venerdì 5 novembre 2010

Una nuova conoscenza per costruire un nuovo sviluppo

di
Francesco Zanotti

E’ evidente che le classi dirigenti non sono ancora riuscite a trovare il bandolo della matassa della crisi. La crisi continua, anzi, continua a manifestarsi in modalità sempre diverse in diversi “pezzi” e “luoghi” della nostra società.
Non riuscendo a capire da dove viene questa crisi, non si riesce neanche a trovare il modo per uscirne. Anche i “profeti” più osannati, ad esempio, Obama e Marchionne (e, poi, non osannati da tutti) ) non riescono a costruire progetti di sviluppo alti, forti e condivisi.

Obama ha raccontato solo sogni generici. Tante buone, e piccole, intenzioni, ma nessun percorso mobilitante e convincente per realizzarle.
Marchionne racconta solo sogni “costretti”. Costretti da una competizione che spinge tutti verso la stessa strada che diventa sempre più fatta di lacrime, sangue e conflitti. Sogni costretti che somigliano sempre più ad incubi: sopravvivrà solo chi accetta di faticare sempre di più per guadagnare sempre di meno (gli operatori) e rischiare sempre di più (chi finanzia l’impresa).

Come riuscire a costruire un nuovo sviluppo attraverso la realizzazione di grandi sogni?

Innanzitutto, occorre convincersi che la crisi attuale non è una crisi da malfunzionamento (del sistema finanziario o delle istituzioni) che si risolve con “cacciavite e martello”, per aggiustare quello che funziona male. Essa è causata dal fatto che la società industriale, che tanto benessere ha generato ad una parte dell’umanità, è arrivata alla fine della sua funzione storica. Infatti, non è strutturalmente in grado di diffondere lo stesso benessere a tutta l’umanità. E non riesce più neanche a fare far un ulteriore salto di civiltà e felicità a quella parte dell’umanità a cui ha fatto raggiungere un primo livello di benessere materiale.

Se così è, allora, è necessario progettare e fare accadere una nuova società. Come fare?

Il primo passo è quello di capire cosa sta a fondamento dell’attuale modello sociale. Io credo che
il modello di società, che gli Obama e i Marchionne stanno disperatamente cercando di far funzionare, sia l’incarnazione, concreta e tangibile, di una visione della scienza e del conoscere che è nata nel Rinascimento e si è andata perfezionando nei secoli successivi. Galileo Galilei (chiamato oramai da tutti con nome di battesimo, come un vecchio amico: Galileo) ha avuto l’intuizione di sintetizzare questa visione del mondo nella famosa espressione “sensate esperienze e certe dimostrazioni”.
Dopo cinque secoli, la visione della scienza e del conoscere si è assolutizzata (certamente Galileo si sarebbe scandalizzato di questo ideologizzarsi del suo desiderio di conoscere) ed è diventata socialmente egemone.



E’ guardando il mondo attraverso gli “occhiali di Galileo” che abbiamo immaginato e costruito quella società industriale che è stata strepitosa, ma che oggi sta mostrando la corda.

Ora, a causa del fatto che gli occhiali “galileiani” che indossiamo sono sostanzialmente ideologici, siamo portati a credere che la società industriale, che grazie ad essi, attraverso di essi, abbiamo costruito, sia l’unica possibile. Sia la società ideale. E, così, quando guardiamo alla ecologia di tante crisi che ci sta travolgendo, non riusciamo a pensare ad altro che ad aggiustare una società che non “funziona” più, ma che, tanto più la guardiamo con gli occhiali con la quale l’abbiamo creata, tanto più  ci sembra l’unica possibile.

Per costruire una nuova società, allora, occorre usare “occhiali” nuovi.
Se un paio di occhiali si sta “oscurando”, fino a farci andare a sbattere contro il muro della conservazione del passato, allora è necessario cambiarli.
E’ necessario sostituire, come riferimento sociale prevalente, la vecchia visione di Galileo delle sensate esperienze e certe dimostrazioni con una nuova visione della scienza e del conoscere. Indossare nuovi occhiali e, aggiungo ora, parlare una nuova lingua, ovviamente senza buttare gli occhiali e la lingua di Galileo, che continuano ad essere preziosissimi.
Quando le persone indosseranno occhiali nuovi e parleranno una nuova lingua, cominceranno a vedere nuovi cieli, cominceranno a parlare di una nuova terra  e crescerà in loro il desiderio di andare in questa nuova terra.

Questa nuova visione della scienza e del conoscere non esiste ancora completa, ma sta emergendo piano piano in tutte le scienze della natura, risuona in tutte le scienze umane, nell’arte e nelle religioni. Ne sono consapevoli gli specialisti e comincia a diffondersi, sia pure con il rischio di mille distorsioni e degenerazioni.

Conclusione: ma, allora,  tutto questo significa che, alla radice dei nostri guai attuali, vi è un problema epistemologico, risolto il quale potremo ricominciare a costruire magnifiche sorti e progressive? Può sembrare incredibile, ma è proprio così …!

