venerdì 29 giugno 2012

Calcio, competizione ed arte

di
Francesco Zanotti


Provate a immaginare se non è meglio pensarla così …
Ieri sera non abbiamo vinto contro la Germania, abbiamo creato una piccola opera d’arte.
La soluzione di una crisi non potrà mai essere essere frutto della vittoria contro qualcuno. Ma solo figlia della voglia di creare opere d’arte.
Imprese opera d’arte, frutto di passione per il futuro.
Istituzioni opere d’arte, figlie della voglia non di potere, ma del desiderio di solidarietà profonda …

mercoledì 27 giugno 2012

Alta “intensità cognitiva” … non di cemento!


di
Francesco Zanotti
Presidente Associazione per l’Expo della Conoscenza

Io credo proprio che il successo dell’Expo 2015 sarà proporzionale alla sua “intensità cognitiva” e non a quanto cemento sparge per l’Interland milanese. Ed oggi a intensità cognitiva stiamo a zero. Infatti, se provate ad attivare Google Alert con la parola chiave “Expo 2015” vi troverete segnalate mille notizie, dibattiti, eventi sostanzialmente sul cemento e non certo sul tema dell’Expo.

Successo… Intendo un successo, prima di tutto, sostanziale. L’Expo avrà un successo sostanziale se, grazie ad esso, si intraprenderà una nuova strada per nutrire il pianeta perché quelle fino ad oggi esperite non hanno portato a un grande successo. E, poi, anche un successo economico duraturo che non potrà che essere direttamente proporzionale al tasso di profezia che l’Italia, attraverso l’Expo, avrà diffuso nel mondo.

Allora lasciamo il cemento ai mandarini del cemento. Dimentichiamocene. Tanto sono così inconcludenti che riusciranno a spargere pochissimo cemento. E, forse a qualcosa servirà.

Noi occupiamoci della sostanza (della conoscenza) se vogliamo che l’Expo sia un successo mondiale e avvii un nuovo cammino senza soluzione di continuità di sviluppo per l’umanità.

Prepariamo un Libro Bianco progettuale. Un Libro Bianco Progettuale che proponga una grande domanda: secondo voi, cittadini del mondo, che tipo di sviluppo scientifico, tecnologico, economico, finanziario, sociale, politico, istituzionale è necessario per arrivare a nutrire (biologicamente, ma non solo … ) il Pianeta? Che tipo di nuova visione del mondo è necessaria per riuscire ad immaginare questo nuovo e necessario sviluppo? Un Libro Bianco Progettuale che contenga, poi, tutte le conoscenze che sono necessarie ai cittadini del mondo per dare un contributo alla risposta a questa domanda.
Per produrre questo Libro Bianco organizziamo subito un grande Evento dove i profeti del nostro mondo nei diversi ambiti di conoscenza presentino il loro pezzo di conoscenza.
Invitiamo tutti i cittadini del mondo a questo Evento. Poi mandiamo a tutti coloro che non sono venuti questo Libro Bianco con un invito: vediamoci a Milano a parlarne. E dove ci si vede non è importante. Ci si può vedere nelle piazze, nelle case, nei luoghi di ritrovo che già ci sono.
Vediamoci anche in rete, costruendo un social network a banda cognitiva larga. Capace di supportare un processo di creazione sociale di conoscenza intenso.

Insomma, mobilitiamo i cittadini del mondo in un grande sforzo progettuale. E, poi, i Governi seguiranno. E li faremo assistere al racconto di quello che non sono neanche stati capaci di desiderare, impegnati a “leticare” su quali e quanti muri costruire per soffocare la città di Leonardo e non certo per nutrire il pianeta.

sabato 23 giugno 2012

Turing, chi era costui?

