lunedì 22 novembre 2010

Expo 2015 al di là della sostenibilità … per forza!


La mia riflessione parte da una ipotesi che, credo, sia condivisa: la società attuale (la società industriale) ha chiuso il suo ciclo vitale. E’ diventata strutturalmente insostenibile. E’, quindi, necessario costruirne un’altra. Un nuovo sviluppo avverrà attraverso un nuovo modello di società, radicalmente diverso da quello attuale.

La parola, il valore della sostenibilità serve a sintetizzare le ragioni per le quali la società attuale non può più permetterci di costruire un nuovo sviluppo. Ma non può servire a scoprire quale nuovo sviluppo sia possibile ed a costruirlo. Anzi, rischia di diventare una delle tante parole “valigia” all’interno della quale si riesce a far stare tutto e il contrario di tutto. Un valore retorico da proclamare nei convegni e non da declinare nella pratica.

A sostenere questa tesi vi sono moltissime ragioni.

La sostenibilità è una condizione necessaria, un vincolo per la nuova società. Ma lo sviluppo non è mai stato costruito partendo da condizioni necessarie. Partendo da condizioni necessarie, si riescono solo a sviluppare sistemi di regole senza anima. Sistemi di regole  che non siano inseriti in un progetto specifico e condiviso di società (senz’anima appunto) possono, al massimo, ottenere un rispetto formale (forse anche diffuso) delle regole, ma non innescano alcun cambiamento del modello complessivo di società.
Anzi scatenano effetti collaterali negativi.
Il primo è un gioco del tipo “guardia e ladri”. Un gioco dove persone ed organizzazioni  si impegnano a rispettare la forma delle regole, ma nella sostanza cercano di perpetuare i comportamenti di sempre. Per contrastare questo “aggiramento” ci si richiama all’etica e si cerca di rendere il sistema di vincoli più stringenti. Ma così si casca, da un lato, nella retorica dei Convegni e, dall’altro, si creano distorsioni nel funzionamento dei meccanismi della società attuale senza crearne dei nuovi.
Il secondo è quello di coagulare in attori sociali tutti coloro che ideologicamente sono contrari alla società industriale. La risorsa  nutrimento di questi attori sociali è costituita proprio da valori (come quello della sostenibilità) che, essendo strutturalmente un valore vincolo, permettono di attuare strategie di caccia al colpevole, di ricerca di complotti e, conseguentemente, di denuncia continua senza l’onere della proposta.

“Sostenibilità” fa rima con conservazione e genera suggestioni regressive. Fa rima con conservazione, perché invita a rendere sostenibile quello che oggi esiste, ma non a costruire una nuova società. Non esclude la regressione: livelli molto inferiori agli attuali di popolazione e benessere sono molto più sostenibili. Al limite, la scomparsa dell’uomo sarebbe il modo migliore per costruire sostenibilità. Non ci sarebbe più nulla che dovrebbe verificare se la sua presenza è sostenibile dalla Natura …

Ma esiste anche un argomento di grande forza scientifica che dovrebbe spingere definitivamente tutti al di là della sostenibilità. Riassume gli argomenti precedenti e indica una nuova via da percorrere. Viene da quella nuova scienza che è la sistemica. Un sistema complesso, non semplice come una macchina, ha come caratteristica fondamentale quello di una evoluzione continua. Le forme di questa evoluzione possono essere molto diverse, ma che un sistema complesso non riesca a stare fermo è indiscutibile. La Natura, il sistema complesso per eccellenza, ha una sua evoluzione inarrestabile, non è conservatrice. Costruire una società sostenibile significa, almeno, costruire una società che riesce a rincorrere questa evoluzione … che, ovviamente,  occorrerebbe prima conoscere nei dettagli, altrimenti come si può seguirla?
Ma suona un po’ ridicolo un modello sociale continuamente all’inseguimento.
Allora, più seriamente, occorrerà cercare un’altra via. Il punto di partenza è il fatto che l’attività umana oramai non può che interferire profondamente con le dinamiche di funzionamento e di evoluzione della Natura. Allora, occorre costruire un grande progetto di futuro che descriva e guidi contemporaneamente lo sviluppo della natura e di quella natura artificiale che è la società umana.
Un criterio guida per costruire questa evoluzione è che essa la futura Natura/Società sia giudicata bella ed equa.

Come costruire questo nuovo grande progetto di futuro?
Io conosco il punto di partenza: un Expo della Conoscenza, dove si radunano tutte le nuove conoscenze che possono costituire il linguaggio e suggerire il processo per progettare questa nuova Natura/Società. I dettagli di questa mia proposta sono descritti nel post di Venerdì 10 novembre “Una nuova conoscenza per costruire una nuova società”.

Come “corollario” di questo discorso vi sarebbe anche il fatto che un Expo della conoscenza sarebbe anche lo strumento per costruire contenuti rivoluzionari per l’Expo 2015 e farne il  vero Evento di avvio del terzo millennio.

Mi immagino mille obiezioni alla mia proposta. Mi piacerebbero che fossero espresse nel blog per poterne discutere. Ma una mi sembra inevitabile. Ma perché invece di scatenare voli pindarici, non si segue la politica della concretezza? Dei piccoli passi?
La mia risposta a questa obiezione è la seguente.
Innanzitutto, la concretezza non è un giudizio oggettivo, ma sta nella testa di chi guarda. Una persona giudica concreto quello che conosce. E, poi, anche il progetto più piccolo, è un ologramma di un modello sociale complessivo. Il problema è che questo significato complessivo ulteriore non compare mai. E si rischia di costruire progetti apparentemente concreti, ma profondamente conservatori che contribuiscono a rafforzare il modello sociale attuale.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.