domenica 28 giugno 2015

Graecia capta ferum victorem cepit

di
Francesco Zanotti
Ho appena sentito alla TV una ex ragazza con troppa responsabilità per le sue gracili (culturalmente ed emotivamente) spalle tranquillizzare gli Italiani che “Tutto va ben madama la Marchesa”. Come cantava Nunzio Filogamo negli anni ‘30 del secolo scorso …
Quali sono le ragioni per cui noi dovremmo stare tranquilli mentre la Grecia sta … “Andando a Patrasso”, si potrebbe direi con uno spirito un po’ macabro?
La ragione, sosteneva la Nostra, è che noi abbiamo fatto le riforme. Poi non ha importanza quali riforme siano. Non ha importanza se sono condivise o meno. Non ha importanza se, come quelle della scuola, prevedono solo cambiamenti nella burocrazia e non nella sostanza della conoscenze insegnate e in come le si insegnano.
Tutto andrà bene perché abbiamo fatto le riforme. E, quindi, siamo forti.
E’ da incoscienti sostenere tesi di questo tipo.
In una società in profonda evoluzione non esiste chi è forte. Esiste chi è capace di diventare protagonista della costruzione della economia e delle società prossime venture. Saranno forti quei Paesi che avranno un progetto Paese alto e forte.
Ho sentito, poi, un giovane greco dire: noi sappiamo delegare al popolo decisioni importanti perché noi abbiamo inventato la democrazia. Grazie dovrebbe dire loro tutto il mondo.
Noi abbiamo bisogno di giovani come quello che si rifaceva orgogliosamente alla propria storia più che di ex giovani richiamarsi a teorie insensate, non dimostrate col banale obiettivo di raccogliere consensi.
Solo dobbiamo chiedere a quei giovani di ritrovarsi, nel ricordo di Pericle, lassù sul Partenone e cominciare a progettare un nuovo mondo… Ci attendiamo da loro il contributo che ci si attende dai Padri della nostra civiltà.
E noi italiani dobbiamo dare il nostro contributo perché abbiamo onorato, continuato il contributo della civiltà greca con Roma e il Rinascimento.
Ricordate cosa ha scritto Orazio? “Graecia capta ferum victorem cepit”. E per fortuna che ci siamo lasciati “prendere”, altrimenti non ci sarebbero stati né Roma né il Rinascimento. Quindi non ci sarebbe stato il mondo attuale. Che anche i riottosi funzionari europei si lascino prendere dallo spirito necessario della profezia storicamente feconda dei Greci, di Roma e del Rinascimento.


mercoledì 24 giugno 2015

Grecia e teoria (ingenua) degli insiemi

di
Francesco Zanotti


Che c’entra la Grecia (il suo debito) con la teoria degli insiemi? Tutto!
Usando le attuali conoscenze sistemiche si sarebbe chiuso e positivamente il caso Grecia molto prima.
Infatti, il problema è facilmente delineabile: vi è uno spettro molto ampio di visioni sul problema del debito greco che rende molto difficile applicare tecniche negoziali. Esse, infatti, portano a cercare quello che vi è di comune, accettabile per tutti. Insiemisticamente, si cerca l’insieme intersezione tra gli insiemi che rappresentano le diverse posizioni. Ma se le posizioni sono molto diversificate, l’area di sovrapposizione (intersezione) tra queste opinioni rischia di essere piccolissima, quando non nulla. Ed allora si assiste ad un balletto del tira e molla che può avere come esisti solo la rottura o un compromesso che lascia tutti insoddisfatti e che sarà di brevissima durata.
Diversamente, come si può fare?
Occorre non cercare le aree di sovrapposizione, ma costruire una sintesi. Cercare non l’insieme intersezione, ma l’insieme Unione.
E’ possibile? Si, certo! Occorre un professionista della sintesi che sappia costruire un progetto di sintesi dove ogni dialogante possa vedere rispettate e valorizzate le issues che rappresenta. E possa vedere nella realizzazione di questo progetto di sintesi la via migliore per affermare la sua identità.
Nel caso della Grecia, quale potrebbe essere questo progetto di sintesi?

