sabato 29 giugno 2013

E’ assurdo parlare di misure anticrisi

di
Francesco Zanotti



Perché? Per il banale motivo che la crisi non è stata generata da crudeli extra terrestri. Ma dai nostri comportamenti. Allora la vera misura anticrisi è una sola: smetterla di mettere in atto i comportamenti che generano la crisi. Che senso ha continuarli e, poi, cercare misure che ne eliminino gli effetti?
Ovviamente non stiamo parlando solo di comportamenti finanziari. Stiamo parlando di comportamenti giornalieri delle classi dirigenti. E della visione del mondo e della società che ispira questi comportamenti.
Il lettore non è convinto? Provi a citare una specifica crisi e gli declinerò questa “teoria” nel caso da lui proposto.


venerdì 28 giugno 2013

Non siamo i soli, c’è anche George Soros!

di
Francesco Zanotti



Vorrei sottoporre a tutti un breve video di George Soros http://ineteconomics.org/george-soros-why-we-need-rethink-economics-0 in cui indica la necessità di un nuovo pensiero economico, non solo in termini generali, ma specificando la caratteristica fondamentale che deve avere: non deve più essere ispirato alla fisica Newtoniana. Che è, poi, la fisica classica.

Non siamo i soli ad individuare nel cambiamento della visione del mondo dominante (quella della fisica classica, appunto) la “riforma delle riforme” per avviare il processo di costruzione di una nuova economia ed una nuova società.

mercoledì 26 giugno 2013

Ministri e politici infantili

di
Francesco Zanotti


Post semplicissimo e brevissimo. Leggo pag. 10 del Sole24Ore di oggi: F-35, la maggioranza si spacca. Scontro anche nel Governo. Risuona in prima pagina: Letta e Berlusconi siglano la tregua.
Servirebbe una progettualità intensa che può solo nutrirsi di diversità, di nuove risorse cognitive.
Ma i ministri e politici litigano appena sentono una qualche idea che non è esattamente quello che pensano. E, poi, fanno tregue. Il che significa andare avanti per compromessi … Ovviamente non li sfiora neppure l’idea che sarebbe il momento di nutrirsi di nuove risorse cognitive …

Infantili e irresponsabili. Un po’anche “ignoranti”, in senso tecnico: sono immense le conoscenze di cui non dispongono e che sarebbero loro utilissime per passare dal litigio individuale e auto rappresentativo ad una progettualità solidale.

lunedì 24 giugno 2013

La tirannia della maggioranza

di
Francesco Zanotti




 L’espressione non è mia. E’ una espressione di Alexis de Toqueville citata da Giuseppe Sarcina in un suo pezzo, pregevole, sul Corriere di ieri.
In questo suo pezzo Sarcina parla della crescita solo economica di nazioni come la Turchia e il Brasile e del deficit di cittadinanza che nessuno ora riesce a colmare.
A me sembra di poter aggiungere qualche ulteriore riflessione e riassumere la proposta si sviluppo economico e sociale che caratterizza questo blog.
Le attuali classi dirigenti di opposizione sono ancora convinte che esiste un modello di convivenza civile ideale e che il fare politica è combattere contro coloro che ne ostacolavano l’avvento: la parte politica che governa. Ma, ovviamente, coloro che vengono combattuti (e che a loro volta combattono) sono altrettanto convinti che i problemi nascono dal fatto che non riescono a fare le cose che vorrebbero fare.
Come superare questo stallo?
Innanzitutto occorre riconoscere che oggi non esiste un modello ideale da perseguire anche a costo della violenza. Oggi viviamo in una società a così elevata complessità che offre una serie praticamente infinita di potenziali modelli di economia e società. Non sono modelli completamente definiti, ma solo potenzialità che hanno bisogno di una declinazione progettuale. Insomma, una nuova progettualità è l’esigenza di fondo.
Ovviamente non deve essere una progettualità di vertice, ma sociale. Alla quale partecipino tutti coloro che poi della nuova economia e della nuova società dovranno diventare protagonisti-costruttori.
Altrettanto ovviamente non serve usare la rete solo come strumento per riproporre ossessivamente la tirannia della maggioranza.
La rete deve diventare lo strumento principe di progettualità sociale.
Da una partecipazione al voto ad una partecipazione progettuale.

