facendo errori, ma mai piegandosi acriticamente alle volontà dei padri.

Oggi, come ieri, le istituzioni (in primis i giornali) sono in mano ai vecchi, quelli che, per definizione, non possono e non vogliono cambiare, laddove giovani generazioni combattono in silenzio la loro battaglia quotidiana, per la sopravvivenza contro il precariato, contro le mafie (conoscete il movimento Ammazzatecitutti ?) per costruire e dare, a noi tutti, un futuro migliore, si spera, e in ogni caso diverso. Pochi gli spazi dati a questi giovani, poco anche il credito e gli incitamenti (due articoli in due giorni da far piangere. Per fortuna i giornali sono poco letti... e ci credo!), ma cambiare si può e si deve e sta già accadendo. Non è esercizio per vecchietti debilitati da un forte superego, incartapecoriti in una granitica identità della quale non si spoglieranno mai, ma che è il principale ostacolo ad accettare un reale e profondo cambiamento.
Per cambiare in maniera davvero feconda, senza incappare negli errori dei padri (guerre, rivoluzioni, eccetera), bisogna accumulare conoscenza, l'unica eredità delle passate generazioni che davvero valga la pena salvaguardare.
Nelle aziende, nelle istituzioni, in politica, chi davvero ha voglia di imparare per cambiare? Chi ha l'umiltà, come i giovani universitari, di presentarsi davanti al sapere accumulato dall'umanità, per comprendere una modalità davvero nuova di cambiamento, senza perpetuare ancora una volta la propria identità?

Dunque, il futuro non è oggi, ma va costruito da chi nel futuro ci sarà, e chi non ci sarà, ma vuol dare un contributo, accumulando conoscenze, come fanno i giovani, rendendole disponibili in forma intellegibile ad altri (ruolo principe dell'Università, ma non solo) oppure "aprendosi" ai cambiamenti profondi (che è equivalente a dire "rinunciare", in tutto o in parte, alla propria identità).
Siamo disponibili a questo processo? Celli e Prodi danno per scontato di no, e, forse, hanno ragione per le loro generazioni che, probabilmente, non hanno più il fisico per mettersi in discussione.
Rimangono i giovani, ma solo quelli col fisico bestiale e, secondo me, per fortuna ce ne sono ancora tanti.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.