La mia riflessione parte da una ipotesi che, credo, sia condivisa: la società attuale (la società industriale) ha chiuso il suo ciclo vitale. E’ diventata strutturalmente insostenibile. E’, quindi, necessario costruirne un’altra. Un nuovo sviluppo avverrà attraverso un nuovo modello di società, radicalmente diverso da quello attuale.
La parola, il valore della sostenibilità serve a sintetizzare le ragioni per le quali la società attuale non può più permetterci di costruire un nuovo sviluppo. Ma non può servire a scoprire quale nuovo sviluppo sia possibile ed a costruirlo. Anzi, rischia di diventare una delle tante parole “valigia” all’interno della quale si riesce a far stare tutto e il contrario di tutto. Un valore retorico da proclamare nei convegni e non da declinare nella pratica.
La sostenibilità è una condizione necessaria, un vincolo per la nuova società. Ma lo sviluppo non è mai stato costruito partendo da condizioni necessarie. Partendo da condizioni necessarie, si riescono solo a sviluppare sistemi di regole senza anima. Sistemi di regole che non siano inseriti in un progetto specifico e condiviso di società (senz’anima appunto) possono, al massimo, ottenere un rispetto formale (forse anche diffuso) delle regole, ma non innescano alcun cambiamento del modello complessivo di società.
Anzi scatenano effetti collaterali negativi.
Il primo è un gioco del tipo “guardia e ladri”. Un gioco dove persone ed organizzazioni si impegnano a rispettare la forma delle regole, ma nella sostanza cercano di perpetuare i comportamenti di sempre. Per contrastare questo “aggiramento” ci si richiama all’etica e si cerca di rendere il sistema di vincoli più stringenti. Ma così si casca, da un lato, nella retorica dei Convegni e, dall’altro, si creano distorsioni nel funzionamento dei meccanismi della società attuale senza crearne dei nuovi.
Il secondo è quello di coagulare in attori sociali tutti coloro che ideologicamente sono contrari alla società industriale. La risorsa nutrimento di questi attori sociali è costituita proprio da valori (come quello della sostenibilità) che, essendo strutturalmente un valore vincolo, permettono di attuare strategie di caccia al colpevole, di ricerca di complotti e, conseguentemente, di denuncia continua senza l’onere della proposta.
“Sostenibilità” fa rima con conservazione e genera suggestioni regressive. Fa rima con conservazione, perché invita a rendere sostenibile quello che oggi esiste, ma non a costruire una nuova società. Non esclude la regressione: livelli molto inferiori agli attuali di popolazione e benessere sono molto più sostenibili. Al limite, la scomparsa dell’uomo sarebbe il modo migliore per costruire sostenibilità. Non ci sarebbe più nulla che dovrebbe verificare se la sua presenza è sostenibile dalla Natura …
Ma esiste anche un argomento di grande forza scientifica che dovrebbe spingere definitivamente tutti al di là della sostenibilità. Riassume gli argomenti precedenti e indica una nuova via da percorrere. Viene da quella nuova scienza che è la sistemica. Un sistema complesso, non semplice come una macchina, ha come caratteristica fondamentale quello di una evoluzione continua. Le forme di questa evoluzione possono essere molto diverse, ma che un sistema complesso non riesca a stare fermo è indiscutibile. La Natura, il sistema complesso per eccellenza, ha una sua evoluzione inarrestabile, non è conservatrice. Costruire una società sostenibile significa, almeno, costruire una società che riesce a rincorrere questa evoluzione … che, ovviamente, occorrerebbe prima conoscere nei dettagli, altrimenti come si può seguirla?
Ma suona un po’ ridicolo un modello sociale continuamente all’inseguimento.
Allora, più seriamente, occorrerà cercare un’altra via. Il punto di partenza è il fatto che l’attività umana oramai non può che interferire profondamente con le dinamiche di funzionamento e di evoluzione della Natura. Allora, occorre costruire un grande progetto di futuro che descriva e guidi contemporaneamente lo sviluppo della natura e di quella natura artificiale che è la società umana.
Un criterio guida per costruire questa evoluzione è che essa la futura Natura/Società sia giudicata bella ed equa.
Come costruire questo nuovo grande progetto di futuro?
Io conosco il punto di partenza: un Expo della Conoscenza, dove si radunano tutte le nuove conoscenze che possono costituire il linguaggio e suggerire il processo per progettare questa nuova Natura/Società. I dettagli di questa mia proposta sono descritti nel post di Venerdì 10 novembre “Una nuova conoscenza per costruire una nuova società”.
Come “corollario” di questo discorso vi sarebbe anche il fatto che un Expo della conoscenza sarebbe anche lo strumento per costruire contenuti rivoluzionari per l’Expo 2015 e farne il vero Evento di avvio del terzo millennio.
Mi immagino mille obiezioni alla mia proposta. Mi piacerebbero che fossero espresse nel blog per poterne discutere. Ma una mi sembra inevitabile. Ma perché invece di scatenare voli pindarici, non si segue la politica della concretezza? Dei piccoli passi?
La mia risposta a questa obiezione è la seguente.
Innanzitutto, la concretezza non è un giudizio oggettivo, ma sta nella testa di chi guarda. Una persona giudica concreto quello che conosce. E, poi, anche il progetto più piccolo, è un ologramma di un modello sociale complessivo. Il problema è che questo significato complessivo ulteriore non compare mai. E si rischia di costruire progetti apparentemente concreti, ma profondamente conservatori che contribuiscono a rafforzare il modello sociale attuale.
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