Il 23 Giugno del 1912 nasceva in Inghilterra Alan Turing, grande matematico, figura geniale e multiforme della cultura moderna. 
Il suo pensiero non è stato soltanto fondamentale per la nascita dei computer, come si affanna a ripetere da qualche giorno certa stampa superficiale (e anche ignorante?) ma è anche paradigmatica del blocco cognitivo a cui sembriamo soggiacere tutti, ipnotizzati dalla concezione riduzionistica della realtà alla quale Turing diede un impulso sì notevole, ma anche definitivo, fissandone i limiti.
Turing visse in quel periodo di grandissimo fermento culturale tra le due guerre mondiali del secolo scorso. La teoria della computabilità, a cui diede mirabilmente corpo con  la sua "Macchina di Turing", metaforico ed affascinante modello teorico di "Macchina Universale", trovò finalmente forma compiuta, raccogliendo sotto un unico "ombrello concettuale", che avrebbe mostrato tutta la sua potenza con la diffusione dei computer, il pensiero scientifico da Galilei in poi. 
Riduzionismo, determinismo, linearità, oggettività, verificabilità, e tanto altro ancora, trovarono finalmente posto in un unico, elegante e funzionale schema, accelerando la capacità di "efficacia" di tale approccio in moltissimi ambiti.
Ciò che però viene dimenticato è che fu Turing stesso, coerentemente al pensiero nascente in quell'epoca (in matematica, con i Teoremi di Godel, in fisica, con la meccanica quantistica, e successivamente in biologia, scienze della mente, e tutte le altre discipline scientifiche) a stabilire in maniera rigorosa le precise limitazioni dei sistemi formali, di cui la Macchina di Turing costituisce ancora oggi il modello più alto, generale e omnicomprensivo di qualsiasi altra definizione di essi.

"Se ci si aspetta che una macchina sia infallibile non può essere anche intelligente" affermò una volta, ma sembra che l'abbiamo dimenticato e cerchiamo di costruire sistemi formali (organizzazioni, leggi, regolamenti, economie, assetti istituzionali, ecc.) infallibili che, alla lunga, di fronte ai fatti reali, si dimostrano stupidi.
La punta dell'iceberg del pensiero di Turing è sicuramente l'elegante formalismo della sua macchina, la parte sommersa è quella che ci ha indicato, dopo 400 anni dall'innovazione di pensiero fornita da Galilei, l'enorme territorio della "Incomputabilità", il territorio dove le macchine, e i "macchinismi", sono inutili e patetici, costringendoci a ricercare nuove strategie cognitive. Per ottenere quell'efficacia che troppo spesso, e sempre più frequentemente in tanti ambiti, non realizziamo più pensando in termini di "macchina", sono sicuro che anche Turing, se fosse ancora vivo, sponsorizzerebbe un Expo della Conoscenza. Per esplorare quel territorio nuovo che il suo pensiero delimitava; per attraversare, abbandonandolo, il "cancello" che consente l'ingresso al territorio misconosciuto della "incomputabilità".

Luciano Martinoli
l.martinoli@cse-crescendo.com

venerdì 22 giugno 2012

Pomigliano: diritti o opportunità?

di
Francesco Zanotti


Se non usciamo dalla logica del conflitto, non solo sprechiamo opportunità, ma anche non riusciremo a garantire i diritti …
Sto evidentemente parlando del caso Pomigliano.
La mia tesi è un po’ particolare, ma potrebbe essere risolutiva del conflitto e capace di avviare sviluppo. Ma sembra che tutti siano più interessati a vivere il confitto e nutrirsi della speranza infantile di vincerlo.

