lunedì 24 giugno 2013

La tirannia della maggioranza

di
Francesco Zanotti




 L’espressione non è mia. E’ una espressione di Alexis de Toqueville citata da Giuseppe Sarcina in un suo pezzo, pregevole, sul Corriere di ieri.
In questo suo pezzo Sarcina parla della crescita solo economica di nazioni come la Turchia e il Brasile e del deficit di cittadinanza che nessuno ora riesce a colmare.
A me sembra di poter aggiungere qualche ulteriore riflessione e riassumere la proposta si sviluppo economico e sociale che caratterizza questo blog.
Le attuali classi dirigenti di opposizione sono ancora convinte che esiste un modello di convivenza civile ideale e che il fare politica è combattere contro coloro che ne ostacolavano l’avvento: la parte politica che governa. Ma, ovviamente, coloro che vengono combattuti (e che a loro volta combattono) sono altrettanto convinti che i problemi nascono dal fatto che non riescono a fare le cose che vorrebbero fare.
Come superare questo stallo?
Innanzitutto occorre riconoscere che oggi non esiste un modello ideale da perseguire anche a costo della violenza. Oggi viviamo in una società a così elevata complessità che offre una serie praticamente infinita di potenziali modelli di economia e società. Non sono modelli completamente definiti, ma solo potenzialità che hanno bisogno di una declinazione progettuale. Insomma, una nuova progettualità è l’esigenza di fondo.
Ovviamente non deve essere una progettualità di vertice, ma sociale. Alla quale partecipino tutti coloro che poi della nuova economia e della nuova società dovranno diventare protagonisti-costruttori.
Altrettanto ovviamente non serve usare la rete solo come strumento per riproporre ossessivamente la tirannia della maggioranza.
La rete deve diventare lo strumento principe di progettualità sociale.
Da una partecipazione al voto ad una partecipazione progettuale.

Ma può funzionare? Sì! Prima, però, occorre incrementare i modelli cognitivi in uso. In pratica gli strumenti progettuali. La ragione è che i modelli cognitivi in uso sono troppo semplici e sono naturalmente generatori di conflitti. Soprattutto in una società complessa.
Infatti essi sono una sorta di vulgata della fisica classica e della matematica hilbertiana. Ogni persona è convinta di riuscire a guardare il mondo oggettivamente e a ragionare logicamente.
Per fortuna lo sguardo dell’uomo non è asettico, ma, mi si lasci dire, è “passionale”: personale, carico della sua esistenzialità profonda, contestuale … E il suo ragionare è un raccontare storie.
Se l’uomo accetta questa realtà, allora scatta la curiosità per gli altri perché vedono mondi a lui preclusi e raccontano storie diverse. E viene voglia di mettere insieme tutti gli sguardi e le storie. La progettualità sociale è possibile e feconda. E la rete può moltiplicare la fecondità della progettualità sociale.
Se l’uomo continua a credere di guardare oggettivamente e ragionare indiscutibilmente, allora non potrà che entrare in conflitto con gli altri uomini che, soprattutto in una società complessa, vedono mondi diversi, raccontano storie diverse e sono altrettanto convinti che il loro sguardo è oggettivo e la loro storia è la Verità. E la rete moltiplica le occasioni e l’intensità dei conflitti.
Dove si trovano modelli cognitivi nuovi adatti a supportare una progettualità sociale che non è vezzo etico, ma una necessità di sopravvivenza?
Sono spersi in tutte le scienze umane a naturali. Occorre raccoglierli e diffonderli. Il raccoglierli e diffonderli è l’azione politica fondamentale per attivare quel processo di progettualità sociale che può generare una nuova società. Abbiamo sviluppato un progetto per raccogliere e diffondere i nuovi modelli cognitivi proposti dalle scienze naturali ed umane. Lo abbiamo definito “Expo della Conoscenza”. Il progetto è disponibile in una sua prima versione qui. Abbiamo anche fondato una Associazione che si chiama ApEC il cui manifesto è disponile qui.


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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.