lunedì 6 giugno 2011

Draghi … sistemicamente “biased”: apriamo un dibattito! Parte seconda

di
Francesco Zanotti

Per rispondere alla domanda con cui ho chiuso il post precedente (la prima parte del mio Commento sulle Considerazioni Finali del Governatore della Banca d’Italia 2011) aggiungo un’ opinione.
Stamattina su Affari e Finanza appare un articolo di denuncia/proposta di Marco Panara.
La denuncia è breve perché i problemi sono noti. Le soluzioni caldeggiate sono quelle proposte dal Governatore della Banca d’Italia nelle sue “Considerazioni Finali”.
Otto obiettivi per la riforma dello Stato e cinque obiettivi di competenza delle imprese. Dei primi ho già detto nel post del 1 giugno 2011. Gli altri, di competenza delle imprese, appunto, sono: dimensione troppo piccola per le imprese, la proprietà familiare molto spesso chiusa all’inserimento di manager, l’internazionalizzazione, il patrimonio insufficiente.

Guardiamoli da vicino. Il riferimento è al nostro imprenditore con problemi impellenti di liquidità: quelli che portano al fallimento ed alla dispersione di immensi patrimoni imprenditoriali.

Se il nostro imprenditore ha problemi di liquidità, certo non può capitalizzare. Io credo che molti di questi imprenditori  stiano anche esaurendo il patrimonio di famiglia.
La dimensione troppo piccola: certo, se i suoi prodotti interessano sempre meno, come si può ipotizzare che cresca il fatturato? Si può mettere insieme ad altri, ma tante debolezze non fanno una forza.
I manager: ma chi l’ha detto che esistono manager più bravi degli imprenditori? La proporzione tra manager pessimi e manager bravi credo sia circa uguale a quella tra imprenditori bravi e imprenditori così così. Per di più: io credo che un manager non possa fare l’imprenditore. Ha sempre bisogno di una mentalità imprenditoriale su cui fondare la sua azione. Una mentalità imprenditoriale che la sua esperienza non gli ha permesso di sviluppare. Certo se il problema fosse di far funzionare meglio le imprese, forse, un manager bravo basterebbe. Ma il problema, come vedremo, non è far funzionare meglio le imprese, ma rivoluzionarne il sistema d’offerta. E, poi, chi ha un criterio affidabile e distribuibile a tutte le piccole e medie imprese per distinguere un manager bravo da un trombone presuntuoso e costosissimo?
L’internazionalizzazione: certo, ma occorre progettarla con sapienza e, poi, servono i soldi. Non perpetuiamo le internazionalizzazioni competitive degli anni passati …

L’innovazione: certo, ma è oggi concepita solo come innovazione tecnologica (dove per tecnologia si intende la big technology figlia della big science). E l’innovazione tecnologica richiede tempi lunghi e tanti soldi.
L’aver proposto l’opinione di Panara ripropone con ancora più forza l’urgenza della domanda: quindi cosa fare?

Il punto di partenza, per arrivare ad una risposta, è l’urgenza di costruire un sistema industriale (beni e modalità di produzione) radicalmente diverso dall’attuale. Per due ragioni sinergiche. La prima è che una sua ulteriore espansione, così com’è, è incompatibile con la Natura. La seconda è che il sistema di prodotti che attualmente fabbrica è conforme a stili di vita che stanno perdendo di interesse. Non riesco a illustrare maggiormente questa affermazione, ma la considero parte della conoscenza acquisita (si vedano ad esempio gli scritti del compianto Giampaolo Fabris).

Se così è, la strategia chiave per costruire il futuro è aumentare le capacità di visione e progetto della nostra classe imprenditoriale e dirigente in generale. Ma ritorna il richiamo alla concretezza: come fare?
Per rispondere, mi si permetta una parentesi di tipo “cognitivo”: sulle capacità di immaginazione e progetto dell’uomo. Già, guarda caso, arriva in ballo l’uomo, la sua capacità di immaginare, di creare. Quell’uomo di cui nessuno parla. Il protagonista dimenticato della costruzione del mondo: crisi e sviluppo compresi.
Le capacità di visione e di progetto delle persone dipendono dalla ricchezza del loro patrimonio di modelli mentali (modalità di autorealizzazione, e le griglie di osservazione, linguaggi progettuali). Più povero è questo patrimonio, più povere sono le loro visioni e i loro progetti.