Ma può funzionare? Sì! Prima, però, occorre incrementare i modelli cognitivi in uso. In pratica gli strumenti progettuali. La ragione è che i modelli cognitivi in uso sono troppo semplici e sono naturalmente generatori di conflitti. Soprattutto in una società complessa.
Infatti essi sono una sorta di vulgata della fisica classica e della matematica hilbertiana. Ogni persona è convinta di riuscire a guardare il mondo oggettivamente e a ragionare logicamente.
Per fortuna lo sguardo dell’uomo non è asettico, ma, mi si lasci dire, è “passionale”: personale, carico della sua esistenzialità profonda, contestuale … E il suo ragionare è un raccontare storie.
Se l’uomo accetta questa realtà, allora scatta la curiosità per gli altri perché vedono mondi a lui preclusi e raccontano storie diverse. E viene voglia di mettere insieme tutti gli sguardi e le storie. La progettualità sociale è possibile e feconda. E la rete può moltiplicare la fecondità della progettualità sociale.
Se l’uomo continua a credere di guardare oggettivamente e ragionare indiscutibilmente, allora non potrà che entrare in conflitto con gli altri uomini che, soprattutto in una società complessa, vedono mondi diversi, raccontano storie diverse e sono altrettanto convinti che il loro sguardo è oggettivo e la loro storia è la Verità. E la rete moltiplica le occasioni e l’intensità dei conflitti.
Dove si trovano modelli cognitivi nuovi adatti a supportare una progettualità sociale che non è vezzo etico, ma una necessità di sopravvivenza?
Sono spersi in tutte le scienze umane a naturali. Occorre raccoglierli e diffonderli. Il raccoglierli e diffonderli è l’azione politica fondamentale per attivare quel processo di progettualità sociale che può generare una nuova società. Abbiamo sviluppato un progetto per raccogliere e diffondere i nuovi modelli cognitivi proposti dalle scienze naturali ed umane. Lo abbiamo definito “Expo della Conoscenza”. Il progetto è disponibile in una sua prima versione qui. Abbiamo anche fondato una Associazione che si chiama ApEC il cui manifesto è disponile qui.


giovedì 20 giugno 2013

Mettiamo … la retorica del Rinascimento

di
Francesco Zanotti




Scrivevo pochi giorni fa con, non lo nego, un pizzico di speranza della “passione” con cui Marchionne all’Assemblea di Confindustria Firenze aveva prefigurato la necessità di un nuovo Rinascimento.
Il pizzico di speranza mi ha spinto a scrivergli per dire quello che tutti coloro che seguono Balbettanti Poietici hanno letto: come si fa a generare Rinascimenti.
La risposta è stata relazionalmente ineccepibile: pronta a cortese. Frutto di una segreteria di grande professionalità. Il contenuto è stato sorprendente: il tema non è di nostro interesse. Avrei capito contenuti del tipo: hai sbagliato, hai fatto un discorso puerile.
Il “non ci interessa”, detto di un tema che Marchionne aveva emozionalmente presentato come chiave, lo capisco meno.
E mi vengono in mente alcune osservazioni.
Amici, il problema non è nella finanza. Il problema è nella retorica.
La nostra classe dirigente è stata educata ad un volto pubblico, fatto di idealità. E a comportamenti privati che non c’entrano con le idealità. Il fine giustifica i mezzi, gli interessi degli Azionisti prima di tutto. Il resto è folklore … forse, ma …
Ecco, giusto agli Azionisti interesserà un articolo apparso oggi sul Sole 24 Ore a firma di Roberto Da Rin. Riguarda il Brasile Brasile, il miracolo interrotto si intitola. Parla delle crescenti proteste di piazza e sostiene “La crescita economica […] ha trascinato fuori dalla miseria 30milioni di brasiliani. Ma ha conferito loro lo status di consumatori, non di cittadini.”

