Sull’inserto domenicale del Sole 24 Ore (domenica 7 novembre 2010) leggo la storia di Nicolas Bourbaki, nome collettivo con il quale un gruppo di giovani matematici, per lo più francesi, tra la fine degli anni trenta e gli inizi degli anni sessanta del secolo scorso ha provato a riscrivere tutta la matematica. Il loro portavoce è stato, a lungo, Jean Alexandre Eugène Diedonné, che l’autore dell’articolo non cita.
A quanto riferisce il “The Princeton Companion book of mathematics”, pag. 824, il gruppo è ancora attivo nella prima decade di questo nuovo secolo
Ho comprato anch’io i volumi di Bourbaki, anche se quando frequentavo l’università nessuno me ne aveva parlato… Era “strano” volevo capire fino in fondo… E l’approccio di Bourbaki mi piaceva molto… anche se poi molta acqua è passata sotto i ponti.
Bourbaki appartiene all’età strutturalista. Il suo approccio è poi stato “superato” da altri approcci fondazionali, come la teoria delle categorie… Ok, non è il caso di andare oltre con l’approfondimento.
Ma perché parlo di Bourbaki?
Il metodo Bourbaki?
Riporto la sintesi che ne propone l’autore del pezzo (Ireno Iremunien che non conosco, forse anche questo un “nome d’arte” come Bourbaki?)
“Ogni questione veniva discussa da tutti, poi sintetizzata per iscritto da un membro del gruppo, quindi confutata e riscritta ben altre due volte da altri membri, e ancora sottoposta a critiche ed emendata. Ogni decisione teorica (come quella di introdurre il simbolo Ø per indicare l’insieme vuoto, nota mia), andava presa all’unanimità. Ciò perché, per quanto le menti fossero tante, alla fine di ogni confronto dovevano pensare come una sola. Quella di Nicolas Bourbaki.”
Confrontate questo metodo con il metodo con il quale oggi si confrontano i programmi politici tra di loro. Si considerano alternativi, altrimenti non sarebbero utili come strumento di competizione elettorale, una competizione elettorale permanente effettiva. Si considerano ferocemente alternativi. Ed anche quando la forza dei problemi e l’evidenza delle soluzioni costringe tutti a guardare nella stessa direzione, si cerca ugualmente e disperatamente di differenziarsi con l’arma estrema della demonizzazione “Sì, anche gli altri dicono cose giuste, ma non le credono e non le metteranno in pratica”.
Poi... i programmi politici vengono redatti da qualche élite e vengono sviluppati in ottica di marketing. Cioè con l’obiettivo della “captatio benevoletiae” degli elettori, anche a costo di assecondarne i più primitivi istinti...
Si potrebbe dire molto altro, ma a tutti è evidente che il “Metodo Bourbaki” non è quello adottato né dai vecchi politici (Berlusconi e Bersani, ma anche Fini e Casini), né dai nuovi politici come i rottamatori. Forse questi ultimi (come Obama) sono più “idealisti”, ma non sono meno superficiali, altro che approfondimenti quasi infiniti. “Yes we can” e via andare. E se poi chiedete cosa possiamo fare, ad esempio, per il lavoro, allora la voce tonante diventa balbettio.
O rimane tonate come quella di Marchionne, ma tonante e superba, ben lontana dall’ascoltare anche la conoscenza disponibile che, come la sistemica quantistica, potrebbe aiutare ad impostare in modo radicalmente diverso, ad esempio, il problema del lavoro.
Ma il metodo Bourbaki è solo necessario, ma non sufficiente, per usare un linguaggio matematico. Occorre andare oltre. Noi, come i nostri lettori sanno, abbiamo sviluppato un metodo più articolato e più pratico per costruire progetti insieme. E, crediamo che il costruire progetti insieme sia la nuova forma di democrazia da sostituire a quella della scelta tra programmi costruiti da pochi.
Abbiamo definito questo metodo “Sorgente Aperta”. E’ fondato su sette principi:
1 La vastità e la profondità dello sguardo: il giardino di casa o una nuova società?
2 L’umiltà della ricerca: vi sono domande, ma non risposte.
3 Il desiderio di essere ovunque … con domande di senso.
4 Il dovere della proposta
5 La responsabilità della sintesi
6 La profezia dell’azione
7 La suggestione del racconto.
Essi sono lo strumento per ogni progettualità: dalla costruzione di una nuova società alla formulazione della strategia di un’impresa. Fino alla formazione delle nuove generazioni. Potrebbe anche servire a costruire nuove e più intense esperienze sulla scia di quella profetica di Bourbaki.
Immaginate l’incontro dei rottamatori fondato su questi principi …
Ah... dimenticavo… negli anni seguenti la seconda guerra mondiale, si sono inaugurati i “Bourbaki Seminars”: il primo a Parigi nel 1948. Nello stesso periodo in cui si sono tenute le Macy Conferences di cui abbiamo spesso parlato… Dopo la guerra, un periodo di rinascita è stato segnato da grandi Eventi culturali. La nostra rinascita potrebbe essere davvero ritmata dall’Expo della Conoscenza.
La riflessione è incoraggiante.Il presupposto giusto e sacrosanto. Credo anche che i rottamatori le catene del conformismo e del politicismo allo stremo le vogliano veramente spezzare. Ma c'è un contesto culturale,un Paese Italia con il quale fare i conti.C'è una forma mentis che noi tutti sappiamo qual è.Vogliamo cominciare dal lassismo?...
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