martedì 29 aprile 2014

Banane e dissonanze cognitive

di
Francesco Zanotti



Un fatto e la morale.
Tutti conoscono il fatto. Dani Alves ha mangiato la banana che gli era stata lanciata come gesto di disprezzo. Così facendo ha semplicemente cancellato il significato razzista del gesto. Ed ha eliminato quel comportamento. Nessuno considererà più il lancio della banana come atto di disprezzo.
La morale. Il gesto di Dani Alves è l’applicazione originale di una teoria che si chiama “dissonanza cognitiva” elaborata da Leon Festinger già negli anni ’50. Non credo che Dani Alves la conoscesse. Ne ha intuito il senso.
Forse anche qualche manager o qualche politico ne intuisce il senso e lo usa. Ma non sarebbe meglio che tutti i manager e i politici conoscessero questa teoria? Così da usarla più compiutamente e più efficacemente?
La nostra battaglia fondamentale è per il riconoscimento del ruolo della conoscenza. La dissonanza cognitiva non è ovviamente tutto il mondo. Vi è un patrimonio intero di nuove conoscenze che potrebbero essere utilissime. Perché non usarle? Eticamente: come si giustifica il diritto a non usare la conoscenza esistente? Di più: come si giustifica il rifiuto a investire nella conoscenza?

domenica 27 aprile 2014

Francesco e Joseph; Matteo e Enrico

di
Francesco Zanotti


La concelebrazione di due Papi (il Regnante e l’Emerito), la pubblicazione una Enciclica comune (Lumen fidei).
Il passaggio del campanello del comando più veloce della storia e a mai più risentirsi.
Dove sta la differenza (sociologicamente ed antropologicamente)?
Sta nel progetto.
Nel primo caso vi è un progetto per la Storia (una storia di salvezza per l’Uomo). E, come tale, costruisce al suo interno spazi fecondi e continui per una innovazione che spinge tutti verso il futuro.

Nel secondo caso vi sono progetti individuali e banali che, inevitabilmente, si prendono a pugni.

sabato 26 aprile 2014

Le baruffe “montecitoriotte” non costruiscono sviluppo

di
Francesco Zanotti


Impegnarsi nelle riforme è inutile, fuorviante e paradossale.
E’ inutile perché il problema di fondo sta nel fatto che le nostre imprese non producono più cassa. E non lo fanno perché gli oggetti che producono o i servizi che erogano sono sempre meno interessanti. Se cambiate il contesto in cui si produce o si eroga non risolvete in alcun modo il problema della noia dei clienti delle imprese.
E’ fuorviante perché illude: facciamo le riforme e finirà la crisi. Impedisce di vedere che è urgente riprogettare un sistema economico.
E’ paradossale perchè non si dice quali riforme siano da fare. Anzi non si è d’accordo su quali e come farle. Ed allora si rimane al genericissimo impegno che qualcosa bisogna fare nell'area delle riforme.

Pensate che grazie le baruffe “montecitoriotte” di deputati e senatori per cavilli e cavillotti torneremo a costruire uno sviluppo etico ed estetico?

venerdì 25 aprile 2014

Liberiamoci dalla conservazione

di
Francesco Zanotti


Banale: una persona compra quello che le interessa. Fa fatica a comprare quello che le interessa meno. Non compra per nulla quello che non le interessa, punto.
Allora, è giusto che battiamo moneta perché ci siano i soldi per comprare. Ma, contemporaneamente, dobbiamo fare in modo che si vendano “cose” interessanti.
Il problema di oggi è che i prodotti e i servizi attuali interessano sempre meno. E occorre tenere conto che la struttura dei prodotti, i sistemi di produzione e trasporto sono conflittuali con la Natura.

