di
Francesco Zanotti
E’ evidente che le classi dirigenti non sono ancora riuscite a trovare il bandolo della matassa della crisi. La crisi continua, anzi, continua a manifestarsi in modalità sempre diverse in diversi “pezzi” e “luoghi” della nostra società.
Non riuscendo a capire da dove viene questa crisi, non si riesce neanche a trovare il modo per uscirne. Anche i “profeti” più osannati, ad esempio, Obama e Marchionne (e, poi, non osannati da tutti) ) non riescono a costruire progetti di sviluppo alti, forti e condivisi.
Obama ha raccontato solo sogni generici. Tante buone, e piccole, intenzioni, ma nessun percorso mobilitante e convincente per realizzarle.
Marchionne racconta solo sogni “costretti”. Costretti da una competizione che spinge tutti verso la stessa strada che diventa sempre più fatta di lacrime, sangue e conflitti. Sogni costretti che somigliano sempre più ad incubi: sopravvivrà solo chi accetta di faticare sempre di più per guadagnare sempre di meno (gli operatori) e rischiare sempre di più (chi finanzia l’impresa).
Come riuscire a costruire un nuovo sviluppo attraverso la realizzazione di grandi sogni?
Se così è, allora, è necessario progettare e fare accadere una nuova società. Come fare?
Il primo passo è quello di capire cosa sta a fondamento dell’attuale modello sociale. Io credo che
il modello di società, che gli Obama e i Marchionne stanno disperatamente cercando di far funzionare, sia l’incarnazione, concreta e tangibile, di una visione della scienza e del conoscere che è nata nel Rinascimento e si è andata perfezionando nei secoli successivi. Galileo Galilei (chiamato oramai da tutti con nome di battesimo, come un vecchio amico: Galileo) ha avuto l’intuizione di sintetizzare questa visione del mondo nella famosa espressione “sensate esperienze e certe dimostrazioni”.
Dopo cinque secoli, la visione della scienza e del conoscere si è assolutizzata (certamente Galileo si sarebbe scandalizzato di questo ideologizzarsi del suo desiderio di conoscere) ed è diventata socialmente egemone.
E’ guardando il mondo attraverso gli “occhiali di Galileo” che abbiamo immaginato e costruito quella società industriale che è stata strepitosa, ma che oggi sta mostrando la corda.
Ora, a causa del fatto che gli occhiali “galileiani” che indossiamo sono sostanzialmente ideologici, siamo portati a credere che la società industriale, che grazie ad essi, attraverso di essi, abbiamo costruito, sia l’unica possibile. Sia la società ideale. E, così, quando guardiamo alla ecologia di tante crisi che ci sta travolgendo, non riusciamo a pensare ad altro che ad aggiustare una società che non “funziona” più, ma che, tanto più la guardiamo con gli occhiali con la quale l’abbiamo creata, tanto più ci sembra l’unica possibile.
Per costruire una nuova società, allora, occorre usare “occhiali” nuovi.
Se un paio di occhiali si sta “oscurando”, fino a farci andare a sbattere contro il muro della conservazione del passato, allora è necessario cambiarli.
E’ necessario sostituire, come riferimento sociale prevalente, la vecchia visione di Galileo delle sensate esperienze e certe dimostrazioni con una nuova visione della scienza e del conoscere. Indossare nuovi occhiali e, aggiungo ora, parlare una nuova lingua, ovviamente senza buttare gli occhiali e la lingua di Galileo, che continuano ad essere preziosissimi.
Quando le persone indosseranno occhiali nuovi e parleranno una nuova lingua, cominceranno a vedere nuovi cieli, cominceranno a parlare di una nuova terra e crescerà in loro il desiderio di andare in questa nuova terra.
Questa nuova visione della scienza e del conoscere non esiste ancora completa, ma sta emergendo piano piano in tutte le scienze della natura, risuona in tutte le scienze umane, nell’arte e nelle religioni. Ne sono consapevoli gli specialisti e comincia a diffondersi, sia pure con il rischio di mille distorsioni e degenerazioni.
Conclusione: ma, allora, tutto questo significa che, alla radice dei nostri guai attuali, vi è un problema epistemologico, risolto il quale potremo ricominciare a costruire magnifiche sorti e progressive? Può sembrare incredibile, ma è proprio così …!
Allora, diamoci da fare per risolverlo. La via per riuscirci è quella di incamminarci verso un Expo della conoscenza. Un Evento di raccolta e confronto di tutta la nuova conoscenza che sta emergendo in ogni scienza ed in ogni luogo. Un Evento nel quale nascerà un nuovo linguaggio ed un nuovo processo per progettare il futuro. Il progetto completo dell’Expo della conoscenza è descritto nel mio libretto “Un Expo della conoscenza per costruire una nuova società” che ha la prefazione del Prof. Gianfranco Minati, Presidente della Associazione Italiana per la Ricerca sui Sistemi, ed è scaricabile, ovviamente in modo gratuito, da questo sito.
