venerdì 21 ottobre 2011

Manifesto di ApEC (Associazione per l’Expo della conoscenza): la sua vision e la sua mission.

Una Associazione globalmente e continuativamente poietica per superare la crisi economica, sociale, politica, istituzionale, esistenziale che ci sta sovrastando, costruendo una nuova cultura ed una nuova società partendo da un intero universo di nuove conoscenze “trasgressive”.


Parte seconda

Solo nuove conoscenze diventano nuove culture e nuove società
 
Da dove partire?

Per rispondere a questa domanda basta evidenziare quali sono state le dinamiche di sviluppo della nostra società attuale: la risorsa poietica fondamentale è stata una conoscenza per quei tempi, profondamente trasgressiva.
Infatti, l’attuale società industriale è nata da una nuova visione del rapporto tra l’uomo ed il mondo che Galileo ha suggerito nelle sue linee essenziali. Partendo da questa nuova conoscenza (di una trasgressività letteralmente “cosmica”), attraverso un processo emergente (cioè non prescritto, ma dato da un numero limitato e variabile di regole) e spontaneo, si sono generati, contemporaneamente e sinergicamente, un grande sistema di pensieri (la scienza “classica”, ontologica e specialistica), e un modello di società culturalmente coerente (la società industriale, assimilata ad una macchina).

Parallelamente si è venuto formando un ideale di Governo di tipo dirigistico-specialistico (il Governo come calcolo ottimizzante che si è concretizzato nel management prometeico e in quella particolare forma di democrazia che è la democrazia rappresentativa).

L’obiettivo perseguito (e indiscutibilmente raggiunto) dai protagonisti spontanei (scienziati ed imprenditori) di questo processo emergente è stato quello di aumentare la qualità della vita (intesa come soddisfacimento sempre più esaustivo dei bisogni “igienici”) dell’uomo cercando, coerentemente con la visione suggerita da Galileo e progressivamente arricchitasi, un dominio sempre più completo sulla Natura attraverso la costruzione (con la tecnologia resa possibile dalla scienza) di una natura artificiale che fosse più accogliente di quella naturale.

Ma tutte le nuove culture e nuove società poi si spengono
Ma, poi, è accaduto che proprio il rilevante successo della società industriale e della cultura scientifica classica che ne è contemporaneamente ispiratrice e figlia, ne abbiano decretato la progressiva perdita di significato.

Infatti, da un lato, la società industriale non soltanto ha soddisfatto i bisogni igienici dell’uomo, ma ha creato un uomo nuovo che, risolto il problema del vivere, ha cominciato a desiderare di filosofare, come suggeriva il “maestro di coloro che sanno”.
Dall’altro, nel cuore della stessa scienza classica, sono nati, in ogni singola scienza naturale o umana, modelli, metafore e linguaggi che hanno mostrato i limiti di senso e di applicabilità della stessa scienza classica.
Indipendentemente da tutto questo, la società industriale si è scontrata, e si sta scontrando sempre di più, contro i limiti fisici della natura che non può sostenere una crescita continua del tipo di produzione e consumo propri della società industriale.

Purtroppo, non si è riusciti a riconoscere questa esigenza di superamento come necessaria e, ovviamente, non si sta cercando di soddisfarla. Anzi, sembra che l’unico spazio progettuale pensabile e praticabile sia il riparare.

E’ vero che stanno aumentando i luoghi e le occasioni di dialogo progettuale, ma non si sono, finora, trovate ispirazione, parole, visione profondamente nuove a cui fare riferimento. Si sono moltiplicati i luoghi ed i mezzi di discussione, ma non le parole con cui discutere.

Ripartiamo da una nuova conoscenza
Le dinamiche di sviluppo della società industriale ci suggeriscono la strada per avviare l’emergere di una nuova società e di una nuova cultura: innanzitutto è necessario buttare nell’agone sociale una nuova visione del rapporto tra uomo e mondo.
Si tratta di un passaggio fondamentale. Infatti, se non cambiamo i modelli, i linguaggi che usiamo, non possiamo immaginare mondi diversi. Possiamo solo rimescolare i mondi che conosciamo. Possiamo solo riparare e in nessun modo “rivoluzionare” nel senso che abbiamo precisato.

Le stesse dinamiche di sviluppo della società industriale, però, indicano una sfida ancora “misteriosa”: cosa fare per impedire che questa nuova società imbocchi una sua nuova via di spegnimento?

Per intraprendere la strada nota (ma non ancora percorsa) ed affrontare una sfida ancora misteriosa, abbiamo progettato quel cammino di costruzione collettiva che abbiamo denominato l’Expo della conoscenza.

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Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.