Allora battiamo pure moneta, costringiamo le banche a fare arrivare i soldi a famiglie e imprese, ma, anche, riprogettiamo il sistema di prodotti e servizi e i modi di produrre, erogare e distribuire. Altrimenti questi soldi non entreranno nel circolo economico, ma alimenteranno bolle.

lunedì 21 aprile 2014

Occupazione delle istituzioni, unica strada percorribile da questa politica

di
Luciano Martinoli



Si affollano, ed aumenteranno man mano che ci si avvicineranno le elezioni, i proclami e le dichiarazioni dei vari schieramenti politici. Quale è il loro scopo? Attirare le intenzioni di voto verso il proprio schieramento ovviamente.
Come? Dichiarando di avere “capacità” o “ricette” idonee ad affrontare e superare l’attuale congiuntura sfavorevole. Nulla di male dunque se fosse possibile avere “capacità o ricette” che possano funzionare. Supponiamo per un momento che sia vero, ipotesi della cui falsità abbiamo già dato ampie dimostrazioni, e continueremo farlo, su questo blog. 

martedì 15 aprile 2014

Le nuove nomine: un nuovo criterio di giudizio

di
Francesco Zanotti


Ma Renzi ha fatto o no una rivoluzione positiva nelle nomine dei vertici delle Società controllate dalla Stato?
Io non ho una riposta. Ho un solo una “unità di misura” per rispondere a questa domanda, un “oggetto da misurare” ed un “processo di misura”.

L’unità di misura: le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa. Quanto i nuovi vertici sanno delle conoscenze e delle metodologie di strategia d’impresa?

L’oggetto da misurare: il Business Plan. Cioè il progetto di futuro delle imprese. Quanto queste conoscenze e metodologie vengono usate nella redazione del Business Plan? E’ chiaro che se vengono utilizzate conoscenze e metodologie povere, si avranno Business Plan poveri.

Il processo di misura: l’assegnazione del Rating del Business Plan. Se il Rating è basso, allora significa che sono state usate conoscenze e metodologie di strategie d’impresa povere ed il Business Plan risultante è povero.

Noi abbiamo assegnato un Rating ai Business Plan delle società controllate dallo Stato che sono quotate. I Rating, assegnati nel 2013, non sono esaltanti. Quelli che stiamo assegnando quest’anno, pure. Vedremo se l’arrivo dei nuovi vertici cambierà radicalmente la qualità del Progetto di Futuro (il Business Plan) di queste imprese.

Conclusione: Renzi avrà fatto una rivoluzione positiva se cambierà radicalmente la qualità dei Progetti di Futuro delle imprese controllate dallo Stato.

Diamo sei mesi di tempo ai nuovi vertici per generare nuovi progetti di futuro?

domenica 13 aprile 2014

Expo: arrivano i contenuti, ma … Lettera aperta a Fiorenzo Galli, Direttore del Museo della Scienza e delle Tecnica

di
Francesco Zanotti


Egregio Direttore,
oggi finalmente nell’inserto culturale del Corriere cominciamo ad intravvedere i contenuti, dopo i muri, dell’Expo. Ma …
Ma il discorso rimane culturalmente “tradizionale”.
Innanzitutto, il tema viene affrontato ancora in modalità specialistiche: ogni esperto parla della propria “area” di interesse, fa in quest’area la propria proposta. Ma manca il disegno complessivo di come dovrà essere la società capace di provocare e dare senso alle proposte che, pure, stanno emergendo.
Secondariamente, al fondo esiste sempre una visione “riduzionistica” del mondo. E’ proprio questa egemonia filosofica che impedisce l’emergere di un disegno, generato socialmente, di futuro.
Mi dirà: discorso troppo sintetico!
Ecco, in questo blog troverà mille approfondimenti. Li abbiamo raccolti in un volumetto che mi permetto di allegarle e rendere disponibile ai lettori di questo blog.
Con cordialità
Francesco Zanotti
Presidente APEC


mercoledì 9 aprile 2014

Una “strategia” per il prossimo Governo

di
Francesco Zanotti


E’ ovvio che l’attuale governo non potrà risollevare l’economia. Perché nessuna economia può essere rilanciata dalla politica della coperta corta: taglio qua per dare là. La somma finale rischia che sia sempre zero. Cioè conservazione.
Cosa fare? Il ragionamento è semplice: le imprese devono ricominciare a produrre cassa. Se cominciano a riprodurre cassa si possono aumentare gli stipendi, aumenta il gettito fiscale diminuendo le tariffe etc.
Il Governo dovrebbe mettere in atto una politica che ha l’esplicito obiettivo di far aumentare di molto e velocemente la capacità di produrre cassa delle nostre imprese.
Ora non si può ottenere questo risultato aiutando le imprese a vincere una competizione di prezzo. Lo si può fare solo se le imprese riprogettano radicalmente i loro sistemi d’offerta. Cioè le cose che vendono.
Mi si obietterà: ma non abbiamo soldi per investire in tecnologie … Rispondo: non è lì che occorre investire. Occorre fornire alle classi dirigenti nuove risorse cognitive per vedere i prodromi di un nuovo mondo e riuscire, così, a rivoluzionare i loro sistemi di offerta.

