mercoledì 3 giugno 2015

Il Governatore e il QEK (Qualitative Easing of Knowledge)

di
Francesco Zanotti

L’occasione è il Festival dell’economia di Trento. Il personaggio è il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Egli affronta con decisione il tema della conoscenza. E sui due versanti in cui occorre affrontarlo: la creazione e la diffusione (cioè dell’insegnamento) della conoscenza.
Della creazione di nuova conoscenza dimostra l’esigenza quando parla dei fallimenti della scienza economica. Del problema della formazione cita gli scarsi stimoli a laurearsi perché poi le imprese non premiano la differenza tra diplomati e laureati.
Ovviamente plaudo alle parole del Governatore e, per questo, non posso lasciarle senza commenti. Ed una proposta finale: un Qualitative Easing of Knowledge. Da attivare subito per non rendere solo “sintomatico” e non definitivamente ”curativo” il QE della BCE.

Il primo contributo è quello di indicare aree di conoscenza rilevanti, ma non usate e conosciute.

Innanzitutto a livello macro economico e finanziario, cito le teorie del non equilibrio e l’utilizzo delle teorie di gauge in economia e finanza. Più in generale l’utilizzo di tutti i nuovi modelli e metafore che vanno dalla teoria quantistica dei campi alla teoria dei sistemi autopoietici. Quest’ultima teoria potrebbe dare un rilevante contributo ad una teoria delle bolle che non sia di tipo “regolatorio”: la ricerca delle regole da imporre ai mercati per evitare il formarsi di queste bolle. E non sia neanche di tipo esortatorio, sulla scia dei codici etici che ribollono solo di retorica.

A livello micro-economico cito quell’area di conoscenza che si chiama strategia d’impresa. Essa fornisce la strumentazione concettuale per studiare i rapporti di una impresa con l’ambiente esterno. Serve a prevedere la capacità futura di generare cassa di una impresa. Serve ad aiutare le imprese a costruite progetti strategici (Business Plan) alti e forti che sono gli unici strumenti per rendere fecondo (e, quindi, sicuro. Ma sicuro perché fecondo e non perché garantito) il risparmio che le banche veicolano, direttamente o indirettamente, verso le imprese.
Mi permetta una domanda Sig. Governatore, ma perché le banche non vogliono usare il patrimonio di conoscenze e di metodologie di strategia d’impresa? Mi scusi l’ardire: dovrebbe imporre loro di usarlo.

Per quanto riguarda la formazione, mi permetto di far notare che il testo di macro economia più usato è ancora quello di Blanchard, personaggio che il Governatore indica, giustamente, come uno degli economisti che hanno costruito e sponsorizzato la conoscenza economica “sbagliata”. L’opinione del Governatore non è isolata. Oltre alla reprimenda, a livello politico, che la Regina d’Inghilterra fece all’apparire della crisi nel 2008 agli economisti inglesi, chiedendo loro conto della loro insipienza previsionale, anche a livello accademico si condivide l’opinione del Governatore.

Solo per fare un esempio, è uscito, scritto da Emiliano Brancaccio, un volume dal titolo inequivocabile: Anti Blanchard. Domanda: non è che il problema di fondo è che la scuola, in ogni suo ordine e grado, è troppo legata alla diffusione di una conoscenza che i giovani intuiscono e le aziende verificano essere superata?

Signor Governatore, mi permetta di concludere (e dettagliarne brevemente il significato) con la proposta di cui ho accennato all’inizio: affiancare al Quantitative Easing della BCE un Qualitative Easing of Knowledge (conoscenza nuova e non usata) da parte della Banca d’Italia, con il contributo di tutte le banche italiane, verso tutti i protagonisti del nostro sistema economico. Il senso sociale della proposta è rivoluzionario: il sistema delle banche che, nella sua totalità, intermedia non solo risorse finanziarie, ma conoscenza. Come a dire: “Care banche, volete veramente rinnovare la vostra identità strategica e rinvigorire il vostro ruolo sociale? Bene questa è una direzione lungo la quale è necessario camminare.”.


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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.