Partiamo dalla competizione nel settore auto. La FIAT deve confrontarsi con i suoi concorrenti sulla produttività. Supponiamo che sia così. Per competere sta immaginando che la produttività sia raggiungibile solo imitando Toyota e il suo “World Class Manufacturing”. Detto più brutalmente: usando la via primitiva della “spremitura”. Non dei limoni, ma delle persone.
Ora è possibile immaginare un sistema di produzione completamente diverso, molto più efficiente ed efficace del mondo Toyota, cercando di capire di cosa “è fatta” esattamente una organizzazione. Un'organizzazione è fatta di una parte formale e di una parte informale. Ora, il metodo Toyota ragiona sostanzialmente solo sull'organizzazione formale. Quando parla di quella informale (considerandone solo la dimensione individuale e non quella collettiva) lo fa con la stessa modalità con la quale parla della organizzazione  formale.
Cercando di capire come “funziona” l’organizzazione informale e come la si può gestire, si potrebbe costruire una organizzazione molto più efficiente ed efficace di quella di Toyota. Se si ragiona sulla organizzazione informale si capisce come il vero guaio siano i rapporti conflittuali. Essi vanno abbandonati e
sostituiti con un coinvolgimento progettuale dei lavoratori. E non perché così si sembra più buoni, ma perché si usa una cultura organizzativa molto più avanzata di quella utilizzata dal concorrente più temibile.
In sintesi, occorre chiedere alla FIAT di aggiornare la sua cultura organizzativa perché, se non lo fa, non solo costringe i lavoratori ad essere conflittuali, ma non riesce neanche a fare l’interesse degli azionisti. E il sindacato dovrebbe chiedere a gran voce che la FIAT cambi la sua organizzazione. Dovrebbero cercare una alleanza con gli azionisti con i quali esiste solo concordanza di interessi.

Ma poi …

mercoledì 20 giugno 2012

Proprio non capiscono …

di
Francesco Zanotti

E’ colpa di Lehman… dice Monti. No, è colpa della Grecia, risponde Obama. E via contrapponendosi …
Incredibile! Oramai è evidente a tutti che non siamo di fronte ad una crisi finanziaria: ma alla crisi del nostro modello sociale complessivo. La crisi finanziaria ne è solo una manifestazione.
Se i nostri Governanti non l’hanno capito, ma giocano a contrapporsi scaricandosi le colpe gli uni sugli altri come due scolaretti poco educati, siamo veramente nei guai.
Le misure che stanno immaginando sono, nella migliore delle ipotesi, sintomatiche. E la loro capacità di lenire i sintomi calante.
Nella peggiore delle ipotesi (forse la più realistica) sono controproducenti.
La vera soluzione sta nell’avviare un processo di riprogettazione della nostra società. Per far questo occorre fornire alle classi dirigenti nuovi modi di pensare e di guardare al mondo.
Ovviamente né Monti, né tanto meno Obama faranno mai nulla di simile. Monti deve difendere la sua competenza tecnica senza fondamento. Obama deve vincere le prossime elezioni.
Non ci riusciranno neanche i movimenti contestatori, fustigatori di costumi…
Tocca a tutti noi cominciare davvero a riconoscere che la risorsa fondamentale per costruire sviluppo è costituita da una nuova visione del mondo capace di farci vedere fino in fondo la crisi di una intera società e progettarne un’altra.
Conoscenza e progettualità sociale, invece di tecnici, Savanarola in erba o Presidenti che hanno come primario obiettivo la loro rielezione.

sabato 16 giugno 2012

Spirito, conoscenze e mondo futuro


di
Francesco Zanotti


La mia generazione è nata all'età adulta, appena finita la maturità, con un urlo “Siamo scesi sulla luna”. Un urlo come a dire a tutti coloro che avevano iniziato a costruire dopo la guerra: “Ce l’abbiamo fatta!” … Quasi fino ai limiti dell’impossibile!

Poi, la grande stagione di speranza e sviluppo si è bloccata. Si è bloccata in velleitarie e distruttive istanze rivoluzionarie negli anni ’70, in una euforia ingenua e superficiale degli anni ’80, nella furia giustizialista e nella difesa dei privilegi negli anni ’90, nella profonda incomprensione delle potenzialità delle reti fisiche e virtuali nei primi anni 2000. In una crisi complessiva di economia, socialità, politica ed esistenzialità ai giorni nostri.