La mia interpretazione? Signori Azionisti, volete continuare a vendere nel futuro prodotti da quelle parti? Rimettete insieme idealità e concretezza. Costruite nuove concretezze che nascono da più profonde idealità … Altrimenti vi troverete non clienti fuori dai concessionari. Ma una, cento, mille FIOM dentro le fabbriche.

venerdì 14 giugno 2013

Mettiamo … un Rinascimento

di
Francesco Zanotti



L’ultimo è stato Marchionne ieri all’Assemblea di Confindustria Firenze … A far cosa? Ma, a dichiarare che dobbiamo attivare un nuovo Rinascimento. Rinascimento sembra essere la nuova parola magica. Sta scalzando anche la parola competitività.
E io ne sono entusiasta. Ma … come si fa a creare Rinascimenti?
Per rispondere guardiamo alle “cose da fare” che vengono proposte. Sono utili e necessarie … forse. Certo è utile ridurre il costo del lavoro … Un po’meno certa è l’utilità delle riforme. Il sociologo scandinavo N. Brunsson, esperto delle riforme dello Stato Sociale (e da quelle parti ne sanno qualcosa), dice che le riforme hanno come unico obiettivo quello di riformare se stesse …
Ma supponiamo che si abbia il costo del lavoro più basso del mondo e lo stato sociale meno costoso e più performante del mondo, basta questo per far nascere un nuovo Rinascimento?
Per rispondere andiamo a percorrere le strade di Toscana, ai tempi del Rinascimento. A cominciare dalla rivoluzione di Giotto nei primi del ‘300 … fino all’Accademia Platonica .. . poi su su dalla Milano di Leonardo, alla Roma di Michelangelo ... per tutta l’Europa. Cosa è accaduto? Che nel mondo medioevale si è buttata (si è fatta rivivere) la cultura classica. E questa nuova linfa ha generato un fiorire di capolavori umani.
Allora è chiaro cosa bisogna fare: occorre buttare nella nostra società industriale una nuova visione del mondo. Difficile a farsi? No! Noi (Associazione per l’Expo della Conoscenza) abbiamo un progetto per costruire e diffondere nella società italiana una nuova visione del mondo. Meglio, per fare dell’Italia il luogo dove si crea e si diffonde una nuova visione del mondo. Lo abbiamo chiamato Expo della Conoscenza. Il lettore interessato può leggere di questo progetto sia una versione light che una versione più completa sul nostro blog oppure sul sito www.expodellaconoscenza.org
 Sarà questo creare e diffondere che attiverà un nuovo Rinascimento. Ci piacerebbe che tutti coloro che hanno davvero la voglia di creare un nuovo Rinascimento lo leggano. Non chiediamo che ci diano una mano a realizzarlo. Solo che lo leggano …



martedì 11 giugno 2013

Scienze della vita, comunità e ... riforme

di
Francesco Zanotti



Leggo stamattina sul Sole 24 Ore un articolo, a firma Gregorio De Felice e Fabio Pammolli, dove si discute l’importanza economico-sociale delle scienze della vita La sfida delle scienze della vita.
Sullo stesso numero del Sole, leggo un articolo di Aldo Bonomi dal titolo:  <<C>> come <<Comunità>>, un motore di metamorfosi.
Il lettore si chiederà ma che c'entrano? Ecco, il collegamento non appare perché siamo asfissiati dalla specializzazione.
Proviamo a fare un passo verso la transdisciplinarità e scopriremo il legame. Uno dei mille legami possibili, capace di essere un efficacissimo generatore di metamorfosi.
Partiamo dalle scienze della vita. Una delle “scoperte” più rilevanti in biologia è la teoria dei sistemi autopoietici. Bene, questa teoria può essere usata per comprendere i processi di evoluzione spontanea di una impresa in un mercato.  Il conoscere questi processi, soprattutto quei processi di “degenerazione cognitiva” che generano la competizione, può permettere di non subirli. Può permettere di scoprire che il primo passo per costruire comunità molto più intensamente e velocemente di quanto è possibile fare oggi.
Mi ricollego al dibattito che abbiamo avviato a partire da un articolo di Andrea Ichino sul Corriere sui processi di riforma. Anche quei processi potrebbero essere meglio capiti usando la teoria dei sistemi autopoietici.


lunedì 10 giugno 2013

Crescita, sviluppo e transizioni di fase

Riceviamo e con piacere pubblichiamo un contributo del Prof. Gianfranco Minati  in relazione al post Galileo e riforme e del successivo commento del Prof. Andrea Ichino La risposta del Professor Ichino e poi del Dott. Rizzi.