Un esempio banale, ma chiarificatore: anche il poeta più ricco di ispirazione (voglia di raccontare, capacità di osservazione) se conosce poche parole ed espressioni del suo linguaggio naturale rischia di vanificare la sua ispirazione.

Ovviamente anche le classi dirigenti non sfuggono a questa “legge”: guardano le imprese, il mercato, la società, le istituzioni, le burocrazie, con gli occhiali e le griglie di osservazione di cui dispongono. Progettano il futuro partendo dalle loro ambizioni di fondo (le loro modalità di auto realizzazione) ed usando linguaggi progettuali che conoscono.
Progettano il futuro di imprese, mercati, burocrazie ed istituzioni, usando le conoscenze, i modelli e le metafore di cui dispongono.

Se il lettore mi permette una metafora semplificatrice, credo si possa dire che ogni responsabile economico, sociale, politico, istituzionale ha il proprio” paio di occhiali” con i quali guarda il mondo, l’organizzazione che deve guidare ed una propria cassetta  di strumenti per progettare il futuro che desidera.
Un esempio: il management attuale ha come “occhiali” la competizione e come strumenti le strategie per vincere la competizione. Con questa griglia e questi strumenti non può immaginare un nuovo mondo, ma solo cercare di far funzionare meglio quello attuale.

Tutta questa premessa per dire che esiste il modo di incrementare le capacità di visione e di progetto aumentando griglie di osservazione, linguaggi progettuali delle nostre classi dirigenti.

Più specificatamente: fornire agli imprenditori ed alle banche conoscenze e metodologie di strategia d’impresa; fornire alle classi dirigenti conoscenze di teoria dei sistemi.

Tutte queste conoscenze esistono e non vengono usate. Di più. Se ne stanno sviluppando altre, proprio in Italia, che rappresentano un vero e proprio breakthrough rispetto alle conoscenze più avanzate attualmente esistenti. Esse partono dai risultati che le nuove scienze del novecento ci hanno proposto sull’uomo e sulla sua relazione col mondo.

I risultati di questi sforzi di ricerca a cui abbiamo partecipato, che riguardano nuove modalità di analisi e progetto sia a livello di impresa sia di sistema sociale complessivo, sono a disposizione di chiunque ne farà richiesta.
Mi si permetta una battuta. Strano: l’Italia che diventa capofila di una produzione di conoscenza che serve proprio a imparare a progettare e cambiare continuamente imprese e istituzioni.

Il fornire tutte queste nuove conoscenze permetterà alle imprese la progettazione di nuovi futuri che attireranno investitori ed apriranno nuovi mercati. E, quindi, permetterà loro di ricominciare nel breve (mesi) a produrre cassa. Permetterà alla classi dirigenti di costruire nuove modalità di progettualità e di gestione della politica perché anche lo Stato va ovviamente sistemato.

Provo a proporre una sintesi “sistemica”.
Quando esiste una situazione di crisi, non è possibile immaginare e  proporre soluzioni dall’alto. Lo sviluppo del sistema in crisi deve essere affrontato con una strategia emergente: distribuire nuovi schemi di riferimento per guardare diversamente la realtà e nuovi strumenti per progettare una nuova realtà. Il compito delle classi dirigenti è, quindi, di stimolo e di sintesi ex-post di mille progettualità nel disegno complessivo di una nuova società.

Per rendere sempre più efficace questa via dal basso abbiamo immaginato un grande progetto di ricerca a livello “sistemico” che abbia come obiettivo quello di moltiplicare gli sforzi che oggi si stanno avviando in Italia per costruire nuove conoscenze sullo sviluppo e sul governo dei sistemi umani. Lo abbiamo chiamato Expo della Conoscenza. Abbiamo predisposto un documento che lo descrive e che manderemo a chi ce ne farà richiesta.

Nessun commento:

Posta un commento

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.