martedì 16 novembre 2010

Il Papa, l’Expo come cammino e tutti noi


Il discorso di domenica di Papa Benedetto XVI è stato accolto con grande sorpresa dal mondo laico. Con meno sorpresa, ma certo non con indifferenza dal mondo cattolico.

Si tratta di un messaggio contenutisticamente importante che si unisce a quello di tutti coloro che stanno tentando di dire che la crisi scatenatasi due anni fa, non è frutto di una grave, ma localizzata crisi finanziaria. Ma è solo il sintomo di una crisi complessiva che richiede un vero e proprio cambio di civiltà.

Nel mio piccolo, nel capitolo introduttivo del mio libro “Un Expo della Conoscenza per fare emergere una nuova società”, contribuisco ad approfondire questa tesi scrivendo:

“Io credo, invece, che  la crisi finanziaria sia stata il classico “piovere sul bagnato”. Ma poiché è stato uno scrosciare intenso ed improvviso, ci siamo dimenticati che stavamo già ben bene impantanati … Infatti, non una, ma mille altre crisi, stanno affliggendo da tempo l’uomo (tutti gli uomini della terra senza distinzione di sesso, età, religione, origine e quant’altro), gli attori collettivi (economici, sociali, politici, istituzionali e culturali, locali, nazionali ed internazionali) e la natura.
Siamo immersi in una ecologia di tante crisi che si sovrappongono, intrecciano, si aggravano reciprocamente. Esse generano un disagio (materiale ed esistenziale) profondo e crescente sia nell’uomo che nella natura.
Il disagio profondo c’era prima della crisi finanziaria. Essa l’ha certamente aggravato. Oggi, quando la crisi finanziaria sembra attenuarsi (ma è una illusione perché appena sembra sciogliersi, poi, si ripropone immediatamente in mille nuove versioni), questo disagio profondo si guarda bene dallo scomparire, ma continua a crescere, giorno dopo giorno.”

Partendo da questi presupposti, la prima riflessione che viene in mente è che uno dei “valori” che la politica persegue, gli economisti osannano e i media ripetono pappagallescamente, è assolutamente sciocco. Parlo del “valore” della stabilità. Qualcuno riesce a spiegarmi come sia possibile iniziare il grande cambiamento di civiltà necessario, mentre tutta la classe dirigente politica, economica ed istituzionale persegue il “valore” della stabilità?

 Ma lasciamo questa pur doverosa, polemica ed andiamo avanti. Come costruire una nuova civiltà? Forse preferirei usare l’espressione più modesta di una “nuova società”…

Innanzitutto, osservando che il discorso del Papa rivela che la convinzione che sia necessario costruire una nuova società è diffusa in tutta la vasta Comunità dei credenti.
Mi scuso per il piccolo intermezzo teologico che mi permetto di fare. Ma è indispensabile per capire quanto profondo significato comunitario abbia il discorso del Papa. La vulgata comune vede la Chiesa Cattolica come una Comunità ideologica, fondata su Dogmi indiscutibili. La Chiesa è, invece, una Comunità in cammino verso la Verità. Oggi ne possiede solo frammenti (le poche affermazioni che la Chiesa considera Dogma) che, con l’assistenza dello Spirito, fa crescere ogni giorno nell’imitazione di Cristo. Allora, la parola del Papa è la sintesi (il Papa è il Protagonista di questa sintesi) ex post di questo cammino. Il Dogma è l’espressione della sintesi che la Chiesa Docente opera sull’esperienza di vita, tra Cristo e lo Spirito, della Comunità ecclesiale. L’ultimo Dogma proclamato dalla Chiesa Cattolica (Maria Assunta in cielo, Pio XII, primi anni ’50) è fondato proprio sul fatto che, se la Comunità cattolica, ispirata dallo Spirito nel suo verso l’incontro con Cristo Verità alla fine della storia, ha da sempre creduto spontaneamente che Maria è stata Assunta in cielo, questo deve essere per forza vero.

Se è diffuso in tutta la comunità dei credenti, la stessa comunità è certamente un  alleato forte, deciso, ispirato per costruire questa nuova società che è indispensabile. Non siamo soli.

Se tanti sono uniti nel voler concretamente e profondamente cambiare il mondo, allora la domanda “Come fare?” diventa sempre più forte, urgente …

Ecco la mia proposta. Non è la descrizione di come io penso debba essere una nuova società. Ma è la proposta di un cammino per arrivarci. E il cammino ha l’Expo 2015 come Evento simbolo.

L’Expo 2015 propone il tema chiave dell’alimentazione. La soluzione a questo problema non può essere tecnica, ma deve essere l’ologramma di una nuova società.
Allora, il processo di preparazione dell’Expo deve essere un tempo nel quale viene a formarsi l’immagine della nuova società che riuscirà a sfamare tutti i suoi membri.

Ma da dove partire? Io credo che occorra riflettere sul fondamento ultimo della società industriale e cambiare quello. Il fondamento ultimo della società industriale è costituito dalla prima “edizione” del pensiero  scientifico che Galileo ha riassunto nella famosa espressione “Sensate Esperienze e certe dimostrazioni”. Per cambiare la società industriale è necessario sostituire questo fondamento. Nel corso degli ultimi due secoli sono emersi frammenti di una seconda “edizione” del pensiero scientifico, ma non ancora una sintesi compiuta. Questi frammenti indicano che il nuovo pensiero scientifico non si contrapporrà più al pensiero mistico-religoso, ma risuonerà con esso in una nuova sinfonia umana.

Allora, il primo passo dell’Expo 2015 potrebbe essere quello di organizzare un Expo della Conoscenza a livello mondale che dovrebbe raccogliere tutti questi frammenti di una nuova visione del mondo, tentandone una sintesi.
Questo Expo della Conoscenza fornirebbe alla costruzione dei contenuti dell’Expo la materia prima indispensabile.

Faccio un solo, piccolo esempio, ma mille altri potrebbero essere proposti. Si è deciso di costruire cinque padiglioni ognuno dei quali rappresenta uno degli ecosistemi fondamentali del pianeta terra. Credo che sarebbe possibile ascoltare uno dei frammenti del nuovo pensiero scientifico rappresentato dall’ipotesi Gaia formulata dal James Lovelock nel 1979. Essa immagina la Terra come un unico organismo vivente. Allora i cinque padiglioni potrebbero trovare una loro sintesi in un padiglione dedicato a Gaia. La prospettiva di Gaia permetterebbe di pensare con nuovo spirito al problema dell’alimentazione.

Un Expo della Conoscenza farebbe, anche immediatamente, di Milano il luogo dove inizia la riprogettazione complessiva della nuova società prossima ventura. L’Expo 2015 ne sarebbe l’Evento Simbolo, ma il cammino non si fermerebbe con l’Expo, ma proseguirebbe senza soluzione di continuità. Fino a creare una vera e nuova economia della conoscenza, che avrebbe come suo baricentro la città di Milano.

Che ne pensano di tutto questo tutti coloro che, con buona volontà, stanno tentando di sillabare, balbettando, la storia di un nuovo mondo?

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.