Allora, diamoci da fare per risolverlo. La via per riuscirci è quella di incamminarci verso un Expo della conoscenza. Un Evento di raccolta e confronto di tutta la nuova conoscenza che sta emergendo in ogni scienza ed in ogni luogo. Un Evento nel quale nascerà un nuovo linguaggio ed un nuovo processo per progettare il futuro. Il progetto completo dell’Expo della conoscenza è descritto nel mio libretto “Un Expo della conoscenza per costruire una nuova società” che ha la prefazione del Prof. Gianfranco Minati, Presidente della Associazione Italiana per la Ricerca sui Sistemi, ed è scaricabile, ovviamente in modo gratuito, da questo sito. 

Voglio concludere questo mio post con un bagno di concretezza e torno ai due eroi dei nostri giorni. Se essi disponessero della nuova conoscenza che è urgente raccogliere e sintetizzare  …

Se Marchionne accettasse di apprendere la struttura profonda di un sistema complesso e le sue dinamiche evolutive (che già oggi la moderna sistemica rende disponibili) scoprirebbe che l’aumento di intensità della competizione nel mercato dell’auto è frutto dei processi di chiusura autoreferenziale inevitabili in ogni sistema competitivo. Più semplicemente: l’aumento della competizione è dovuta al fatto che tutti i costruttori stanno percorrendo la stessa strada. Che sta diventando sempre più stretta e li costringe a pestarsi sempre di più i piedi. Ovviamente questa strada non è l’unica possibile.
Meno metaforicamente, innanzitutto, tutti i costruttori si sono convinti che le modalità produttive introdotte da Toyota siano lo standard assoluto al quale adeguarsi e che non sia possibile fare meglio. Ovviamente, questa convinzione non rispecchia la realtà, ma è solo frutto della chiusura cognitiva del sistema dei produttori di
auto. La stessa conoscenza dei sistemi complessi, permetterebbe loro di scoprire le modalità di sviluppo autonomo delle organizzazioni umane. E questo, a sua volta, potrebbe suggerire nuove modalità di produzione non solo più efficienti, ma anche più sicure.
Scoprirebbe anche che tutti i costruttori danno per scontato che il trasporto individuale sarà per sempre fondato sull’automobile e su questo tipo di automobile ed anche questa convinzione è frutto del loro cammino di chiusura autoreferenziale. Scoprirebbe che, al di là di questi confini cognitivi auto costruiti, esiste la possibilità, anzi l’urgenza, di ripensare profondamente il problema del trasporto individuale e progettare nuovi strumenti per renderlo possibile in modalità diverse dall’attuale. L’esigenza di intraprendere una nuova strada progettuale permetterebbe una nuova alleanza con gli Operatori che diverrebbero i veri protagonisti di questa nuova, più intensa ed esistenzialmente orientata progettualità. Naturalmente anche il sindacato si gioverebbe molto di queste nuove conoscenze. Molto più della schiena dritta promessa dal nuovo capo della CGIL o delle accondiscendenze degli altri capi sindacali alla ideologia della competizione.

Se Obama accettasse di apprendere la struttura profonda di un sistema complesso e le sue dinamiche evolutive, scoprirebbe modalità di Governo completamente diverse, capaci di realizzare una democrazia completa e non quel suo surrogato oramai superato, perché inadatto alla attuale complessità del sociale, che è la democrazia rappresentativa. Questa nuova modalità di Governo che abbiamo definitivo “Sorgente Aperta” è quella che permette di riprogettare e realizzare le nuove macrostrutture della società: dalle istituzioni al modello di Welfare.

Ma Obama e Marchionne (o gli Obama e i Marchionne del futuro) accetteranno di apprendere la struttura profonda di un sistema complesso e le sue dinamiche evolutive, cioè  abbracciare una nuova visione del mondo solo se esisterà un movimento di popolo capace di chiedere loro maggiore conoscenza e maggiore  diversa progettualità. Se riusciremo davvero ad avviare il processo di costruzione di un Expo della Conoscenza.

Se non ci riusciremo ci dovremo accontentare di sogni generici e sogni costretti. Fino a che …


1 commento:

  1. condivido in pieno la tua visione, anche se a volte penso che benvengano i sogni, anche se generici o costretti: leggevo oggi che uno dei candidati sindaci di Milano sottolinea la sua capacità di parlare "delle persone, dei loro bisogni e delle loro necessità". Può essere già qualche cosa in un Paese in cui si parla di bisogni di alcune persone, ma si può costruire il futuro di una città, (anzi, della principale città italiana, da sempre locomotiva dello sviluppo economico, sociale, culturale del Paese), solo partendo dai bisogni espressi dalle persone? non so a chi spetti il ruolo di sviluppo della città, se alla politica o ai singoli, ma sicuramente una vision del futuro della città non può non essere anche politica, per meglio indirizzare e concentrare gli investimenti: Milano città industriale? centro del design? (ancora per quanto?) città turistica? (per quale target?) polo scientifico? polo sanitario? ecc.
    leggevo anche in Benjamin Barber (nel saggio consumati. da cittadini a clienti)come il capitaliemo abbia avuto "la capacità di soddisfare reali bisogni di massa e quindi aveva una utilità sociale, che si conciliava con l'arricchimento privato", ma "di fronte al rischio di una crisi di crescita, il capitalismo si è messo a produrre bisogni ancora prima di produrre beni". quindi non basta ascoltare i bisogni della gente, a volte creati ad arte dall'economia del mercato, ma abbiamo bisogno di un sogno, di una vision su cui concentrare le richieste di sviluppo e di investimenti e per la quale accettare eventuali disagi e ...la fatica del cambiamento.
    Cesare Sacerdoti

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.