Vorrei contribuire portando alcune idee al dibattito ad integrazione di quanto già elaborato.
Vorrei partire dal noto fenomeno fisico delle transizioni da fase. Accenniamo a quelle del primo ordine in cui vi è possibile convivenza tra le due fasi della materia (prima e dopo) come per transizioni di fase liquido-solido-gasoso e quelle del secondo ordine per cui tale convivenza non avviene come paramagnetico-ferromagnetico.
Nei sistemi socio-economici avvengono processi di crescita e sviluppo spesso non chiaramente distinti ed intesi condizione necessaria o conseguenza l’uno dell’altro.
Processi di crescita sono da intendersi come processi di variazione quantitativa positiva come:
  •          lineare,  y = ax + b
  •          fattoriale,  y = x!
  •          esponenziale,  y = ex .

E’ stata introdotta anni fa la crescita logistica del tipo in figura:

                                                                                                     
                                          
caratterizzata da una fase iniziale di crescita crescente e una seguente di crescita decrescente.
La crescita può essere intesa data da eventuali estensioni della stessa curva di crescita (spostando l’asintoto verso l’alto magari con aiuti statali o attivando nuovi cicli consumistici in realtà equivalenti) coincidente con stabilità incapace di affrontare la saturazione se non drogando il consumo. Tali situazioni possono prepotentemente sopraffare la possibilità di nascita di nuove curve di crescita alternative e sostitutive diventando una gabbia asfissiante.
Lo sviluppo può essere inteso in vari modi come introduzione di nuove non-equivalenti curve di crescita come operatori trasformativi e nuove coerenze tra crescite e sequenze di crescite.
I cambiamenti di curva avvengono con innovazioni tecnologiche e variazioni di modalità. Sono intendibili come transizioni di fase sociali, a volte con coesistenza a volte no. Si tratta di transizioni di fase usualmente conviventi con precedenti fino al loro esaurimento (es. sviluppo fotografico e videotapes).
Lo sviluppo avviene (emerge) impostando e creando coerenze come stili di vita riconosciuti di qualità crescente.
Ora interventi riformativi di contesto possono essere per estendere e mantenere crescite. In tal caso da mentalità industriale.
Oppure posono essere introducenti non-continuità normative adeguate a facilitare nuove sperimentazioni riguardanti ad esempio modalità di start-up, politica fiscale, finanziamento, gestione della conoscenza, concetto di lavoro e retribuzione, periodi sperimentali protetti.
Tuttavia facilitare non significa causare.
Si tratta di svegliare generazioni formate colpevolmente al consumare, subito e in modo facile.
La transizione di fase è attivabile da motivi di contesto come riduzione o cambiamento di risorse disponibili o strutturali come stili alimentari, abitativi e di vita. Si spera in motivi tecnologici innovativi (es. sostituire oggetti come le chiavi, le carte, gli occhiali, ecc.).
Si tratta di usare finalmente concetti della scienza moderna come coerenza, molteplicità, sovrapposizione, uso dinamico di modelli, non-equivalenza, e quasi-. Come renderli fruibilità e trasformati in cultura generale (è un business questo stesso…) facendo in modo che aziende smettano di buttar via soldi in piani e ricerche inutili in principio vista la non-linearità del contesto?
Il terreno è dato dal materializzare in modo imprenditorialmente nuovo i verbi attuali (come comunicare, trasportare e abitare) o introducendone di nuovi con innovazioni (come è stato per fotografare e registrare).
Viene in mente il motto ‘Gentlemen, We Have Run Out Of Money; Now We Have to Think’  attribuito a Winston Churchill.
Il vero problema credo sia chi comincia, chi rischia, dove e come?
Diceva Peter Drucker (1909 -2005) che in una strategia di sviluppo non si tratta di fissare nuovi obiettivi, ma prima di tutto decidere che cosa abbandonare.

