di
Francesco Zanotti
Sono poche e semplici la cose da fare per evitare di rivedere (certo in tono minore) i drammi degli anni ’70.
Innanzitutto, dobbiamo metterci in testa qualche banale (anche se dura) verità.
La prima è che dobbiamo piantarla di pensare ad aggiustare il mondo attuale: è necessario riprogettarlo da capo. Purtroppo stiamo ancora a discutere della crisi finanziaria. Essa è solo una manifestazione, un sintomo di una crisi più complessiva. Curare il sintomo invece della malattia (un modello sociale complessivo che ha esaurito la sua funzione storica) è un delitto di lesa umanità.
La seconda cosa di cui ci dobbiamo convincere è che noi, generazione oggi al potere (i leader economici, sociali, politici e culturali attuali), non siamo assolutamente in grado nè di progettare un nuovo modello sociale, né di gestire la progettazione.
Forti di queste due nuove convinzioni, cosa possiamo fare noi che continuiamo ad essere classe dirigente?
La mia risposta è semplice: fornire ai giovani le conoscenze e le metodologie necessarie per attivare intensi processi di progettualità sociale. Forniamo linguaggi e suggerimenti di processo. Poi, sapranno loro costruire il mondo nel quale dovranno vivere.
Il problema, però, è che noi per primi non abbiamo queste conoscenze.
Innanzitutto, siamo una classe dirigente che utilizza un insieme di conoscenze molto povero: siamo legati ad una caricatura della visione del mondo di Galileo, non conosciamo nulla della rivoluzione che è in atto nelle scienze naturali ed umane. E pensare che i modelli e le metafore che stanno nascendo sia nelle scienze naturali che nelle scienze umane permetterebbero di riprogettare il mondo attuale.
Poi, siamo una classe dirigente che rifiuta la conoscenza. E’ intrappolata in auto rappresentazioni che raggiungono il ridicolo. Vive di una conflittualità esasperata che ha come unico obiettivo quello di sopraffare l’avversario. Il nostro ideale è quello di annullare completamente le idee dell’avversario in nome di qualche nostra ideologia poveraccia. Come alibi per non affrontare nuove conoscenze, diciamo che le conoscenze sono dei tecnici. A noi le grandi scelte e decisioni politiche. Non sapendo che anche in queste nostre scelte e decisioni politiche usiamo modelli e metafore. Il problema è che sono, gli uni e le altre, troppo banali.
Quindi? Quindi abbiamo deciso di agire. Abbiamo fondato un’ Associazione che abbiamo definito “Associazione per l’Expo della conoscenza”. Essa vuole attivare un grande progetto di ripensamento della conoscenza e della società. Un progetto che metta insieme il ricercare e l’usare. Un progetto che deve vedere collaborare giovani ed adulti, anche per il semplice motivo che le menti mature e quelle giovani hanno prestazioni complementari. Questa complementarità, essenziale alla vita, è stata nel passato nascosta da due assolutizzazioni altrettanto devastanti: quella dell’esperienza e il suo opposto, quella del giovanilismo.
Ovviamente la partecipazione alla Associazione è libera.
A partire da mercoledì, pubblicheremo “a puntate” il manifesto dell’Associazione e, quindi, renderemo disponibile sul blog il suo Statuto.
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