In questi stessi anni, però, la Conoscenza ha continuato la sua rivoluzione facendo emergere con sempre maggiore evidenza una nuova visione del mondo che mi sembra si possa definire quantistica.

Questa “emergenza” è sfuggita completamente alle classi dirigenti impegnate, di volta in volta, nel rivoluzionare, nell’effimero, nel condannare, nel difendere, nel disperdersi (nelle reti).

Facciamo due + due …

La crisi è nata dalla indifferenza verso la conoscenza. Le classi dirigenti hanno ignorato completamente i progressi della conoscenza, ghettizzandoli nel mito della tecnologia. Usando una conoscenza antica hanno inevitabilmente cercato di difendere il loro piccolo mondo antico che era l’unico che riuscivano a vedere. Esso, inevitabilmente e sempre più velocemente, è diventato rugosamente vecchio.
Così quell’urlo che è scoppiato in tutte le menti ed in tutti i cuori quando Armstrong  ha posato il suo piede sulla luna, ci si è strozzato in gola.

Ma il ricordo di quell’urlo (alle 4 o alle 5 del mattino non ricordo), di quella giornata di fine luglio, si è forse strozzato in gola, ma vive ancora nel cuore …

Tutti coloro che hanno il ricordo di quell’urlo, tutti coloro che vogliono provare l’emozione di poter urlare a quel modo il futuro e la speranza … Non prendano la armi, ma la conoscenza. Con essa immagineranno un mondo nuovo, una nuova umanità che poi potranno urlare nei loro cuori verso l’Infinito …

venerdì 15 giugno 2012

Bankia, indignati e velleitarietà

di
Francesco Zanotti



Leggo sul Corriere di oggi che gli indignati spagnoli  denunciano i dirigenti di Bankia.
Lasciatemi dire una cosa 
E’ dal mitico ’68 che vediamo solo contestatori. Si susseguono le generazioni di contestatori ed una è più banale dell’altra.
Che bisogno c’è di sottolineare che il sistema bancario è nei guai? Lo sanno tutti! Lo sa anche la magistratura che non perderà certo l’occasione per occuparsi di un caso eclatante.
Quello che servirebbe sarebbe una proposta: che sistema bancario volete? Che tipo di economia dovrebbe servire il sistema bancario che avete immaginato? All’interno di quale sistema sociale dovrebbero vivere la nuova economia ed il nuovo sistema bancario?
Purtroppo le urla e le grida sono consolatorie. Le proposte difficili. Ma le prime peggiorano la situazione. Solo le proposte costruiscono futuro. Da parte nostra nei nostri blog abbiamo fatto mille proposte …

lunedì 11 giugno 2012

Non si può bistrattare così la scienza!

di
Francesco Zanotti

Me la sto prendendo con La Repubblica, in prima pagina. Trascrivo il titolo completo perché lo scandalo sta proprio nel titolo. 
Innanzitutto si fa un torto all’autore: Umberto Veronesi. Quando ho letto il titolo ho pensato: ma come può uno come Veronesi essere adagiato ad uno riduzionismo biochimico così greve? Infatti non poteva: il contenuto dell’articolo è tutto altro rispetto al titolo. Non è un articolo che mi piace perché descrive ancora una ingenua fede in una scienza legata ancora al paradigma della fisica classica. Ma non contiene nessuna delle sciocchezze contenute nel titolo. La cosa non mi sorprende perché i titoli non li fanno gli Autori, ma un titolo così dissonante dal contenuto…
A parte l’italiano un po’ troppo “popolaresco” (L’uomo che verrà più buono), occorre sottolineare che Veronesi parla di DNA, ma in termini assolutamente generali. Io, credo, come dicevo, con qualche tendenza meccanicistica di troppo: “stiamo imparando a riprodurlo”. Lasciando intendere che, imparando a riprodurlo, si possono ottenere tutte le prestazioni, come se le prestazioni del DNA fossero “assolute”, come quelle di una macchina e non contestuali. Ma le sue sono opinioni scientificamente ancora presenti nel dibattito sul senso della scienza, e, quindi, serie, anche se io non le condivido. Ma da qui a dire che si riuscirà a costruire un uomo più buono, ce ne passa. E Veronesi questo proprio non lo dice. Anzi, giustamente, dichiara che oggi “siamo per lo più spiazzati eticamente giuridicamente”.
E’ vero che parla delle nanotecnologie, ma lo fa riportando le idee di Negroponte che esalta le nanotecnologie non per il loro utilizzo (certamente possibile) per modificazioni del DNA, ma per altri usi meno drammatici.
Conclusione: a due livelli.
Prima: davvero i giornali hanno bisogno di mistificare e “scopiazzare” la scienza per vendersi?
Seconda: davvero è il momento di chiederci quale scienza (quindi, quale ricerca, quale tecnologia) per il prossimo futuro. Io credo che la domanda sia ancora più radicale: quale scienza vogliamo “costruire” per l’umanità di domani?