Un altro aspetto riguarda la rappresentazione.

venerdì 7 giugno 2013

Relazione Causale, Costruzione Sociale e Rappresentazione Comunitaria

Riceviamo e con piacere pubblichiamo un commento del Dott. Gianni Rizzi in relazione al post Galileo e riforme e del successivo commento del Prof. Andrea Ichino La risposta del Professor Ichino


Caro Francesco, 
ho letto con attenzione l'articolo di Andrea Ichino (Tornare Al Metodo Galileiano Per Le Riforme), il tuo commento critico e la replica di Ichino (La risposta del Professor Ichino). 
Ecco le mie note a margine.

Ichino sostiene l'opportunità di piccole sperimentazioni riformistiche prima di sviluppare interventi maggiori, e afferma l'idea della "relazione causale", che può essere identificata "soltanto attraverso la comparazione tra eventi controfattuali: ossia A causa B  se in presenza di A osserviamo B mentre in presenza di NON-A osserviamo NON-B". E sostiene: " 'l'arte' della statistica finalizzata a identificare relazioni causali consiste proprio nel trovare modi per costruire gli eventi controfattuali che nella realtà non possiamo osservare".

Tu critichi la proposta dicendo che l'idea sperimentale rientra nell'ideologia della fisica classica, superata da quella quantistica. Preferiresti poi parlare di "correlazione" piuttosto che di "causalità". Vorresti quindi un aggiornamento delle categorie, auspicando una più avanzata visione dei sistemi sociali (e più in generale della realtà), e della conoscenza come costruzione sociale.

Io mi spingerei a parlare di "rappresentazione comunitaria", essendo i sistemi sociali fatti di comunicazione. Si potrebbe anche dire che i sistemi sociali operano rappresentando se stessi, mettendosi in scena. Ed evolvono migliorando le loro performance auto-rappresentative. Involvono invece quando la rappresentazione peggiora, quando arretra - per esempio - su vecchi copioni, quando si attesta su idee del passato, quando fa cattiva o arrogante comunicazione di sè.

La "relazione causale" di cui parla Ichino fa riferimento alla "realtà" (ed è quindi anch'essa rappresentazione) ma mette in scena la promessa di una governance "scientifica", dichiarandosi capace di conoscere bene (statisticamente) le cause e gli effetti delle varie riforme.

Nella tesi di Andrea Ichino riemerge  la vecchissima idea del governo dei sapienti, e questo a pochi mesi dal vistoso fallimento elettorale dei professori capitanati da Monti...

Trovo ben più interessante il tentativo di Enrico Letta e gli altri, cui auguro (interessatamente) un buon successo nella difficile ma importantissima (e innovativa) messa in scena della "coesione italiana" nel teatro politico europeo.

Gianni Rizzi


mercoledì 5 giugno 2013

La risposta del Professor Ichino

Riceviamo e con piacere pubblichiamo la risposta del Prof. Andrea Ichino al nostro post Galileo e riforme pubblicato il 30 maggio scorso.

Gentile Dottor Zanotti

Grazie per il suo commento interessante anche se critico. Mi permetto di allegarle un articolo che descrive e discute i presupposti teorici e le implicazioni empiriche del modello di inferenza causale oggi maggiormente diffuso tra gli statistici e gli economisti.  E le segnalo anche i lucidi delle mie lezioni su questo tema, che può trovare qui .

Secondo questo modello, una relazione causale può essere identificata soltanto attraverso la comparazione tra eventi controfattuali: ossia A causa B  se in presenza di A osserviamo B mentre in presenza di NON-A osserviamo NON-B. Poiché però nella realtà e' impossibile osservare eventi controfattuali (ossia e' impossibile osservare sia A che NON-A), l' "arte" della statistica finalizzata a indentificare relazioni causali consiste proprio nel trovare modi per costruire gli eventi controfattuali che nella realtà non possiamo osservare.

