lunedì 24 ottobre 2011

Giavazzi, Alesina e il solito piccolo imprenditore

di
Francesco Zanotti


Credo che non ci sia punto di vista più sbagliato di quello presentato oggi sul Corriere della Sera di oggi lunedì 24 ottobre 2011 da Alesina e Giavazzi.
Sbagliato per due ragioni.
La prima è che si insiste su misure macro che non hanno alcun impatto sulla capacità di produrre cassa delle imprese. Oggi è solo l’aumento della capacità di produrre cassa delle imprese che può farci uscire dalla crisi. L’alternativa è che le imprese siano difese e mantenute dallo Stato, ma questo non sembra essere la soluzione più adatta ad una democrazia liberale. Per fare aumentare la capacità di produrre cassa delle imprese occorre fornire nuova conoscenza alle imprese stesse perché sappiano riprogettare la loro identità strategica. Chi abbia voglia di approfondire questa tesi, può leggersi il post di questo blog dal titolo: “Io piccolo imprenditore normale”.

La seconda ragione è ancora più grave: si chiede di eliminare la concertazione. In nome di una presuntuosa e presunta capacità di organi di Governo centralizzati (sia a livello di impresa, che di governo politico). In nome di una presunta efficacia ed efficienza decisionale.

Io credo … no! Non sono io che credo: sono tutte le più attuali conoscenze scientifiche (dalla matematica, alla meccanica quantistica, alle teorie dell’evoluzione, fino alle scienze sociali ed alla filosofia e, per finire e sintetizzare, alla “sistemica quantistica”) che affermano che un sistema complesso(come lo è una impresa o il sistema economico nel suo complesso) non sopporta alcun dirigismo.
Anzi, tutte queste conoscenze reclamano una forma di governo (ancora una volta: a tutti i livelli sistemici) che vada molto al di là della concertazione, ma sia una vera e propria guida ai processi di progettazione sociale. Mi fermo un attimo a livello di impresa e, siccome ho a che fare con accademici, vado con le citazioni. Tutti gli studi più attuali di strategia d’impresa (il libro di Steve Cummings “Images” ne è un’ottima sintesi) rivelano che i processi di sviluppo strategico non avvengono mai a seguito di una progettazione dall’atto, ma sono processi emergenti. Essi vanno guidati con una partecipazione progettuale intensa e diffusa che, anche grazie alle tecnologie attuali, non solo è possibile, ma è anche già praticata.

Io pubblicherò in uno dei primi numeri dell’anno prossimo su di una rivista internazionale di management un caso italiano di progettazione sociale del cambiamento strategico in una “impresa” di circa 10.000 addetti.

Caso mai, il problema è convincere il sindacato a lasciare posizioni conflittuali per partecipare non ad una cogestione (non si costruisce sviluppo partecipando alla gestione perché non c’è niente da gestire, ma tutto da rivoluzionare), ma da una vera e proprio progettazione sociale.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.