Un progetto di sviluppo dell’economia del Paese che non preveda tagli, ma un aumento rilevante della capacità di generare valore degli Attori economici greci. E’ possibile disegnare un tale progetto? Certamente sì per classi dirigenti che abbiano la cultura del progetto e non del conflitto. E si dotino e diffondano presso gli attori economici le risorse cognitive adatte per far generare a tutte le imprese del Paese loro singoli progetti di sviluppo alti e forti.

domenica 21 giugno 2015

Acque inesplorate. Ovvero: il paradosso della stabilità

di
Francesco Zanotti


“Navigare in acque inesplorate”. E’ espressione usata da Mario Draghi nel descrivere dove andremo a finire se la Grecia uscirà dall’Euro.
Bene, io redo che in quella espressione vi sia tutta la povertà di una classe dirigente che cerca una insensata stabilità.
Ne ho già parlato, ma è il caso di ripetere.
Da un lato, come si fa a desiderare di stabilizzare, fermare nel tempo, una società con incredibili squilibri; con un sistema produttivo che continua a costruire oggetti che interessano sempre meno, costretto per questo ad una competizione che rischia di schiacciare sia chi lavora che chi compra, incompatibile con la natura; con un sistema finanziario completamente auto riferito; con un sistema politico .. altrettanto. Di più: con mille tentazioni di un nuovo sviluppo e di una nuova conoscenza che sta rivoluzionando la conoscenza della società industriale?
Dall’altro lato, quando mai la Storia dell’Uomo ha navigato in acque conosciute? Ogni generazione umana si è trovata davanti un futuro da costruire. Per definizione nessuna generazione umana può navigare in acque conosciute. Sarebbe come voler fermare il tempo … Che Draghi abbia letto Julian Barbour?
E per fortuna è così!

Perchè è solo quando i medioevi decidono di navigare in acque sconosciute che emergono Rinascimenti. E noi abbiamo disperatamente (perché la sua mancanza porterebbe alla disperazione) bisogno di un nuovo Rinascimento.

domenica 14 giugno 2015

Smettiamo di essere un … ?

di
Francesco Zanotti

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/3/35/Adelchis,_son_of_Desiderius.jpg/250px-Adelchis,_son_of_Desiderius.jpg

.. volgo disperso che nome non ha.
Qualcuno forse ricorda il coro che chiude l’atto terzo dell’Adelchi.
Racconta di un popolo che guarda il succedersi dei padroni: i longobardi che vengono scacciati dai franchi.
Ma il popolo è un “volgo disperso che nome non ha” a cui è rimasto il misero orgoglio di un tempo che fu”.
Non si aspetti la liberazione:
Il premio sperato, promesso a quei forti,
Sarebbe, o delusi, rivolger le sorti,
D’un volgo straniero por fine al dolor?”

Anche oggi stiamo assistendo al conflitto tra classi dirigenti. E da ogni nuova classe dirigente ci aspettiamo liberazione.
Da quei tempi ad oggi non è possibile che questo accada.

Ammonisce Manzoni:
“Il forte si mesce col vinto nemico,
Col novo signore rimane l’antico;
L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
Si posano insieme sui campi cruenti
D’un volgo disperso che nome non ha.

Per costruire liberazione, per noi e per tutti quelli che bussano alle nostre parti, dobbiamo riprendere la voglia di un protagonismo progettuale alto, forte e saggio.
Con la voglia e la responsabilità di costruire il Rinascimento prossimo venturo attraverso la conoscenza.



sabato 13 giugno 2015

Studio, ricerca, fatica ed umiltà

di
Francesco Zanotti

E’ una opinione che quasi tutti gli scienziati (qualunque sia la loro specifica area di competenza: matematica, fisica, biologia, neuroscienze etc.) seri sottoscriverebbero:
“E’ possibile che vi sia qualcosa che assolutamente non comprendiamo, qualcosa di così diverso da ciò che ora stiamo pensando che non ci stiamo ancora nemmeno pensando” (Leonid Kruglyak su “Nature” 2008).
E al di fuori delle scienze, nella politica, nell’economia e nel management?
Esattamente il contrario. Si pensa che si conosca tutto quello che è necessario conoscere e che le affermazioni che si fanno, le leggi che si proclamano, le ricette che si propongono sono assolutamente indiscutibili.
Ovviamente non è vero. E lo dimostra ogni giorno perché non siamo in nessun modo in grado di gestire i sistemi di cui pretendiamo di sapere tutto: gli stati, i sistemi economici, le imprese, le organizzazioni interne alle imprese.