sabato 9 giugno 2012

Santa Margherita 2012 … Si può dire di più …

di
Francesco Zanotti

I giornali riportano due auspici nati dentro, intorno, all’Assemblea dei Giovani di Confindustria: la necessità di un Progetto di Futuro per il nostro Sistema Paese e la necessità di una rivoluzione culturale.

Auspici alti e nobili. Ma vorrei provare ad aggiungere una qualche sostanza di più.

Un Progetto di Futuro (che faccia, immagino, da habitat per lo sviluppo di un nuovo sistema industriale) non può essere solo fatto di Riforme Istituzionali.
Dovrebbe contenere, innanzitutto, la visione specifica, italiana (dal punto di vista delle specificità del nostro Popolo e della sua Storia), della situazione del nostro Pianeta e della società umana che lo abita, nelle sue dimensioni tecnologica, economica, sociale, politica, istituzionale e culturale.
Dovrebbe, poi, contenere la specifica mission che l’Italia si vuol dare per costruire il futuro del Pianeta e della comunità umana. Questa mission dovrebbe essere specificata nelle dimensioni economica (quale industria, quali sistemi distributivi e di trasporto distribuzione, quale finanza, quali servizi etc.), sociale (quale sistema di welfare, ad esempio), politico (quale ruolo vuole avere l’Italia nel processo di “emergenza” di un nuovo necessario ordine mondiale), istituzionale (come deve essere un sistema di istituzioni per concretizzare questo nuovo ordine mondiale), culturale (a quale visione del mondo ci ispiriamo, quale contributo vogliamo dare alla costruzione di una nuova visione del mondo). E, poi, dovrebbe contenere tutte le cose da fare per realizzare la mission individuata all’interno della visione della società umana e della Natura.

Un rivoluzione culturale non può essere solo la comprensione dei trend di sviluppo delle attuali tecnologie all’interno dell’attuale visione della scienza. Ma può essere solo (come declinazione del Progetto di Futuro sopra citato) la costruzione di una nuova visione della conoscenza, della scienza, della tecnologia e della ricerca. Oggi conoscenza, scienza, tecnologia e ricerca sono parole alla ricerca di significati nuovi. Una rivoluziona culturale può essere solo una proposta per questi nuovi significati.
A valle, nel piccolo, una rivoluzione culturale deve essere anche la costruzione di una nuova cultura d’impresa che sappia leggere la complessità dell’impresa stessa, ne “veda” i processi evolutivi e ne individui le modalità di Governo. Ancora più nello specifico, deve essere la proposta di una nuova cultura strategica che guidi l’impresa a immaginare progetti imprenditoriali e non competitivi.

mercoledì 6 giugno 2012

Una cosa da fare subito .. dal basso

di
Francesco Zanotti


Voglio provare a fare una proposta. Ovviamente non può che essere “controcorrente” perché la “corrente” attuale ci sta portando verso un precipizio.
Una proposta semplice, realizzabile subito ed a costi bassissimi. E’ controcorrente perché parte dal basso. E’ molto controcorrente perché oggi la tentazione di spostare il “luogo politico” della soluzione sempre più in alto è quasi irresistibile. Oramai non è più il Governo: è l’Europa. I giornali sono pieni di cose “decisive” che solo l’Europa può fare. Magari sono cose utilissime, ma, prima che le faccia, campa cavallo. E il cavallo non campa: non campano le imprese e, quindi, non campano le famiglie.
Ecco la proposta dal basso.

