martedì 2 novembre 2010

Marcegalia, Guidi e Bloch .. Ma sì, il filosofo


Stamattina (31 ottobre 2010) leggiucchiando: dal Sole 24 Ore al Corriere alla ultima edizione della Enciclopedia Filosofica Bompiani... Le cose che non vanno e le soluzioni che sono peggio.
La denuncia, indignazione da parte di Emma Marcegaglia e Federica Guidi perché in Italia non si fanno le riforme che potrebbero rilanciare il Paese perchè i politici sono affaccendati nelle loro beghe (che sono sempre meno nobili) di potere.
Per carità, le due Signore dell’industria italiana hanno certamente ragione: alle liti sarebbe meglio una azione riformatrice che ridesse competitività alle imprese di questo Paese.
Ma… poi ripensandoci, no, non hanno ragione! Meglio: certamente occorre piantarla subito con liti che diventano sempre più squallide. Ma non serve pensare a riforme e competitività.
Tesi ardita, ma inevitabile. E’ guardando ad essa che riusciremo a costruire un nuovo sviluppo …
Provo a dettagliare ...
E, per fare questo, partirei da Bloch. A pag. 1324 del secondo volume, alla voce “Bloch” firmata da G. Cunigo si legge “L’antropologia come fenomenologia della coscienza utopica è uno degli apporti essenziali di Bloch alla filosofia del ‘900”. A me sembra proprio una descrizione, anche se in linguaggio "professionale”, del modo di essere e di operare dell’imprenditore: un costruttore di mondi sognati, che ancora non esistono e che hanno come obiettivo la maggiore felicità di tutti. Shumpeter è stato più concreto parlando di distruzione creativa, ma voleva dire la stessa cosa. Due settimane fa sono andato a trovare un imprenditore che forse non ha letto Bloch, ma che mi ha detto la stessa cosa in altro modo. Da un lato, dichiarando che non ci sono più imprenditori. E, dall’altro, mostrandomi la sua azienda come profezia dell’automazione realizzata. “Io aiuto le imprese a produrre anche gli oggetti più piccoli e difficili in modo automatizzato. Sono un aiuto ‘competitivo’molto più efficace del costo del lavoro”. Sono andato a guardare i suoi bilanci: grande patrimonio e rilevante liquidità. Non gli interessano le banche, la restrizione del credito e cosette simili…
Guardiamo in questa luce le strategie delle riforme e della competitività. Le riforme e la competitività non sono strategie di creazione imprenditoriale. Sono solo strategie di miglioramento del funzionamento di imprese e Stato. Sono strategie che hanno il compito di far funzionare meglio l’economia e la società attuali. Ma noi non abbiamo bisogno di far funzionare meglio questa economia e questa società. Noi dobbiamo costruite una nuova economia in una nuova società. Allora, ogni tentativo di far funzionare meglio questa società è controproducente. Allora, parlare di riforme e competitività è come mettere la testa sotto la sabbia attendendo che tutto ritorni come prima.
In molti post dei nostri blog, questa proposizione è stata esposta in dettaglio. Nella sua forma più compiuta è stata descritta nel libro “Un Expo della conoscenza per fare emergere una nuova società”. La stessa tesi è stata proposta da molti altri. Tra gli italiani, il compianto Giampaolo Fabris e Marco Vitale. Non mi dilungo quindi, ma propongo solo un esempio e, poi, provo a generalizzarlo un pizzico.
La “vecchia” 500 è stata un prodotto profetico, cioè un prodotto che costituiva un ologramma di una nuova società. Acquistare la 500 era come entrare in questa nuova società. La “nuova” 500 è stata solo una splendida operazione di restyling e di marketing, ma essa non rappresenta alcuna nuova società, anzi sembra il canto del cigno della vecchia società industriale che si rifugia nella comunicazione per mancanza di contenuti.
Costruire una nuova economia significa far sì che nasca una nuova generazione di imprese: nuove imprese e vecchie completamente reinventate.
Allora, la tesi delle due Signore, ma non solo di loro, è ingenua. Meglio conservatrice: indicano tutto quello che serve per lasciare il mondo come è. Se mi posso permettere: per lasciare il mondo come glielo hanno lasciato i padri.
Allargando il discorso, anche l’attuale dramma del lavoro è frutto di una attenzione spasmodica alla competitività ed di una rinuncia quasi completa alla imprenditorialità. L’imprenditore di cui ho detto non genera problemi ai suoi dipendenti, anzi… La FIAT sta soccombendo al totem della competitività attraverso l’imitazione. Non sto criticando la mancanza di nuovi modelli, ma il fatto che hanno eretto a mito insuperabile un sistema di produzione (il sistema Toyota) che ha oramai decine di anni e che ha gravissimi limiti. E, così, costruendo totem è costretta ad una continua escalation di richieste ai lavoratori in cambio di salari che, nella migliore delle ipotesi, cresceranno sempre meno.
Ma, come fare a riattivare quella stesse imprenditorialità non solo economica, ma sociale, politica, culturale?
La risposta è semplice, ma non breve. Richiede un ragionare su come si sviluppano i sistemi complessi come l’uomo,  l’impresa, i mercati, la società. E su come gestire questi loro processi evolutivi. Per imprenditori, lavoratori e banche, i soggetti più interessati ad una nuova imprenditorialità economica serve quella nuova cultura strategica che stiamo sviluppando e della quale parliamo in dettagli nel nostro blog imprenditorialitaumentata

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.