domenica 7 novembre 2010

Nicolas Bourbaki, e i nostri leader … Da Berlusconi a Marchionne, passando da Bersani e dai rottamatori


Sull’inserto domenicale del Sole 24 Ore (domenica 7 novembre 2010) leggo la storia di Nicolas Bourbaki, nome collettivo con il quale un gruppo di giovani matematici, per lo più francesi, tra la fine degli anni trenta e gli inizi degli anni sessanta del secolo scorso ha provato a riscrivere tutta la matematica. Il loro portavoce è stato, a lungo, Jean Alexandre Eugène Diedonné, che l’autore dell’articolo non cita.
A quanto riferisce il “The Princeton Companion book of mathematics”, pag. 824, il gruppo è ancora attivo nella prima decade di questo nuovo secolo

Ho comprato anch’io i volumi di Bourbaki, anche se quando frequentavo l’università nessuno me ne aveva parlato… Era “strano” volevo capire fino in fondo… E l’approccio di Bourbaki mi piaceva molto… anche se poi molta acqua è passata sotto i ponti.
Bourbaki appartiene all’età strutturalista. Il suo approccio è poi stato “superato” da altri approcci fondazionali, come la teoria delle categorie… Ok, non è il caso di andare oltre con l’approfondimento.

Ma perché parlo di Bourbaki?
Perché è un caso interessante di processo di creazione sociale di conoscenza. Quello di cui, credo, abbiamo bisogno oggi: attivare nuovi ed intensi processi di creazione sociale di un’immagine condivisissima di una nuova società da costruire, poi, tutti insieme.

Il metodo Bourbaki?
Riporto la sintesi che ne propone l’autore del pezzo (Ireno Iremunien che non conosco, forse anche questo un “nome d’arte” come Bourbaki?)
“Ogni questione veniva discussa da tutti, poi sintetizzata per iscritto da un membro del gruppo, quindi confutata e riscritta ben altre due volte da altri membri, e ancora sottoposta a critiche ed emendata. Ogni decisione teorica (come quella di introdurre il simbolo Ø per indicare l’insieme vuoto, nota mia), andava presa all’unanimità. Ciò perché, per quanto le menti fossero tante, alla fine di ogni confronto dovevano pensare come una sola. Quella di Nicolas Bourbaki.”

Confrontate questo metodo con il metodo con il quale oggi si confrontano i programmi politici tra di loro. Si considerano alternativi, altrimenti non sarebbero utili come strumento di competizione elettorale, una competizione elettorale permanente effettiva. Si considerano ferocemente alternativi. Ed anche quando la forza dei problemi e l’evidenza delle soluzioni costringe tutti a guardare nella stessa direzione, si cerca ugualmente e disperatamente di differenziarsi con l’arma estrema  della demonizzazione “Sì, anche gli altri dicono cose giuste, ma non le credono e non le metteranno in pratica”.
Poi... i programmi politici vengono redatti da qualche élite e vengono sviluppati in ottica di marketing. Cioè con l’obiettivo della “captatio benevoletiae” degli elettori, anche a costo di assecondarne i più primitivi  istinti...

Si potrebbe dire molto altro, ma a tutti è evidente che il “Metodo Bourbaki” non è quello adottato né dai vecchi politici (Berlusconi e Bersani, ma anche Fini e Casini), né dai nuovi politici come i rottamatori. Forse questi ultimi (come Obama) sono più “idealisti”, ma non sono meno superficiali, altro che approfondimenti quasi infiniti. “Yes we can” e via andare. E se poi chiedete cosa possiamo fare, ad esempio, per il lavoro, allora la voce tonante diventa balbettio.
O rimane tonate come quella di Marchionne, ma tonante e superba, ben lontana dall’ascoltare anche la conoscenza disponibile che, come la sistemica quantistica, potrebbe aiutare ad impostare in modo radicalmente diverso, ad esempio, il problema del lavoro.

Ma il metodo Bourbaki è solo necessario, ma non sufficiente, per usare un linguaggio matematico. Occorre andare oltre. Noi, come i nostri lettori sanno, abbiamo sviluppato un metodo più articolato e più pratico per costruire progetti insieme. E, crediamo che il costruire progetti insieme sia la nuova forma di democrazia da sostituire a quella della scelta tra programmi costruiti da pochi.

Abbiamo definito questo metodo “Sorgente Aperta”. E’ fondato su sette principi:

1 La vastità e la profondità dello sguardo: il giardino di casa o una nuova società?
2 L’umiltà della ricerca: vi sono domande, ma non risposte.
3 Il desiderio di essere ovunque … con domande di senso.
4 Il dovere della proposta
5 La responsabilità della sintesi
6 La profezia dell’azione
7 La suggestione del racconto.
Essi sono lo strumento per ogni progettualità: dalla costruzione di una nuova società alla formulazione della strategia di un’impresa. Fino alla formazione delle nuove generazioni. Potrebbe anche servire a costruire nuove e più intense esperienze sulla scia di quella profetica di Bourbaki.
Immaginate l’incontro dei rottamatori fondato su questi principi …

Ah... dimenticavo… negli anni seguenti la seconda guerra mondiale, si sono inaugurati i “Bourbaki Seminars”: il primo a Parigi nel 1948. Nello stesso periodo in cui si sono tenute le Macy Conferences di cui abbiamo spesso parlato… Dopo la guerra, un periodo di rinascita è stato  segnato da grandi Eventi culturali. La nostra rinascita potrebbe essere davvero ritmata dall’Expo della Conoscenza.

1 commento:

  1. La riflessione è incoraggiante.Il presupposto giusto e sacrosanto. Credo anche che i rottamatori le catene del conformismo e del politicismo allo stremo le vogliano veramente spezzare. Ma c'è un contesto culturale,un Paese Italia con il quale fare i conti.C'è una forma mentis che noi tutti sappiamo qual è.Vogliamo cominciare dal lassismo?...

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.