Cesare Sacerdoti
c.sacerdoti@cse-crescendo.com
Seguendo i dibattiti post
elettorali ho avuto la sensazione che i leader politici siano concentrati a
definire il nuovo nemico, già pensando alla prossima campagna elettorale. Il
dibattito infatti non scorre sui contenuti, ma sugli atteggiamenti di questo o
quel rappresentante politico, senza comprendere, senza prendere atto, ancora
una volta, delle vere istanze che stanno dietro il voto dei cittadini.
Nel bene o nel male, l’Italia sta
vivendo una nuova “rivoluzione” pacifica (come quella, non compiuta, post
Tangentopoli). Francamente credo che questa sia una grande opportunità, da
difendere e a cui dare compimento positivo. Non dico di esserne orgogliosi, ma
non so quante altre Nazioni abbiano il coraggio di mettersi davvero in gioco. Purché si dia seguito positivamente a questa rivoluzione.
C’era chi voleva “mandare tutti a
casa” per un forte rinnovamento: oggi abbiamo un Parlamento fortemente
rinnovato, con un’età media dei Parlamentari molto bassa (la più bassa in
Europa), con una forte componente femminile. Quest’obiettivo, malgrado tutto è
stato raggiunto. E voglio non discutere dell’esperienza e delle competenze
degli eletti. Loro hanno in mano ora l’opportunità di riscrivere il prossimo
futuro del Paese.
La cosa per me drammatica è
sentire i leader sconfitti parlare di “il bene del Paese”: cos'è il bene del
Paese? Come lo si definisce? Secondo quale criterio? E’ il bene dell’Italia
(c’era chi diceva “il bene dell’Italia sono io”) o degli italiani?
Ma purtroppo, al momento, si
sente discutere solamente di provvedimenti “contro” qualcuno. Non si parla di
futuro: nessuno sta cercando di dare un nuovo sogno agli italiani. Non può
essere un sogno quello di “ridurre il costo della politica”; non può essere un
sogno neanche “la restituzione dell’Imu”; e ancor meno è un sogno la politica
dei tagli (che anzi per qualcuno può diventare un incubo).
Confondiamo i fini con i mezzi:
quelli sopra indicati possono essere al più strumenti attraverso cui passare
per perseguire una strategia.
In soldoni, mi chiedo, quanti posti
di lavoro creano tali provvedimenti? Di quanto crescerà il benessere degli
italiani? O vogliamo accontentarci di un’”Italia più giusta” in cui il
malessere sia più diffuso, secondo il noto proverbio del mal comune mezzo
gaudio (e mia nonna, saggia, aggiungeva “questo è il proverbio degli stupidi”)?
Negli stessi giorni un’altra
persona si sta interrogando sul “bene della Chiesa”. Ma lo fa partendo da
un’ottica completamente diversa: il Papa si domanda cosa Dio voglia da lui.
Cercando di astrarsi dal punto di vista religioso, lui si domanda cosa il fine
ultimo gli chieda di fare.
Ma qual è il fine, non dico
ultimo, ma a medio termine a cui si riferiscono i nostri leader politici?
Allora mi unisco all'autore del
post di ieri per invitarci a volare altissimi e a dotarci di strumenti che ci
permettano di farlo e propongo ai nuovi parlamentari, sperando che siano scevri
da ideologie, di dotarsi di quelle nuove risorse cognitive che permettano loro
di scrivere un nuovo sogno per gli italiani.
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