Invece di proclami, violenze verbali e gigioneggiamenti vari, servirebbero studio, ricerca, fatica ed umiltà. Ma valli a convincere …

giovedì 11 giugno 2015

Grecia: progettualità, invece di riforme

di
Francesco Zanotti


Il dibattito sulla Grecia si incentra intorno allo scambio: fammi vedere che riduci i costi (il sostanziale obiettivo delle riforme) e fai le riforme io (noi tutti) ti presto i soldi.
Pura ideologia. E sciocca per giunta.
Primo, perché nessuno ha mai costruito sviluppo limitandosi a ridurre i costi. Anzi, chi l’ha fatto si è andato piano piano spegnendo.
Secondo perché non si capisce bene quale sia il legame tra riforme indefinite (sembra che qualunque cambiamento vada bene) e il futuro sviluppo del paese.
Allora?
Allora chiediamo alla Grecia un Progetto di Sviluppo Paese alto e forte. Dal quale si capisca come quel Paese intenda ricominciare a produrre valore economico, sociale, politico, istituzionale e culturale.

Il problema è che noi non siamo legittimati a fare questa richiesta. Noi Italia e tutti gli altri. Perché noi, per primi, non abbiamo un Progetto di Sviluppo Paese alto e forte.

mercoledì 3 giugno 2015

Il Governatore e il QEK (Qualitative Easing of Knowledge)

di
Francesco Zanotti

L’occasione è il Festival dell’economia di Trento. Il personaggio è il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Egli affronta con decisione il tema della conoscenza. E sui due versanti in cui occorre affrontarlo: la creazione e la diffusione (cioè dell’insegnamento) della conoscenza.
Della creazione di nuova conoscenza dimostra l’esigenza quando parla dei fallimenti della scienza economica. Del problema della formazione cita gli scarsi stimoli a laurearsi perché poi le imprese non premiano la differenza tra diplomati e laureati.
Ovviamente plaudo alle parole del Governatore e, per questo, non posso lasciarle senza commenti. Ed una proposta finale: un Qualitative Easing of Knowledge. Da attivare subito per non rendere solo “sintomatico” e non definitivamente ”curativo” il QE della BCE.

Il primo contributo è quello di indicare aree di conoscenza rilevanti, ma non usate e conosciute.

Innanzitutto a livello macro economico e finanziario, cito le teorie del non equilibrio e l’utilizzo delle teorie di gauge in economia e finanza. Più in generale l’utilizzo di tutti i nuovi modelli e metafore che vanno dalla teoria quantistica dei campi alla teoria dei sistemi autopoietici. Quest’ultima teoria potrebbe dare un rilevante contributo ad una teoria delle bolle che non sia di tipo “regolatorio”: la ricerca delle regole da imporre ai mercati per evitare il formarsi di queste bolle. E non sia neanche di tipo esortatorio, sulla scia dei codici etici che ribollono solo di retorica.

A livello micro-economico cito quell’area di conoscenza che si chiama strategia d’impresa. Essa fornisce la strumentazione concettuale per studiare i rapporti di una impresa con l’ambiente esterno. Serve a prevedere la capacità futura di generare cassa di una impresa. Serve ad aiutare le imprese a costruite progetti strategici (Business Plan) alti e forti che sono gli unici strumenti per rendere fecondo (e, quindi, sicuro. Ma sicuro perché fecondo e non perché garantito) il risparmio che le banche veicolano, direttamente o indirettamente, verso le imprese.
Mi permetta una domanda Sig. Governatore, ma perché le banche non vogliono usare il patrimonio di conoscenze e di metodologie di strategia d’impresa? Mi scusi l’ardire: dovrebbe imporre loro di usarlo.