Innanzitutto, l’obiettivo da raggiungere: occorre far sì che le imprese aumentino non solo il fatturato, ma anche il margine e la cassa. Ed occorre farlo subito. Ma perché questo accada non serve che il Governo e l’Europa facciano tutte le belle cose che tutti vorrebbero facessero? No! Occorre che le imprese aumentino la loro capacità progettuale. E per far sì che aumentino la loro capacità progettuale occorre fornire loro conoscenze e metodologie avanzate di strategia d’impresa. E’ come moltiplicare la “forza” imprenditoriale delle imprese. Per aiutare le imprese ad acquisire nuove conoscenze e metodologie di strategia d’impresa è necessario l’intervento del sistema bancario. Le banche per prime devono acquisire conoscenze e metodologie avanzate di strategia d’impresa. Così spingeranno le imprese a costruire progetti strategici di grande innovazione imprenditoriale. Mentre oggi le spingono verso processi di ristrutturazione (riduzione di costi e persone) perché sono gli unici progetti che sanno vedere.
Se il sistema bancario ci si mette, non solo salva la nostra economia, ma se stesso. E’ alle porte la vera crisi profonda: dopo i derivati e i debiti sovrani, i debiti delle famiglie e delle imprese che le stesse famiglie ed imprese riusciranno a rimborsare sempre meno. E’ inutile procedere a continue capitalizzazioni. Non c’è capitalizzazione che possa sopportare la crisi di famiglie ed imprese. Le banche devono impegnarsi ad aiutare le imprese non solo con i denari, ma anche con la conoscenza. Nello specifico: nuove conoscenze e metodologie avanzate di strategia d’impresa.
La vera difficoltà di questa proposta? Che parte da un cambiamento di noi stessi e delle nostre conoscenze. E’ una soluzione faticosa: imparare “cose” nuove. E la tentazione di lasciarsi andare a chiedere il cambiamento degli altri è davvero irresistibile.

martedì 5 giugno 2012

Di nuovo: il Prof. Monti non può che fallire … purtroppo

di
Francesco Zanotti


Voglio riproporre un post già pubblicato il 17 novembre 2011, quando esisteva un largo consenso al Governo Monti.
La sintesi? Usando una metafora  a me cara: non si può cercare di aggiustare il televisore col martello convinti che sia il teatrino delle marionette.

Le ragioni per le quali ripropongo questo post riguardano il futuro. Dobbiamo cercare di consapevolizzare quali sono le ragioni per le quali il Governo Monti non può che fallire. Così, quando sarà socialmente evidente il fallimento, si potrà discuterne in forme nuove. In modo da evitare che al successore di Monti accada la stessa cosa.

Perché non può che fallire?

Innanzitutto perché il programma che si propone di realizzare non ha nessuna influenza sulle cause della crisi attuale. Non siamo di fronte ad una crisi finanziaria, ma alla crisi di un modello di società. Il programma del nuovo governo non vuole avviare un processo di progettazione di una nuova società, ma vuole cercare di far funzionare meglio la società attuale. Compito impossibile anche (certamente non solo) per banali limiti fisici. La natura non sopporta un’ulteriore crescita dell’attuale società industriale.

Poi, perché la conoscenza da cui parte (l’economia) è una pseudo scienza che vuole scimmiottare, irragionevolmente, la fisica classica. Si tratta di un corpus di conoscenze da ricostruire integralmente. Da ricostruire perché suggerisce azioni di ristrutturazione, invece che di riprogettazione.

