di
Francesco Zanotti
L’espressione non è mia. E’ una espressione di Alexis de Toqueville
citata da Giuseppe Sarcina in un suo pezzo, pregevole, sul Corriere di ieri.
In questo suo pezzo Sarcina parla della crescita solo economica di
nazioni come la Turchia
e il Brasile e del deficit di cittadinanza che nessuno ora riesce a colmare.
A me sembra di poter aggiungere qualche ulteriore riflessione e
riassumere la proposta si sviluppo economico e sociale che caratterizza questo
blog.
Le attuali classi dirigenti di opposizione sono ancora convinte che
esiste un modello di convivenza civile ideale e che il fare politica è
combattere contro coloro che ne ostacolavano l’avvento: la parte politica che
governa. Ma, ovviamente, coloro che vengono combattuti (e che a loro volta
combattono) sono altrettanto convinti che i problemi nascono dal fatto che non
riescono a fare le cose che vorrebbero fare.
Come superare questo stallo?
Innanzitutto occorre riconoscere che oggi non esiste un modello ideale
da perseguire anche a costo della violenza. Oggi viviamo in una società a così
elevata complessità che offre una serie praticamente infinita di potenziali
modelli di economia e società. Non sono modelli completamente definiti, ma solo potenzialità
che hanno bisogno di una declinazione progettuale. Insomma, una nuova
progettualità è l’esigenza di fondo.
Ovviamente non deve essere una progettualità di vertice, ma sociale.
Alla quale partecipino tutti coloro che poi della nuova economia e della nuova
società dovranno diventare protagonisti-costruttori.
Altrettanto ovviamente non serve usare la rete solo come strumento per
riproporre ossessivamente la tirannia della maggioranza.
La rete deve diventare lo strumento principe di progettualità sociale.
Da una partecipazione al voto ad una partecipazione progettuale.
Ma può funzionare? Sì! Prima, però, occorre incrementare i modelli
cognitivi in uso. In pratica gli strumenti progettuali. La ragione è che i
modelli cognitivi in uso sono troppo semplici e sono naturalmente generatori di
conflitti. Soprattutto in una società complessa.
Infatti essi sono una sorta di vulgata della fisica classica e della
matematica hilbertiana. Ogni persona è convinta di riuscire a guardare il mondo
oggettivamente e a ragionare logicamente.
Per fortuna lo sguardo dell’uomo non è asettico, ma, mi si lasci dire, è
“passionale”: personale, carico della sua esistenzialità profonda, contestuale
… E il suo ragionare è un raccontare storie.
Se l’uomo accetta questa realtà, allora scatta la curiosità per gli
altri perché vedono mondi a lui preclusi e raccontano storie diverse. E viene
voglia di mettere insieme tutti gli sguardi e le storie. La progettualità
sociale è possibile e feconda. E la rete può moltiplicare la fecondità della
progettualità sociale.
Se l’uomo continua a credere di guardare oggettivamente e ragionare
indiscutibilmente, allora non potrà che entrare in conflitto con gli altri
uomini che, soprattutto in una società complessa, vedono mondi diversi,
raccontano storie diverse e sono altrettanto convinti che il loro sguardo è
oggettivo e la loro storia è la
Verità. E la rete moltiplica le occasioni e l’intensità dei
conflitti.
Dove si trovano modelli cognitivi nuovi adatti a supportare una
progettualità sociale che non è vezzo etico, ma una necessità di sopravvivenza?
Sono spersi in tutte le scienze umane a naturali. Occorre raccoglierli e
diffonderli. Il raccoglierli e diffonderli è l’azione politica fondamentale per
attivare quel processo di progettualità sociale che può generare una nuova
società. Abbiamo sviluppato un progetto per raccogliere e diffondere i nuovi
modelli cognitivi proposti dalle scienze naturali ed umane. Lo abbiamo definito
“Expo della Conoscenza”. Il progetto è disponibile in una sua prima versione
qui. Abbiamo anche fondato una Associazione che si chiama ApEC il cui manifesto
è disponile qui.
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