Dalla politica della coperta corta alla politica delle risorse cognitive. Che non ha nulla a che vedere con la politica della conoscenza di cui si parla oggi e che non è nulla più che una valorizzazione del nostro passato che, pure, occorrerebbe fare.

domenica 6 aprile 2014

La noia è all’origine della crisi

di
Francesco Zanotti


Davvero il problema è banale: la noia. Ci siamo stufati. Non ci emoziona più e neanche ci interessa più tanto il sistema di prodotti e servizi, di modalità di produzione e di erogazione attuali.
Ecco, ci servono perché non c’è altro. Se, così è, allora potrete darci tutti gli stimoli che volete, ma più di tanto non compreremo.
Controprova? Appena arriva un prodotto nuovo facciamo la fila per comprarlo anche se non ci sono incentivi al “consumo”. Che, poi, consumo non è! La maggior parte dei prodotti li si usa, mica li si consuma. Non sono mortadella, come ho già scritto.
E chi produce un prodotto realmente nuovo (che emoziona e interessa tantissimo) fa tanta cassa senza bisogno delle banche.
Se, poi, parliamo dei sistemi di produzione e di erogazione, siamo all'insopportabilità da eccessiva ignoranza di cosa sia l’uomo, di come possa usare tutte le sue energie migliori.
Coraggio: occorre immaginare nuovi prodotti e servizi, nuove modalità di produzione e di erogazione. Ogni mattina ci deve tornare a brillare la luce negli occhi per quello che andremo a fare o erogare, per come lo faremo e per come ci relazioneremo con i nostri utenti.

Meno di questo non ci farà uscire dalla crisi.

mercoledì 2 aprile 2014

Che "occhiali" hanno le nostre classi dirigenti?

di
Luciano Martinoli


Oggi Renzi, impressionato dall'ennesimo bollettino di guerra dei dati sulla disoccupazione, annuncia che sul lavoro serve più flessibilità. Ma le aziende hanno tantissimo lavoro da sbrigare, e di bassa qualità, ma a singhiozzo e questa intermittenza non consente loro di prendersi l'onere di una lavoratore a tempo indeterminato?
Qualche giorno fa il governatore della Banca d'Italia Visco ha esortato ad una maggiore produttività. Ma le aziende fanno fatica a smaltire il lavoro in maniera conveniente?
Risponde Squinzi ricordando che tante (quante?) aziende innovano, investono sul capitale umano (ma allora perchè l'occupazione scende?) e però si attendono provvedimenti che "dovrebbero imprimere una spinta forte al sistema produttivo". E dunque, come a volte accadeva nel gioco dell'oca, si ritorna alla casella iniziale.

Non voglio banalizzare nè tantomeno essere irrispettoso nei confronti dei personaggi citati, ma qualsiasi osservatore, in questo caso io, rileva l'incapacità di questi signori a risolvere una delle tante questioni che oggi ci affliggono occupandosi esclusivamente di una di esse. E' come se ognuno guardasse una parte, quella per la quale ne trae maggior "convenienza" derivante dal ruolo, agendo, o chiedendo di agire, su di essa e sperando che qualcosa alla fine poi accada.
Non penso sia semplicemente malafede o calcolo di possibili benefici, ritengo invece sia proprio questione di... "occhiali".
Se quelli di cui dispongono gli consentono di assumere queste posizioni è evidente che sono insufficienti e, di conseguenza, andrebbero cambiati. 
Purtroppo non risulta ci sia da parte loro, così come da parte di altri esponenti della classe dirigente del nostro paese (ma anche di altri paesi) la ricerca di nuove risorse cognitive (così si chiamano questi occhiali) che consentano di guardare in maniera diversa e più proficua la realtà che ci circonda.

Dunque non possiamo continuare il gioco dell'oca all'infinito. Il rischio è che prima o poi qualcosa nel mondo reale ci ricorderà che non era ora di giocare... ma sarà troppo tardi per rimediare? 

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.