Ancora: perché non ha cambiato il metodo di governo. E’ vero che si propone di consultare, far partecipare, ma sono buone intenzioni generiche. Il Governo di una società complessa richiede che chi governa avvii processi di creazione sociale di nuove realtà. Con tutto il rispetto, la formazione e le esperienze del prof. Monti non hanno nulla a che fare con i processi di creazione sociale. Voglio dire che, anche se le cose che vuole fare fossero corrette, non riuscirebbe a farle per “incompetenza processuale”.

Da ultimo non ci riuscirà perché nessun grande sviluppo può nascere da sacrifici (proposti da una classe dirigente che non farà alcun sacrificio) e azioni impopolari. Un grande sviluppo nasce da un movimento di popolo che si incammina verso una nuova storia. E certamente non sarà il prof Monti a risvegliare la voglia di un futuro diverso in un popolo che oggi sembra davvero un volgo disperso.

lunedì 4 giugno 2012

Festival dell’economia e Karl Popper

di
Francesco Zanotti



Che peccato che gli economisti non riflettano sulla loro scienza. Non facciano un po’di sana epistemologia...
Riporto una frase di Karl Popper di 47 anni fa… Ho sostituito alla parola “Psicologi”, la parola “Economisti” perché il discorso è lo stesso. Ho preso questa frase dal libro di Claudio Ronchi “L’Albero della conoscenza” Edizione Jaka Book pagina 72 . Ecco Sir Karl Popper.
Se il determinismo fisico non è che un sogno di onniscienza ad occhi aperti quello degli economisti non è mai stato più che un castello in aria: non era che il sogno utopistico di salire ad un livello di uguaglianza con la fisica, con i suoi metodi matematici e con le sue potenti applicazioni – e forse anche con lo scopo di raggiungere la superiorità delle altre scienze, plasmando uomini e società”.

Allora noi oggi ci facciamo schiavizzare da presunte leggi economiche che non hanno alcun fondamento “scientifico”…
Di più, l’ho già scritto, ma mi piace ripeterlo: ha ragione Susanna Camusso. Sostiene che se queste leggi dell’economia ci hanno ridotti in questa condizioni, allora dobbiamo cambiarle.
Ha ragione e si può precisare il suo pensiero: le leggi dell’economia non sono leggi “naturali”, ma sono costruite da noi. Il nostro compito futuro è quello di costruire nuove leggi ed una nuova economia per una nuova società.


venerdì 1 giugno 2012

Riforma del lavoro: plauso o consenso?

di
Francesco Zanotti


Il Sole 24 Ore di oggi a pagina 37 riporta una frase del Prof. Monti riferita alla riforma del lavoro: “Un testo meditato fatto non per cercare il plauso delle categorie, ma il futuro dei giovani”.
Mi sembra una frase non solo ingenua, ma sociologicamente ed epistemologicamente “primitiva”.

Sociologicamente primitiva: il problema non è il plauso, ma il consenso. Una riforma è feconda se, grazie ad essa, vi è una nuova mobilitazione di tutte le persone che operano nelle imprese. Una mobilitazione non solo operativa, ma anche progettuale per immaginare nuove strategie e nuove organizzazioni. Se le persone che lavorano in una impresa non sono d’accordo non si faranno certo mobilitare da una riforma che non accettano.

Certo non occorre cercare plausi, ma il consenso sì. E per riuscire a costruire consenso è necessario uscire dalla convinzione (epistemologicamente primitiva) che esistono riforme ottimali che possono essere progettate (calcolate sarebbe la parola più corretta) da tecnici. Il Governo deve strappare tutti dalle loro ideologie, raccogliere le istanze profonde  e costruire una riforma che vada incontro a tutte queste istanze profonde. Il consenso che raccoglie è una misura di quanto sarà riuscito in questo compito.

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.