di
Francesco Zanotti
In questi giorni siamo nei guai con la TAV. E si tratta di guai di difficile soluzione. Tanto che il Corriere di oggi titola “Due eserciti ai piedi di una scarpata: Tempo scaduto, lo scontro annunciato che nessuno ha saputo evitare”. Che pensare? Che fare?
Credo che si possa trarre ispirazione da un articolo di qualche giorno fa di Giuseppe De Rita dal titolo “Le trappole della semplicità”. Guardiamolo un po’ da vicino.
De Rita afferma una indiscutibile evidenza: che i grandi problemi sono “sistemici”. Ed aggiunge che oggi, nel cercarne la soluzione con grandi progetti sistemici, stiamo miseramente fallendo. Egli si riferisce non solo al problema della TAV, ma anche a quelli dell’acqua, della scuola, delle grandi infrastrutture, del welfare.
De Rita imputa queste incapacità ad una ondata di soggettivismo (libertà molecolare, per usare una sua espressione) che auspica possa essere sostituita dal ritorno ad una serietà sistemica.
Ecco, io credo che la via della “serietà sistemica” sia quella giusta, sia per capire cosa sta accadendo sia per trovare soluzione ad accadimenti futuri che si preannunciano di conflitto duro.
Ma non basta fermarsi a questa intuizione di De Rita. Anzi, io credo che occorra andare molto oltre.
Le ragioni delle mie affermazioni stanno nello stesso articolo di De Rita. Egli ricorda che nel passato si è formata e si è cercato di utilizzare la cultura sistemica, ma, poi, tutto si è disperso. Egli dice a causa del prevalere di una ondata di soggettivismo che ha soffocato ogni visione e cultura sistemica.
Io credo che, invece, questo disperdersi della cultura sistemica sia stato generato da una sua evidente inadeguatezza. Era una cultura ambiziosa nelle intenzioni, ma semplicistica nella formulazione e socialmente inaccettabile nella proposta. Una esortazione retorica di ispirazione tecnocratica, insomma. Infatti consisteva sostanzialmente in due affermazioni. La prima, di struttura, “rivelava”che tutto è connesso. Ad esempio: una organizzazione è fatta di parti collegate tra di loro ed interdipendenti. L’organizzazione è un sistema. Questa è certamente una verità, ma se non la si approfondisce appare solo come un'ovvia banalità. La seconda, di processo, era una proposta per governare questa connettività complessiva: per comprendere, far funzionare e migliorare questi sistemi sono necessarie specifiche competenze “modellistiche” che possono essere ad appannaggio solo di tecnici. Ecco la dimensione tecnocratica: solo i tecnici possono comprendere, far funzionare, modificare i sistemi. Questa proposta di metodo di governo è, da un lato, socialmente inaccettabile: le persone ed i momenti sociali e i partiti politici che le rappresentano vogliono comprendere, far funzionare e modificare in proprio. E, dall'altro non ha mai funzionato. I grandi disegni sistemici sono rimasti e rimangono sempre di più sulla carta.
Quindi come affrontare gli attuali problemi sistemici, dalla TAV e dalle riforme?
La mia proposta è molto semplice: occorre una nuova cultura sistemica, più precisa ed utilizzabile socialmente.
Per la nascita di questa nuova cultura sistemica vi è abbondanza di “materie prime”: in tutte le scienze, sia quelle naturali che quelle umane, stanno emergendo nuovi modelli (linguaggi) che promettono di dare una mano a comprendere i processi di evoluzione spontanea dei sistemi umani: dalla mente delle persone, alle organizzazioni, agli attori sociali e politici, alle istituzioni. E stanno emergendo suggerimenti per gestire questi processi di evoluzione spontanea. La sfida è quella di “aggregare” tutti questi nuovi linguaggi in un nuovo linguaggio comune da usare per comprendere fino in fondo i processi di evoluzione spontanea dei sistemi umani e per poterli gestire. In modo da non finire nei guai come con la TAV o andare a sbattere contro una gigantesca frustrazione sociale complessiva di fronte alla incapacità di fare riforme.
Negli anni scorsi si è tentato di costruire questa nuova cultura sistemica sotto il “cappello” della complessità. Ma, si è rimasti a livello di nuove suggestioni che contenevano ombre di futuro, di cui non si è riusciti a spazzar via le ombre e scorgere concretezza nelle suggestioni.
Oggi si sta tentando da molte parti di costruire una teoria sistemica di nuova generazione. Noi stiamo dando il nostro contributo utilizzando i modelli proposti dalla teoria quantistica dei campi, la teoria dei sistemi autopoietici, le nuove considerazioni “strutturali” che vengono proposte da quella biologia evoluzionista che si riassume nella sigla EVO_DEVO. Abbiamo definito questa nuova teoria “Sistemica quantistica”.
La TAV (per non parlare delle riforme), quindi?
Banalmente è accaduto quello che è accaduto, si teme che accadrà di peggio perché non si è tenuto conto delle modalità di evoluzione e sviluppo degli attori sociali. Semplificando al limite dell’indecenza scientifica: essi hanno come obiettivo quello di autorealizzarsi. Se li si pone di fronte ad un progetto già fatto e di notevole complessità, hanno come unica strategia possibile la contestazione del progetto stesso. Se si cerca, con una comunicazione intensa, di dimostrare la bontà del progetto, non si fa altro che aumentare le tentazione del conflitto. Soprattutto in quegli attori sociale che hanno poche risorse analitiche e progettuali. Se, poi, si cerca di imporre il progetto con la forza, ci si deve attendere una guerriglia permanente effettiva, nella quale i gruppi più violenti (cioè quelli dotati di meno risorse analitiche e progettuali) trascinano anche gli altri.
In alternativa? Si dovrebbe usare il metodo di governo che nasce da questa cultura sistemica e che abbiamo denominato “Sorgente Aperta”. Ne ho parlato a lungo e in largo su questo blog. A chi interessasse, possiamo inviare la documentazione.
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