Per quanto riguarda la formazione, mi permetto di far notare che il testo di macro economia più usato è ancora quello di Blanchard, personaggio che il Governatore indica, giustamente, come uno degli economisti che hanno costruito e sponsorizzato la conoscenza economica “sbagliata”. L’opinione del Governatore non è isolata. Oltre alla reprimenda, a livello politico, che la Regina d’Inghilterra fece all’apparire della crisi nel 2008 agli economisti inglesi, chiedendo loro conto della loro insipienza previsionale, anche a livello accademico si condivide l’opinione del Governatore.

Solo per fare un esempio, è uscito, scritto da Emiliano Brancaccio, un volume dal titolo inequivocabile: Anti Blanchard. Domanda: non è che il problema di fondo è che la scuola, in ogni suo ordine e grado, è troppo legata alla diffusione di una conoscenza che i giovani intuiscono e le aziende verificano essere superata?

Signor Governatore, mi permetta di concludere (e dettagliarne brevemente il significato) con la proposta di cui ho accennato all’inizio: affiancare al Quantitative Easing della BCE un Qualitative Easing of Knowledge (conoscenza nuova e non usata) da parte della Banca d’Italia, con il contributo di tutte le banche italiane, verso tutti i protagonisti del nostro sistema economico. Il senso sociale della proposta è rivoluzionario: il sistema delle banche che, nella sua totalità, intermedia non solo risorse finanziarie, ma conoscenza. Come a dire: “Care banche, volete veramente rinnovare la vostra identità strategica e rinvigorire il vostro ruolo sociale? Bene questa è una direzione lungo la quale è necessario camminare.”.


lunedì 1 giugno 2015

OGM e scienza

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per OGM

L’inserto “domenica” del Sole 24 Ore del 31 maggio scorso riporta un articolo di Gilberto Corbellini che combatte una avversione alle biotecnologie che egli giudica irrazionale.
Per carità, è vero che molte opposizioni alle biotecnologie sono politiche e non scientifiche.
Ma è anche vero che oggi è arduo non avere dubbi sulle certezze della scienza. Soprattutto quando la scienza si mette a studiare “sistemi complessi” come quelli biologici, come nel caso in questione.
Abbiamo ancora una scienza abbondantemente riduzionistica che giudica “superstiziose” tutte le voci che cercano di comprendere ad esempio, le proprietà collettive e le relazioni sistemi biologici e contesto. La scienza riduzionistica rischia di diventare ideologica e, quindi, politica come la “anti-scienza” che si oppone ad essa.
Io credo che oggi non debba essere tempo di polemiche, ma di ricerca profonda e senza pregiudizi. Una ricerca che, da un lato, prenda atto della profonda crisi di tutte le scienze che vogliono rimanere legate da una visione riduzionistica del mondo. L’esempio più eclatante è forse la fisica “riduzionistica” che ha costruito un sistema di teorie straordinario, che funziona mirabilmente, ma spiega solo il 4-5% della materia-energia che vi è nell’universo. Ma anche la biologia non può pretendere di spiegare la proprietà sistemiche (la dipendenza dalla struttura e dal contesto e non solo dalla composizione) dei sistemi biologici. Per dettagliare nel caso discusso dall’autore: è vero che esistono specie OGM che sono utilissime. Ma non è vero che è possibile prevedere i risultati di ogni modificazione genetica.
Dall’altro, un ricerca che respinga ogni dilettantismo, politicamente motivato e finalizzato o meno.

Faccio un esempio di quella che a me sembra ricerca feconda: la teoria quantistica della coscienza. E’ una teoria che apre prospettive radicalmente nuove alle scienze cognitive. Le libera dai rischi del riduzionismo, apre speranze nuove di comprensione dell’umano. E, contemporaneamente, costruisce barriere contro dilettanti incompetenti che si perdono in visioni puramente New Age.



...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.