Gli esperimenti sono uno dei modi per creare situazioni comparabili ma controfattuali, che consentano l'identificazione di nessi causali. Sono ovviamente possibili schemi diversi di riferimento, ma questo è lo schema che io trovo più  convincente, ed è quello su cui si fonda gran parte dell' analisi biomedica finalizzata a studiare gli effetti delle terapie. Non vedo perché  la stessa logica non possa essere applicata alle scienze sociali, e di questo parla appunto l'articolo allegato.

E'  certamente vero che nel disegnare (male) un esperimento, lo sperimentatore può fare in modo di costruirsi da solo le risposte:  ma se è onesto e disegna bene l' esperimento non sarà così: soprattutto, i dati saranno disponibili per smascherare queste situazioni.  Ed è anche vero che per disegnare un esperimento devo avere una qualche prior: ad esempio che la terapia A (sociale o no) causa l' effetto positivo B. Ma chi avesse una prior diversa, favorevole alla terapia Z potrebbe fare un altro esperimento e potremmo controllare i risultati, invece di discutere a priori se sia meglio A o Z.

In ogni caso l' articolo di Holland allegato, spiega molto meglio di quanto possa fare io i vantaggi di questo modo di pensare l'inferenza causale.

Grazie ancora e cordiali saluti
Andrea Ichino

domenica 2 giugno 2013

Il Governatore e Gregory Bateson

di
Francesco Zanotti

Senza slanci, senza visioni, la ragioneria della crisi …
Mente e Natura è un famoso libro di Gregory Bateson. Mente e Natura costituiscono il binomio che genera una società.
La mente e tutte le sue risorse /“prodotti”: le conoscenze.
Infatti, la società industriale è frutto di un certo insieme di conoscenze che sono diventate le attuali imprese, infrastrutture, istituzioni. In particolare, è fondata sulla visione del mondo che trova la sua espressione più completa nella fisica classica.
Ora la società industriale ha fatto il suo tempo: non è più in grado di soddisfare le esigenze profonde dell’uomo ed è entrata in pesante conflitto con la Natura.
Quindi se vogliamo che la Storia dell’uomo non sia costretta, come è stato fino ad ora, a progredire solo dopo catastrofi, l’Uomo è necessario che faccia emergere una nuova società dove l’Uomo possa continuare la sua evoluzione identitaria in simbiosi con la Natura.
Serve, insomma, una mente alta e forte. Una classe dirigente capace di guardare lontano e in profondità, capace di immaginare nuovi futuri.
Il Governatore, invece, nelle considerazioni finali di quest’anno, descrive sostanzialmente una coperta troppo corta. E la sua strategia è solo che essa piano piano torni ad allargarsi. Ma proprio piano piano perché vi è il rischio che si rompa ad ogni scossone. E gli scossoni sono sempre più frequenti.
Ma di Mente e Natura proprio non ha parlato.

Mi si obietta che dovrei essere più concreto? Rispondo in due modi. Il primo: il mangiare e il respirare sono astratti? L’uomo che non capisce più il suo esistere e una Natura sconvolta sono astrattezze o sono il vero volto della crisi e il resto e resto è noia? 

Poi posso provare ad essere ancora più ”tecnico” (più preciso di “concreto”. Se leggete le Considerazioni finali, troverete una visione dell’impresa e dei suoi problemi di sviluppo a dir poco primitiva. Che non usa in nessun modo un’area di conoscenza che dovrebbe far parte delle tecnicalità inevitabili: le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa. Della coperta troppo corta non se ne capisce neanche la trama …

Allora guardando le persone in quella sala, non si può non pensare che tutte le loro energie siano indirizzate all'essere invitate in quella sala. Ed ad essere sicuri che un qualche microfono di qualche schermo andrà a “disturbare” la loro riflessione collettiva su Mente e Natura, sulla Conoscenza, la Società … I loro responsabili della Comunicazione ne sanno qualcosa …

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.