Voglio concludere questo mio post con un bagno di concretezza e torno ai due eroi dei nostri giorni. Se essi disponessero della nuova conoscenza che è urgente raccogliere e sintetizzare …
Se Marchionne accettasse di apprendere la struttura profonda di un sistema complesso e le sue dinamiche evolutive (che già oggi la moderna sistemica rende disponibili) scoprirebbe che l’aumento di intensità della competizione nel mercato dell’auto è frutto dei processi di chiusura autoreferenziale inevitabili in ogni sistema competitivo. Più semplicemente: l’aumento della competizione è dovuta al fatto che tutti i costruttori stanno percorrendo la stessa strada. Che sta diventando sempre più stretta e li costringe a pestarsi sempre di più i piedi. Ovviamente questa strada non è l’unica possibile.
Meno metaforicamente, innanzitutto, tutti i costruttori si sono convinti che le modalità produttive introdotte da Toyota siano lo standard assoluto al quale adeguarsi e che non sia possibile fare meglio. Ovviamente, questa convinzione non rispecchia la realtà, ma è solo frutto della chiusura cognitiva del sistema dei produttori di
auto. La stessa conoscenza dei sistemi complessi, permetterebbe loro di scoprire le modalità di sviluppo autonomo delle organizzazioni umane. E questo, a sua volta, potrebbe suggerire nuove modalità di produzione non solo più efficienti, ma anche più sicure.
auto. La stessa conoscenza dei sistemi complessi, permetterebbe loro di scoprire le modalità di sviluppo autonomo delle organizzazioni umane. E questo, a sua volta, potrebbe suggerire nuove modalità di produzione non solo più efficienti, ma anche più sicure.
Scoprirebbe anche che tutti i costruttori danno per scontato che il trasporto individuale sarà per sempre fondato sull’automobile e su questo tipo di automobile ed anche questa convinzione è frutto del loro cammino di chiusura autoreferenziale. Scoprirebbe che, al di là di questi confini cognitivi auto costruiti, esiste la possibilità, anzi l’urgenza, di ripensare profondamente il problema del trasporto individuale e progettare nuovi strumenti per renderlo possibile in modalità diverse dall’attuale. L’esigenza di intraprendere una nuova strada progettuale permetterebbe una nuova alleanza con gli Operatori che diverrebbero i veri protagonisti di questa nuova, più intensa ed esistenzialmente orientata progettualità. Naturalmente anche il sindacato si gioverebbe molto di queste nuove conoscenze. Molto più della schiena dritta promessa dal nuovo capo della CGIL o delle accondiscendenze degli altri capi sindacali alla ideologia della competizione.
Se Obama accettasse di apprendere la struttura profonda di un sistema complesso e le sue dinamiche evolutive, scoprirebbe modalità di Governo completamente diverse, capaci di realizzare una democrazia completa e non quel suo surrogato oramai superato, perché inadatto alla attuale complessità del sociale, che è la democrazia rappresentativa. Questa nuova modalità di Governo che abbiamo definitivo “Sorgente Aperta” è quella che permette di riprogettare e realizzare le nuove macrostrutture della società: dalle istituzioni al modello di Welfare.
Ma Obama e Marchionne (o gli Obama e i Marchionne del futuro) accetteranno di apprendere la struttura profonda di un sistema complesso e le sue dinamiche evolutive, cioè abbracciare una nuova visione del mondo solo se esisterà un movimento di popolo capace di chiedere loro maggiore conoscenza e maggiore diversa progettualità. Se riusciremo davvero ad avviare il processo di costruzione di un Expo della Conoscenza.
Se non ci riusciremo ci dovremo accontentare di sogni generici e sogni costretti. Fino a che …
condivido in pieno la tua visione, anche se a volte penso che benvengano i sogni, anche se generici o costretti: leggevo oggi che uno dei candidati sindaci di Milano sottolinea la sua capacità di parlare "delle persone, dei loro bisogni e delle loro necessità". Può essere già qualche cosa in un Paese in cui si parla di bisogni di alcune persone, ma si può costruire il futuro di una città, (anzi, della principale città italiana, da sempre locomotiva dello sviluppo economico, sociale, culturale del Paese), solo partendo dai bisogni espressi dalle persone? non so a chi spetti il ruolo di sviluppo della città, se alla politica o ai singoli, ma sicuramente una vision del futuro della città non può non essere anche politica, per meglio indirizzare e concentrare gli investimenti: Milano città industriale? centro del design? (ancora per quanto?) città turistica? (per quale target?) polo scientifico? polo sanitario? ecc.
RispondiEliminaleggevo anche in Benjamin Barber (nel saggio consumati. da cittadini a clienti)come il capitaliemo abbia avuto "la capacità di soddisfare reali bisogni di massa e quindi aveva una utilità sociale, che si conciliava con l'arricchimento privato", ma "di fronte al rischio di una crisi di crescita, il capitalismo si è messo a produrre bisogni ancora prima di produrre beni". quindi non basta ascoltare i bisogni della gente, a volte creati ad arte dall'economia del mercato, ma abbiamo bisogno di un sogno, di una vision su cui concentrare le richieste di sviluppo e di investimenti e per la quale accettare eventuali disagi e ...la fatica del cambiamento.
Cesare Sacerdoti